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Autore: Mary P_Stark    13/06/2015    2 recensioni
Anno 2034. Cameron e Domenic Van Berger, rampolli della famiglia omonima e giovani di brillante talento, si ritrovano loro malgrado nel mezzo di un intrigo internazionale. Sarà Cameron a farne le spese in prima persona, e Domenic tenterà di tirarlo fuori dai guai, utilizzando tutte le sue conoscenze tecniche... e non. Un segreto che, ormai da anni, cammina con lui, si rivelerà determinante per la salvezza del fratello. E della donna che ama. Antiche amicizie si riveleranno solo meri inganni, e questo porterà Domenic e Cameron a confrontarsi con una realtà che non avrebbero mai voluto affrontare. Chi è veramente il nemico, di chi possono fidarsi, i due gemelli? - SEGUITO DI "HONEY" E "RENNY" (riferimenti nelle storie precitate)
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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XV. Truth.
 
 
 
 

Yuki attese che Cameron si avviasse verso la sua stanza, prima di entrare nella veranda coperta, dove sapeva trovarsi Domenic.

Lo trovò in osservazione del profilo seghettato delle montagne, imbiancate da metri e metri di neve.

Tutto era uniformemente bianco, e solo poche sfumature di grigio e azzurro lasciavano intravedere le forme di ciò che li circondava.

Non era come nell'Hokkaido, ma anche quel luogo così lontano da casa, aveva bellezza e fascino.

E c'era Domenic, lì.

Il giovane, udendo i suoi passi leggeri, si volse a mezzo e, sorridendole spontaneamente, le domandò: «Ciao. Avevi bisogno di me?»

Lei scosse il capo e, dopo averlo raggiunto alla vetrata blindata, si mise a sua volta in osservazione del paesaggio.

Le mani strette sulle braccia – ricoperte da un leggero maglione a fantasie geometriche – Yuki ristette al suo fianco senza dire nulla, assaporando solo la sensazione della sua vicinanza.

Quei giorni erano stati così convulsi, così pieni e frenetici che, anche volendo, non avrebbe avuto la forza e la volontà di provare paura.

Ma ora ne aveva, perché l'adrenalina era del tutto scomparsa dal suo sangue, e iniziava a scorgere la portata di ciò che aveva fatto.

Non si era limitata a mettersi contro la sua famiglia, ma aveva scatenato uno tsunami di tale portata che, presto o tardi, le sarebbe piombato addosso con virulenza.

In tutta onestà, però, non se l'era sentita di ignorare ciò che aveva letto per puro caso tra i messaggi privati di Nobu.

Lei e la sua curiosità.

Come addetta alla sicurezza dell’hardware aziendale, badare a che nessuno entrasse nei database dell'azienda, era compito suo.

Ma non avrebbe voluto dire controllare anche la corrispondenza privata.

Questo, però, aveva salvato la vita a Cameron, pur se non alle sue due guardie del corpo.

La mano di Domenic si poggiò leggera sulla sua spalla, sorprendendola e, nell'attirarla dolcemente a sé, il giovane le disse: «Non devi pensare che mostrare la tua paura sia un difetto, Yuki-necchan. Credo che nessuno, qui dentro, ne sia esente. Neppure gli agenti.»

Lei gli avvolse la vita con disinvoltura, come quella mattina aveva fatto Phie e, con un mezzo sorriso, replicò: «Quando comincerai a mostrare la tua, allora ti seguirò.»

Dom rise sommessamente, annuendo.

«Deve essere la giornata delle richieste. Cam mi ha appena domandato di aprirmi maggiormente con lui.»

«Chiediti perché. Io, lui, penso anche Sophie-chan... o i ragazzi del gruppo... tutti ti vediamo come una roccia inamovibile. Shield. Il nostro scudo. Nessun nickname sarebbe stato più adatto, per te.»

Gli sorrise dal basso, mentre Domenic faceva finta di nulla, ammiccando però con gli occhi.

«Non hai mai avuto un cedimento, mai un dubbio. Ma posso immaginare che non sempre sia così.»

Dom la fissò con occhi dichiaratamente sorpresi e lei, sorridendo dolcemente, si stupì nuovamente delle sue reazioni.

Possibile che non se ne fosse mai reso conto?

