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Autore: LeslieJean    11/06/2015    2 recensioni
« Ascoltami, Ali. So che lo trovi stupido e ingiusto ma devi capire che per me questa cosa è molto importante. Fattene una ragione, per favore. O almeno, se mi vuoi bene come ad una sorella, lascia stare del tutto. »
 
« Non puoi chiedermi di fare questo. Io mi preoccupo per te, ti conosco meglio di chiunque altro e so che questa... cosa non porterà a nulla di buono. »
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice, Paciock, Jr, Nuovo, personaggio, Rose, Weasley, Scorpius, Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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“World's Worst Lovers.”
di Leslie Jean

 
Recap: James Sirius Potter & Alice Longbottom Jr hanno uno strano legame di amore/odio. Rose, che si vede sempre di nascosto con Scorpius, non ha idea che la sua timida cugina Lucy ne sia follemente innamorata. I genitori di Alice sono il professor Longbottom e l'infermiera della scuola.

 
03 – Capitolo 3
o “Dire di no, parte I”


 
James Sirius Potter era un bel ragazzo, davvero un bel ragazzo. Ma se Alice avesse dovuto posizionare il mago in una scala da 1 a 10, probabilmente non sarebbe riuscita a dare un giudizio serio.
 
Il fatto che lui per lei fosse come un fratello era la prima motivazione; insomma, chi è che sognerebbe mai di sbaciucchiarsi con il proprio fratello o con un cugino stretto? Conseguentemente a questi, venivano i pensieri pseudo-filosofici sulla bellezza in generale.
 
Nonostante tutto, Alice era giunta ad una conclusione. Aveva passato tanti di quegli anni assieme alla famiglia Potter-Weasley, che poteva permettersi di avere una sua teoria su ogni membro di quel clan così numeroso. Col tempo la brunetta aveva inteso che, trattandosi di James, tutto stava nel suo portamento e nella sua “aura”.
 
Si faceva presto a dire che il maggiore dei Potter fosse “carino”. Molte ragazze lo giudicavano in base al suo aspetto e ancora di più si lasciavano abbandonare all'idea di poter uscire col figlio del Salvatore del Mondo Magico. Ciò che Alice voleva intendere era che James Potter doveva ampiamente ringraziare la sua sicurezza e il suo carattere spavaldo.
 
Insomma, senza quelli che cos'era lui? Un quattr'occhi con la capacità di esprimersi di un orango tango in coma e la scarsa igiene personale.
 
Okay, di quest'ultima cosa non ne era del tutto sicura.
 
“Però potrebbe evitare di fumare come un turco. E di scegliere la pelle come tessuto realmente opzionabile.” pensò, mentre lo osservava di sottecchi.
 
Da dove era posizionata (e tralasciamo il fatto che lei era molto bassa), la giovane Grifondoro poteva vedere la forma pronunciata della sua mascella e i migliaia di piccoli nei che spiccavano sul suo collo pallido. L'odore leggermente pungente della giacca scura da lui indossata le riempiva le narici ed era quasi decisa a tapparsi il naso e scappare via, piuttosto che rimanere un altro secondo così vicino alla sua spalla. Ma in quel momento la loro situazione era critica.
 
Teso con la testa rivolta alla sua destra, il ragazzo non si era minimamente accorto delle occhiate che la giovane gli rivolgeva. Se lo avesse fatto, sicuramente le avrebbe risposto e il loro piano sarebbe andato a farsi fottere.
 
Ah, no. Il suo piano.
 
« Fatti più in là, puzzone. » Non ce la fece più, Alice, e gli diede una spintarella fiacca.
 
Il ragazzo si girò di scatto, le spalle ancora contro il muro, e con le folte sopracciglia aggrottate sibilò « Abbassa la voce! Ci ho messo più di una settimana ad architettare tutto e se qualcosa va storto, non esiterò a metterti nei casini. »
 
« Che stronzo. »
 
Un veloce sorriso smagliante incurvò le labbra sottili del mago. Oh Godric, aveva proprio tanta voglia di pestarlo.
 
Perché non si faceva mai gli affari suoi? Perché, perché?, si ostinava ad aiutare le altre persone? Rose le diceva sempre che una buona azione avrebbe portato dovunque. Tuttavia, Alice non era affatto sicura che quel “dovunque” includesse anche il corridoio del secondo piano. E soprattutto non nel mezzo di una situazione decisamente di merda.

 

 
(Venti minuti prima)

 
« Alice! Alice! »
 
Se c'era una cosa proprio stupida da fare nel bel mezzo di un corridoio affollato, era di sicuro urlare per chiamare una persona a venti metri di distanza. La bassa Grifondoro trovava che il cambio d'ora fosse un momento drammatico nell'arco della giornata, moltiplicato per otto volte dato l'orario delle lezioni. Si diceva che ai primini convenisse uscire almeno due minuti prima del suono della campanella, così da evitare di venire schiacciati dall'orda di studenti impazziti del sesto e settimo anno.
 
