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Autore: GreenCats    14/06/2015    3 recensioni
Dover scegliere quello che più ti fa star bene non vuol dire scegliere la cosa migliore.
E' questo che capita ai protagonisti: Harry e Louis.
Un amore sbagliato, che potrebbe distruggere tutto oppure aggiustare le loro vite, complete solamente dopo essersi incontrati.
Conosciuti in una chat, i due ragazzi avranno modo di scoprirsi, di iniziare ad amarsi, ma avranno mai il coraggio di andare oltre uno schermo?
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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HARRY
31 DICEMBRE – 15.40
 
«Non ci credo! Due matrimoni insieme, è così snervante!» - fece Milly, anzi urlò davanti il grande specchio mentre continuava ad aggiustare il lungo velo già perfetto così, come il suo vestito di seta bianca a maniche lunghe ed una gonna di organza che metteva in risalto la pancia di oltre cinque mesi. Se avesse continuato a martoriarsi l’acconciatura con il continuo spostare del velo avremmo dovuto richiamare la parrucchiera, andata via poco prima, e non avevo davvero voglia di rivederla tanto che per tutto il tempo mi aveva mandato occhiatine ammiccanti. Con la truccatrice era andata molto meglio, almeno per me, dopo aver truccato in modo semplice gli occhi di Milly ed aver applicato un leggero strato di rossetto rosso sulle sue labbra carnose, si era concentrata a chiedere informazioni su chi fosse quel bel moro, con la sigaretta in bocca ed un tatuaggio sulla mano, che aveva incontrato al suo arrivo.
«Non è proprio un matrimonio» - cercò di farla ragionare Johannah, ma l’unica cosa che sembrava calmare la sposa era torturare quel povero velo.
«L’hanno fatto apposta! Perché sanno che la mia famiglia li odia e loro decidono di rinnovare le promesse del loro matrimonio nel giorno mio e di Liam!» - Karen e Geoff infatti avevano deciso di rinnovare le loro promesse qualche giorno prima e quale occasione migliore del matrimonio del figlio? “Due piccioni con una fava” – aveva commentato il signor Payne. Al figlio non gli era dispiaciuta l’idea di quel matrimonio e mezzo, come piaceva dire a lui, ma Milly non ne era dello stesso parere, soprattutto perché le avevano nascosto tutto fino ad un’ora prima, quando Karen era salita in camera per osservare il vestito da sposa. Con ben poca grazia si lasciò cadere sul letto matrimoniale della stanza di Johannah, casa Tomlinson infatti era diventata la location prescelta per il ricevimento dopo la celebrazione del matrimonio. Louis mi aveva parlato più volte dei bei ricordi e della bellezza di quel cottage nelle campagne di Doncaster, dove era solito passare le festività con la sua intera famiglia ma mai avrei immaginato che fosse così bello: aveva sei camere da letto tutte finemente decorate, con letto a baldacchino e mobili antichi, quasi avevi timore di toccarli, per non parlare degli affreschi in salone dove, al centro di questo, primeggiava un pianoforte a coda rosso ed un pregiato tappeto turco. L’esterno se possibile, era ancora più bello: un giardino curato si estendeva a perdita d’occhio fino ad arrivare al lago che caratterizzava quel posto. Avevo sottovalutato le risorse economiche della famiglia Tomlinson, sapevo che il padre di Louis fosse un rispettabile avvocato, con vari studi legali a suo nome, ma non sapevo che era un uomo così affermato nel suo campo. Louis era sempre stato riluttante a parlare di suo padre ed a pensarci non avevamo mai fatto discorsi su quanti soldi la sua famiglia possedesse.
«Cara quelli saranno i tuoi futuri suoceri» - continuò Johannah non appena mandò via dalla stanza l’ultima damigella. Milly sbuffò ancora una volta e tornò con la testa sotto il cuscino per reprimere le urla di frustrazione per quel rinnovo delle promesse. Non era una cosa così grave ai miei occhi, ma né lei né tutta la sua famiglia o la piccola parte che aveva accettato di presenziare all'evento volevano assistere a quel rinnovo di promesse, non voleva concederli nemmeno due minuti del suo matrimonio.
«Non potevo avere te come suocera?» - Milly si rivolse alla madre di Louis con un sorriso mentre questa continuava ad accarezzarle il volto per farla calmare, aveva sempre avuto una specie di adorazione per la ragazza, a tratti la trattava meglio delle sue figlie.
«Non è così grandiosa!» - accompagnai le mie parole con una linguaccia e feci scoppiare a ridere le due donne. Jay lasciò per qualche istante la sposa e mi tirò tra le sue braccia, scompigliandomi i capelli, come faceva sempre suo figlio. Mi lasciai trasportare da quel gesto materno e mi accoccolai al suo petto, non avevo mai avuto così tanta confidenza con lei. Le cose tra di noi erano migliorate tutt’un tratto, ci aveva messo qualche settimana per abituarsi all’idea di me e Louis ma non appena aveva preso confidenza con questa nuova realtà ci aveva messo ben poco a considerarmi un effettivo membro della sua famiglia ma soprattutto qualcuno che rendeva Louis, il suo bambino, felice. Non sembrava più quella donna fredda e meschina che mi era stata descritta ed avevo visto con i miei occhi durante la vacanza in Grecia. Era una persona solare, dolce ed un’ottima madre, ne avevo preso atto qualche giorno prima poiché avevo passato con loro tutte le vacanze di Natale.
«Perché tua madre non è qui?» - chiesi per spezzare quella tensione, magari la presenza di un parete l’avrebbe risollevata, ma la mia domanda peggiorò le cose. Se volevo calmarla avevo decisamente fallito, infatti il nervosismo e la tristezza si trasformarono in lacrime e trucco sbavato. Non volevo rendere triste il giorno del suo matrimonio, la mia era solo stupida curiosità! Milly iniziò a singhiozzare ed in un batter d’occhio Jay la stava stringendo, accarezzandole la fronte libera dalla sua solita frangia.
«Non ha supportato molto questo matrimonio, ma piccola è comunque qui. Stai calma…Shh» - la signora Tomlinson continuò a lasciare sulle guance e sulla fronte della sposa delle delicate carezze per rincuorarla. Sapevo di non essere più molto utile dentro quella camera, quindi senza dividerle sussurrai un - «Vado a cercare Louis» - vidi Jay annuire per poi ridare tutte le attenzioni alla ragazza che continuava a piangere. Lasciai la stanza alla ricerca del mio fidanzato, presto marito, dovevo ancora abituarmi all’idea che Louis avesse accettato davvero di sposarmi, che non era solo un mio sogno, portava davvero quell’anello al dito. E sorrisi, perché questo era l’effetto che mi faceva Louis.
