Passi
pesanti
Qualcuno
bussò alla porta e Zoro si legò un asciugamano attorno alla vita prima di
andare ad aprire
-
La sua colazione signore – la voce flebile di un ragazzo gracilino gli spuntò
davanti. Lo spadaccino guardò il vassoio con un caffè e qualche brioche che
dall’aspetto, non era di sicuro fresca.
-
Non ho ordinato nulla – borbottò. Il ragazzo inghiottì più volte quando i suoi
occhi percorsero il corpo del pirata e le numerose cicatrici che lo ricoprivano.
Abbassò poi la testa rispondendo che era stata la locandiera a mandargliela, e
che naturalmente era gratis. A quella parola Zoro alzò le spalle e gli disse di
metterla sul tavolo. Il cameriere poggiò con molta cura il vassoio, temendo
forse che quello strano tipo potesse ucciderlo se lasciava cadere a terra una
sola goccia di caffè. Quando ebbe finito il suo delicato compito, uscì dalla
stanza accompagnando la porta così che non sbattesse. Zoro fissò il vassoio
pensando che di sicuro quella donna voleva tenerselo buono. Non ce n’era
bisogno, ma se il suo aspetto burbero poteva fargli risparmiare qualche Berry,
allora tanto meglio. Si vestì grattandosi il tatuaggio sul braccio destro.
Ancora non riusciva a credere che Rufy l’avesse convinto a farsi tatuare il suo
simbolo e che lui era stato così idiota da accettare. Forse era stato un altro
modo per avere ancora qualcosa di cui pentirsi, giacché i suoi rimorsi non
fossero già abbastanza.
Si rialzò il cappuccio della maglia con riluttanza,
decidendo infine di trovare il prima possibile un barbiere così da eliminare
qualsiasi intralcio. Non era mai stato uno che si interessava del suo aspetto,
e se avesse i capelli lunghi o corti non importava, l’importante era che
potesse camminare per strada senza doversi guardare attorno ogni cinque secondi,
anche se lo faceva lo stesso. Ormai era un gesto fisiologico.
Scese le scale tenendo con la mano le spade sul
fianco sinistro per non farle tintinnare, e quando passò davanti la locandiera,
questa gli sorrise chiedendogli se avesse gradito la colazione. Falsamente
rispose di sì, anche se aveva lasciato il tutto sul tavolo senza neanche
assaggiarlo.
Camminare per le strade a quell’ora era davvero
fantastico. Non era mai stato un mattiniero, anzi, però da un po’ aveva
iniziato a svegliarsi di buon ora, o per meglio dire, ad alzarsi, perché svegliarsi voleva dire che aveva
dormito, una cosa che ormai non faceva più.
Per le strade non si vedeva nessuno e le uniche voci
che poteva udire, erano quelle dei pescatori al porto. Si fermò a guardarli
tirare le reti con i pesci senza riuscire a non sorridere. Sembravano felici di
quello che facevano, dei semplici uomini con un semplice lavoro, che però
avevano negli occhi la luce di chi non ha nulla da chiedere alla vita, perché
si sente già abbastanza fortunato. Prima di ricadere in quell’aspirale di
autocommiserazione che non gli apparteneva, riprese a camminare per le strade
riuscendo finalmente a intravedere l’insegna di un barbiere. Entrò sentendo il suono
di una campanella sulla porta
- Un attimo e sono da lei – disse qualcuno da dietro
ad una porta. Zoro si guardò in giro prima di fermare gli occhi sul riflesso
allo specchio. Si abbassò il cappuccio arruffandosi i capelli.
Marimo... quel nomignolo odioso gli risuonò nella
testa. Odiava quando lo chiamava così, così come odiava il modo con cui si
divertiva a tirare fuori un soprannome dietro l’altro per criticare i suoi
capelli. Tagliarli era un po’ come dargliela vinta e fra di loro la partita non
era ancora chiusa.
In un moto di orgoglio e capriccio, si rimise il
cappuccio e uscì dal locale pochi secondi prima che il barbiere entrasse per
accogliere il nuovo cliente, lasciando sul volto dell’uomo un’espressione
infastidita.
Ormai le sue giornate erano così uguali l’una con le
altre: passava da un isola all’altra, dormiva in qualche locanda quando gli
andava bene, oppure si buttava nella stiva di qualche nave nella speranza di
non dover tagliare alcuna testa se fosse
stato scoperto. Eppure quando era partito con Rufy non immaginava che sarebbe
finito così, come una specie di nomade senza alcun sogno né alcuna aspettativa.
Si fermò su un muretto sentendo lo stomaco brontolare, e si maledì per non aver
approfittato della gentilezza di quella donna. Vide poi alcune ragazze che si
avvicinavano ridacchiando
- Se ci vai di mattina non serve prenotare perché
puoi trovare un tavolo libero – diceva una mentre l’altra l’ascoltava rapita.