«Sono tutto tranne che una roccia, credimi, Yuki-necchan. Ho una marea di dubbi, ho sempre il terrore di sbagliare, e ogni volta che Cam ha un raffreddore, temo sempre possa peggiorare in qualcosa di orribile.»

Lo disse con così tanta onestà nel tono di voce, che Yuki non poté esimersi dal ridere.

«Non si direbbe, davvero. Per questo, tuo fratello vorrebbe più apertura da parte tua. Me lo disse anche durante la nostra fuga. Avrebbe voluto aiutarti, starti più accanto.»

Il giovane allora sorrise e, nel tornare a osservare l'orizzonte, asserì: «Me l'ha detto, e cercherò di accontentarlo, ma io non funziono così. Mi basta sapervi vicini, sapere che, se mai mi servisse una mano, o una parola, vi avrei accanto a me.»

L'essere annoverata nella cerchia di coloro che Domenic desiderava avere accanto, la riscaldò, portandola a sorridere.

«A volte, non basta pensare. A volte, bisogna agire. Non tutti sappiamo leggere bene l'animo delle persone.»

«Già» assentì Domenic, poggiando il capo contro il vetro blindato, come se le sue forze fossero venute meno all'improvviso.

Subito, Yuki si preoccupò e, accentuando la stretta sulla vita di lui, mormorò: «Domenic-kun... non ti senti bene?»

Lui fece un sorriso sghembo, la scrutò da sopra una spalla e ammise: «Sto cercando di capire come chiederti una cosa, senza però apparire impiccione. O idiota.»

«Come? Chiedimela e basta» esalò lei, strabiliata.

«Potrebbe farti soffrire. E non voglio. Ma desidero sapere... aiutarti

Yuki allora comprese e, trattenendo a stento le lacrime, reclinò il viso e mormorò: «Vuoi sapere come mi sento? Per via di mio padre e di Nobu-chan

«Solo se vuoi parlarne.»

«Ne hai parlato anche con Cameron-kun? Aveva un'aria piuttosto sbattuta, quando è uscito di qui.»

«Ci hai visti?» esalò sorpreso Dom.

«Ti cercavo.»

Ammetterlo la fece arrossire, e Domenic le disse: «Potevi entrare. Nessuno dei due avrebbe detto nulla.»

«Era un momento di intimità tra voi due. E so che entrambi ne avevate bisogno.»

Il giovane, allora, si scostò da lei, le sollevò il viso con una mano e, nel carezzarle una guancia con il pollice, sorrise dolcemente.

«Ci hai sempre capiti al primo sguardo, fin da piccola. Anche se ci vedevamo poco, e per brevissimi periodi, era come se non ci separassimo mai. Un po' come con Phie. Ma, in qualche modo, diverso.»

Quelle profondità oceaniche che la stavano scrutando, la portarono a perdere il dono della parola.

Come faceva a rimanere a pensare anche solo di dire qualcosa, di fronte a quegli occhi?

«Vi volevo bene.»

«E noi a te. Forse, perché eri nostra coetanea, chissà...»

Rise, e si scostò da lei per passarsi una mano tra i capelli, divertito.

«Ricordo quella volta che ci sgridasti perché ti chiamammo Yuki-chan, invece di Yuki-necchan. Volesti a tutti i costi sottolineare che avevi un anno più di noi, e che perciò eri legittimata a comandarci, essendo la nostra sorellona

A quel commento, Yuki avvampò in viso e distolse lo sguardo, esalando: «Dio! Non ricordarmelo! Ero così presuntuosa, all'epoca!»

«Avevi otto anni. E avevi tutto il diritto di fare la presuntuosa, visto che noi eravamo più pestiferi di quanto mi piaccia ricordare.»

Lo disse sorridendo, forse perso in qualche ricordo in particolare.

Quel sorriso la fece capitolare.

Le lacrime iniziarono a scendere lente e calde lungo le sue gote e Domenic, senza dire altro, la avvolse in un abbraccio consolatorio.

Yuki, allora, si strinse a lui come timorosa di affogare nel suo stesso dolore e, con voce incrinata dal pianto, gettò fuori la sua rabbia, il suo risentimento, la sua pena.

Parlò in tono accorato e affranto di suo padre, lasciando per Nobu solo poche parole risentite.

Dom non se ne stupì. Tra i due fratelli non c'era mai stato amore, perciò il suo tradimento doveva sembrarle meno inaspettato, più prevedibile.