«Harry che ci fai qui? Non dovresti essere con Milly? Niall è ancora lì?» - disse Zayn appena uscito dalla camera di Louis che per quel pomeriggio era diventata la stanza dello sposo e dei suoi testimoni. Un forte odore di fumo arrivò alle mie narici non appena entrai. C’erano vestiti e scarpe buttate ovunque, bottiglie di birra, fortunatamente analcolica, lasciate a scolare per terra, rimasi sorpreso nel vedere comunque che tutti erano pronti, mancavano meno di due ore alle nozze.
«Problema crisi, Louis dov’è?» - il moro scosse inizialmente la testa prima di aggiungere che Louis era uscito qualche minuto prima per andare a prendere dei parenti dello sposo che si erano persi, il grande cottage infatti si trovava in aperta campagna e non era semplice arrivarci, persino Louis, il giorno prima aveva infatti sbagliato strada e non era per colpa del pompino che gli stavo facendo.
«Cosa succede?» - un elegantissimo Liam spuntò fuori dal bagno, il papillon e la camicia bianca erano impeccabili e la giacca a coste nera lo fasciava perfettamente, sottolineando le sue spalle ed il suo busto lungo.
«Ho chiesto a Milly perché sua madre non fosse lì, di solito è la mamma della sposa a starle vicino prima della celebrazione»
«Ma sei coglione?» - Liam afferrò la sigarette che aveva sull’orecchio e l’accese fregandosene delle lamentele del signor Payne che insieme al resto dei ragazzi si stava preparando, ma capendo la delicata situazione decise di uscire e non intromettersi nei discorsi di suo figlio. Forse però, avrebbe potuto parlare con sua moglie e rimandare quelle stupide promesse.
«Non so un cazzo di questo matrimonio, ero in California – o in coma – non c’ero e non so di tutti questi drammi!»
«Non mi va di sentire ancora tutti questi drammi» - Zayn si intromise ed innervosì ancora di più lo sposo quando afferrò la sigaretta che teneva tra le labbra per fare qualche tiro. Pensavo che tra i due, che Niall aveva simpaticamente soprannominato i Lilliam, andasse tutto alla perfezione, non avevo mai sentito di un loro litigio, erano sempre stati così affiatati che molte volte avevo provato invidia per il loro rapporto.
«Dicono che sia una cosa troppo avventata: il bambino, il matrimonio, continuano a dirle di lasciarmi stare perché non sono una brava persona. Le hanno persino detto che avrebbero mantenuto loro il bambino-» - la voce di Liam era sofferente e spezzata mentre pronunciava quelle parole ed io ero più che sbigottito. Liam era una, anzi la, persona migliore che avessi mai conosciuto. Louis era fantastico ed era l’amore della mia vita su questo non c’erano dubbi, ma dovevo ammettere che spesso era molto scontroso e sfacciato mentre Liam non era così, aveva sempre la parola giusta al momento giusto.
«Ti hanno visto al limite tre volte, come fanno a dire questo?»
«Mio padre e suo padre, a quanto pare, si conoscevano già»
«Cosa?» - chiesi scioccato. Milly non parlava spesso della sua famiglia, anzi, l’unica persona con il quale parlava e teneva rapporti era sua cugina, ma ricordavo che fosse di qualche paesino del nord. Come facevano le due famiglie a conoscersi?
«Il padre di Milly è un costruttore edile e mio padre ingegnere se ricordi, comunque qualche anno fa gli fece chiudere un cantiere perché non regolare e sembra che da quel danno abbia perso molti sold-» - espose velocemente Liam quando fu interrotto da uno Zayn incitante - «Digli della galera! La galera!»
«Da quel fatto partì un’inchiesta che vide il signor Salvatore impegnato nella costruzione di edifici non a regola e mio padre fu uno dei testimoni chiave del processo. Io e Milly avevamo tre anni al massimo, ecco perché nessuno di noi ricordava l’accaduto. Suo padre fu condannato per concussione a delinquere ed abusi vari, Louis ha provato a spiegarmelo ma non ho capito molto, è stato qualche mese in galera e successivamente due anni ai domiciliari»
«Sempre casini eh?» - fece una voce alle mie spalle. Louis si alzò sulle punte per lasciarmi un leggero bacio dietro la nuca prima di allacciare, con le sue braccia, i miei fianchi. Mi sentivo così protetto e bene in quella posizione. Il mio bellissimo ragazzo dietro di me fece segno a Liam di andare a parlare con la sua presto moglie e ci lasciò soli con Zayn.
«Ma è possibile che non c’è mai una cosa che fila liscia in questa casa?»
«Ehi amico parla per te che io e Niall stiamo più che bene!» - e dopo quella frase, anche Zayn ci lasciò da per andare a cercare quello che a detta sua era il suo perfetto ragazzo. “Chiusa una porta, si apre un portone” – questo era così vero per quei due ragazzi, quando tutti e due mi avevano lasciato stare, avevano trovato il vero amore, la felicità, loro erano il rispettivo portone dell’altro.
«Sei bellissimo lo sai?» - mi avvicinai al viso di Louis e feci scontrare i nostri nasi, prima di dedicarmi alle sue labbra. «Bleah!» - disse una vocina alla porta, Louis si staccò immediatamente da me per prendere dalle braccia di una delle sue sorelle Ernest. Daisy – o forse Phoebe – uscì subito dopo dalla camera per cercare sua madre, lasciando a noi il piccolo bambino, vestito elegante nonostante i suoi appena tre anni.
«Campione, vieni qui!» - Ernest iniziò a muoversi freneticamente sopra il letto, saltando e ridendo mentre Louis continuava a giocare con lui e a fare facce buffe, come quella della rana. Era bellissimo vederli insieme e soprattutto vedere Louis felice in quel modo, non capitava spesso. Presi il telefono ed iniziai a filmare quella scena, volevo catturare in qualche modo la felicità nei suoi occhi. Quella felicità che era anche la mia.
«Facciamoci una foto tutti e tre insieme» - propose il più grande non appena notò il telefono tra le mie mani. Louis prese però il suo, mi sistemò Ernest sulle gambe e disse a questo di guardare in direzione del suo dito. Louis scattò la foto ed iniziò ad osservarla, con uno strano sorriso sul volto. Uno di quei sorrisi alla Louis, che tolgono il fiato da tanto che son belli.
Ci avevo lasciato un po’ il cuore, nei suoi sorrisi.
«Haold, Haold» - alzai gli occhi al cielo, Ernest aveva imparato da Louis a chiamarmi in quel modo, solo che pronunciato dalla sua piccola bocca suonava molto più dolce - «Bicotti!». Presi uno dei biscotti con scaglie di cioccolato al piccolo e lo guardai divorare il dolce. Louis continuava a stare al mio fianco, mentre con la coda dell’occhio lo vedevo smanettare con il suo iPhone, aveva appena impostato come immagine di blocco schermo e background la foto appena fatta. Non dissi nulla di quel gesto ma il mio cuore, stava per scoppiare dalla felicità.
«Ti amo» - dissi, sfiorandogli le labbra, mentre Ernest continuava a restare tra di noi ed a mangiare il suo biscotto.
«Ti amo»
 
