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Autore: piccolo_uragano_    10/06/2015    1 recensioni
(1992- camera dei segreti)
Oliver Baston, sesto anno, Capitano Grifondoro. Affascinante, coraggioso, fanatico del Quidditch, testardo e dolce. I suoi più cari amici si chiamano Fred e George Weasley, il che è tutto dire. Crede nell'amore ma non di essere in grado di amare.
Jo Wilson, sesto anno, Capitano Serpeverde. Purosangue nobile da generazioni, traditrice del suo sangue, testarda, furba, bellissima e con un passato scomodo e tenuto nascosto, che l'ha portata ad avere paura d'amare. Fragile, ma bravissima nel nasconderlo.
Due mondi paralleli che si incontrano per caso, fondendosi l'uno con l'altro. Come andrà a finire?
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Dal testo:
"Sei mia." sussurrò schiudendo le labbra, allontanandosi leggermente dal suo viso.
Lei sorrise, nella penombra. "Solo se stai zitto e mi baci, Baston." rispose, con un sussurro altrettanto flebile, e lui riprese a baciarla con più foga.
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[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Blanca smise da camminare e di picchiettare i tacchi a spillo ovunque solo quando si trovò al centro della Torre di Astronomia. A quel punto si voltò, guardò sua sorella, rendendosi conto in quel momento che lei era ancora gocciolante, la asciugò con un colpo di bacchetta.
“Grazie, ringhiò lei. “Come mai tutte queste gentilezze? Credevo che mi odiaste tutti.”
L’espressione di Blanca non mutò, mentre Jo era un libro aperto. “Sei mia sorella, Jessica.”
Jo sbiancò. Era da giugno che cercava di chiudere Blanca fuori dalla sua vita, e lei ora voleva recuperare i rapporti. Le risuonarono in testa le parola della stessa Blanca. Non voglio una sorella come te. La porta che sbatte, i passi veloci sulle scale. Il desiderio di sparire.
Finse un sorriso, con una punta di ironia. “Sei mesi fa non la pensavi così.” Disse.
“Le cose cambiano.” Replicò Blanca prontamente.
Jo non disse nulla, supponendo che fosse Blanca ad avere qualcosa da dire.
“Jessica io tra sei mesi mi sposo.” Buttò lì.
“Lo so.”
“E vorrei che tu venissi al mio matrimonio e fingessi di essere felice.”
“Non posso essere felice in quel castello, Blanca. Non con tutti loro attorno.”
Blanca annuì, come se volesse attutire il colpo. “Sono venuta qui per recuperare i rapporti con te, Jessica. L’ho fatto perché … perché credevo non avessi nessuno. Poi mi hai chiesto della Camera, e poco fa ti ho visto abbracciare il figlio dei Baston. E mi è chiaro che non sei sola, ma mentre venivo qui ho pensato … certo che non é sola, è altruista e generosa, non deve averci messo tanto a farsi amici gli Weasley. E poi ho visto come hai protetto Potter dal Bolide, e come uno dei gemelli ha poi protetto te. ho capito più di te in questa partita che in una vita, Jessica, e ti confesso che sono abbastanza spaesata. Come fai ad essere figlia della mia stessa madre? Io sono stata educata a pensare solo a me stessa, a pensarmi superiore, a contare solo su di me. Tu sembri il mio esatto opposto. Sembri essere stata cresciuta da Molly Weasley, non da mia madre. Chi sei?”
“Se fossi la figlia di Molly Weasley” rispose lei dopo un po’. “vorresti comunque recuperare il tuo rapporto con me? Se io fossi quella che hai visto oggi, e non quella che fingo di essere quando sono al castello, mi diresti lo stesso che sono tua sorella?”
Blanca sembrò trovarsi spaesata da quella domanda. “Credo di si.”