Il problema, come nel caso di Cameron, si rivelò essere Noboru.

Se, per il gemello, il signor Tashida aveva rappresentato il mentore illuminato da cui imparare le discipline orientali, per Yuki aveva rappresentato la colonna portante della sua vita.

Certo, la giovane amava la madre, ma non l'aveva mai portata in palmo di mano come con Noboru.

Lui era sempre stato l'essere inarrivabile, il traguardo da raggiungere.

Quello scorno doveva pesarle più di qualsiasi altra cosa.

Ekaterina era sempre stata un'amica, per la figlia, mentre il padre le era sempre apparso distante, pur se affettuoso.

Dargli tutto il suo amore, e vederselo restituire apertamente, aveva sempre rappresentato una sfida, per Yuki.

Sapere di essere stata tradita proprio da lui, aveva rappresentato un autentico fallimento.

Quando infine le lacrime ebbero un termine, Yuki ristette col capo poggiato contro il torace solido di Domenic, ascoltando il tamburellare quieto del suo cuore.

Avrebbe potuto assopirsi appagata, al suono tenue di quella melodia ritmata.

La mano del giovane, per tutto il tempo impegnata a massaggiarle la schiena, prese a carezzarle i capelli scuri e dai riflessi purpurei, mentre la guancia poggiava lieve sul suo capo.

«Va meglio?» le sussurrò, inspirando il dolce profumo di miele della sua pelle, di tutta quanta lei.

Doveva allontanarsi alla svelta, o avrebbe ceduto a istinti ben più bassi di quell'innocente scambio di premure.

«Sì, abbastanza. Anche se ti ho inzuppato la maglia» mormorò lei in risposta, lasciandosi sfuggire una risatina.

Lui si scostò, ammirò la macchia scura sul fondo color Blu di Prussia del maglioncino a coste e, ammiccando, dichiarò: «Dovrai testimoniare che non è stata colpa mia.»

«Nessun problema» assentì, levandosi spontaneamente in punta di piedi per dargli un casto bacio su una guancia. «Grazie, Domenic-kun

Dom non poté esimersi dall'irrigidirsi, a quel tocco delicato, e la giovane se ne accorse immediatamente.

Scostatasi di un passo, lo fissò spiacente in viso, temendo di averlo offeso, pur non sapendo come.

Domenic, in compenso, distolse in fretta il viso e andò ad accomodarsi su una delle sdraio imbottite, tenendo le mani strette a pugno sulle cosce.

«Domenic-kun... scusa. Non volevo...»

Yuki si bloccò a metà della frase quando lui trovò il coraggio di guardarla.

Non c'era affatto offesa, nei suoi occhi turbinanti.

C'era... desiderio.

«Vattene, Yuki-necchan, prima che faccia, o dica, qualcosa di cui entrambi potremmo pentirci.»

Lei non lo ascoltò minimamente e, inginocchiatasi accanto a lui - che si astenne dal toccarla in alcun modo - replicò seria: «Cosa non vuoi dirmi?»

«Ci sono troppe complicazioni, Yuki-necchan. E ora non ne abbiamo davvero bisogno.»

La giovane poggiò le mani sui suoi pugni, li sentì fremere, vide il suo volto tendersi, distogliere lo sguardo da lei e, all'improvviso, questo la rese forte.

La rese padrona della situazione.

E la spinse verso il baratro.

Allungandosi verso di lui, mormorò: «A volte, sei davvero tardo, Domenic-kun

Senza dargli il tempo di scappare, poggiò le sue labbra a cuore su quelle sorprese di Dom che, sobbalzando, indietreggiò un attimo, prima di perdere completamente la battaglia contro i suoi stessi sentimenti.

Scivolò via dalle mani di Yuki, le afferrò la nuca e la attirò a sé, schiacciandole le labbra per un bacio più profondo, quasi disperato.

Lei lo lasciò fare, preda della stessa rabbia cieca, dello stesso impetuoso desiderio di smascherare entrambi.

Domenic la baciò ancora e ancora, ansando contro la sua bocca, le sue gote arrossate, il suo collo sinuoso, mentre le mani di Yuki esploravano quel viso, quei capelli che l'avevano sempre attratta.

Fu il trillo del telefono del giovane a farli fermare, spaventandoli a morte.

E rendendoli consapevoli di essersi completamente distesi sulla sdraio, con gli abiti in disordine e i volti tumidi di baci.

