Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Malvagiuo    14/06/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Algwi il Boscaiolo e Holf val’Hulf arrivarono al cospetto di Iorig nello stesso momento.

«Che succede? Che cosa sono, in nome di Grijndir?»

Iorig si concesse una breve risata. I due uomini lo guardarono, increduli.

«Sono cavalli, amici miei. Li abbiamo incontrati prima del previsto.»

«Cavalli?» Holf val’Hulf era basito. «Cavalli... veri? Quelli che i bardi descrivono nelle ballate del sud?»

«Proprio quelli. Li vedrai molto da vicino. E non sono soli.»

Il popolo di Grijndir era piuttosto teso. Iorig se ne rese conto, e comprese che quella situazione rischiava di degenerare. Doveva agire prima che i nuovi venuti fossero al loro cospetto.

«Dite agli altri di stare tranquilli e di riporre le armi. Vado avanti io. Restate indietro.»

Iorig non lasciò loro il tempo di replicare. Oltrepassò il confine dell’accampamento e si mosse in direzione della costa, verso il rumore di zoccoli sempre più forte, lasciando l’ascia dietro di sé. Quando fu abbastanza lontano, prese a correre in direzione dei cavalieri, felice come non mai di incontrarli sul suo cammino così presto.

A guidare la colonna era un destriero dal fitto manto rosso, che alla luce dell’alba riluceva di riflessi ramati. A montarlo, una figura esile dal volto coperto con uno spesso strato di sciarpe di lana. Né costui né altri membri del suo seguito indossavano pellicce. Erano ricoperti da indumenti la cui foggia non era certo quella degli abiti degli uomini del nord: pelle trattata, lana, stoffa, ognuno di loro portava vestiti realizzati con tessuti che non esistevano nelle valli innevate da cui Iorig proveniva.

«Fa freddo, dalle tue parti» disse una voce femminile, proveniente da un punto all’interno del bozzolo di lana che racchiudeva la testa.

«Hai ragione» rispose Iorig, sorridendo. «Avrei dovuto regalarti almeno una pelliccia.»

«Imperdonabile.»

La donna smontò da cavallo. Si avvicinò a Iorig, mentre il suo seguito attendeva a breve distanza. Tolse uno strato di lana dal viso, così che Iorig poté ammirare ancora una volta il colorito bruno della sua pelle. Quegli occhi marroni come nocciole, poi, gli erano mancati più di qualunque altra cosa.

Si abbracciarono. Lei gli concesse un rapido bacio sulle labbra.

«Non potevi aspettarmi, Syrri?»

«Non c’era motivo di farlo. Sapevo che avresti preso questa strada. Sono venuta per scortarti a casa.»

«Hai paura che i lupi mi portino via?»

«Volevo esserti accanto il prima possibile.»

Iorig annuì. Non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva patito molto la sua mancanza. Era trascorso più di un anno, dall’ultima volta che erano stati insieme.

«Quanti sono?» chiese Syrri, osservando l’accampamento in lontananza.

«Abbastanza» rispose Iorig, sbrigativo. «Ho detto loro che li attendono campi verdi da saccheggiare e una nuova terra da abitare. Temo che le loro aspettative saranno deluse.»

«Troveranno una terra nuova, questo è sicuro» disse Syrri. «Per alcuni di loro sarà oltre il mare, per altri... oltre questa vita.»

«Non è troppo tardi, vero?»

«No, per fortuna. I mercanti di schiavi sono arrivati tardi, quest’anno. Si tratterranno ancora per un po’. Sanno che è in arrivo una partita di schiavi valigeri, e non vogliono perdere l’occasione: i valigeri sono difficili da catturare, poche centinaia di loro valgono un bel po’ d’oro nelle terre oltre il mare.»

«Li avrai avvertiti che non sono mansueti, spero.»

«Sono mercanti esperti. Hanno già trattato con noi, sanno cosa aspettarsi. Vengono da Shadi’iktar, li spezzeranno come bastoncini.»

Iorig si voltò a guardare il nugolo di persone in trepidante attesa in mezzo alle tende erette sul ghiaccio. Esalò un sospiro profondo, le palpebre sbatterono un paio di volte. Nulla di più.

«Molto bene.»

 
***
 
Volgrim rimase in silenzio per più di un’ora. Non riusciva a capire.