“Okay.” Replicò prontamente Jo. “Perché io sono fatta così, perché io abbraccio il figlio dei Baston, perché io proteggo Potter dai Bolidi. E voglio essere accettata per quella che sono, non per quella che tu vuoi che io sia. Voglio essere Jo, solo Jo, non Jessica Wilson. Voglio essere io, e se tu rivuoi indietro tua sorella, devi prendermi così.”
Blanca annuì pensierosa tre volte, poi si morse un labbro. “Okay, allora.” Lasciò passare qualche istante di silenzio, e poi disse “La … Camera dei Segreti può essere aperta solo ed esclusivamente dall’Erede di Salazar, ma lui è già stato qui, nel 1942, e l’ha già aperta. Quindi è improbabile che possa essere stata aperta di nuovo, a meno che chi l’ha aperta cinquant’anni fa non abbia detto a uno studente attuale come farlo …” Jo fece per dire qualcosa, ma sua sorella glielo impedì “No, non pensare subito ai Malfoy. Sono brave persone, e comunque Lucius è nato nel 1953.” Jo scosse la testa e rise in modo isterico. “Nel ’42 morì una Nata Babbana, fu espulso il probabile colpevole, ma nessuno ha mai trovato la Camera. Si dice che ci viva un mostro gigante, e che sia stato questo mostro ad uccidere la ragazzina. Credo si tratti di un drago, o cose simili. Ecco tutto.”
Jo assimilò tutte le informazioni. “Ti ringrazio, Blanca.”
“Non c’è di che. Sai dove posso trovare Tomas?”
Jo scosse la testa. “No, io e … io e lui non parliamo molto. Non credo si muova spesso dai sotterranei, comunque.”
Blanca esibì un sorriso finto e bellissimo, fece per andarsene ma poi sembrò ricordarsi di una cosa. “Jessica, quest’estate sei stata a Londra e io non so nulla di quei due mesi, e va bene, va bene così. Ma se tu e Baston doveste stare insieme, gradirei saperlo.”
“Io e Baston non stiamo insieme, Blanca. Mettiti il cuore in pace.” Rispose.
“Ah no?” ne sembrò sorpresa.
“No.” Replicò lei, abbassando lo sguardo, come se fosse una cosa di cui avere vergogna. Blanca ne rimase sorpresa: Jo non aveva mai abbassato la testa. Con la solita grazia, se ne andò, lasciando Jo a fissarsi le scarpe dia gioco.

“Ciao, Harry Potter.” Jo si sedette sul letto, aprendo una scatola di Cioccorane che gli erano state mandate. “Non dovrei dirlo, ma sei stato grandioso, oggi. Davvero.”
Harry sorrise. “Grazie.”
“Come sta il tuo braccio?”
“Non lo sento più.” Rispose il ragazzino, mostrando il braccio fatto di gomma, che aveva tutta l’aria di essere solo un peso morto. Jo addentò la Cioccorana, ridendo, mentre la ranocchia addentata si dimenava. “Fred e George hanno detto che sono stato un idiota a farmi curare da Allock.”
“Lo odio, Allock. Nemmeno Nicholas, mio padre, ha un ego così grande.”  Si bloccò. Senza rendersene conto, aveva parlato della sua famiglia. Ma, stranamente, la cosa non le pesava affatto.
Harry invece, sorrise. “Beh, mentre lui faceva sparire le mie ossa tu eri avvinghiata ad Oliver.” Disse, con un sorriso beffardo.
Jo gli lanciò una gelatina di quelle che stava mangiando. “Io non mi avvinghio proprio a nessuno, piccolo Potter.”
Lui rise. “Oh, Oliver e gli altri mi hanno detto che se vuoi andare alla festa, dopo la predica di Blanca, ti aspettano.”
“Perché lo hanno detto a te?”
“Oliver sapeva che saresti passata a trovarmi. Ha detto che sei prevedibile quanto il tuo Cercatore.” Jo fece per tirargli un’altra gelatina, ma Harry si difese dicendo “Sono solo un messaggero!”