La cattedrale era colma di persone, i Payne non avevano badato a spese per quel matrimonio e nemmeno al numero di invitati, infatti quelli presenti in chiesa erano solo una minima parte di tutti gli invitati, il resto sarebbe stato presente solo al ricevimento. Nonostante fosse l’ultimo dell’anno i colori dei vestiti ricadevano tutti su toni vivaci, alcuni addirittura floreali o animaleschi, forse troppo esagerati.
L’interno della chiesa era decorata con rose e gigli bianchi, come il lungo tappetto che decorava tutta la navata centrale. In tutta la magnificenza del luogo, la cosa più bella restava ai miei occhi il ragazzo al mio fianco, che continuava a sfiorarmi la mano e pizzicarmi la coscia, sperando di non esser visto da tutti. Io, Zayn e Louis eravamo infatti in piedi, subito dietro lo sposo, lo stesso valeva per la sposa che aveva alle sue spalle, sua cugina e due sue amiche. Niall invece, era seduto in prima fila con un cuscinetto rosso poggiato sulle gambe e lo sguardo puntato sul suo ragazzo. Come io sul mio.
«Vi immaginate se dice di non volerlo sposare?»
«Oppure risponde di no perché va in panico» - rispose Louis alla domanda posta prima dall’amico alla sua destra. Liam tirò un calcio all’indietro per sopprimere le risate dei due ragazzi - «Oooh Liam ti prego sposa me! Sei il mio amore di sempre» - Zayn continuò a prenderlo in giro, imitando la voce di una donna e lo sposo cercò di restare serio, nonostante sul suo viso si fosse creato un cipiglio divertito. Milly continuava a guardare tutta la scena divertita e dai suoi occhi non c’era nessun tipo di malinconia o preoccupazione, solo tanta emozione, soprattutto perchè, i signori Payne avevano deciso di rinunciare al loro rinnovo, lasciando spazio solo ai due ragazzi. Il prete continuò con la sua omelia nonostante i leggeri schiamazzi provenienti da Zayn e Louis. Afferrai la mano di quest’ultimo quando il sacerdote si avvicinò ai due sposi per iniziare a recitare le promesse. «Tra poco anche noi saremo lì» - Louis appoggiò la sua testa sopra la mia spalla, guadagnandosi occhiatacce varie e sussurrò al mio orecchio - «Non vedo l’ora piccolo mio».
«È il momento di recitare le promesse» - il primo a prendere la parola fu Liam, che visibilmente emozionato iniziò a leggere le sue, scritte sulla mano - «Io, Liam James Payne accolgo te Milly come mia legittima sposa. Qualunque cosa succederà nella tua vita, nella nostra, io ti resterò sempre accanto, fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nei finali di stagione e nei momenti peggiori, quando mancherà il gelato alla vaniglia o non saprai che film scegliere e farò tutto questo amandoti, onorandoti e soprattutto sopportandoti tutti i giorni della mia vita, io ci sarò».
«Io, Milly Samantha Salvatore accolgo te Liam come mio legittimo sposo. Ti prometto di essere sempre la donna con il quale tu vorrai passare la tua intera vita, che gli anni non spegneranno il mio amore e che ti starò accanto, fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella saluta e nella malattia, in Louis e nelle torte di mele, amandoti con tutta me stessa, perché ho capito che sono nata per questo» - Liam non aspettò nemmeno la frase rituale del prete che già stava baciando Milly. Sua moglie.
 