Il villaggio era deserto. La neve ricadeva su capanne vuote, buie all’interno, circondate da un silenzio spettrale. Il pavimento di neve era intatto, privo di impronte o segni di qualunque genere. Quello che era successo, era successo da diverso tempo, da giorni. Forse aveva avuto luogo il giorno stesso della sua fuga. Che cosa era potuto succedere, durante la sua assenza?

Kalig guardava il villaggio assieme a lui. Il suo sguardo spaziava dalle porte sbattute dal vento all’infinito mare di ghiaccio oltre le dimore abbandonate. Si rivolse a Volgrim.

«... Askoldir?»

Volgrim la guardò. Lei vide lo sgomento nei suoi occhi, ma continuò a pretendere una risposta.

«... Askoldir?»

«Sì. Questa è Askoldir. Questa è casa mia.»

Kalig si precipitò tra le vie deserte del villaggio. La sua forza e agilità erano incompatibili con lo stato del suo corpo. Volgrim la seguì, faticando a starle dietro. Vide con orrore diverse ferite aprirsi e squarciarsi a causa dei movimenti bruschi, liberando un essudato liquido giallastro.

«Fermati, maledizione!» le urlò Volgrim. «Ti ucciderai così!»

Kalig si fermò di fronte a ognuna delle porte spalancate. Diede una rapida occhiata dentro ogni casa, frugando con lo sguardo, annusando l’aria, per poi scappare subito alla porta successiva. Cercava in modo febbrile, animata da una foga che aveva qualcosa di folle.

«Che cosa stai cercando? Me lo vuoi spiegare?»

La frenesia di Kalig gli fece dimenticare, per il momento, l’assurdità della situazione che vigeva all’interno del villaggio. Frastornato da troppi eventi sconcertanti, Volgrim si limitò a seguire l’unica certezza di cui disponeva: aveva bisogno di Kalig. Continuò a seguirla nella sua ricerca spasmodica, passando attraverso i sentieri affogati nella neve e calpestando le ombre delle capanne desolate.

Alla fine, Kalig si fermò. Volgrim rimase alle sue spalle, mantenendo una certa distanza. Aveva rovistato in ogni angolo di Askoldir, apparentemente senza trovare quello che cercava. La vide fremere di rabbia, e cominciò a temere che una nuova esplosione di fuoco stesse per travolgerla.

Kalig si voltò di scatto, fissando i suoi occhi profondi occhi neri in quelli azzurri di Volgrim. Il ragazzo si sentì morire. L’aspetto della donna era terrificante, con quelle orbite scavate, la pelle completamente carbonizzata, le ferite disseminate per il corpo che sgorgavano sangue. Era come se a fissarlo fosse la morte in persona. Volgrim riconobbe qualcosa di familiare, in quegli occhi. Qualcosa che aveva già visto, che conosceva, ma che non riusciva a identificare.

«Dove... schiavi?»

Volgrim fu distolto dai suoi pensieri. Era sicuro di non aver capito. Doveva aver detto un’altra cosa, senz’altro. Non poteva aver formulato quella domanda.

«Dove... sono... schiavi?»

Kalig scandì le singole parole, a Volgrim non sfuggì la collera crescente nel suo tono di voce.

La stalla degli schiavi era poco al di fuori del villaggio, in quel momento del tutto coperta dalla neve caduta. Per questo Kalig non l’aveva notata. Perché cercava gli schiavi? Quella richiesta era senza senso. Ciò nondimeno, Volgrim le indicò il luogo che cercava. Esattamente un istante dopo, si pentì di averlo fatto.

Kalig si scagliò contro la stalla, che adesso riconosceva sotto lo strato di ghiaccio che la ricopriva.

I suoi occhi. Certo che li aveva già visti.

Grandi, verdi come l’acqua marina d’estate, liquidi. Intrisi di una fiera determinazione, per di più. Erano gli stessi occhi di una giovane fanciulla valchimera che aveva immolato a Grijndir tanto tempo prima. Gli erano rimasti impressi, perché erano gli occhi del primo essere umano che aveva ucciso.

Tutto acquistò senso, all’improvviso.

Kalig era sua madre.





NOTE AUTORE
Bentrovati! Come vedete, siamo arrivati a un capitolo cruciale. Pian piano gli altarini si scoprono e si delinea il destino verso cui i nostri protagonisti vanno incontro. Grazie ancora a chi mi segue (nella speranza che prima o poi lasci un commento) e alla prossima!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Malvagiuo