«Sarà meglio che risponda... e mi calmi» ridacchiò imbarazzato Domenic.

Yuki assentì, sedendogli accanto con un sorrisino tronfio in viso.

Lui le fece la lingua, cosa che di solito non faceva mai, e la giovane gongolò.

«Pronto! Sono Dom.»

«Tesoruccio, ciao! Sono Berry! Scusami se sfrutto questo telefono, ma quel debosciato di mio figlio non ha la minima intenzione di accendere il suo, perciò mi sono vista costretta a sfruttare quello dei tuoi genitori.»

La voce trillante di Berenike Preston Kendall inondò il padiglione auricolare di Domenic, facendolo scoppiare a ridere.

Yuki ascoltò incuriosita la filippica della donna, circa le manchevolezze del figlio e, assorta, si appoggiò a Dom che, con naturalezza, le avvolse le spalle con un braccio.

Silenzioso e paziente, Domenic ascoltò ogni parola, annuendo ogni tanto e, quando finalmente Berry si dichiarò soddisfatta, ringraziò e lasciò la palla ai Van Berger.

Ne scaturì subito dopo la voce possente di Andrea, e Dom si ritrovò a sorridere.

«Ciao, nonno! Ehi, come va, lì? Helena non sta ammattendo, vero?»

«Mi sta guardando malissimo, nipote, perché sa che sono una lingua lunga, e che finirò per occupare troppo spazio alla nostra conversazione, rubandone a lei.»

La voce della seconda moglie di Andrea giunse vagamente stizzita, e Dom ridacchiò.

Li adorava entrambi.

«Dille di non preoccuparsi. Se vuole, possiamo tenere per noi due un'intera telefonata, la prossima volta.»

«Non glielo suggerirò, perché altrimenti non si schioderà più da qui, e non voglio che Hannah e Nick pensino che vogliamo mettere radici in casa.»

Le risate dei suoi genitori giunsero attraverso l'apparecchio, riscaldandolo.

«Dubito potrebbero aversene a male, ma lascerò a te la decisione. Ha nevicato, per caso? Altrimenti, ve ne mandiamo qualche tonnellata. Qui, ce n'è in abbondanza.»

«Quest'anno ci ha graziato. Benedetti cambi climatici! Ancora un po', e vedremo i pinguini lungo la Ocean Boulevard... oppure le gazzelle. Chi ci capisce è bravo.»

Domenic rise sommessamente, e così pure Yuki, accanto a lui.

«Ohhh, risata femminile... e non è Phie. Ti ho disturbato, nipote?»

«Nonno... qui con me c'è Yuki-necchan, e non ci hai disturbati. Stavamo... parlando.»

Ammiccò alla ragazza al suo fianco, e lei si tappò la bocca per non scoppiare in una risata sguaiata.

«Sì, come no. Come la volta che ho pizzicato tuo padre e tua madre, in ufficio, mentre tentavano di capire come sfruttare...»

«PAPA'!!» urlarono in coro i due interpellati, facendo scoppiare a ridere tutti i presenti.

«Nonno, ti prego... so come nascono i bambini e tutto il resto, ma preferisco non pensare ai miei genitori in quel frangente.»

«Perché? Tu e Cam pensate di essere nati sotto un cavolo?»

Domenic si passò una mano sul viso, sempre più imbarazzato, ed esalò: «Vado a cercarti Cameron, così stresserai lui con questi argomenti spinti.»

«Giovani d'oggi. E dire che dovreste essere più disinibiti di così.»

Se solo il nonno avesse potuto vederlo, avrebbe capito benissimo perché non aveva bisogno di pensarci.

Yuki ridacchiò e Dom, notando dove – e cosa – stesse guardando, si imbarazzò parecchio e bofonchiò: «Ti lascio un istante con Yuki-necchan, mentre io cerco Cam. Ciao, nonno!»

Ciò detto, lasciò il telefono nelle mani della giovane, le stampò un bacio sulla fronte e uscì praticamente di corsa dalla stanza, seguito a ruota dalla risata di lei.

Ma dove diavolo era, Cameron, quando serviva?!

 
§§§

Se aveva pensato che la telefonata del nonno fosse stata imbarazzante, dovette ricredersi alla svelta.

Distratto come poche volte era stato in vita sua, Dom non fece caso all'ovvio, e si riversò nella camera del fratello senza bussare.

