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Autore: Crystal Wright    13/06/2015    4 recensioni
"Dopo la battaglia di Hogwarts, Draco Malfoy andò da Harry Potter e, con le lacrime agli occhi, disse: “Mi dispiace, voglio ricominciare tutto da capo. Io sono Draco, Draco Malfoy.” E gli porse la mano. Harry, sul punto di piangere, gliela strinse."
17 maggio: giornata mondiale contro l'omofobia. JK Rowling ci ha insegnato a non discriminare persone di nessun genere, ad amare qualsiasi persona senza pregiudizi. Oggi il mondo intero ringrazia persona come lei che lottano affinché tutti abbiano gli stessi diritti e pari opportunità. Mi appello a tutti coloro che, nel 2015, continuano a volere una comunità tutta uguale, basata sugli stessi principi e lo stesso modo di vivere. Ma noi abbiamo imparato a lottare contro gli stereotipi. Viva la diversità! Viva coloro che hanno tanto coraggio da vivere come vogliono! Viva la Drarry!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Harry uscì da Malfoy Manor come un condannato che si dirige verso la ghigliottina. Sperava che un giorno Draco lo avrebbe perdonato e avrebbero finalmente potuto essere due amici che erano stati divisi fin dal primo giorno di scuola a Hogwarts.
– Harry, aspetta! – si sentì chiamare. Si girò di scatto e notò la domestica di Draco che faceva irruzione dalla porta principale. – So che è un brutto momento, ma… potresti farmi un autografo per i miei figli? Sai, loro ti stimano così tanto… –
Harry prese in mano la penna e il foglio e firmò senza neanche rendersene conto. Non sapeva bene cosa si fosse aspettato, ma di certo non gli sembrava il momento più adatto per firmare autografi. Comunque, data la sua indole Grifondoro, non negò alla donna ciò che voleva. Poi si girò e si smaterializzò nell’albergo dove aveva sostato la notte precedente. Riprese la stessa camera e gli venne restituita la borsa che aveva lasciato con tutti i suoi averi.
Tirò fuori la foto dei suoi genitori e la fissò per un po’, cercando di contrastare le lacrime che premevano per uscire. – Scusa mamma, scusa papà. Sono un pessimo figlio. –
 