Risero insieme. “A proposito di Blanca, sono venuta qui per un motivo.”
“Oltre a rubarmi i dolci?”
“Si.” Jo si fece seria. Abbassò la voce e controllò che nessuno li stesse ascoltando. L’intera squadra Serpeverde, Capitano escluso, erano al capezzale di Malfoy, che, per inciso, non aveva assolutamente nulla ma si lamentava come una femminuccia. “La Camera dei Segreti venne aperta esattamente cinquant’anni fa, ma poi non fu mai più trovata. Morì una ragazza, una Nata Babbana, e venne espulso un ragazzo che ne era presumibilmente il colpevole. È impossibile che il degno erede di quello stronzo di Salazar sia tornato a studiare qui, ma è possibile che stia dicendo a qualcuno di fidato come raggiungere ed aprire la Camera.” Harry guardò subito i Serpeverde. “Non pensare solo a lui, Harry Potter. Allarga la visuale.” Harry tornò a guardarla ed annuì. “Ecco tutto. Oh, e so che non ci crederai, ma non sono stati loro ad incantare quel Bolide.”
“Non devi difenderli, Jo.”
Jo sorrise. “No, infatti. Vado a farmi una doccia, ora. Ciao Harry Potter, stammi bene.” Gli scompigliò i capelli con aria amichevole, poi, a grandi passi, si allontanò sotto lo sguardo pronto a giudicare dei sei Serpeverde.

Pochi metri dopo l’Infermeria, Fred e George Weasley la guardavano come se la stessero aspettando, e lei non se ne stupì più di tanto. Aveva smesso di chiedersi come facessero quei due a sapere sempre dove si trovassero tutti.
“Abbiamo il compito di portarti alla festa, Jo.” Disse Fred.
“E siamo autorizzati ad usare la forza, se ti dovessi rifiutare.” Aggiunse George.
Lei sospirò. “No, datemi almeno il tempo di lavarmi.” Aveva quasi un tono implorante.
“Non possiamo, Jo.” Rispose George.
“Ordini del Capitano!”
“Dite al vostro Capitano che mi farò una doccia e poi arrivo. Non posso venire alla vostra festa vestita da Capitano Serpeverde, dai.”
I gemelli si guardarono come se avessero dovuto decidere qualcosa. Poi squadrarono Jo. “Hai un quarto d’ora.” Sentenziò George.
“Poi ti veniamo a prendere.” Aggiunse Fred.
“A dopo!” urlò Jo mentre correva via.

Tredici minuti dopo, Jo correva verso il ritratto della Signora Grassa, con i capelli ancora umidi e una camicia senza maniche sopra a degli eleganti jeans scuri Babbani. Comunicò la parola d’ordine alla Signora Grassa, che ormai si era persino stancata di storcere il naso all’idea che lei fosse a conoscenza della parola d’ordine.
Quando entrò, si rese conto che Fred e George Weasley erano davvero stati grandiosi. La Sala Comune era stata visibilmente Allargata per ospitare anche molti studenti Tassorosso e Corvonero. I divani erano stati Duplicati, e la musica Babbana da discoteca non si capiva da dove provenisse. Striscioni, coriandoli e decorazioni portavano inciso o disegnato il leone simbolo dei Grifondoro. Al centro della Sala, Oliver Baston reggeva due calici di Whisky Incendiario, mentre faticava a stare in piedi. Con una risata palesemente brilla, porse il secondo calice a Jo.
“Quanto hai bevuto?” chiese, sconvolta. Aveva visto gente ridotta molto peggio di lui (perlomeno riusciva ancora a camminare) quando viveva a Londra, ma sentire la risata di Oliver pesantemente influenzata dall’alcol l’aveva sconvolta.
“Io? Non molto.” Rispose, mostrandosi più lucido di quanto si aspettasse, anche se la voce era brilla. “Non abbastanza, comunque.”
“Smettila.” Gli disse lei. “Non ti godrai la festa, se ti ubriachi.”