«Mi concedi questo ballo?» - disse Louis, porgendomi la mano ed un sorriso, annuì e sulle note di una lenta canzone, ci ritrovammo a ballare, stretti in quello che non era un abbraccio ma un tenersi vivi a vicenda.  
 
LOUIS
Parlare davanti a tanta gente non mi era mai piaciuto, quella sensazione di avere tutti gli sguardi puntati su di me, ancora meno. Io addirittura le cose le scrivevo pur di non dirle. Avevo provato a distogliere quell’orribile ed insensata idea dalla testa di Liam e Milly, ma no, avevano insistito così tanto che li avevo risposto di sì per esasperazione, avrei tenuto quel maledetto discorso da bravo testimone.
215 persone.
Avrei dovuto parlare davanti a duecentoquindici persone, di cui ne conoscevo al massimo trenta, tolta la mia famiglia ed i miei amici. Strinsi la coscia di Harry che sedeva accanto a me e mi alzai, richiamando l’attenzione nei più cliché dei modi: tamburellando con un coltello uno dei bicchieri di cristallo. Nel giro di pochi secondi avevo tutti gli sguardi addosso e la gola secca. Se Harry in quel momento non mi avesse stretto la mano, da sotto il tavolo, sarei sicuramente scappato via, ero davvero bravo in quello, meno nei discorsi, mi schiarii la voce ed iniziai - «Conosco Liam da quando ne ho memoria e vederlo così, è strano. Quando eravamo piccoli dicevamo che non ci saremo mai sposati, che non avremo mai trovato nessuno capace di capirci, sostenerci. Amico quanto sbagliavamo! Siamo rimasti tutti e due incastrati nell’amore, quella sensazione di voler dare tutto te stesso e non importata se non ricevi nulla, hai comunque tutto se hai chi ami. Tutto il mondo di Liam quest’oggi è alla sua sinistra. Forse è colpa mia se oggi siamo qui, in fondo loro sono i miei migliori amici e sono stato io a presentarli. Liam mi ha detto di essere innamorato di Milly, la seconda volta che lei rimase a dormire a casa. Tesoro, sei incinta sanno che hai fatto qualcosa prima del matrimonio – sentii qualcuno ridere alla mia battuta – Liam arrivò in cucina con le mani letteralmente nei capelli e disse: “Cazzo Lou, è così bella quando dorme, starei lì ad osservarla per ore. E c’è questa cosa nel mio stomaco che non smette di dirmi che lei è quella giusta, mi capisci?” No, Lee, non ti avevo per niente capito o creduto in quel momento, ma mi sono dovuto ricredere perché ogni giorno in più che passavate insieme sotto ai miei occhi, capivo quanto amore c’è tra voi. Un amore esclusivo che ti rend-»
«Non come te, figlio di puttana» - sgranai gli occhi a quell’affermazione mentre gli invitati si girarono completamente verso quella voce a me sconosciuta. Harry si alzò di scatto, stringendomi il braccio come per calmarmi ed offrirmi protezione, ma non potevo stare calmo quando davanti a me si era appena presentato la causa dei miei problemi.
«Cosa cazzo ci fa Grimshaw qui?» - sibilai a Liam che alzò le spalle come per dire che non sapeva nulla del perché fosse a casa mia ed al suo dannato matrimonio. Harry rimase immobile al suo posto, con lo sguardo basso sul piatto vuoto ma tremò non appena l’americano aprì di nuovo la bocca.
«Puoi fare tutti questi bei discorsi sull’amore, ma sei solo un cornuto figlio di puttana!» - Nick continuò a parlare nel silenzio più assoluto degli invitati, nessuno di loro sapeva chi fosse, io a malapena l’avevo visto una sola volta ed in foto, quando cercai maggiori informazioni sulla persona con il quale Harry mi aveva tradito. «Sei un povero illuso Tomlinson, pensi davvero che ti ami? Te l’ha detto di quella volta in cui l’ho sbattuto nel letto in cui fino a poche ore prima c’eri tu?» - il volto di Harry divenne una tavola inespressiva, continuava a tenere gli occhi, ora rossi, bassi ed a stringere le unghie nei suoi palmi. L’avevo perdonato, mi ero lasciato alle spalle tutto quello, ma sentirmelo dire in faccia, da colui che era stato preferito a me, fece tornare tutto il dolore, tutto il male che con tutte le mie forze avevo cancellato dalla mia pelle e dal mio cuore. Perché un futuro con Harry era più importante di uno stupido errore.
 
