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Autore: LysL    13/06/2015    4 recensioni
Quando si perde qualcuno, indifferentemente dal motivo, la prima cosa che viene detta è "passerà".
La verità, però, è un'altra. E nessuno può saperlo meglio di chi l'ha vissuto.
Dal testo:
Trafalgar Law è sempre stato una persona parecchio cinica, insensibile alle volte, e di sicuro non aperta verso il mondo. Lui è il “Chirurgo della Morte” e certo non è un soprannome assegnato a caso, chiunque si fosse parato sul suo cammino l’aveva scoperto a sue spese. Eppure, in quel momento, Trafalgar Law spera davvero di essere riuscito a salvare la vita di Cappello di Paglia.
Non è riuscito a non rivedersi in lui, nel suo sforzo di salvare suo fratello.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Trafalgar Lamy, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa storia a Zaira.
Perché non so come ringraziarla altrimenti per esserci, per incoraggiarmi e per avere sempre la parola giusta che mi tira su.
E poi, perché è grazie a lei se questa storia è stata pubblicata.
Ti voglio bene, tesoro.
 
 
Non finirà mai
 
 
È notte inoltrata, Trafalgar Law lo sa grazie al suo orologio biologico, non certo perché riesce a vedere il cielo. È chiuso nel suo sottomarino, nella sala operatoria, ormai da parecchie ore. La mascherina ancora alzata a coprire la bocca e il naso, e il cappello abbandonato da qualche parte sulla mensola di fianco alla porta, si fissa le mani coperte dai guanti, che a loro volta sono sporchi del sangue di Cappellaio. Il ragazzo è steso sul lettino, coperto fino ai fianchi da un telo. Accanto a lui, Bepo e Penguin si stanno liberando delle loro tute, anch’esse schizzate di rosso.
«Dobbiamo lasciarlo riposare adesso, capitano?» chiede l’orso, la testa china e la voce preoccupata.
Law annuisce una sola volta, guardando poi i suoi due compagni uscire dalla sala.
Sospira.
Guarda Cappellaio. La maschera dell’ossigeno si stringe contro il suo viso, pompando a forza l’aria nei polmoni e producendo un rumore sordo e continuo, il petto del ragazzo si alza e si abbassa regolarmente.
La sua attività cerebrale e i battiti del cuore si sono normalizzati più di due ore fa, ma Law non sa ancora se ce la farà o meno.
Si lascia scivolare contro il muro, le mani, libere dai guanti, infilate tra le ciocche sudate che gli si appiccicano alle tempie.
Perché si trova lì? Perché non ha semplicemente continuato la sua normale rotta, senza quella deviazione che gli sta facendo perdere parecchio tempo e che lo sta ponendo tra gli ultimi nella corsa verso Raftel?
Mentre operava Cappellaio, ricucendo ferite, e sigillando vene ed arterie recise, si era posto tante volte quelle domande, ed altrettante volte si era già risposto.
E la verità è ben diversa da quella che si era voluto raccontare all’inizio. Perché, sì, è vero che quel piccoletto lo aveva positivamente colpito e che gli sarebbe dispiaciuto se fosse morto, e sì, ha anche lui la “D.” nel nome, con tutto ciò che quella cosa comporta, ma il motivo che l’ha spinto a lasciar perdere tutto per andare a prenderlo al Quartier Generale della Marina, esponendosi in un tale modo davanti ai gradi più alti, è molto più personale e intimo di quanto gli piaccia ammettere.
Trafalgar Law è sempre stato una persona parecchio cinica, insensibile alle volte, e di sicuro non aperta verso il mondo. Lui è il “Chirurgo della Morte” e certo non è un soprannome assegnato a caso, chiunque si fosse parato sul suo cammino l’aveva scoperto a sue spese. Eppure, in quel momento, Trafalgar Law spera davvero di essere riuscito a salvare la vita di Cappello di Paglia.
Non è riuscito a non rivedersi in lui, nel suo sforzo di salvare suo fratello.
Si stringe la testa fra le mani, gli occhi serrati.
 

