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Autore: kiara_star    10/01/2009    5 recensioni
Erano passati tre anni e ancora riusciva a ricordarsi alla perfezione le sue parole, anzi poteva udirle così come le aveva pronunciate, con ogni singola vibrazione della sua voce. Con quel tono amaro a tratti disperato, ma allo stesso tempo pacato, come solo lui sapeva essere.... (una fic ambientata nel futuro di One Piece, o meglio dopo il suo ritrovamento. Naturalmente è una ZoroXSanji ^-*)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Passi pesanti

Qualcuno bussò alla porta e Zoro si legò un asciugamano attorno alla vita prima di andare ad aprire

- La sua colazione signore – la voce flebile di un ragazzo gracilino gli spuntò davanti. Lo spadaccino guardò il vassoio con un caffè e qualche brioche che dall’aspetto, non era di sicuro fresca.

- Non ho ordinato nulla – borbottò. Il ragazzo inghiottì più volte quando i suoi occhi percorsero il corpo del pirata e le numerose cicatrici che lo ricoprivano. Abbassò poi la testa rispondendo che era stata la locandiera a mandargliela, e che naturalmente era gratis. A quella parola Zoro alzò le spalle e gli disse di metterla sul tavolo. Il cameriere poggiò con molta cura il vassoio, temendo forse che quello strano tipo potesse ucciderlo se lasciava cadere a terra una sola goccia di caffè. Quando ebbe finito il suo delicato compito, uscì dalla stanza accompagnando la porta così che non sbattesse. Zoro fissò il vassoio pensando che di sicuro quella donna voleva tenerselo buono. Non ce n’era bisogno, ma se il suo aspetto burbero poteva fargli risparmiare qualche Berry, allora tanto meglio. Si vestì grattandosi il tatuaggio sul braccio destro. Ancora non riusciva a credere che Rufy l’avesse convinto a farsi tatuare il suo simbolo e che lui era stato così idiota da accettare. Forse era stato un altro modo per avere ancora qualcosa di cui pentirsi, giacché i suoi rimorsi non fossero già abbastanza.

Si rialzò il cappuccio della maglia con riluttanza, decidendo infine di trovare il prima possibile un barbiere così da eliminare qualsiasi intralcio. Non era mai stato uno che si interessava del suo aspetto, e se avesse i capelli lunghi o corti non importava, l’importante era che potesse camminare per strada senza doversi guardare attorno ogni cinque secondi, anche se lo faceva lo stesso. Ormai era un gesto fisiologico.

Scese le scale tenendo con la mano le spade sul fianco sinistro per non farle tintinnare, e quando passò davanti la locandiera, questa gli sorrise chiedendogli se avesse gradito la colazione. Falsamente rispose di sì, anche se aveva lasciato il tutto sul tavolo senza neanche assaggiarlo. 

 

Camminare per le strade a quell’ora era davvero fantastico. Non era mai stato un mattiniero, anzi, però da un po’ aveva iniziato a svegliarsi di buon ora, o per meglio dire, ad alzarsi, perché svegliarsi voleva dire che aveva dormito, una cosa che ormai non faceva più.

Per le strade non si vedeva nessuno e le uniche voci che poteva udire, erano quelle dei pescatori al porto. Si fermò a guardarli tirare le reti con i pesci senza riuscire a non sorridere. Sembravano felici di quello che facevano, dei semplici uomini con un semplice lavoro, che però avevano negli occhi la luce di chi non ha nulla da chiedere alla vita, perché si sente già abbastanza fortunato. Prima di ricadere in quell’aspirale di autocommiserazione che non gli apparteneva, riprese a camminare per le strade riuscendo finalmente a intravedere l’insegna di un barbiere. Entrò sentendo il suono di una campanella sulla porta

- Un attimo e sono da lei – disse qualcuno da dietro ad una porta. Zoro si guardò in giro prima di fermare gli occhi sul riflesso allo specchio. Si abbassò il cappuccio arruffandosi i capelli.

Marimo...  quel nomignolo odioso gli risuonò nella testa. Odiava quando lo chiamava così, così come odiava il modo con cui si divertiva a tirare fuori un soprannome dietro l’altro per criticare i suoi capelli. Tagliarli era un po’ come dargliela vinta e fra di loro la partita non era ancora chiusa.

In un moto di orgoglio e capriccio, si rimise il cappuccio e uscì dal locale pochi secondi prima che il barbiere entrasse per accogliere il nuovo cliente, lasciando sul volto dell’uomo un’espressione infastidita.

