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Autore: Lost on Mars    15/06/2015    4 recensioni
SEQUEL DI "INDACO" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2746316&i=1), è consigliabile la lettura.
C’è stato un momento in cui Amelia e Ashton sono rimasti intrappolati in una vecchia istantanea in bianco e in nero: nessun colore a determinare la loro gioia, felicità, paura o tristezza. Nedlands sembra aver congelato la loro esistenza, li ha tagliati fuori dal mondo e non c’è stato niente se non pace e tranquillità. Dall’altra parte dello Stato, però, Luke è a piede libero e va cercando la propria vendetta. Responsabilità e pericoli di duplicano e il mondo li poterà a schierarsi: bianco da una parte e nero dall’altra, in perenne lotta tra di loro. Chi vincerà?
Dalla storia:
«Non ho altra scelta. La mia vita e quella di mio figlio contro la felicità della mia famiglia, so benissimo che li farò soffrire, ma se fossi io a morire sarebbe peggio, non credi?»
«Se non fermiamo Luke passeremo la vita a fuggire da lui. Anche se riuscissimo a cavarcela per i prossimi mesi, spostarsi con un bambino sarebbe impossibile.»
«Fermarlo? Ci abbiamo provato e lui è fuggito dal carcere. Non possiamo fermarlo, è inarrestabile.»
«Ma non è immortale.»
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12 – MAI ABBASTANZA

 