Law è seduto a gambe incrociate, all’ombra di un alto leccio. È uno di quei pomeriggi oziosi e rilassati, di passaggio tra la primavera e l’estate, e lui ama passarli a leggere nel parco vicino casa.
«Fratellonee!» Una bambina bionda gli corre incontro, un sorrisone ad illuminarle il viso e un pupazzo stretto nella mano sinistra.
Sa già cosa sta per chiedergli. E lui sa già cosa risponderle. Nonostante ciò, rimane in silenzio, in attesa.
«Fratellone, giochiamo insieme?» Il tono entusiasta di Lamy lo fa sorridere, ma Law è ben determinato a nascondere il sorriso alla sorella.
«Non vedi che sto leggendo?» Le fa eco, alzando una pagina del libro di anatomia con fare ovvio. Ha nove anni, ma la scienza lo appassiona talmente tanto, che non gli pesa rimanere solo a casa, o all’ombra di un albero a leggere quei tomi spessi ed incomprensibili alla maggior parte dei suoi coetanei.
Lamy, però, sembra non aver udito le sue parole, e si getta a peso morto sulle sue gambe. «Uuffa-a!» dice, sporgendo in fuori le labbra, in un’espressione imbronciata. Law non riesce a non pensare a quanto sia carina.
«Fai sempre cose noiose! Io voglio giocare con tee!»
Law scosta il libro dalle proprie gambe, per poi incrociare le braccia. «La scienza non è noiosa, Lamy!» protesta, senza però essere realmente arrabbiato, è abituato al fatto che quella conoscenza non sia alla portata di tutti e la cosa non lo infastidisce più, inoltre non riuscirebbe mai ad arrabbiarsi con Lamy.
«Però non si può giocare alla scienza!» ribatte lei, tirandosi su con le ginocchia e imitando la posa del fratello, le braccia incrociate al petto, il pupazzo stretto tra esse. La bambina osserva Law ad occhi sgranati, illuminandosi un po’ nel vederlo ghignare, inconsapevole di ciò che il fratello ha intenzione di proporle.
«Invece sì! Possiamo giocare così: io sono il chirurgo e tu la mia assistente, e dobbiamo dissezionare uno scoiattolo.» punta l’indice verso la chioma dell’albero, dove una coppia di scoiattoli saltella tra i rami.
L’espressione di Lamy non tarda a farsi sconvolta. «Law! Sei davvero cattivo, sai?» gli tira uno schiaffetto sul braccio nel vederlo ridacchiare.
«Sto scherzando, credulona!» Law le poggia una mano sulla testa, scompigliandole i capelli corti. In realtà non sta del tutto scherzando, ma non c’è bisogno che Lamy lo sappia.
«Quindi adesso giochiamo?» Sua sorella non ha intenzione di demordere, ma, sfortunatamente per lei, neanche lui. Riprendendo il libro di anatomia, si volta verso di lei.
«Ti ho detto che sto leggendo! Ho bisogno di imparare più cose possibili, per diventare un bravo dottore e curare chi è ammalato. Diventerò perfino più bravo di papà!» Gli dispiace deludere così la sua sorellina, che gli sta facendo gli occhi dolci per convincerlo, ma non può permettersi di perdere neanche un minuto di tempo: il piombo ambrato è infido, e lui non sa quando colpirà, per questo deve essere preparato in ogni momento.
«Uffa! E va bene, chiederò ad Honoka se vuole giocare con me, visto che tu sei così noioso!» gli volta le spalle, non prima di avergli fatto una linguaccia, e corre via.
Sospira, Law. Un giorno, ne è sicuro, Lamy lo ringrazierà, un giorno, anche di questo è sicuro, potranno giocare insieme, senza alcun pensiero.
 