“Se è l’unico modo per non pensarti, Jo Wilson, credo che berrò ancora molto.”
Jo non rispose. Non ci riuscì. Quelle parole la fecero sentire tremendamente in colpa. Trangugiò quel bicchiere di Whisky, per niente infastidita dal bruciore che le provocò in gola.
Sentì le labbra di Oliver posarsi sul suo orecchio sinistro. “Devi dirmi … devi dirmi se quello che è successo ieri notte significa qualcosa, o … o se è stato solo un errore, perché … perché sennò io ne esco scemo.”
“Sei ubriaco, Oliver.” Rispose, istintivamente, per non pensare a quanto le aveva appena detto.
“Si, forse è vero.” Replicò il Portiere. “Ma ho comunque bisogno di sapere se questo cambierà le cose tra di noi o se non significa niente.”
Jo rimase spiazzata. Non aveva scampo: doveva rispondere. Oliver la fissava dritta negli occhi, e lei era di nuovo priva di maschere. Non avrebbe potuto mentire, ma del resto, non avrebbe avuto neanche senso farlo. Perché mentire ad una persona in grado di renderti libera di essere te stessa? Perche mentire all’unica persona in grado di farla sentire al posto giusto nel mondo?
“Non lo so, Oliver. Non lo so se ciò che è successo cambia le cose, so che non sono mai stata così bene con una persona.” Sussurrò.
Lui afferrò un altro bicchiere di Whisky. “Io ti voglio, Jo.”
Jo gli strappò il bicchiere dalle mani e lo trangugiò al suo posto, allontanandosi da lui, desiderando semplicemente di sparire. Tenendosi la testa tra le mani, si sedette sul primo scalino della scala che portava alla Torre Grifondoro, ritrovandosi a sperare che quei due bicchieri di Whisky Incendiario avessero lo stesso effetto di quindici bicchieri di vodka Babbana.
Io ti voglio, Jo.
Le parole le risuonavano in testa come una vecchia tortura. Lui la voleva. Lui, che le aveva fatto toccare il cielo meno di ventiquattro ore prima, lui che era in grado di farla ridere, lui che la faceva sentire sé stessa. Lui che con uno sguardo la faceva sentire importante. Lui che quando lei si girava per guardarlo, la stava già guardando. Lui che l’aveva accolta come se fosse la cosa più normale del mondo, lui che era entrato nella sua vita con la potenza di un Bolide. Lui che era in grado di rubarle il sonno, lui che la seguiva anche in biblioteca, lui che le aveva riempito la vita. Lui la voleva. E lei aveva paura. paura di tornare di nuovo a stare male, paura di ritrovarsi di nuovo da sola, paura di soffrire di nuovo per una persona a cui di lei non importava, paura di dare troppo senza più ricevere niente. Aveva paura, paura di amare. E allo stesso tempo ne aveva bisogno. Aveva bisogno che Oliver le stesse accanto, aveva bisogno che Oliver l’amasse, aveva bisogno dei suoi baci e delle sue carezze. Avrebbe passato mille altre notti con lui, per poi passare mille altri giorni a fare i cretini con Fred, George, Caty e tutti gli altri. Aveva bisogno di lui, e aveva paura di ciò che provava.
Sentì dei passi dietro di lei, e, girandosi, vide Caty Roxel che si avvicinava a lei con un (grande) bicchiere stracolmo di Whisky.
“Grazie.” Le sussurrò.
“Dovere, serpe. Sembri messa piuttosto male.”
Lei guardò la Grifondoro. E decise che era arrivato il momento di confidarsi con qualcuno. “Ho fatto l’amore con Oliver.”
Lo disse talmente velocemente che Caty ebbe bisogno di ripetersi mentalmente quanto appena sentito per capirne il significato.
“Oh.” Disse poi. “Si, lo avevo intuito. Ma non era la tua prima volta, no?”