Agosto aveva fatto breccia nel cuore dell’inverno australiano, Ashton aveva compiuto ventidue anni e cominciavano ad esserci i primi accenni di primavera: prati che fiorivano con splendide margherite, sole e pioggia che si rincorrevano, passerotti che cantavano ad annunciare l’alba di ogni nuovo giorno.
Insieme ai fiori, arrivò anche il giorno in cui Amelia si alzò e si sentì diversa. Il gonfiore alla pancia c’era già da un po’, ormai erano passati quattro mesi, ma fu solo allora che lei lo notò veramente. Adesso, il suo bambino non era più solo un’immagine in bianco e nero su uno schermo, adesso si vedeva. Era reale, tangibile, ora più che mai. C’era davvero. Se tutto fosse andato bene, come previsto, sarebbe nato attorno a Febbraio, alla fine dell’estate, e allora avrebbe congelato il tempo per sempre, nelle loro vite ci sarebbe stata solo estate, solo gli sgoccioli di sole cocente e di mare brillante. Quel breve periodo di serenità prima dell’autunno, l’avrebbero vissuto per sempre.
Eccetto Nola, la casa era vuota. Si chiese perché Calum, quasi estraneo a tutta quella tragica realtà, avesse accettato di ospitarli a casa sua. Nola dormiva nella sua stanza e Amelia ed Ashton sul divano letto, in salotto. Non riusciva ad immaginare che tipo di legame legasse Calum e Nola. Li vedeva parlarsi a malapena, anche dopo mesi di convivenza. Credé che il fatto che fosse stato lui a trovarla, a salvarla e a portarla a casa, influisse molto sul loro rapporto silenzioso.
In realtà, Amelia era ben lungi dal sapere molte cose.
Non sapeva che Nola di notte, a volte, non riusciva a dormire, che Calum si svegliava, accendeva la luce e le portava qualcosa da bere; non sapeva che parlavano fino ad addormentarsi, piano, per non svegliare nessuno. Si conoscevamo più di quanto tutti gli altri potessero anche solo pensare.
A Calum piaceva parlare con Nola e a lei piaceva ascoltare.
Si era fidata di qualcuno che conosceva a malapena, ma che le dava l’impressione di essere buono, così gli aveva raccontato la sua storia, la sua vita triste e frastagliata: la madre morta di overdose perché scappare dalla vita e trovare rifugio nella droga era più facile che lavorare di notte e crescere una bambina, le famiglie che non le volevano bene, il padre che era comparso all’improvviso, all’alba dei suoi diciassette anni, ancora perdutamente innamorato di una donna con cui aveva passato solo due notti della sua vita, lo stesso padre che non avrebbe mai accettato un rifiuto.
Lei aveva parlato abbastanza, fino a quel momento. Adesso ascoltava. Ascoltava Calum parlare della sua infanzia. Aveva avuto una vita talmente normale e tranquilla che Nola si ritrovò a sognare di poter tornare bambina e poi di rinascere una seconda volta, per vivere la stessa vita che Calum aveva avuto l’immensa fortuna di avere.
Ritornando nel salotto, nella mente di Amelia, tutti i suoi pensieri furono interrotti da un rumore proveniente dalla porta. Fu presa dal panico, pensò che potesse essere Luke, che fosse venuto a prenderla, a farle del male. Si rivelò essere solo Ashton.
La ragazza si permise di tirare un sospiro di sollievo, più il tempo passava, più le paure crescevano a dismisura. Volle lanciarsi tra le sue braccia, ma rimase ferma a guardarlo mentre si toglieva la felpa, si ravvivava i capelli e, infine, puntava lo sguardo su di lei. Amelia aveva odiato e amato quello sguardo. A tratti inquisitorio, forse troppo attento, inizialmente era stato uno sguardo freddo, che non lasciava trasparire alcuna emozione. Poi, con il tempo, si era un poco addolcito: non c’era più freddezza, non costituiva più una gelida barriera a chiudere e trattenere i suoi sentimenti. Erano gli occhi di un uomo che aveva conosciuto la più profonda sofferenza e che non era riuscito a riemergere per tanto tempo; erano gli occhi di un uomo che era stato perdonato, dagli altri e da se stesso, che aveva pian piano ricominciato a vivere; ed erano gli occhi ambrati di un uomo amato e che amava a sua volta, che aveva imparato a farlo troppo in fretta.
In un istante, fu Ashton ad essere tra le braccia di Amelia. Nonostante lei fosse più bassa di qualche centimetro, lui sembrava così piccolo e indifeso. Non era più la persona che per mesi e mesi aveva tentato in ogni modo di proteggerla, di essere forte, di non dare a vedere alcun segno di cedimento. Adesso era crollato.
La testa poggiata contro il petto di lei, che ritmicamente si alzava e si abbassava, il viso soffocato contro il suo cuore, le gambe piegate leggermente e le braccia che si avvolgevano attorno alla sua piccola vita, le mani che non erano mai state timide e caute adesso tremavano e avevano perso ogni tipo di fermezza e coraggio. E intanto, Amelia teneva gli occhi chiusi, aveva avvolto le braccia attorno al collo di Ashton con delicatezza e le dita scorrevano piano tra i capelli color del grano, che erano cresciuti, perché in nessun pensiero c’era spazio per un appuntamento dal barbiere. Ashton si sgretolava all’interno dell’abbraccio e Amelia sentiva che, invece, era solo il suo cuore a sgretolarsi. Piano e dolorosamente.
Non fare così, amore.
Se lui cadeva, lei sarebbe precipitata assieme a lui. Dopo tutto quello, erano indissolubilmente legati l’uno all’altra. Ashton era sull’orlo del burrone e Amelia si sentiva morire, temeva di non farcela. Il corpo di lui fu scosso da quello che sembrava un brivido. No, più forte e violento. Un singhiozzo.
Non piangere, amore.
Amelia non aveva mai visto Ashton piangere. Non lo aveva mai visto così esposto, così vulnerabile, dal momento che era sempre stato lui a pensare lucidamente, ad affrontare il mondo a sangue freddo. Forse, aveva tenuto tutto dentro e adesso non ce la faceva più.
«Non lasciarmi.» Fu appena un sussurro, due parole che avevano avuto abbastanza coraggio ad uscire fuori. Due parole erano sopravvissute e celavano la sopravvivenza stessa.