Non c'era proprio nulla da ridere. La leggenda di Malachi Spiegelman spaventava ancora moltissime matricole...
 
Ovviamente, la minuta brunetta non poteva aver udito il suo nome in mezzo a tutto quel trambusto. L'unica cosa che in quel momento contava era tenersi aggrappata al gomito di Rose che, più alta di lei, poteva camminare con maggiore facilità. Non sentì nemmeno che chi la stava chiamando si stava facendo largo tra la folla, sgomitando a più non posso per raggiungere la piccola testa in mezzo a tutto quel mare di corpi e crani tondeggianti.
 
« Ali, studiamo in biblioteca questo pomeriggio? (Ehm, permesso.) »
 
Le sopracciglia chiare dell'amica si incurvarono mentre gli occhi saltellavano da una parte all'altra, accompagnati da più o meno vani tentativi di proseguire in avanti e individuare la classe.
 
« Sì, infatti io– ugh, mi stavi per schiacciare un piede! »
 
Alice lanciò uno sguardo di fuoco ad un Corvonero capellone che storse il naso e le diede le spalle.
 
« Pft, non si ha più rispetto per nessuno al giorno d'oggi, eh? »
 
Il ragazzo fece finta di non sentirla ed Alice avrebbe davvero voluto sturargli le orecchie se non fosse stato per la confusione del momento. Si aggrappò ancor di più al braccio dell'amica e stringendo un po' i denti, la aiutò a farsi largo – sentendosi più trascinata che altro.
 
« Ti dicevo, Ali. (Sì, grazie, permesso.) Devo consultare diversi libri per quanto riguarda la ricerca sugli Accordi di Bucarest... (ti è caduto un foglio, Portia!) insomma, non ho capito cosa c'entri l'Asia centrale in tutto questo. Il libro di testo la cita spesso ma non ho proprio compreso che ruolo ha avuto! »
 
Da parte sua Alice annuì, come facendo finta di comprendere perfettamente ciò che la rossa stava dicendo. In realtà, durante quella lezione, la sua fronte e il banco avevano avuto un incontro molto ravvicinato.
 
« Uhm... magari mi rispieghi tutto, eh? Non ho la più pallida idea di cosa siano questi Accordi di Budapest... »
 
« Bucarest. » la corresse Rose con un piccolo sorriso.
 
« È uguale. »
 
Fu qualche minuto dopo che le due Grifondoro uscirono sane e salve da quell'orda di corpi appiccicati gli uni agli altri. Alice sentiva un punto dietro di sé dolorante, in particolare il fianco destro, perché una ragazza le aveva conficcato uno spigolo di un libro proprio fra le costole. Mentre si massaggiava energicamente la fonte del dolore, controllò che non avesse perso niente.
 
La cravatta era un po' allentata e lo zaino aperto a metà, ma dando un'occhiata veloce non mancava nulla di importante. Prese il sacco di stoffa con entrambe le mani e vi mise a frugare dentro, facendo una lista a mente di ciò che le sue dita riconoscevano.
 
« Ali, non ti preoccupare. Avrai sicuramente tutto, hai solo il brutto vizio di non chiudere in modo adeguato la cartella una volta uscita dalla classe. »
 
Ah, Rose; la voce della ragione e la sua salvezza.
 
La rossa le sorrise con fare affettuoso, mentre si sistemava su una spalla la sua borsa. Non aveva un capello fuori posto, la treccia che quella mattina aveva fatto in fretta e furia sembrava essere stata appena toccata dalle mani di un esperto. Nonostante la conoscesse da quindici anni, ormai, ancora non sapeva come facesse.
 
Scosse la testa e la seguì all'interno della classe di Trasfigurazione, dove l'attendeva una nuova (e noiosa) lezione. Stava proprio rimuginando su quale posizione assumere sul banco, quando si sentì strattonata per un braccio e per poco non cadde all'indietro. Barcollò un po', ma alla fine riuscì a trovare una postura stabile su entrambe le piante dei piedi e fronteggiò il responsabile della sua quasi-caduta.
 
Una parte di lei si stupì non poco alla vista degli occhi tondi eppure a mandorla di Lucy Weasley, cugina di Rose. Di certo, non si aspettava che una ragazza della sua stessa statura potesse avere una tale forza – ecco, aveva delle braccine davvero esili...
 
« Oh, ehm... ciao, Lucy. » cominciò, leggermente a disagio.
 