HARRY 
«Non qui, non qui dentro, davanti a tutti» - sibilai, staccandomi da Louis ed allontanandomi dal tavolo in direzione di Nick.  
Una casa, una famiglia, una figlia con i suoi occhi.
«Vieni fuori con me» - dissi ancora, afferrandolo per la manica della sua giacca costosa. Non sapevo perché era lì, non sapevo che cosa volesse ancora da me o da Louis, pensavo di aver messo la parola fine a quel rapporto settimane prima, ma non era bastato, perché Nick era ancora lì, a pretendermi.
Una vita insieme fatta di piccole cose. Con un bacio come buongiorno.
«Non mi interessa cosa abbiamo avuto, è passato Nick. Io ho sbagliato» - dissi non appena raggiunti il portico, lontano dagli occhi indiscreti degli invitati e dallo sguardo ferito di Louis. Aveva abbassato gli occhi e si era stretto nelle braccia mentre continuavo a trascinare il moro fuori dal capannone, lo avevo visto.
Fare l’amore in tutte le stanze, per poi finire in camera da letto per non terrorizzare la piccola. Darcy. Con il carattere uguale al suo, anche se sarebbe stato difficile sopportare una piccola copia di Louis. Ma sarebbe stata nostra figlia. Nostra.
«Ascoltami, vai via di qui. Louis ed io ci sposeremo presto e gli errori voglio lasciarli dietro alle mie spalle, io non sono il ragazzo di Los Angeles, sono un ragazzino innamorato e quello che abbiamo fatto è stato completamente sbagliato, tutto. Dall’inizio alla fine. Ti ho già detto di starmi lontano, le cose tra me e Louis sono appena tornate apposto, non rovinarmi anche questo, ti prego. Se mi ami come hai detto, lasciami andare…»
«Sono sieropositivo Harry».
Volevo passarci tutta la vita con quei suoi occhi azzurri, ma a me quanto restava da vivere?
 
«Non ho molto tempo, alle quattro ho una riunione con tuo padre» - disse Nick, slacciandosi l’asola della cintura ed abbassandosi freneticamente i pantaloni. Mi avrebbe preso così, sulla sua scrivania, senza prepararmi accuratamente come faceva Louis, senza nessun metodo contraccettivo perché il desiderio di essere preso era troppo ed il tempo troppo poco.
 
«Cosa?» - balbettai, guardandolo scioccato. Non era possibile, quello non stava davvero capitando a noi, a me - «Tu lo sapevi? Quando abbiamo fatto sesso senza preservativo, tu sapevi già di essere sieropositivo?» - il moro abbassò lo sguardo ed iniziò a fissare la punta delle sue scarpe, senza però dire nulla.
«Nick cazzo rispondimi!» - urlai, strattonandolo.
«Pensavo che facendo così potevamo stare insieme per sempre» - ammise con un filo di voce e fu in quel momento che tutto il mondo mi cadde sulle spalle. Provai vergogna e schifo, non per lui, per quell’uomo che forse mi aveva rovinato la vita, ma per me che ero come caduto in quella trappola, avevo rovinato la mia vita con le mie stesse mani e non solo. Sussurrai un Louis quando il pensiero di aver contagiato anche la persona che più amavo al mondo mi colpì e fu in quel momento che l’aria nei miei polmoni venne a mancare, insieme alla forza delle mie gamba.
E poi fu tutto nero.
 
01 GENNAIO – 02.33
«Ehi» - sussurrò Louis, continuando ad accarezzarmi la fronte. Ero in un letto d’ospedale, circondato da eleganti uomini in giacca e cravatta, che solamente dopo averli messi bene a fuoco riconobbi come Niall, Liam e Zayn.
«Cos’è successo? - chiesi con un filo di voce – Dio mio Liam, mi dispiace aver rovinato il tuo matrimonio».
«Harry tranquillo, stava già per finire quando tu ti sei sentito male, ti sei perso solo il taglio della torta»
Milly, ancora con il vestito da sposa, entrò nella piccola camera e con un sorriso indicò il mazzo di fiori messo sul comodino al mio fianco - «Ti sei perso anche Louis dimenarsi per afferrare il bouquet» e tutti scoppiarono a ridere, tranne Louis che quasi offeso disse - «Mi aspettava di diritto! Fanculo le tue amiche stronze, prima di prendersi il bouquet digli di trovarsi un ragazzo!»
«È successo mentre tu parlavi con Nick» - disse ad un certo punto Niall, interrotto da Zayn - «Avevamo detto di non dirglielo appena sveglio». A prendere la parola fu poi Louis che mi spiegò cosa fosse realmente successo - «Quando sono uscito fuori per cercarti, tu eri per terra rannicchiato, di Nick non c’era l’ombra e mi sono subito preoccupato. Era passata più di mezz’ora e tu non rientravi! I dottori ci hanno spiegato che il tuo organismo è molto debole e facilita svenimenti e cose del genere. Quindi devi stare lontano da qualsiasi fonte di stress»
«Quindi sono svenuto?» - tutti i ragazzi presenti nella stanza annuirono.
«Lou p-puoi chiamare per favore un dottore?» - chiesi, facendolo preoccupare.
«Tutto bene?»
«Sì, devo solo parlare con lui di una cosa e preferirei che tu e gli altri non foste qui» - Louis mi guardò leggermente confuso e ferito, ma accontentò la mia richiesta e dopo pochi istanti lasciò la camera, alla ricerca di un dottore che potesse mettere a tacere tutte le mie paure.
 