Le udì pronuncia un nome familiare: Elisir...
Sì era quello che aveva nominato ieri la locandiera. Da come stavano parlando
quelle tipe, a Zoro parve di capire che era una specie di posto abbastanza
rinomato.
- Ma ci sarà anche lui? – chiese una di loro.
L’altra annuì e questo fece urlare di gioia la ragazza. Zoro scosse la testa
disgustato da quell’atteggiamento. Che diavolo c’era da agitarsi tanto?! Senza
degnarlo di uno sguardo le due ragazze si fermarono sedendosi accanto a lui.
Una iniziò a tirare fuori il portafogli cercando forse di contare quanto le
restava.
- E’più facile trovarlo di sera, ma se ci va bene
magari lo becchiamo anche questa mattina – ridacchiava l’altra mentre l’amica
tirava un sospiro di sollievo
- Dovrebbero bastare – sussurrò. Una di loro si
voltò verso di Zoro notando lo sguardo insistente del giovane.
- Ti serve qualcosa? – chiese cortesemente. Lui alzò
un sopracciglio sorridendo, non era abituato a simili cortesie.
- Che posto è questo Elisir? – quella domanda gli venne spontanea, forse aiutata
dall’atteggiamento gentile della ragazza. La giovane si girò verso di lui
raggiante.
- E’ l’hotel più bello dell’intera regione. Cioè è
qualcosa di strepitoso!!! Ma se vuoi puoi anche solo andare a mangiare lì,
perché c’è un ristorante fantastico! Un po’ caro, ma ne vale la pena credimi –
spiegò. Zoro annuì decidendo di buttarci un occhio giusto per vedere di cosa si
trattava, e poi aveva anche piuttosto fame. Non aveva nulla da fare, e di certo
in un posto simile, non avrebbe incontrato cacciatori di taglie o gentaglia della
stessa pasta. Allo stesso modo, era anche sicuro che non lo avrebbero neanche
fatto entrare, ma valeva la pena tentare. Le due ragazze si alzarono
spiegandogli come arrivarci e scusandosi se non lo potevano accompagnare, ma
dovevano tornare a casa per cambiarsi d’abito. Questo fece sorridere Zoro che
si convinse ancora di più di quanto quella gente fosse fissata con il
vestiario. Sperando di non perdersi come il suo solito, iniziò a incamminarsi
nella direzione che gli era stata indicata. Non dovette girare molto, che una
grossa insegna gli spuntò davanti; non poteva non notarla tanto era vistosa.
Delle colonne bianche accostavano l’entrata dove un
tappeto rosso si stendeva su pochi gradini. Esitò un po’ prima di salire,
cercando di vedere all’interno attraverso i vetri. Ma le lastre erano come
degli specchi che non permettevano altro se non di fissare il proprio riflesso,
chissà forse per qualche stupida questione di privacy. Scosse la testa ed entrò
ugualmente.
Un cameriere gli aprì la porta notando subito l’inusuale abbigliamento del ragazzo e
le tre spade che portava con se. Zoro era già pronto a girare i tacchi quando
con un sorriso il cameriere gli chiese se volesse una stanza o volesse solo
pranzare. Sorpreso e anche un po’ soddisfatto, il pirata chiese uno tavolo per
due, anche se stava da solo. Il cameriere gli fece strada attraverso la sala
portandolo verso un piccolo tavolo appartato e Zoro non poteva che apprezzare
quella scelta. Si sedette mentre gli veniva allungato un menù. Il giovane
cameriere si allontanò con un inchinò dicendo che sarebbe passato quando
avrebbe voluto ordinare. Zoro abbassò il menù scrutando il resto della sala.
Non era molto affollata ma dato l’orario, era anche plausibile. I muri erano
rosa salmone che vari disegni orientali e su di essi erano sparsi diversi
quadri colorati con fantasie surreali e di dubbio gusto, almeno per quello che
ne capiva lo spadaccino. Un enorme acquario rotondo regnava al centro della
sala, e questo non poté che ricordargli la sua amata Sunny. C’era anche un pianista, o meglio una pianista con una lunga
treccia bionda poggiata sulla spalla. L’esile copro stretto in un bianco
tubino, mentre con gli occhi chiusi picchiava soavemente le dita sui tasti.
Sembrava un angelo, e l’atmosfera che regalava a quel ristorante era davvero
paradisiaca. Stranamente non si sentì a disagio, eppure non era il posto che
faceva per lui. Ma né i clienti né i camerieri, che camminavano rapidi fra i
tavoli, lo avevano guardato con sospetto, o con preoccupazione. Stava iniziando
ad apprezzare quella cittadina, e decise che avrebbe potuto allungare la sua sosta
per qualche altro giorno. Non era costretto a partire subito, non aveva alcuna
meta da raggiungere se non la prossima isola sconosciuta.