“Non … questa volta è stato diverso, Caty. Non avevo mai fatto l’amore. Aveva fatto sesso, del buon sesso, mi ero divertita, ma non mi ero mai emozionata. Non mi ero mai sentita una cosa sola con un ragazzo, non mi sono mai trovata a desiderare che non finisse mai. Non mi sono mai  sentita così. Lui mi manda in tilt, mi annienta, mi …”
“Lui ti dà l’opportunità di essere te stessa, Jo. Ed è questo che ti fa paura. Perché tu non sei mai stata davvero te stessa, dico bene?”
Jo trangugiò il Whisky, sentendo la testa girare. “Devo ubriacarmi.” Disse, poi. “Non voglio pensare a lui. Ho appena perso la prima partita del campionato per colpa del mio Cercatore idiota, ed è giusto che io anneghi nell’alcol.”
Caty annuì. “Mi unisco a te, allora.”
Si alzarono, si presero a braccetto e tornarono alla festa con un legame che nasce e tanta voglia di sentirsi qualcun altro.

“OOOOLIVEEEER!” una ragazza Tassorosso del quinto anno stava avvinghiata a Baston come un pipistrello. Lui era ancora ubriaco, e teneva la bottiglia di Whisky Incendiario direttamente in mano. Fred e George, accanto a lui, si tenevano in piedi a vicenda mentre cantavano dei cori irlandesi. La piccola Hermione li osservava delusa, seduta accanto a Ron, mentre Jo, Angelina e Caty erano sdraiate per terra, e ridevano a crepapelle per cose che vedevano solo loro.
Nel momento in cui Jo si accorse della ragazzina avvinghiata a Baston con le tette all’aria, si alzò di scatto. Fred e George, che normalmente avrebbero cercato di fermarla, scoppiarono semplicemente a ridere. Lei strappò dalle mani di Oliver quella bottiglia ancora mezza piena, ne bevve tre sorsi senza esitazione. Perse un poco l’equilibrio quando staccò la bottiglia dalla bocca, ma lo sguardo che rivolse alla ragazzina fu comunque spaventoso.
“Chi sei tu?” chiese alla ragazzina.
“Emily.” Rispose lei, con tono altrettanto brillo.
“Emily, vattene.”
“No.” Rispose la Tassorosso.
Jo le rivolse un altro sguardo di ghiaccio. “Emily, vattene, e non farmelo ripetere.” La voce della Serpeverde, in quel momento, assomigliava davvero allo strisciare di un serpente. La ragazzina ne fu talmente impaurita che si staccò da Oliver e corse via.
“Perché lo hai fatto?” chiese Oliver, come se se ne fosse reso conto solo dopo. “Era carina!”
“Perché tu mi farai impazzire, Oliver Baston.”
Lui, nonostante l’alcol in circolo, recuperò un tono sobrio per rispondere: “Tu lo hai già fatto, Jo Wilson.”
Ciò che successe dopo, fu poco chiaro a tutti. Alcuni giurarono di avere visto Jo ballare in reggiseno.  Altri dissero di aver visto chiaramente Baston minacciare un grifone del loro anno perché la stava puntando. Angelina e Caty rimasero sdraiate sul tappeto a ridere, convinte di guardare le stelle e di essere stese in un prato. Fred e George ad un certo punto sparirono, ma prima dell’alba collassarono entrambi sul divano della Sala Comune.