Ormai le sue giornate erano così uguali l’una con le altre: passava da un isola all’altra, dormiva in qualche locanda quando gli andava bene, oppure si buttava nella stiva di qualche nave nella speranza di non dover tagliare alcuna testa  se fosse stato scoperto. Eppure quando era partito con Rufy non immaginava che sarebbe finito così, come una specie di nomade senza alcun sogno né alcuna aspettativa. Si fermò su un muretto sentendo lo stomaco brontolare, e si maledì per non aver approfittato della gentilezza di quella donna. Vide poi alcune ragazze che si avvicinavano ridacchiando

- Se ci vai di mattina non serve prenotare perché puoi trovare un tavolo libero – diceva una mentre l’altra l’ascoltava rapita. Le udì pronuncia un nome familiare: Elisir... Sì era quello che aveva nominato ieri la locandiera. Da come stavano parlando quelle tipe, a Zoro parve di capire che era una specie di posto abbastanza rinomato.

- Ma ci sarà anche lui? – chiese una di loro. L’altra annuì e questo fece urlare di gioia la ragazza. Zoro scosse la testa disgustato da quell’atteggiamento. Che diavolo c’era da agitarsi tanto?! Senza degnarlo di uno sguardo le due ragazze si fermarono sedendosi accanto a lui. Una iniziò a tirare fuori il portafogli cercando forse di contare quanto le restava.

- E’più facile trovarlo di sera, ma se ci va bene magari lo becchiamo anche questa mattina – ridacchiava l’altra mentre l’amica tirava un sospiro di sollievo

- Dovrebbero bastare – sussurrò. Una di loro si voltò verso di Zoro notando lo sguardo insistente del giovane.

- Ti serve qualcosa? – chiese cortesemente. Lui alzò un sopracciglio sorridendo, non era abituato a simili cortesie.

- Che posto è questo Elisir? – quella domanda gli venne spontanea, forse aiutata dall’atteggiamento gentile della ragazza. La giovane si girò verso di lui raggiante.

- E’ l’hotel più bello dell’intera regione. Cioè è qualcosa di strepitoso!!! Ma se vuoi puoi anche solo andare a mangiare lì, perché c’è un ristorante fantastico! Un po’ caro, ma ne vale la pena credimi – spiegò. Zoro annuì decidendo di buttarci un occhio giusto per vedere di cosa si trattava, e poi aveva anche piuttosto fame. Non aveva nulla da fare, e di certo in un posto simile, non avrebbe incontrato cacciatori di taglie o gentaglia della stessa pasta. Allo stesso modo, era anche sicuro che non lo avrebbero neanche fatto entrare, ma valeva la pena tentare. Le due ragazze si alzarono spiegandogli come arrivarci e scusandosi se non lo potevano accompagnare, ma dovevano tornare a casa per cambiarsi d’abito. Questo fece sorridere Zoro che si convinse ancora di più di quanto quella gente fosse fissata con il vestiario. Sperando di non perdersi come il suo solito, iniziò a incamminarsi nella direzione che gli era stata indicata. Non dovette girare molto, che una grossa insegna gli spuntò davanti; non poteva non notarla tanto era vistosa.

Delle colonne bianche accostavano l’entrata dove un tappeto rosso si stendeva su pochi gradini. Esitò un po’ prima di salire, cercando di vedere all’interno attraverso i vetri. Ma le lastre erano come degli specchi che non permettevano altro se non di fissare il proprio riflesso, chissà forse per qualche stupida questione di privacy. Scosse la testa ed entrò ugualmente.

Un cameriere gli aprì la porta notando subito l’inusuale abbigliamento del ragazzo e le tre spade che portava con se. Zoro era già pronto a girare i tacchi quando con un sorriso il cameriere gli chiese se volesse una stanza o volesse solo pranzare. Sorpreso e anche un po’ soddisfatto, il pirata chiese uno tavolo per due, anche se stava da solo. Il cameriere gli fece strada attraverso la sala portandolo verso un piccolo tavolo appartato e Zoro non poteva che apprezzare quella scelta. Si sedette mentre gli veniva allungato un menù. Il giovane cameriere si allontanò con un inchinò dicendo che sarebbe passato quando avrebbe voluto ordinare. Zoro abbassò il menù scrutando il resto della sala. Non era molto affollata ma dato l’orario, era anche plausibile. I muri erano rosa salmone che vari disegni orientali e su di essi erano sparsi diversi quadri colorati con fantasie surreali e di dubbio gusto, almeno per quello che ne capiva lo spadaccino. Un enorme acquario rotondo regnava al centro della sala, e questo non poté che ricordargli la sua amata Sunny. C’era anche un pianista, o meglio una pianista con una lunga treccia bionda poggiata sulla spalla. L’esile copro stretto in un bianco tubino, mentre con gli occhi chiusi picchiava soavemente le dita sui tasti. Sembrava un angelo, e l’atmosfera che regalava a quel ristorante era davvero paradisiaca. Stranamente non si sentì a disagio, eppure non era il posto che faceva per lui. Ma né i clienti né i camerieri, che camminavano rapidi fra i tavoli, lo avevano guardato con sospetto, o con preoccupazione. Stava iniziando ad apprezzare quella cittadina, e decise che avrebbe potuto allungare la sua sosta per qualche altro giorno. Non era costretto a partire subito, non aveva alcuna meta da raggiungere se non la prossima isola sconosciuta. 