« Scusami se ti ho spaventato, Alice, ma ho proprio bisogno del tuo aiuto! »
 
Così dicendo la Tassorosso sventolò un foglio di pergamena piuttosto grande, rischiando quasi di colpire il volto della giovane Longbottom.
 
Dietro di lei, poteva sentire Rose avvicinarsi e prendere parte alla conversazione. Per l'appunto, sorrise alla cugina e la salutò con quel suo modo molto cordiale. « Ciao, Lucille cara. Che succede? »
 
La quindicenne accolse con piacere il tono gentile della rossa, sentendosi incoraggiata a proseguire con quello che stava dicendo.
 
« Mi serve Alice... voglio dire, dovrei chiederle un favore enorme. »
 
Si mordicchiò le labbra con i piccoli incisivi e andò subito ad arruffarsi un po' la frangetta.
 
“Non le stanno bene questi capelli. Sembra una brutta copia di sua sorella Molly.”
 
Una parte di Alice si sentì in colpa per il pensiero perfido che aveva formulato. Nonostante ciò, più i suoi occhi studiavano la figura della quindicenne e più si convinceva di aver detto la verità.
 
Nella famiglia allargata Weasley, tre persone (esclusa per una volta Rose) detenevano il ruolo indiscusso di “delizia per gli occhi”; Alice parlava di Victoire e Dominique, figlie di Fleur e Bill, e Molly Weasley, figlia di Percy e di una donna cinese dall'aspetto notevole, Audrey. Le prime due erano mezze Veela, dunque avevano la bellezza nel sangue. Molly, invece, doveva il suo aspetto grazioso alla genetica.
 
Possedeva una lucente chioma corvina e occhi allungati del medesimo colore dei capelli. Era alta, dagli zigomi belli e affilati. Sua sorella, invece, non era poi così degna di nota.
 
Lucy era, triste ammetterlo, ordinaria. Neanche quei pochi lineamenti asiatici ereditati giocavano a suo favore; l'apice esterno degli occhi era, sì, prolungato come quello della madre e della sorella ma nulla di più. L'effetto veniva rovinato dagli occhi marroni, dalle guance eccessivamente tonde e da quel taglio di capelli così poco adatto a lei.
 
La giovane Longbottom si sentiva un po' un'ipocrita, perché neanche lei era una bellezza così sconvolgente. Ma se si parlava di ragazzi lei era più spigliata, a suo agio in un certo senso; quando non era in compagnia di Rose, se ne stava con suo fratello Frank ed i suoi amici oppure con James e Fred. Ne aveva sentiti di tutti i colori nel corso di quei sei anni ad Hogwarts, solo perché i maschi la consideravano una di loro a tutti gli effetti.
 
Per esperienza e sentito dire, Alice sapeva che in molti si sarebbero presi a pugni pur di uscire con Molly Weasley. Lucy, invece, veniva considerata solo “simpatica” dal pubblico maschile.
 
Non era proprio un aggettivo che una ragazza voleva sentirsi dire da uno del sesso opposto.
 
« Sono tutta orecchi. » rispose dopo un po', con un sorriso che non le si addiceva proprio.
 
« Ecco, » cominciò la Tassorosso, toccandosi ancora la frangetta poco folta, « so che è sbagliato chiederti una cosa del genere ma, te lo giuro, ne vale della mia situazione in Erbologia. »
 
Un campanello di allarme si accese nella piccola testa della Longbottom. Era proprio suo padre l'attuale insegnante della materia.
 
« Se mi stai chiedendo di falsificare un voto, sprechi il tuo tempo. » la interruppe, un po' troppo bruscamente.
 
Sul viso della sua interlocutrice apparvero evidenti chiazze purpuree e parve farsi piccola piccola.
 
« N-Non... io non volevo c–chiederti questo... »
 
Rose intervenne e nel suo sporgersi in avanti, la treccia le cadde proprio sopra i libri che stringeva al petto. « Oh, Lucy, io – noi – sappiamo che non intendevi affatto quello! »
 
I begli occhi azzurri della rossa fulminarono quelli blu di Alice che avrebbe tanto voluto fare dietrofront. Non era mai stata così tanto desiderosa di andare a lezione.
 
« Sì, voglio dire, no — stavo solo scherzando. » Detto ciò si dipinse una patetica smorfia giocosa in volto ed alzò entrambi i pollici in direzione della Tassorosso.
 
« Io n-non mi sognerei mai di fare una cosa del genere! » Lucy guardò per un lungo istante a terra, poi tornò a scrutare in volto le due ragazze. Esitò ancora un'istante ed Alice ebbe la sincera voglia di girare i tacchi e andare a lezione.
 
Il professor Avery sarebbe stato certamente contento nel vederla entrare di propria spontanea volontà in aula.
 