Ringhia, come un animale ferito, rimproverandosi di non riuscire a mantenere la sua solita tempra, il suo solito guscio di indifferenza. È sempre così, ogni volta che pensa a lei. Per quanto provi a scacciare via quella sensazione, essa ritorna, puntuale come un nuovo giorno, ogni volta che la sua mente sfiora il ricordo di Lamy.
È una voragine posizionata incomprensibilmente al centro del petto. Incomprensibilmente, perché Law è un dottore, sa bene che è il cervello che controlla la memoria e le emozioni, eppure è lì, all’altezza del suo tatuaggio, che quel vuoto si apre.
Conficca le unghia nel cuoio capelluto, nel tentativo di distogliere i suoi pensieri da quel periodo. Quello in cui lui, lei, e i loro genitori, erano ancora felici. Quando ancora avevano speranza.
 

Law è seduto su una di quelle sedie azzurrine e scolorite, che si trovano nei corridoi degli ospedali. L’odore di disinfettante riempie l’aria, rendendola pesante da respirare. O forse la causa è solo quel nodo che sente all’altezza dell’epiglottide, che gli da problemi anche a deglutire.
Accanto a lui, su un’altra di quelle brutte sedie, sta un sacco bianco. Lo guarda, con la voglia di scaraventarlo giù da una delle finestre… in realtà ha voglia di rompere ogni cosa, ma si trattiene. Non vuole rischiare di essere allontanato, prima vuole vedere come sta.
Un’infermiera secca come un chiodo e dalla strana chioma afro si avvicina, parlottando fitto fitto con una collega, anch’ella sifilitica, ma con pochi capelli neri e lisci come spaghetti.
«Hai sentito?» dice.
«Quella povera bambina…» le risponde l’altra.
Law serra la mascella, sentendo stridere i denti. Si alza in piedi, prende il sacco e si avvicina alle due. «Venite dal reparto pediatrico?» chiede.
Le due si guardano per un attimo, poi, quella con l’acconciatura afro si abbassa alla sua altezza e gli rivolge un sorriso materno. «Sì, piccolo. Hai bisogno di qualcosa?»
Law evita di rimarcare il fatto che ha dieci anni e non cinque, quindi non è piccolo, e si limita a rispondere atono all’infermiera.
«Vorrei vedere mia sorella. So che i miei genitori sono già qui.»
La donna scambia l’ennesimo sguardo con la collega, prima di parlare nuovamente. «Chi è tua sorella?»
«Trafalgar Lamy. È stata ricoverata oggi per la prima volta.»
Law comincia ad irritarsi, quando l’infermiera si volta per cercare lo sguardo dell’altra. Non gli è certo sfuggita l’espressione compassionevole sui loro volti, e se c’è una cosa che non sopporta più, è la pietà.
«Tu devi essere il famoso Law. Tua sorella non ha fatto altro che chiedere di te da quando s’è svegliata.» gli sorride quella dai capelli lisci, nel tentativo di tirargli su il morale. «È la quinta porta sulla destra. Veloce, vai.» lo sprona, facendosi di lato per lasciarlo passare.
Sentir dire che Lamy l’aveva cercato lo fa stare ancora più male, ma doveva assolutamente prendere quelle cose da casa; dal sacco bianco sporgono alcuni peluche, la scatola del kit di cucina e una corona da principessa.
Appena varcata la soglia della stanza, il gridolino felice di Lamy gli dà il benvenuto, e sembra che la bambina stia facendo uno sforzo sovrumano per non lanciarsi giù dal letto e corrergli incontro.
Le si avvicina, sporgendosi verso di lei, e permettendole di abbracciarlo. «Finalmente!» esclamò lei, il solito sorriso sul volto. Volto non più roseo.
Law si chiede come abbia fatto a non accorgersene prima. La macchia bianca adesso è piuttosto visibile. Va dall’orecchiò sinistro fino alla mascella. Uno sguardo all’espressione di suo padre gli toglie anche l’ultima, fievole speranza, che ancora credeva di avere.
Si sforza di rispondere al sorriso di Lamy. «Guarda, ho portato dei giochi! Adesso ti sfido a dire che sono noioso!» le posiziona in grembo alcuni pupazzi e in testa la corona. Lamy ride, e gli regala uno dei sorrisi più luminosi che lui abbia mai visto. Non l’ha ancora capito, lei. Non ha ancora realizzato quello che le è successo e cosa questo comporti.
«Ecco perché eri in ritardo!» Lamy apre il kit con le tazzine. «Fratellone, sei fantastico! Penso che ti permetterò di fare il principe, per stavolta.»
Mentre giocano a prendere il tè, Law sa che non si perdonerà mai di aver sprecato quel tempo che avrebbe potuto passare con lei.
 