«Mi ha cercato?» - chiese una donna, entrando in stanza con in mano una cartella clinica, probabilmente la mia. Era una bella donna, sposata, vista la fede al dito, con grandi occhi marroni ed un sorriso rincuorante.
«Mi avete fatto delle analisi?» - la dottoressa McKenzie annuì e continuò a guardare tutti i valori trascritti su quella cartella - «Hai i globuli bianchi e le piastrine alte, vuol dire che c’è un’infezione in corso»
«Un’infezione di che tipo? - chiesi immediatamente, ormai certo di aver contratto il virus - credo di aver preso l’HIV»
La dottoressa si fece scappare una risata, ma quando vide la mia espressione seria e terrorizzata, smise di ridere - «Ne è sicuro?»
«Sono stato con un ragazzo sieropositivo, senza usare protezioni ed io non lo sapevo, glielo giuro che io-»
«Non c’è bisogno di spiegazioni signor Styles e se la può tranquillizzare, dalle analisi effettuate, lei è completamente a posto, ma se vuole essere sicuro al cento per cento, possiamo fare un test immediato, non dirò nulla al suo compagno. Chi è dei quattro ragazzi?»
«Quello basso» - dissi ridendo e fiero, se Louis fosse stato lì mi avrebbe sicuramente menato, odiava essere definito basso. La dottoressa mi afferrò un dito e con uno strano e piccolo ago, mi bucò l’indice, aspettando che uscisse anche solo una goccia di sangue.
«È davvero bello, complimenti per la scelta»
«Grazie – ammisi imbarazzato ma comunque fiero della bellezza, e non solo, del mio fidanzato – cosa mi sta facendo? Sembra quasi che mi stia misurando la glicemia»
«Mi serve solo una goccia di sangue e poi questa macchinetta fa la magia - indicò lo strano strumento che qualche istante prima era andata a prendere – In pochi secondi ti dirà se sei positivo o…negativo, quello che tu sei. Leggi qui»
«Ma come è possibile? Io ho fatto sesso con un ragazzo positivo, dovrei esserlo!»
«Alcune volte il nostro corpo compie dei veri e propri miracoli, non sono tutti così fortunati come te» - ammise la donna, riportando i valori che quello strano strumento, simile ad un bancomat, le diceva, sulla mia cartella clinica.
«Si goda la vita, signor Styles!»
 
04 GENNAIO – 11.22 
«Pensi mai al futuro?» - chiese Louis, rigirandosi nel letto e poggiandomi la testa sul petto nudo. Avevamo fatto l’amore fino a poco prima e non c’era bisogno di coprirsi, perché Louis ormai conosceva ogni mio punto e le insicurezze sul mio corpo erano svanite da quando questo, combaciava perfettamente con il suo.
«Non abbiamo già fatto una volta questo discorso?»
«Non me lo ricordo. Ma voglio sapere se le cose sono cambiate da quando ci sono io»
«È tutto cambiato da quando ci sei tu» - ammisi, baciandolo a fior di labbra e passando una mano nei suoi capelli lisci.
«Tornerai a Los Angeles?» - e si poteva sentire tutta la paura che Louis aveva solo da quella frase, pronunciata quasi sussurrando. No, non sarei mai più tornato in America, non da solo almeno. Non valeva la pena stare lì senza Louis al mio fianco. Non valeva la pena di vivere, in realtà, senza di lui costantemente al mio fianco.
«Cosa farai qui a Londra?» - chiese nuovamente.
«Ho deciso di lasciare architettura, non fa per me. Sono bravo solo a costruire problemi e non case. Ho contattato un’università in realtà ma non volevo dirti nulla finché non sarebbe arrivata una risposta. Ho scelto di fare letteratura e ti prego, non ridere di me»
«Non riderei mai di te, lo sai» - Louis mi afferrò la mano, quella libera dai suoi capelli e vi stampò un bacio umido sul dorso, prima di afferrarla e riportarla sul suo petto, dov’era prima, solo che intrecciata alla sua.
«Penso spesso al futuro, in realtà»
«E com’è?»
«Bello, bello da morire e con te, sempre e solo con te. Perché tutto ciò che verrà dopo di te, non sarà più vita».
 