Evidentemente, Rose sondò il terreno e capì al volo ciò che l'amica provava, dunque si fece un po' più vicina alla cugina e la incoraggiò con un: « Va' avanti, Lucy. »
 
« Di solito, non te lo chiederei ma questa volta sono stata costretta ad agire, sai... »
 
No, non lo so.
 
« Ti sarei davvero grata se... consegnassi il mio compito a tuo padre, il professor Longbottom. »
 
Inconsciamente, Alice rabbrividì quando sentì la ragazza chiamare suo padre in quel modo così formale. Per qualsiasi altro studente, Neville era “il signor Longbottom” oppure più spesso “il professor Longbottom”. Per lei e suo fratello Frank, era ovviamente papà. Nonostante facesse parte di quella scuola da sei anni, alla minuta brunetta faceva sempre uno strano effetto sentire chiamare il suo genitore numero due “professore”; era davvero difficile farci l'abitudine, soprattutto se lo si sperimentava ad ogni lezione.
 
« Mmh, » disse soltanto qualche secondo dopo, « posso farti una domanda? »
 
Lucy annuì e l'odiosa frangetta seguì il movimento della testa.
 
« Non hai le gambe per andare a portargliela tu? »

 

 
(Il presente)

 
Rimanere lì premuta contro il muro stava diventando una vera rottura. Generalmente, Alice era un tipo sedentario alla quale non piacevano il movimento né gli scatti di energia; restare ferma a fare nulla, o in alternativa a sonnecchiare, era la precisa descrizione di un pomeriggio ideale. E da un anno a questa parte, grazie ad Istrice Albina, poteva godere di quella opportunità.
 
Perché mentre Rose era occupata in atteggiamenti intimi e segreti con la sua mozzarella preferita, Alice aveva tutto il diritto di stravaccarsi su una poltrona della Sala Comune con un libro strategicamente in faccia.
 
Ma il punto era che, in quel momento, non era seduta su dei comodi cuscini. Anzi, doveva accontentarsi del duro pavimento di pietra, stando semi-appoggiata in attesa di chissà cosa.
 
James, che al contrario non soffriva della sua stessa pena, era ancora con le ampie spalle contro il muro, in religiosa attesa. Ogni tanto si lasciava andare ad una risata sotto i baffi (seguita di rito da uno sprezzante “Ma sei scemo?” da parte della ragazza) e guardava tranquillo l'orologio allacciato al polso.
 
« Ora posso andarmene? » si lamentò Alice, senza curarsi di abbassare il tono della voce come le aveva severamente intimato lui le dieci volte precedenti. Si accorse che la sua voce era risultata assurdamente piagnucolante, ma quasi subito se ne fregò; aveva una fame da lupi, voleva solo andare in classe e mangiare il suo (insipido) pacchetto di crackers.
 
« Cece, la capisci la frase “Stai zitta, cazzo”? » Fu la pronta risposta di James.
 
Gli occhi molto scuri del ragazzo gli permisero di lanciarle una tale occhiataccia che avrebbe potuto azzittire chiunque.
 
Chiunque ma non Alice, che accolse la sfida con malcelato piacere.
 
« Nah, non rende molto. Tu, un cazzo, non ce l'hai. »
 
La smorfia esasperata e, allo stesso tempo, astiosa di James permise alle sue labbra di aprirsi in un sorriso sornione. Lo stesso che solo pochi secondi prima le aveva rivolto lui.
 
Prendi questo, stronzo.
 
« Hannah1 dovrebbe pulirti la bocca con il sapone: certe volte, non so chi sia l'uomo fra me e te. Voglio dire, quelle sopracciglia lì... » fece un gesto evasivo in direzione degli occhi della ragazza.
 
Niente impedì a James di ricevere un bel dito medio.
 
Il moro rise di gusto, mantenendo però un tono di voce basso, e chiuse una delle sue grandi mani attorno alla minuscola falange rivolta solo a lui. La strattonò un pochino in modo giocoso poi Alice sfilò il dito dalla sua presa e gli fece una linguaccia vagamente infantile. Infatti, si pentì in segreto di averla fatta.
 
L'attenzione del Grifondoro più grande venne, dunque, distratta ancora una volta dal corridoio appena dietro l'angolo dove si erano nascosti ed Alice scivolò lungo il muro, fino a toccare terra con il sedere. Posò la testa sulla sommità delle ginocchia e si mise su un piccolo broncio annoiato.
 
Che cosa facevano le persone normali in quelle situazioni? A parte allontanarsi dallo strambo alla sua destra, ovvio. Nei momenti di attesa solitamente le persone si portavano dietro un libro da leggere o i compiti da fare.
 