La prima cosa che Jo sentì quando si svegliò, fu un gran mal di testa. Era un buon segno, perché significava che era ancora viva. Poco dopo essersi resa conto di essere ancora viva, si rese conto se era appoggiata a qualcuno, e l’odore che sentì sotto di lei e tra i suoi capelli era troppo familiare, ormai, per confonderlo. Aprì un occhio, ricevendo la conferma di aver dormito abbracciata ad Oliver Baston. Poi sentì freddo, e si rese conto di avere la camicia slacciata, e soprattutto che la camicia non era sua. Aveva la maniche lunghe e lei ci sarebbe stata dentro tre volte. Non aveva bisogno di guardare Oliver e notare che era a torso nudo per rendersi conto che era sua. Si accorse di avere i capelli pieni di piume ed teneva in mano l’angolo di un cuscino semi vuoto e quasi esploso. L’altro angolo, era stretto nella mano di Oliver. Si mise a sedere. Il secondo odore che sentì, fu quello della Sala Comune dei Grifondoro, e la cosa le fede relativamente piacere. Quando vide Fred e George addormentati in una poso molto poco naturale sul divano accanto al loro, non poté fare a meno di sorridere. Angelina e Caty erano nella stessa loro condizione, con la bottiglia di Whisky, ormai vuota, ancora stretta nella mano.
“Che cosa è successo?” chiese una voce sotto di lei.
Oliver era sveglio. “Non me lo ricordo.” Rispose lei.
Oliver si massaggiò le tempie, poi notò il cuscino e le piume nei capelli di Jo – e in tutta la stanza. “Battaglia di cuscini.” Sentenziò poi.
“Ci ero arrivata.” Rispose lei. “Sarà meglio che vada.” Disse poi, cercando di alzarsi, ma la presa ferrea di Oliver glielo impedì.
“No. Rimani ancora un po’ con me.”
Jo sorrise, accarezzandogli i capelli. Era tornato tutto come prima, e non era stato nemmeno troppo difficile permettere che accadesse. Si ristese sopra di lui, senza riuscire a fare a meno di ridere quando notò tutto il casino che avevano combinato.
In quel momento, Harry Potter varcò la soglia della Sala Comune, rimanendo piuttosto sconvolto. “Oliver!” esclamò.
Lui alzò un braccio. “Sono qui!”
Harry dovette scavalcare il corpo inerme di Caty per raggiungerlo, e notare Jo sopra di lui. “Che cosa è successo?”
“Ci siamo divertiti.” Rispose Jo. “Sei già stato dimesso?”
Lui annuì. “Jo … è stato pietrificato un ragazzo.” Lei si fece seria, e Harry raccontò tutto ciò che era riuscito a sentire durante la notte. Silente aveva confermato tutto: la Camera dei Segreti era stata davvero aperta, e da quel momento, ogni Nato Babbano era in grave pericolo. Anche Oliver ascoltò con grande interesse, passando una mano sulla schiena di Jo quando si mostrò sconvolta. Harry raccontò anche della macchina fotografica e del rullino esploso, ma Jo ebbe comunque l’impressione che non fosse tutto.
“Harry, c’è qualcos’altro che dovresti dirci?” chiese la ragazza.
“No.” Rispose lui. “Devo solo parlare con Ron ed Hermione.”
“L’ultima volta che li ho visto ero ancora sobrio.” Disse Oliver.
“No, quando sono arrivata eri già ubriaco.” Gli rispose Jo, e Harry decise di lasciarli a discutere da soli.
Poco dopo, mentre loro ancora discutevano su quanto avessero bevuto, Ginny Weasley scese la scale dei dormitori con aria sconvolta.
“Ciao, Ginny.” Salutò gentilmente Jo.
Lei si avvicinò. “Jo, tu … tu sai chi è l’Erede di Serpeverde?” chiese, sottovoce.
“No, piccola, non ne ho idea.” Rispose Jo, con aria dispiaciuta.
La ragazzina si allontanò con aria ancora più spaventata, e in quell’istante, Fred si svegliò. “Che cazzo è successo?” chiese, ancora prima di aprire gli occhi.
Jo rise, si alzò e si mise davanti a lui. “Ti sei ubriacato, George Weasley.”
“Io sono Fred.”
“Non è vero.” Disse, George, aprendo gli occhi. “Sono io Fred.”

“Siete dei veri cretini! È solo una bambina, ed è terrorizzata!”