06 GENNAIO – 23.00
Il campanile rintoccò undici volte quando Louis mi tolse la felpa ed iniziò a lasciare una scia di baci umidi sul mio collo.
Era la terza volta che quel giorno, facevamo l’amore.
La terza volta che, su quel muro scrivevamo un ‘Ti amo’.
«Chiudi gli occhi e lasciati comandare» - disse Louis con voce bassa e così, fiducioso, mi abbandonai alle sue azioni, alle sue labbra premute in ogni parte del mio collo. Sentivo il sangue quasi bruciare, uno tsunami di calore prendere possesso del mio corpo.
«Stai fermo amore» - continuò, prima di fissare i nostri occhi cristallini ed iniziare a togliere le magliette di entrambi. Mi distese sul letto sfatto e con una lentezza estasiante ed estenuante cominciò a lavorare sul mio petto, assaggiando e mordendo i miei capezzoli turgidi. Respirando e sfiorando ogni parte del mio dorso e con solo quel tocco di lingua riuscii a mandarmi in estasi.
«Ti amo» - mi tremò la voce dicendo quelle due parole, mentre con un colpo d’anca avevo ribaltato la situazione, ero io al comando. Gli baciai la pelle vellutata - «Hai sempre questo buon sapore» - la mascella, il petto - «Vaniglia» - la linea degli addominali appena accentuata - «Menta». Con un gesto rapido, al contrario di tutti gli altri, portai i suoi boxer alle caviglie, facendo svettare la sua erezione davanti agli occhi. Lo osservai e fremetti, quella passione era diventata fame di lui.
«Voglio sentirti dentro – gemette Louis – non voglio venirti in bocca». Senza farmelo ripetere due volte, mi alzai ed iniziai a preparare la sua entrata, lubrificandola con la saliva. Era pronto per me, lo era sempre.
Louis si afferrò alle mie spalle, con le unghie ad incidere la pelle, quei graffi, quei gemiti di dolore, rendevano tutto così eccitante, Louis era eccitante alla massima misura. Solo il pensiero del suo corpo nudo, riusciva a mandarmi in confusione. Aumentai il ritmo - «Harry lì» - gemette, avevo trovato il suo punto di piacere. Louis portò la mia mano sul suo membro, mentre io spingevo per l’ultima volta. Venimmo insieme, io in lui e lui nella mia mano, in sincronia.
Arte che solo chi ama e si desidera realmente possiede. Sapeva rendere amore anche un atto così carnale.
 
08 GENNAIO – 12.45
«Quando torneranno quei due dalla luna di miele?» - chiese Zayn, rompendo il silenzio che si era creato durante il pranzo.
«Ti manca Liam?» - rispose divertito Louis, beccandosi un’occhiata da Niall. Era divertente vedere come il biondo, fosse effettivamente geloso dell’unico ragazzo etero in quella casa.
«No in realtà mi aveva promesso di accompagnarmi dal tatuatore, voleva farsi qualcosa anche lui»
«Hai ancora spazio?» - scherzò Louis e Zayn si beccò un’occhiata ed un dito medio.
«Che farete voi due oggi?»
«Io devo lavorare fino alle undici e Niall studiare, come mai? Avete ancora bisogno del divano di casa per scopare?»
«Zayn non sei divertente!» - rispose stizzito il mio ragazzo, fidanzato, futuro marito. Dovevo abituarmi a quella magnifica idea e dovevo farlo in fretta perché non avrei aspettato altro tempo e soprattutto l’agenzia che avevamo contattato, non avrebbe aspettato altro tempo.
«In realtà stiamo aspettando anche noi Liam e Milly, vogliamo condividere con voi una notizia»
«Non potete dircelo subito? Sai che queste cose mi mettono ansia!» - disse ridendo Niall, ma Louis scosse la testa, stringendomi forte la mano sotto il tavolo - «Vi diremo tutto a tempo debito, zii».
 
11 GENNAIO – 01.20
«Cosa fai?» - chiesi a Louis non appena aprii gli occhi e lo vidi scrivere qualcosa nella sua agenda. Avevo smesso di domandargli cosa scriveva, molto tempo prima, ma alcune volte era bello vederlo arrossire e sussurrare un leggero - «Scrivo di noi»
«Potresti farci un libro con tutte le cose che hai scritto»
«Forse un giorno lo farò» - disse, chiudendo l’agenda e riponendola nel cassetto del suo comodino, dove sapeva che non sarei mai andato a vedere, forse.
«E fammi sapere, come lo chiameresti questo libro?» - Louis si mise una mano davanti alla bocca per reprimere uno sbadiglio, che si trasformò in sorriso subito dopo, quando le mie mani sfiorarono le sue. Amavo vederlo ridere, lo amavo incondizionatamente.
«Mai abbastanza troppo lontani» - disse fiero del titolo che aveva scelto, dopo aver visto il mio sguardo confuso, continuò - «Perché può succederci di tutto, puoi metterci anche un oceano di mezzo, noi non saremo mai troppo lontani, perché ci apparteniamo in un modo che la gente non conosce, capisce o comprende. Ci apparteniamo, come un ricordo in un posto bello, come tutte quelle metafore che potrei usare per descriverti, perché non c’è aggettivo che possa competere con te o con l’amore che provo. Pensavo che non ci sarebbe mai stata speranza per me. Invece eccoti qui, accanto a me, a ricordarmi ogni giorno cosa vuol dire essere amati e felici» - disse Louis, nascondendo la testa nell’incavo del mio collo, solleticandomi ad ogni parola pronunciata.
«Mi sento bene, mi sento bene solo con te» - gli afferrai la mano e la strinsi, come per sentire che tutto quello era reale, che noi eravamo reali - «Tatuiamocelo»
«Cosa?» - chiese confuso, allontanandosi dal mio collo per osservare l’espressione sul mio volto.
«Io mi tatuerò ‘Mai abbastanza’ e tu ‘Troppo lontani’, che letti separatamente hanno eccezioni negative, ma se letti insieme…»
«Completano una frase perfetta. Un po’ come noi, che presi singolarmente facciamo schifo, ma insieme suoniamo giusti»
«Esatto come noi».
 