Le venne istintivamente da ridere al solo pensiero di lei che studiava, ma si fermò prima che i ruoli si ribaltassero e fosse James a dirle “Ma sei scema?”. In quella relazione, era lei quella che doveva vincere sempre, altroché.
 
Afferrò la sua cartella (una sacca babbana dal tessuto rosso acceso semi-ruvido e la cerniera cucita a forma di arco) e rovistando nella tasca che aveva sul davanti estrasse il libriccino che solo pochi minuti prima gli aveva dato suo padre.
 
Non lo perdere di nuovo, intesi?, erano state queste le parole che le aveva detto quando la copertina del volume le aveva sfiorato il palmo della mano.
 
Lesse il titolo del libro (Aconito, Belladonna, Centripondia: L'ABC delle piante velenose) e uno sgradevole odore di carta vecchia le salì alle narici appena lo aprì. Le pagine al tocco sembravano ricoperte di polvere e la loro consistenza era ruvida, un peccato per Alice alla quale piaceva il profumo di nuovo e il tocco liscio della pergamena raffinata – seppur leggere non era nei suoi hobby preferiti.
 
Rose quel libro se lo sarebbe divorato, ma ripensandoci, era convinta che lo avesse già fatto portando anche a termine il saggio di dieci pagine da fare per il lunedì successivo.
 
Il classico diavoletto sulla spalla sinistra le sussurrò di rimettere quel dannato libro nella cartella, tanto avrebbe chiesto in seguito all'amica di copiare i suoi compiti. Insomma, la rossa aveva dei sentimenti contrastanti riguardo queste sue particolari richieste: da una parte, voleva essere il più disponibile possibile con la sua migliore amica ma, dall'altra, era solidale nei confronti dei professori, dunque, le avrebbe fatto piacere vedere in Alice un miglioramento individuale.
 
C'era da dire che, il più delle volte, finiva per passarle metà dei compiti e darle continue ripetizioni. Per la brunetta era comunque un patto equo; gli Accettabile che riceveva erano come degli sfavillanti Eccezionale2 ai suoi occhi.
 
Giocherellò un po' con un angolo della copertina, arricciato e consunto dal tempo, e quando esaminò pollice e indice vide sulla loro superficie pallida una leggera patina grigio chiaro.
 
Per una volta, mi piacerebbe molto metterti una O. Chissà se entro la fine dell'anno me lo farai questo regalo!
 
Sbuffò, un po' più sonoramente, e ignorando la spintarella sulla spalla da parte di James sfogliò il volume fino ad arrivare alla pagina in cui l'autore – o autrice? “Callisto” era piuttosto fuorviante come nome – elencava in ordine alfabetico le piante considerate velenose.
 
Che tu sia maledetto, papà.

 

 
(Dieci minuti prima)

 
Era arrivata appena in tempo. Suo padre, l'alto e massiccio professor Longbottom, stava giusto per uscire dal suo ufficio, troppo preso dalla gorgogliante piantina contro il petto per accorgersi che la valigetta nell'altra mano era chiusa solo per metà.
 
Un piccolo sorriso salì alle labbra di Alice.
 
Aveva passato un'intera infanzia a sentirsi dire che assomigliava tutta al suo papà. I capelli erano dello stesso colore marrone scuro, non abbastanza però da sembrare nero, per non parlare di come il taglio degli occhi e della bocca (larga, dal labbro inferiore pieno) fosse proprio uguale spiccicato a quello del padre. Dalla madre aveva preso gli occhi blu scuro e gli zigomi, ma più o meno tutto il resto era stato ereditato dalla fisionomia di Neville.
 
Così come anche i piccoli gesti che compieva distrattamente. Padre e figlia imburravano abbondantemente il pane prima di cospargerlo di marmellata (altrettanto abbondante), un lembo della loro camicia stava sempre fuori dai pantaloni o dalla gonna e, da come poteva osservare in quel momento, entrambi si dimenticavano di chiudere bene zaini e valige.
 
« Ciao, Lillis. » la salutò affettuosamente il padre, mentre alcune rughe dell'età si formavano intorno agli occhi scuri. Non volle ammetterlo, ma la Grifondoro sentì una bella sensazione nel petto alla vista della scintilla che spuntava puntuale nelle pupille del padre ogni volta che vedeva i figli.
 
« Ciao, papà. »
 
Senza curarsi di guardare attorno, Neville le si avvicinò e facendola sentire un po' bambina le baciò la sommità del capo. Alice sapeva che avrebbe dovuto comportarsi come una qualsiasi altra adolescente, allontanandolo e rimproverandolo con qualcosa come “Papà, mi metti in imbarazzo!”, ma non fece nulla, anzi sorrise quando le labbra del genitore le sfiorarono i capelli. Dopotutto, era il suo preferito.
 