Non c’era riuscito. Non era riuscito a salvarla; a nulla erano valsi i pomeriggi spesi sui libri, sempre più complicati e pieni di informazioni. A nulla era valsa la sua forza di volontà: la vita di sua sorella gli era scivolata via fra le braccia, finendo tra le fiamme di quell’enorme incendio, lo stesso giorno in cui aveva perso i suoi genitori, e i suoi amici.
Però, per quanto avesse sotto gli occhi l’ennesima prova che avere una forte volontà non era sinonimo di essere invincibili, Law non riusciva a biasimare Cappellaio per aver tentato di salvare suo fratello.
Lui stesso, se ne avesse avuta la possibilità, avrebbe passato anche le notti su quei manuali. Tutto, pur di avere una probabilità in più di salvare Lamy, di andarsene via insieme a lei e ai suoi genitori.
Era la consapevolezza di non aver fatto abbastanza, il vuoto sordo e immenso che si apriva lì dove avrebbe dovuto esserci il viso sorridente di sua sorella: era quello che lo faceva crollare. Ancor più del ricordare Cora-san e i suoi genitori. Lamy era troppo giovane e buona, per finire vittima di quel mondo corrotto.
Si alza, Law, cercando di respirare con una cadenza regolare, per chiudere al più presto quel cassetto dei ricordi e uscire dalla stanza, che si fa ogni secondo più opprimente.
Lancia un ultimo sguardo al ragazzo disteso davanti a lui: sembra sereno, in quel momento, nulla che metta in evidenza l’enorme ferita che ha nel petto. Non sul petto, ma nel petto. Law sa che per quest’ultima, non c’è niente che lui possa fare. Può conoscerne la natura, la grandezza e la profondità e la posizione, ma non ha i mezzi per curarla, e sa che non li avrà mai.
Copre il corpo di Cappello di Paglia fino alle spalle, celando gli innumerevoli aghi e stetoscopi che ha attaccati addosso, e conficca la nodachi al lato del lettino, tanto sa che gli servirà ancora. Perché non è finita lì. Non finirà mai, neanche per lui.
 
 
 
 
Note della pazza autrice:
Salve a tutti!
Innanzitutto ringrazio come sempre chiunque si sia fermato a leggere la mia storia, e spero che vi sia piaciuta.
Mi renderebbe molto felice sapere cosa ne pensate, se credete che ci sia qualcosa da migliorare o qualcosa che proprio non va. Le critiche sono ben accette, specialmente se costruttive.
Era da tanto che volevo scrivere qualcosa su Law e sul suo passato, soprattutto a proposito del rapporto con sua sorella. Visto che ho un fratello anch’io, ogni volta che leggo di drammi familiari di questo genere, non posso fare a meno di immedesimarmi.
Ho la tremenda paura che Law risulti troppo OOC; ho provato a non stravolgerlo, nel presente, e ad estrapolare la maggior parte di informazioni sul carattere prima della morte di Lamy e dei suoi genitori, per i flashback, ma non sono mai del tutto sicura della caratterizzazione dei personaggi, e mi rimetto al vostro giudizio.
Ho anche voluto dare una mia personale interpretazione del motivo per cui Law si è precipitato a Marineford per salvare Rufy, e spero di non aver azzardato troppo.
Detto questo, ringrazio di nuovo tutti voi e alla prossima!
LysL
  
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