Mai idea fu più malsana.

Phie strillò spaventata, volgendosi completamente verso il muro mentre Cam, irritato come una biscia, lanciò un'imprecazione prima di allacciarsi frettolosamente i pantaloni.

Il tentativo di nascondere la sua erezione, ovviamente, fu vano.

Ops.

Domenic si affrettò ad avvampare – quanto a scusarsi profusamente – e, con tono piuttosto imbarazzato, chiese al gemello di raggiungere la veranda per parlare col nonno.

Un'occhiata di Cam al suo viso, però, bastò a metterlo sull'attenti e, con un ghigno, gli passò a fianco e mormorò: «Mi sa che dovremo parlare d'altro, oltre che della tua inopportuna entrata in scena, eh?»

«Pare di sì» ammise Dom, ammiccando.

«Bene. Sono contento per te. Solo per questo, non ti spacco la faccia a pugni» replicò il fratello, dandogli una pacca sulla spalla nell’uscire dalla stanza.

Domenic se ne uscì con una risata sgangherata e, dopo essersi scusato ancora una volta con il fratello e Phie, fece per uscire.

Sophie, però, lo bloccò con un sorriso e una richiesta e al giovane, nonostante tutto, non restò che fermarsi, pur sentendosi ancora un po’ in imbarazzo.

Avvoltolata in un panno di lana, Phie si sedette sul letto mentre Dom, con cautela, scelse di appoggiarsi a una cassettiera.

Lo sguardo di Sophie la diceva lunga, su quali domande le stessero ronzando per la mente, e Domenic non era sicuro di voler rispondere a tutte.

Ma, avendo disturbato la sua intimità e quella del fratello, qualche spiegazione era d’obbligo.

«Ebbene? Hai sbattuto contro un muro con la faccia, Dom, o hai baciato qualcuno piuttosto intensamente?» ironizzò la ragazza, sdraiandosi su un fianco in una posa piuttosto maliziosa.

Ghignando, Domenic scrollò le spalle e replicò: «Se ti dicessi che ho mangiato qualcosa a cui sono allergico, mi credersti?»

«Neanche morta» sottolineò drastica lei, sollevando l’angolo della bocca a cuore.

Al giovane non restò altro che essere onesto e, lasciando scivolare la tensione che irrigidiva il suo corpo, mormorò: «Ho baciato Yuki-necchan

«Ohhh…» sospirò Phie, illuminandosi in viso. «Allora non mi ero sbagliata!»

«Come, prego?» brontolò Dom, fissandola accigliato.

Ridacchiando divertita, Sophie gli propinò il suo miglior sguardo da saccente e asserì serafica: «Dio, ti prego, Dom… non sottovalutarmi. Dopotutto, stai parlando con una donna.»

«Donna che sta per mostrarmi più di quanto vorrei» sottolineò il giovane, sogghignando. «Attenta a quella camiciola, Phie… stai scoprendoti il seno, stando in quella posizione.»

Immediatamente, la ragazza lanciò uno sguardo sotto di sé e, borbottando un’imprecazione, abbottonò un paio di bottoni prima di ringhiare: «Tuo fratello è un mago nell’aprirmi la camicietta.»

«Spero sia bravo anche nel resto.»

Phie allora arrossì appena, ma assentì.

«Sa essere molto… creativo

Fu il turno di Domenic, per arrossire. Grattandosi la nuca, mormorò: «Non voglio sapere i particolari, credimi. Mi basta non essere piombato qui nel bel mezzo del… del…»

«Dell’azione?» ironizzò Phie, compiacendosi nel vedere l’amico d’infanzia farsi purpureo in viso. «Sei adorabile, quando ti imbarazzi tanto.»

«E tu sei più pestifera del solito.»

«Lo so. E non credere che abbia scordato quello che hai detto prima. Hai baciato Yuki… e io dico – finalmente! – ma la domanda sorge spontanea. Perché non l’hai fatto prima?»

«Per citare Yuki-necchan, perché a volte sono un po’ tardo?» le propose Domenic, sogghignando.

«Uomini» sospirò con eccessiva afflizione Phie, passandosi una mano sul viso. «Come hai fatto a non capire che lei stravedeva per te? Per me era evidente.»

«Hai intenzione di rigirare il coltello nella piaga, zus

«Adoro quando parli in olandese…» ridacchiò Phie, mettendosi a sedere a gambe incrociate. Una posa sicuramente più in tono con il suo carattere.