« Non ricordavo avessi un'ora buca. Come mai Rose non è con te? Avete pressapoco gli stessi identici corsi. » disse l'uomo, sistemandosi il vaso che aveva in braccio.
 
« In realtà, sono venuta a portarti una cosa. » rispose lei, osservando di sbieco la pianta che, da parte sua, non sembrava apprezzare la sua presenza. Be’, non aveva tutti i torti; in tre estati era riuscita ad uccidere ben dodici piantine da camera diverse.
 
Neville notò che l'attenzione della figlia si era spostata. Esibì un sorriso orgoglioso che mostrava al mondo solo quando parlava di lei e di Frank o della sua amata “verdura”. « Ti piace, tesoro? Il suo nome è Gerold e sarà l'ospite eccezionale alla lezione di domani! Gli studenti del secondo lo adoreranno! »
 
Un'espressione stranita prese possesso del volto della ragazza. « Perché proprio “Gerold”?! È un nome orribile, papà. Hai già rovinato la mia infanzia dandomi il nome completo che porto, perché farlo anche con un'innocente piantina? »
 
« Il tuo nome è carino. »
 
« Un nome carino è Jane oppure, che ne so, Helen. »
 
« Hai intenzione di cambiarlo? »
 
« Vedremo come suonerà con il cognome del mio futuro marito. »
 
« Wolf-Burrows3, per esempio? » Nonostante l'argomento un po' lo imbarazzasse, Neville non sembrava prenderla sul serio.
 
« Ew, avevo otto anni all'epoca! »
 
Il padre sghignazzò sommessamente e l'espressione di Alice da orripilata si fece offesa.
 
« Alice Everett suona così bene. » ritentò, ora nascondendo la sua risata come meglio poteva. Alla vista delle palpebre della figlia che si assottigliavano minacciosamente aggiunse: « Tesoro, non è colpa mia se non ha accettato i miei due inviti a cena. Dice che preferisce il Quidditch allo studio dell'Erbologia. Un vero peccato; è un ragazzo così brillante. »
 
« Papà... »
 
« Tua madre potrebbe avermi detto qualcosa ma ti assicuro che sono stato– »
 
« Papà... »
 
« –il più professionale possibile e... »
 
« Papà! » I pugni di Alice erano ben chiusi lungo i fianchi, così stretti da aver stropicciato un po' il foglio di pergamena di Lucy.
 
Sua madre doveva smetterla di origliare le sue conversazioni con Rose. E di riferire poi al padre. Quasi se li immaginava: la testa bionda di Hannah premuta contro la porta della sua stanza e la breve corsa felpata fino in salotto dove, ridacchiante, raccontava tutto al marito.
 
Gerold intercettò il suo umore e le gorgogliò contro. Alice ebbe proprio voglia di prendere quel misto fra una pianta grassa e una zucca e spiaccicarlo al suolo. O forse sarebbe stato meglio starsene con le mani ben ferme – al secondo anno si cominciavano a studiare le piante velenose. Era probabile che Gerold le schizzasse addosso un qualche acido corrosivo.
 
« Sssh, non è niente. Questa cattivona non ce l'ha con te, Gerry! »
 
Pensò che si stesse rivolgendo a lei, ma appena il padre terminò la frase capì a chi erano davvero indirizzate quelle parole. Alla vista di quell'uomo grande e grosso cullare la stupida piantina, Alice si pentì di non essersi sentita in imbarazzo prima.
 
I gorgoglii di Gerold ora si fecero rilassati e cantilenanti come se stesse facendo le fusa. Se fossero stati in un cartone animato giapponese, probabilmente gli occhi del vegetale avrebbero assunto uno sguardo di sfida verso di lei e una vocina patetica avrebbe detto qualcosa come “Beccati questo, tappetta!”. E il padre si domandava perché non le piacesse Erbologia.
 
« Cosa dovevi darmi, Lillis? » riprese dopo un po' il professore, senza smettere di far dondolare il vaso.
 
Una lampadina si accese nella testa della bassa Grifondoro. Stava per dimenticarsi del compito di Lucy, la cugina di Rose.
 
«Oh, è vero. » Iniziò, lisciando come meglio poteva il lato del foglio che aveva stropicciato prima, « In poche parole, Lucy Weasley ha terminato una sorta di saggio che avevi dato a settembre e che lei non aveva mai finito. Te lo avrebbe portato lei ma a) doveva fare un test molto importante e b) visto che temeva la tua collera ha mandato me per indorare la pillola. »
 
Ti prego, Alice, potresti essere il più pacata possibile? Non vorrei proprio che si arrabbi di più!
 
Era proprio una stronza immane.
 
Che poteva farci?
 
Le sopracciglia del padre si aggrottarono mentre prendeva la pergamena e ne esaminava il contenuto.
 