Jo scendeva la scale verso la Sala Grande, giocando il ruolo della mammina severa, rimproverando Fred e George dopo averli beccati a terrorizzare Ginny, sbucando davanti a lei da dietro le statue, ricoperti di pelo, o comunque travestiti in qualche modo spaventoso. Si divertivano molto, ma la ragazzina sembrava esserne davvero terrorizzata.
“Ma ci stiamo divertendo!” protestò Fred.
“Spaventare a morte vostra sorella non è divertirsi!” strillò Jo.
“Scriverò alla mamma che per colpa vostra Ginny ha gli incubi, se non la smettete.” Sentenziò Percy, con il suo tono da Prefetto.
“È una questione di rispetto, dannazione!”
“Smettila di fare la mamma di turno, Wilson.” Le disse George.
“Se voi non vi comportaste come due pivelli del primo anno, io non dovrei fare la mamma di turno, Weasley!” rispose Jo, senza smettere di urlare. Tra il suo strillo e la minaccia  di Percy, i due gemelli rimasero seriamente terrorizzati.
Mentre Oliver si sforzava per non ridere di quella scena assurda, Jo si girò per continuare a camminare verso la Sala Grande per pranzare, quando si trovò davanti alla professoressa McGranitt.
“Buongiorno.” Salutò la Serpeverde.
“Buongiorno, ragazzi. Avrei bisogno di sapere chi di voi resterà a scuola per Natale.”
Jo storse il naso. “Io devo tornare da mia sorella per i preparativi del matrimonio, mi dispiace.” Rispose, visibilmente dispiaciuta. La McGranitt sorrise. Lei e Jo si andavano stranamente a genio.
“Voi, signori Weasley?” chiese ai tre Weasley.
“Noi torniamo a casa.” rispose Percy. “Solo Ronald ha stranamente deciso di fermarsi.”
La McGranitt annuì. “Signor Baston?”
“Torno a casa anche io, professoressa.” Rispose lui con tono gentile.
La strega si allontanò, lasciando i ragazzi da soli di nuovo.
“Sto davvero tornando al castello Wilson per Natale?” Chiese Jo con un sospiro.
"Se dovessi avere bisogno di scappare, chiamaci." le disse Fred, con l'intenzione di consolarlo.
"Sì, sai, quest'estate abbiamo preso la macchina incantata di nostro padre e abbiamo liberato Harry dai suoi zii babbani." continuò George.
"Avete rischiato grosso!" li richiamò Percy.
"Si, ma ci siamo divertiti!" esclamò George. 
"Quei babbani lo tenevano con le sbarre alla finestra!" aggiunse Fred.
"Ma non dire stupidaggini!" lo richiamò Jo.
"Te lo giuro!"
"Si, quei pazzi ..." e si allontanarono per i corridoi così, senza rendersi conto che Minerva McGranitt era rimasta dietro di loro, e, guardandoli, non aveva potuto fare a mano di essere più che felice per come Jo avesse legato con Baston e gli Weasley.


Piccolo spazio autrice. 
Aggiorno questa long prima di 'ti amo più di ieri e meno di domani' per la prima volta, per il semplicissimo fatto che il nuovo capitolo di 'ti amo bla bla bla' (nella prossima vita, ricordatemi di scegliere titoli meno lunghi) non è ancora pronto, anzi, attualmente è una schifezza, e poi, avevo voglia di aggiornare questa, perchè mi sto divertendo da morire a scriverla. 
Ringrazio di cuore love_is_everything per seguirmi e recensirmi sempre e regalarmi belle parole :3 grazie davvero!
Ringrazio anche le otto persone che hanno aggiunto questa long alle preferite, la persona che l'ha aggiunta alle ricordate e le nove che la seguono. :)
Per quanto riguarda gli scherzi dei gemelli a Ginny, sta scritto nel libro e io mi attengo a quello, per il resto, spero di essere stata all'altezza delle vostre aspettative!
Fatto il misfatto! (perchè i malandrini c'entrano seeempre)
C. 


 
   
 
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