Harry trascorse i giorni seguenti chiuso nella camera d’albergo. Il direttore era andato da lui un paio di volte per chiedergli se potesse aiutarlo in qualche modo, ma Harry aveva sempre declinato l’offerta. L’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo era anche l’unica che non gli avrebbe mai più rivolto la parola.
Il Ministero continuava a mandargli gufi con messaggi preoccupati: alcuni si chiedevano se fosse caduto da una scopa e rimasto paralizzato, altri se i mandati di arresto per Mangiamorte ancora a piede libero avessero in qualche modo intaccato troppo violentemente la sua fragile psicologia, altri ancora se il divorzio con Ginny fosse stato troppo sconvolgente. Alla fine Harry rispose che si sarebbe preso qualche giorno di vacanza e diede la colpa del suo pessimo umore al divorzio, anche se era perfettamente conscio di essere ormai diventato apatico nei confronti di Ginny.
Ogni mattina mandava un messaggio a Draco dal suo cellulare, sottoforma di messaggio o chiamata vocale, in cui cercava di ridurre al minimo il ricordo di ciò che era accaduto: non voleva farlo sentire in colpa, anche perché la colpa era solamente di Harry, ma desiderava con tutto il cuore che Draco potesse perdonarlo. Gli parlava del più e del meno, non riuscendo però a trattenersi dal rievocare ricordi delle due settimane precedenti.
I messaggi che mandava avevano più o meno la stessa impronta. “Ciao, Draco, sono Harry. Questo è più o meno il settimo messaggio che ti mando oggi, ma volevo solo sapere se stavi bene. Mi sono comportato da stupido e ti chiedo scusa per questo. Non volevo farlo: ero spaventato. Mi manca trascorrere i pomeriggi insieme davanti al camino della tua biblioteca. Non lo dico per la biblioteca, ovvio! A me non piace neache leggere… È solo che… penso che mi manchi proprio tu. Non so cosa mi stia succedendo, ma vorrei poter contare sul tuo aiuto per capire qualcosa. Richiamami se vuoi, rispondi ai messaggi, mandami un gufo… come ti pare, ma per favore non ignorarmi.”
Quella mattina lasciò un nuovo messaggio nella segreteria telefonica di Draco e si andò a fare una doccia. Adorava la sensazione dell’acqua fredda che gli lavava via tutte le preoccupazioni. Poi, però, una volta uscito dal bagno, tutti i ricordi tornavano a galla e lui ne veniva sommerso.
Tornò in camera, legò un asciugamano alla vita e si asciugò i capelli, cercando di dar loro una forma, ma fallendo miseramente nella missione. Si guardò allo specchio per un momento, pigiando con il pollice la cicatrice che aveva sulla fronte. Quel piccolo fulmine non gli aveva dato problemi da quando il Signore Oscuro era morto, ma con il passare del tempo dovette ammettere che il mago più potente del mondo non era l’unico a potergli dare problemi. Anzi, aveva imparato a proprie spese che gli affari di cuori erano dolorosi tanto quanto una cruciatus.
Era ancora avvolto nell’asciugamano, quando sentì il telefono squillare.
Lo prese solo per attaccare la telefonata, dato che non aveva la benché minima intenzione di parlare con qualcuno in quel momento, ma il cuore gli mancò un battito quando notò il nome sullo schermo: Draco.
Rispose senza esitazione. – Pronto? –
Draco, dall’altro capo del telefono, imprecò contro la cameriera che adorava tanto Harry per aver composto il numero del ragazzo e averglielo passato contro la volontà di Draco.
– Pronto? – ripeté Harry, credendo che il ragazzo lo avesse involontariamente chiamato.
Alla fine, però, Draco si fece sentire. – Ciao. –
– Draco. – il moro sfoderò un enorme sorriso e cercò di mantenere le palpitazioni sotto controllo. – Come stai? –
– Bene. – mentì il biondo. Ripensava sempre a ciò che gli aveva detto il moro e più di una volta era stato sul punto di rispondere alle sue chiamate, ma alla fine si era convinto di averlo dimenticato. La sorte gli dimostrò l’esatto contrario e per questo Draco si ritrovò a inveire di nuovo, questa volta contro se stesso.
Harry fece finta di credere al tono volontariamente evasivo del biondo. – Mi hai chiamato. – constatò lui. – Quindi… mi hai perdonato? –
Draco scosse la testa. – In realtà non ti ho chiamato io. Cioè, una domestica schizzata ha composto il tuo numero e mi ha passo il telefono prima che potessi fare nulla. –
– Oh. – rispose semplicemente Harry, mentre qualcosa dentro di lui si frantumava in piccoli pezzi.
– Però avevo intenzione di chiamarti. – Draco si maledisse mentalmente per la sua incoerenza.
– Davvero? – il tono di Harry era speranzoso, ma la sua voce sembrava sul punto di rompersi.
– Sì. No. Non lo so. –  Draco si morse un labbro, ricordando la conversazione che aveva avuto con Harry prima che questo lo lasciasse sulla porta di casa. Anche Harry rievocò il momento.
– Mi dispiace così tanto per quello che ho fatto. – Ripeté Harry sottovoce.
Draco alzò gli occhi al cielo. – Me lo hai detto almeno una decina di volte nei messaggi che mi hai lasciato in segreteria. –
– Allora li hai sentiti. – Harry sembrava sollevato, ma Draco non volle dargli soddisfazione.
– No. –
– E come fai allora a conoscere il contenuto dei messaggi? –
Draco si morse un labbro. – Non è questo il punto. –
– E allora perché mi hai chiamato? –
– Non ti ho chiamato io, okay? – urlò Draco in preda a una crisi isterica. Barone, vicino a lui, soffiò e se ne andò dalla camera. Il biondo respirò a fondo un paio di volte e Harry attese pazientemente che lui gli riversasse tutta la rabbia addosso, come quando erano a Hogwarts e si prendevano a botte o a male parole ogni volte che litigavano. Quella volta, invece, non fu così: Harry sentì Draco singhiozzare e il biondo non fece in tempo ad allontanare il telefono dall’orecchio.
– Draco, stai… piangendo? –
Il biondo lo mandò mentalmente a quel paese, mentre riattaccava la telefonata con un gesto secco. Harry rimase sorpreso dall’accaduto ma non poté fare nulla, se non richiamarlo. Draco prese il telefono e lo gettò dall’altro lato della stanza, mandandolo in mille pezzi. Poi si cinge le ginocchia con le braccia e pianse silenziosamente, lasciando strisce di lacrime sulla sua camicia bianca preferita.
 
Qualche minuto dopo Draco sentì qualcuno bussare alla porta. La sua domestica entrò nella camera facendo il minimo rumore possibile e Draco la fulminò con lo sguardo: con gli occhi cerchiati di rosso a causa del pianto sembrava spiritato.
La domestica lo informò con il tono più accondiscende possibile che c’era un ospite al piano di sotto. Draco le ordinò di mandarlo via, chiunque fosse. Il biondo sentì delle flebili voci provenire dall’atrio e alla fine qualcuno aprì di nuovo la porta della sua stanza senza permesso.
– Ti avevo detto di non entrare! – urlò Draco alla domestica. Poi si bloccò di colpo vedendo che la persona davanti a lui aveva gli stessi capelli arruffati della domestica, ma gli occhi verdi che spuntavano sul viso scarlatto erano tutt’altro che i suoi.

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Ciao a tutti! Spero di essermi fatta odiare abbastanza per come sono andate le cose, ma ora, come potete leggere, la situazione sta cambiando, o perlomeno entrambi si sono resi conto che c'è qualcosa che non va. Personalmente adoro la cameriera: non so perché, ma mi ricorda molto il personaggio di Hermione (non ci avevo mai pensato prima effettivamente...). Comunque eccoci qua, sicuramente a un punto di svolta. La situazione si stabilizzerà o entrambi vivranno una vita solitaria e infelice? Buona lettura e a presto,
Crystal :)

 
  
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