« Ah, Lucy, Lucy. » disse. Gli occhi scuri correvano veloci sulla carta e le labbra formavano afone le parole che leggeva. « Lo sa che dovrò valutarlo al 50% ora? »
 
Alice strinse le labbra, poi toccandosi il mento con fare pensoso disse: « Deve aver detto una cosa del genere. »
 
Fece una pausa di qualche secondo poi, come illuminata nuovamente da un pensiero, ricordò. « Sì, in effetti, mi ha riferito che spera nella tua “assoluta bontà” per una prova d'ingresso... alla muffa? »
 
« M.U.F.F.A. » scandì meglio il padre che lasciò la pergamena nella mano che reggeva Gerold.
 
« Davvero dai per scontato che io sappia cosa significhi? »
 
« Un po' ci spero. » rispose rassegnato. « M.U.F.F.A. sta per “MediUniversità per Fattucchieri Finalizzata all'Anatomiapprendimento”. È piuttosto strano che una ragazza come Lucy scelga proprio la carriera da Medimaga; non credo sia nei suoi interessi quello di curare le persone. »
 
In effetti, aveva ragione. Alice non avrebbe mai lasciato che una ragazza insicura come lei le si avvicinasse con un ago enorme in mano.
 
« Be', comunque anche questo non è un nome carino. Insomma, davvero mandano i futuri guaritori a studiare in un posto chiamato “Muffa”? Ora capisco perché mamma ha voluto partorire in casa. »

 

 
(Il presente)

 
Il grado di sopportazione di una persona era un confine incredibilmente labile. Quello di Alice era quasi pari a zero.
 
Il libro del padre era stato buttato nello zainetto aperto nonostante una voce nella sua testa le intimava a ogni riga di proseguire nella lettura. Ma, come già auspicato, la pazienza non era una dote per la quale la Grifondoro spiccava e la vista di due parole incomprensibili messe spaventosamente troppo vicine le aveva fatto venire voglia di lanciare il testo lontano. Non lo aveva fatto, forse per rispetto per il genitore, ma comunque il volume ora faceva capolino dal tessuto dello zaino, quasi supplicandola con un “Leggimi, dai!”.
 
« Jamie, ho fame. Posso andarmene ora? » disse, ignorando il libro implorante.
 
Non sapeva a cosa aveva aderito poco prima, quando James le aveva chiesto di spargere una strana polvere all'entrata del bagno delle ragazze. Conoscendo il mago, poteva trattarsi della Polvere Buccia di Banana ovvero una sorta di sabbietta molto fine che se calpestata faceva finire a gambe all'aria il passante in questione. O la passante; sì, si trattava quasi sicuramente di quello.
 
James avrebbe scattato la foto dell'intimo della ragazza in questione e chissà cosa ci avrebbe fatto una volta con essa. Rabbrividì pensando a quanto le faceva schifo il corpo maschile, in alcuni casi.
 
« Dio, non hai più cinque anni. Come fa a divertirti uno scherzo vecchio più di Gazza? Non vedi già abbastanza gambe aperte nella tua routine quotidiana? » Incrociò le braccia al petto, leggermente infastidita che la costringesse ad assistere ad uno spettacolo che neanche le interessava. Avrebbe riso, nel migliore dei casi, ma ad Alice questi scherzi stupidi e passati di moda la annoiavano.
 
« Siamo passati dall'essere un eunuco a fare il donnaiolo. Wow, Cece, mi conosci da troppo tempo; come fai a non avere ancora un'idea chiara di me? » le rispose a tono il ragazzo, scuotendola piano per un gomito.
 
« Oh, ma io un'idea di te ce l'ho, eccome! » Alice si dipinse un'espressione feroce in volto, chiudendo a pugno la mano del braccio sorretto da lui. « Sei un moccioso di cinque anni intrappolato nel corpo di un diciassettenne che trova piacere nelle disgrazie altrui. »
 
« Non ci credo; sei un'ipocrita schifosa! » ridacchiò James, abbassando la testa al livello di quella di Alice. Una ciocca di capelli neri gli finì davanti agli occhi, ma non si curò di risistemarsela. Al più grande dei Potter non importava di come appariva.
 
La piccola brunetta storse il naso, un po' in un tentativo di intimidire il ragazzone che aveva davanti (senza risultati) e un po' per l'odore pungente che la sua giacca di pelle emanava.
 
« Ridi sempre ai miei scherzi, i quali per il 95% sono ai danni di qualcuno. Ti ricordo anche che sei stata più di una volta mia complice e, accidenti!, questa è una di quelle volte! Hai messo la Polvere proprio dove ti avevo detto di metterla. » continuò il ragazzo puntando gli occhi scuri in quelli di Alice.
 