«No, non ti lascio. Non lo farei mai» rispose Amelia. Nessuno dei due si spostò di un centimetro per diversi minuti. Riscoprirono che era dolorosamente bello stare racchiusi in quel momento, nonostante tutte le paure taciute.
«Davvero?» chiese lui, la voce che tanto gli tremava.
«Davvero.»
Seguì ancora del silenzio. Ancora strappi al cuore.
«Ho paura, Amelia. Io provo ad essere intoccabile, provo ad essere menefreghista, provo a fingere che nulla mi spaventi, ma il problema è... che non ci riesco.»
«Ashton, non devi essere forte se non ce la fai» disse Amelia.
«Mi sento in colpa» disse piano.
«Non ne hai» lo rassicurò lei.
«Sì, invece» esclamò. «Merito tutte le accuse di questo mondo. È colpa mia, lo so. È colpa mia se ti ho trascinato fin qui... è colpa mia per tutto quello che è successo. A tutti noi.» Ashton vaneggiava, aveva eliminato qualsiasi tipo di freno, non si sarebbe più fermato.
«Non dire così, non è vero!» replicò Amelia, sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi.
Era distrutto.
«Sì, invece. Non avrei dovuto mai trascinarti nella mia vita» disse Ashton.
«Ascolta, è colpa di Luke, non tua. Essere trascinata nella tua vita è una cosa che ho scelto, che adoro... non devi incolparti di nulla» ribatté lei. Gli accarezzò il viso, gli baciò la guancia, la bocca, il mento.
«Mi dispiace tanto. Ti ho ferita» disse Ashton. «Non lo meritavi.»
Amelia lo guardò di nuovo, ma all’improvviso, non lo riconobbe più. Dov’era l’uomo che amava? L’uomo coraggioso, l’uomo che ne aveva ucciso un altro per salvarle la vita, quello che l’aveva amata e le aveva giurato di proteggerla. Dov’era? In qualche angolo della persona distrutta che le era di fronte si era nascosto?
«Cosa cazzo di prende, Ashton?» Amelia esplose. Imprecava raramente e quello significava che era ormai giunta al limite. Lui si incolpava, lei gli diceva che non aveva fatto nulla di male, lui non ci credeva, lei esplodeva. «Arrivi a casa e ti lasci prendere dal panico senza nemmeno un motivo apparente. Se volevi aver paura di Luke hai avuto tre mesi di tempo.»
«Be’, io ho paura adesso!» esclamò Ashton. «Non posso capire cosa provare a comando, quando lo provi tu o quando lo provano gli altri.»
«Ah, davvero? Perché mi sembra che tu non abbia fatto altro. Quando c’era bisogno di stare calmi, eri calmo. Ma adesso non sai nemmeno tu come sentirti, e allora lasci uscire tutto fuori. Sei stato il primo a dirmi che le emozioni non vanno soffocate, e allora, perché ci sei caduto un’altra volta?» continuò Amelia.
«Non lo so» disse lui.
«Non mi hai mai fatto del male, non hai mai ferito i miei sentimenti. Niente di tutta questa faccenda l’ha mai fatto, eccetto qualche minuto fa, quando hai pensato che se non fossi mai entrata nella tua vita, sarebbe stato meglio» sospirò lei. «Io sarei stata una persona vuota. Immaginami adesso, Ashton. Cosa sarei? Un’ennesima studentessa nella grande Sydney, agli albori del suo secondo anno di università, prossima ai vent’anni, in una relazione a distanza con un ragazzo che si era solo illusa di amare. Avresti preferito che finisse così?»
«Saresti viva. E sì, avrei preferito che finisse così invece che avere paura di tornare a casa e non trovarti, o peggio, di sapere che qualcuno ti ha fatto del male» esclamò lui.
«Sono ancora viva.»
«Non lo vedi, Amelia? È nelle tue stesse parole: se avessimo una vita normale, non avresti bisogno di usare quell’”ancora”» sospirò Ashton, deglutendo rumorosamente. «Dimmi cosa vuoi che faccia. Lo so che, quando mi hai conosciuto, ti sembravo a stento umano. So che mi hai odiato e so che ho lasciato cadere ogni tipo muro per lasciarti entrare e capire chi ero veramente. Ho smesso di essere un mostro per te, ma non so più come comportarmi.»
«Tu sei perfetto così come sei. Non voglio nulla di più che tu non abbia già.»
Ashton rise. E quella risata fu peggio di dieci silenzi, cento singhiozzi e mille lacrime. Fu peggio di qualsiasi altra cosa.
«È evidente che non è così. Negli ultimi giorni, ho la sensazione di non essere mai abbastanza.»
«Cosa dici?»
«Per te, per nostro figlio, per questa vita» rispose Ashton. «Non ti biasimerei se, all’improvviso, non fossi ciò di cui hai bisogno.»
«Sei completamente pazzo, Ash. Non chiedo nulla dalla mia vita, se non te e questo bambino. Cosa ti salta in mente? Per favore» continuò la ragazza.
«Mi salta in mente,» disse lui, interrompendola. «che ho bisogno di una pausa.»
Tutto d’un tratto, ogni cosa che li circondasse si congelò, le prime crepe cominciarono a correre sul ghiaccio e, alla fine, tutto crollò in mille pezzi. L’intero mondo di Amelia crollò sulle sue spalle, trascinando giù anche lei, che aveva cominciato a scuotere violentemente la testa, ma che non si lasciava tradire da alcuna espressione.
«Non puoi dire sul serio» asserì, era una maschera di indifferenza.
«Invece lo sono. Non sarà per molto, io... devo solo capire» disse Ashton.
«Capire cosa? Che stai utilizzando il termine “pausa” come espediente? Quanto ci vorrà prima che mi chiamerai e mi dirai che la tua pausa si prolungherà? Ancora e ancora, finché non te ne sarai andato per sempre» esclamò Amelia.
Lui si avvicinò, fece per accarezzarle il volto, ma lei lo respinse.
«Non ti lascerei mai, Amelia, soprattutto adesso. Stenterai a crederci, ma sono umano anche io, commetto errori, arrivo ad essere provato in tutti i sensi e a sentire il bisogno di staccare la spina.»
«Bene. Allora vai, esci e prenditi questa maledetta pausa!»
«Amy...»
«Sai dov’è la porta.»
Detto questo, gli voltò le spalle e sparì in cucina. Non disse niente quando lui la salutò e, in un primo momento, dopo il rumore della porta che si chiudeva deliacamente, rimase in piedi, davanti al piano della cucina, a pelare le patate che avrebbe cucinato per pranzo. Ma alla fine, il coltello le cadde dalle mani e si riscoprì troppo scossa per fare alcunché.
 