Anche Domenic si rilassò nuovamente, nonostante il fuoco incrociato delle domande dell’amica e, scrollando le spalle, ammise: «Avevo una marea di cose a cui pensare, e i molteplici legami che avevo con Yuki-necchan mi hanno fatto perdere di vista… l’essenziale.»

«Immaginavo che anche il tuo cervello, per quanto superdotato, potesse avere dei limiti» asserì Phie, sorridendogli gentilmente. «Ma sono felice che, alla fine, ci sia arrivato. Mi piacete molto, assieme.»

«E detto dalla mia sorellina onoraria…beh, grazie.»

«Zus mi piace di più…e prego, non c’è di che» ammiccò la ragazza, prima di tornare seria. «Ho già commesso io quell’errore a suo tempo, Domenic. Non lasciare che la paura o i dubbi ti tengano lontano da lei. La ami. E’ solo questo che importa.»

«Già. La amo» sussurrò Domenic, annuendo.

Era forse la prima volta che lo ammetteva ad alta voce, e con qualcun altro che non fosse se stesso.

Con un sorriso, si avvicinò a letto e, dopo aver deposto un bacio sulla fronte dell’amica, mormorò: «State sempre attenti, vero?»

«Se ti dicessi che mia madre mi ha regalato una scatola di profilattici prima di partire, che diresti?»

Lo sconcerto prese presto il sopravvento sul volto di Domenic che, scoppiando a ridere di gusto, si lasciò cadere a sedere sul letto accanto a Phie.

Passandosi una mano sul viso, esalò divertito: «Solo Rena avrebbe potuto pensare a una cosa del genere, e in un momento simile!»

Scrollando le spalle, l’amica ammise: «Beh, ha dato per scontato che, lontani da casa, inchiodati dentro quattro mura e tutto il resto, sarebbero state poche le occasioni in cui io e Cam non avremmo pensato a… beh, a consumare il contenuto della scatola.»

Dom rise ancora, di fronte al candore con cui Phie gli stava parlando e, dandole un altro bacio sulla guancia, si rialzò e disse: «Sei la creatura più luminosa che io conosca, Phie, e sono orgoglioso di essere tuo amico.»

«E mio fratello onorario» sottolineò lei. «Sai che con me puoi parlare di tutto, come io so che con te posso dire tutto quello che mi balza alla mente. Non avrò mai paura di aprirmi a te, Dom. E lo stesso deve valere per te.»

«E’ così. Sarà sempre così» assentì Domenic.

Aprendosi in un sorriso malizioso, lei allora domandò: «Per cui…»

«No» disse lapidario Domenic. «Non qui. Non ora.»

Phie si morse un labbro, forse delusa, ma annuì. «Sì, hai ragione. E’ proprio il posto sbagliato. Ma è stato bello sapere che hai pensato a una cosa simile. E’ stato molto dolce da parte tua.»

Domenic storse la bocca e, allontanandosi per raggiungere la porta, borbottò: «Prima che tu mi dica qualcosa di peggio, me ne vado.»

«Potrei dirti che devi usare di più il tuo lato femminile!» rise allora Phie, vedendolo sgattaiolare fuori di corsa. «Maschi… di’ loro che si comportano con un minimo di dolcezza, e subito pensano che li stai offendendo. Neanche fosse una cosa poco virile, pensare al momento giusto in cui fare…»

L’arrivo di Cam la bloccò a metà della sua filippica e, sorridendogli maliziosa, asserì: «Hai incrociato tuo fratello?»

«Sì, e sembrava piuttosto imbarazzato. Che gli hai fatto?» ridacchiò Cameron, togliendosi la camicia.

«Oh, niente di che. Ho solo dimostrato che le donne sono più intelligenti degli uomini» replicò lei, accogliendolo con un bacio piuttosto impegnato.

Cam la liberò della coperta e, riprendendo da dove si era interrotto, ribatté: «Non mi avventurerò in una discussione del genere con te, piccola. So già che perderei.»

«Dimostri di essere saggio.»

Liberati i seni di Phie dal reggiseno, Cam ridacchiò e, nel baciarle la pelle sericea e priva di imperfezioni, asserì serafico: «Previdente, piccola. Previdente.»

Phie non riuscì a ribattere. 





 
  
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