Le prudevano le mani per la voglia di prenderlo a schiaffi, non tanto per quello che le stava dicendo ma per quello scintillio che aveva sempre nelle pupille. Quel luccichio era capace di farti sentire molte cose, questo lei lo sapeva troppo bene. Quando James Sirius Potter puntava i suoi famelici e maliziosi occhi scuri su di te significava che eri degno della sua attenzione. La sua capacità di farti sentire parte di qualcosa era sensazionale, come se tu per lui contassi sul serio.
 
Ma ad Alice quel barlume faceva saltare i nervi, perché lui era egocentrico e lei insofferente alle persone piene di sé.
 
« Di nuovo, “fatti più in là, puzzone”. » citò nuovamente le sue stesse parole, sfilando il braccio dalla sua mano visto che era lì da un po'. « Ricordami perché non hai la divisa. Aspetta, non hai ancora lavato via il mio porridge? »
 
« Prova con “pomeriggio libero”. » Il ragazzo si allontanò da lei e come per confermare ciò che aveva detto si sistemò la giacca nera sulle spalle. « Tu, a giudicare dalla divisa, hai lezione invece. »
 
« Precisamente e ora sarei comodamente accoccolata sul banco, con Rose che prende gli appunti per me. Invece, un deficiente a caso mi ha rapito e costretto a partecipare ad uno scherzo di pessimo gusto e così da matricole. »
 
Il maggiore dei Potter rise nuovamente sotto i baffi mettendo di poco in vista i suoi denti spaventosamente bianchi nonostante il vizio del fumo. Vederlo ridere in quel modo enigmatico la fece infuriare ancora di più; Alice odiava essere esclusa.
 
« Ed è qui che ti sbagli di grosso, Cece. »
 
La grande mano dalla pelle pallida del mago frugò nella giacca di pelle ed estrasse un sacchetto arancione, ormai mezzo vuoto.
 
Sgranando gli occhi, la Grifondoro capì.
 
James Sirius Potter era davvero un bel ragazzo, questo grazie anche alla sua aria da spericolato e temerario. Ma, alcune volte, il suo faccino piacente rischiava di rovinarsi per la sua stessa imprudenza. O per un pugno di Alice.












Note dell'autrice
 
1 Hannah Longbottom, née Abbott. Mamma di Alice e Frank, infermiera della scuola.
2 “Accettabile” ed “Eccezionale” sono due dei sei voti presenti nella saga. Il primo equivale ad un sei e mezzo/sette, il secondo è un dieci.
3 Wolf-Burrows è un cognome inventato dall'utente youtube EkolarasMagnum, creatore di webseries con The Sims 2 davvero eccezionale.




La mia intenzione iniziale era quella di scrivere un capitolo bello lungo, perciò l'idea di dividerlo in due parti non mi era minimamente passata per la testa. Però dopo aver fatto una stima mi sono resa conto che durava qualcosa come una ventina di pagine Word, scritte a carattere 10. Una cosa assurda, in poche parole. Annoiarvi sarebbe stato un errore enorme per me, perché questo capitolo (specialmente la parte seconda che spero di riuscire a pubblicare presto!) è vitale per la storyline di uno dei personaggi e anche perché lascia a voi lettori tanti piccoli hints ben nascosti! ^–^
 
La soluzione più semplice è stata tagliare in due il capitolo, sperando di rendere la lettura più chiara e scorrevole.
 
Tralasciando ciò, sono piuttosto soddisfatta da questa prima parte. In alcuni punti non ho sopportato Alice, ma, che posso farci?, me la sono creata così e così me la tengo, ahahah! Mi auguro che a tutti gli autori capiti di non approvare pienamente il carattere di uno dei suoi protagonisti! D:
 
Se anche voi scrivete, fatemi sapere in un commentino se c'è qualche personaggio di vostra creazione che non vi piace particolarmente! Condividere pensieri da scrittore a scrittore mi piace moltissimo!
 
In conclusione, la stesura di “Dire di no, parte II” è quasi completa. Mancano un paio di pezzetti e, se riesco a scrivere dopo gli esami di maturità, auspico che la pubblicazione avverrà intorno al 30 Giugno!
 
Lasciate una breve recensione se vi va, anche striminzita. Vorrei davvero sapere cosa ne pensate della storia, se c'è già qualche personaggio che amate/odiate e se avete qualche teoria per quello che accadrà in futuro o nella seconda parte! Mi renderebbe davvero, davvero felice leggere i vostri pareri!
 
Un abbraccio,
LeslieJean.
 
P.S. — Beccatevi James Sirius in tutto il suo splendore qui & qui (la giacca di pelleeee!). Sappiate che i nei sono una parte integrante del personaggio e, niente, ADORO.
 
   
 
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