21 GENNAIO – 17.12
Le cose in quei giorni erano andate avanti per inerzia, Louis studiava, io passavo le giornate nel bar di Anne, aspettando che l’università di Londra accettasse la mia richiesta di frequentare i corsi e poi la sera facevamo l’amore. Tranne quel giorno, quel giorno eravamo rimasti entrambi a casa, troppo stanchi e svogliati nel fare tutto, ma andava bene così, perché le giornate come quelle passavano lente sì, ma tra le braccia di Louis, guardando un film o semplicemente parlando, di tutto o di niente, non importava. Con Louis erano belli anche i silenzi.
«Amore ti sta squillando il telefono» - disse Louis, rigirandosi dall’altra parte del letto per afferrare il cellulare, sfiorandomi intenzionalmente le parti intime con la schiena.
«È un numero straniero»
«Forse ti sta chiamando tuo padre» - annuii e mi alzai dal letto, andando verso la cucina per rispondere a quello che quasi sicuramente era mio padre, chi altro mi avrebbe mai chiamato dagli Stati Uniti?
«Pronto?»
«Sì, salve, parliamo con il signore Harry Styles?» - annuii stupidamente alla voce sconosciuta e seria, non era quella di mio padre né di altre persone che avevo conosciuto.
«Sono io chi parla?»
«Siamo dell’ospedale Ucla Healthcare di Los Angeles. Ieri notte è stata ricoverata in fin di vita la signorina Elizabeth Victoria Wilson, nella sua polizza assicurativa aveva lei come numero d’emergenza. Ecco signor Styles, mi dispiace comunicarle che la signorina Wilson non è sopravvissuta. Ci sarebbero le sue spoglie da prendere» - in quel preciso istante, tutte le forze abbandonarono di nuovo il mio corpo ed accasciandomi a terra urlai, come se quello fosse l’unica cosa che riuscivo a fare. Urlai fin quando le braccia di Louis non mi strinsero al petto caldo.
«Vai via! Vai via è tutta colpa tua - urlai, spingendo via Louis, facendolo cadere sul pavimento freddo – La mia migliore amica è morta per colpa tua!»
«Harry, vieni qui, stai calmo per favore! Cos’è successo?» - Louis cercò di riavvicinarsi ma mi strinsi nelle mie braccia, evitando con lui ogni contatto.
Beth era morta.
«Da quando sto con te, mi succedono solo cose brutte!» - e dette quelle ultime parole, aprii velocemente il portone di casa e corsi velocemente fuori. Dovevo raggiungere Betty, dovevo riportarla a casa.
Non mi importava cosa stavo lasciando dietro le mie spalle, ma io stavo tornado dalla persona che fino a poco tempo prima, era stata casa mia.
 
2 ANNI DOPO
«Ehi Nì, stai davvero bene!» - dissi, vedendolo osservarsi ancora una volta allo specchio, sistemandosi l’abito elegante. Non era più il ragazzino mingherlino tutto capelli biondi e risata chiassosa, in quei due anni era cambiato molto, diventando un uomo. Non c’era quasi più traccia di quel ragazzino irlandese, ora era un perfetto imprenditore musicale inglese.
Sotto i miei occhi era diventato ciò che sognava di essere ed io non potevo essere che fiero di lui.
«Non pensavo che saresti venuto al matrimonio» - ammise, sistemandosi ancora una volta il papillon blu, che si abbinava perfettamente ai suoi occhi.
«Solo perché non voglio rivederlo non vuol dire che mi perda il matrimonio del mio migliore amico. In questi due anni ho evitato le sue chiamate, i suoi tentativi di parlarmi e di spiegare, lo eviterò anche oggi».
Evitarsi per proteggersi.
 
 
Angolino di -G:
Okay, prima di dire qualcosa, qualsiasi cosa, dico questo: Io le scene smut nè so scrivere nè mi piace leggerle. Quindi ho cercato di rendere la cosa più amorevole possibile ma rileggendola, mi sa che ho scritto una cagata.
Okay numero due, questo capitolo non mi piace, ci ho provato a cambiarlo a modificarlo ma niente, l'idea iniziale mi era piaciuta tanto ma poi mentre lo scrivevo, notavo che era pesante ed un po' confuso, ma prometto di recuperare. Non so che altro dirvi, anzi sì, grazie mille per le più di 30K! Davvero, grazie a tutte di cuore.
Un abbraccio, G.
@Farawaytome.
 
  
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