 
 


 


 
Marianne's corner
HOLA. Sono in ritardo? Sì, a di poco. Quindi who cares? AHHHHHH, salve. Io ero così felice che fosse arrivata l'estate ma piove da tre giorni. Guardiamo come la Natura mi stia prendendo per il culo: a Maggio, piena di compiti e interrogazioni, sole a 40 gradi. Giugno, finalmente libera, diluvio universale. Mi sembra giusto.
Ma non parliamo del meteo ahahaha parliamo del capitolo. Ebbene sì, è successo. Gli Ashelia hanno discusso/litigato. Prima o poi doveva succedere, ma vi assicuro che non è nulla di grave di per sé, dopo qualche guaio torneranno e saranno più forti di prima! :D Fossi in voi, io mi preoccuperei di quel "qualche guaio", ma per ora taccio u.u
Mh, so che il discorso di Ashton può apparire a tratti contraddittorio, ma vi pregherei di capire la sua precaria stabilità pschica in questo momento, così come quella di tutti i personaggi. Il prossimo sarà un capitolo un pochino di passaggio, scusatemi, ma è di fondamentale importanza in quanto entreremo nella testa di Amelia. (non letteralmente, mica mi chiamo Luke Hemmings)
Okay, ora vorrei ringraziare chi continua ancora a seguirmi nonostante i ritardi e gli aggiornamenti sgangherati (?) davvero, grazie di tutto! ♥
Bacioni,
Marianne

 
   
 
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