Riprese il menù sgranando gli occhi alla vista dei prezzi. Cavolo, era stata una cazzata andare lì, eppure quelle due gli avevano assicurato che non era molto caro: un solo caffè costava anche più della stanza che aveva preso in affitto alla locanda! Forse se quel posto non era così affollato, non era certo solo per l’orario.  Sarebbe stato meglio andarsene prima di essere costretto a dare fondo a tutte le sue finanze. Stava per alzarsi dal tavolo quando una strana conversazione raggiunse le sue orecchie. Un uomo grassottello in doppio petto si stava lamentando con un cameriere per qualcosa che aveva a che fare con la zuppa di riso.

- Mi scusi non so come sia potuto accadere – rispose umilmente il cameriere inchinandosi più volte,  senza riuscire però a frenare le lamentele del cliente.

- E’ assurdo che sia stato trattato in questo modo!  Esigo di parlare con il direttore – insisteva l’uomo. Zoro provò la voglia di andare da quel grassone e tranciargli quella lingua biforcuta in due. Non sopportava quell’atteggiamento arrogante di chi ha un sacco di soldi ma zero rispetto per gli altri. Ma la sua filosofia di “non intrometterti negli affari che non ti riguardano” ebbe la meglio su quella epidermica avversione, lasciandolo fermo lì a guardare la scena.

Il cameriere si precipitò a chiamare il direttore riuscendo così almeno a far abbassare al cliente il tono di voce, che aveva fatto girare l’intera sala e aveva spezzato la magia di poco prima. Zoro notò una crescente agitazione vibrare fra i tavoli e tutti i clienti sembravano non aspettare altro che vedere il tanto richiesto uomo fare il suo ingresso. Qualche minuto dopo il cameriere ritornò al tavolo informando il ciccione dell’imminente arrivo del direttore. Una porta di legno si aprì e dei pesati passi risuonarono nel salone. Incuriosito e anche basito da tutto quel inspiegabile interesse verso un semplice uomo, Zoro si voltò verso il suono di quei passi che venivano accompagnati dalla musica del piano.

Un ragazzo si avvicinò lentamente al tavolo dell’uomo.

Dei pantaloni neri si poggiavano sulle rumorose scarpe mentre il petto era avvolto da una leggera camicia bianca sbottonata in parte, così da lasciar intravedere una sottile catena d’oro con una piccola croce. Le maniche della camicia erano arrotolate poco sotto i gomiti e, mentre il polso destro era fasciato da un bracciale di cuoio, la mano sinistra era avvolta da un guanto nero di pelle che lasciava scoperte le pallide dita. I capelli biondi raccolti in una piccola coda, ricadevano sul volto solo da una parte, mentre su un viso pulito si stendeva un sorriso gentile.

Il silenzio che era piombato nella stanza fece temere a Zoro che tutti potessero sentire il battito impazzito del suo cuore; come un martello d’acciaio che ricadeva su un’altrettanto pesante incudine. Un battito dopo l’altro si susseguiva violento nella sua testa, mentre lo vedeva parlare educatamente con quell’uomo. Neanche si era reso conto del cameriere che gli si era avvicinato

- Signore, signore – quando la cantilena del giovane fu così insistente Zoro si voltò a guardarlo scuotendo la testa

- Ha deciso cosa ordinare? – lo spadaccino ascoltò le sue parole senza davvero udirle e tornò silenziosamente con gli occhi su di lui.

Mai avrebbe creduto di poterlo rivedere. Non su quell’isola, non in quel posto, non dopo tre lunghi anni.

 

 

 

 

To Be Continued...

 

 

Che dire, immagino abbiate capito chi è il direttore dell’Elisir  che, a parte la coda (che è sempre stata una mia piccola fantasia lo ammetto U////U) è abbastanza riconoscibile XD

 

Chiedo scusa se nel primo capitolo sono stata un po’ “casinista” XDDD ma tranquilli non è importante sapere chi è Kuma o dov’è Thriller Bark, era solo un introduzione nulla di più. I pirati di Jack Forceville, naturalmente non esistono né tanto meno esiste la Lovely Prince ^^ forse avrei dovuto chiarirlo prima. per questo mi scuso U__U.... molte cose verranno spiegate nel corso della storia: i rapporti fra i due, il perché dell’abbandono ecc, quindi basta pazientare ^-^
Grazie a tutti e grazie per i complimenti da parte di chi non ama lo yaoi. A volte quando si ha qualche “pregiudizio” non si riesce ad essere obiettivi e quindi ringrazio Butler per la sua recensione ^^

 

Vi lovvo tutti e al prossimo capitolo >.<

Kiss kiss Chiara

  
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