Riprese il menù sgranando gli occhi alla vista dei
prezzi. Cavolo, era stata una cazzata andare lì, eppure quelle due gli avevano
assicurato che non era molto caro: un solo caffè costava anche più della stanza
che aveva preso in affitto alla locanda! Forse se quel posto non era così
affollato, non era certo solo per l’orario. Sarebbe stato meglio andarsene prima di essere
costretto a dare fondo a tutte le sue finanze. Stava per alzarsi dal tavolo
quando una strana conversazione raggiunse le sue orecchie. Un uomo grassottello
in doppio petto si stava lamentando con un cameriere per qualcosa che aveva a
che fare con la zuppa di riso.
- Mi scusi non so come sia potuto accadere – rispose
umilmente il cameriere inchinandosi più volte,
senza riuscire però a frenare le lamentele del cliente.
- E’ assurdo che sia stato trattato in questo
modo! Esigo di parlare con il direttore
– insisteva l’uomo. Zoro provò la voglia di andare da quel grassone e
tranciargli quella lingua biforcuta in due. Non sopportava quell’atteggiamento
arrogante di chi ha un sacco di soldi ma zero rispetto per gli altri. Ma la sua
filosofia di “non intrometterti negli affari che non ti riguardano” ebbe la
meglio su quella epidermica avversione, lasciandolo fermo lì a guardare la
scena.
Il cameriere si precipitò a chiamare il direttore
riuscendo così almeno a far abbassare al cliente il tono di voce, che aveva
fatto girare l’intera sala e aveva spezzato la magia di poco prima. Zoro notò una crescente agitazione vibrare fra
i tavoli e tutti i clienti sembravano non aspettare altro che vedere il tanto
richiesto uomo fare il suo ingresso. Qualche minuto dopo il cameriere ritornò
al tavolo informando il ciccione dell’imminente arrivo del direttore. Una porta
di legno si aprì e dei pesati passi risuonarono nel salone. Incuriosito e anche
basito da tutto quel inspiegabile interesse verso un semplice uomo, Zoro si
voltò verso il suono di quei passi che venivano accompagnati dalla musica del
piano.
Un ragazzo si avvicinò lentamente al tavolo dell’uomo.
Dei pantaloni neri si poggiavano sulle rumorose
scarpe mentre il petto era avvolto da una leggera camicia bianca sbottonata in
parte, così da lasciar intravedere una sottile catena d’oro con una piccola
croce. Le maniche della camicia erano arrotolate poco sotto i gomiti e, mentre
il polso destro era fasciato da un bracciale di cuoio, la mano sinistra era avvolta
da un guanto nero di pelle che lasciava scoperte le pallide dita. I capelli
biondi raccolti in una piccola coda, ricadevano sul volto solo da una parte,
mentre su un viso pulito si stendeva un sorriso gentile.
Il silenzio che era piombato nella stanza fece temere
a Zoro che tutti potessero sentire il battito impazzito del suo cuore; come un
martello d’acciaio che ricadeva su un’altrettanto pesante incudine. Un battito
dopo l’altro si susseguiva violento nella sua testa, mentre lo vedeva parlare educatamente
con quell’uomo. Neanche si era reso conto del cameriere che gli si era
avvicinato
- Signore, signore – quando la cantilena del giovane
fu così insistente Zoro si voltò a guardarlo scuotendo la testa
- Ha deciso cosa ordinare? – lo spadaccino ascoltò
le sue parole senza davvero udirle e tornò silenziosamente con gli occhi su di lui.
Mai avrebbe creduto di poterlo rivedere. Non su
quell’isola, non in quel posto, non dopo tre lunghi anni.
To Be Continued...
Che
dire, immagino abbiate capito chi è il direttore dell’Elisir che, a parte la coda (che è sempre stata una
mia piccola fantasia lo ammetto U////U) è abbastanza riconoscibile XD
Chiedo
scusa se nel primo capitolo sono stata un po’ “casinista” XDDD ma tranquilli
non è importante sapere chi è Kuma o dov’è Thriller
Bark, era
solo un introduzione nulla di più. I pirati di Jack Forceville,
naturalmente non esistono né tanto meno esiste la Lovely Prince ^^ forse avrei dovuto chiarirlo prima. per questo mi scuso
U__U.... molte cose verranno spiegate nel corso della storia: i rapporti fra i
due, il perché dell’abbandono ecc, quindi basta pazientare ^-^
Grazie a tutti e grazie per i complimenti da parte di chi non ama lo yaoi. A
volte quando si ha qualche “pregiudizio” non si riesce ad essere obiettivi e
quindi ringrazio Butler per la sua recensione ^^
Vi
lovvo tutti e al prossimo capitolo >.<
Kiss
kiss Chiara