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Autore: Scottature    16/06/2015    1 recensioni
Questa storia è ispirata alla realtà, come i suoi personaggi. Ed è come vorremmo che fosse.
Sei ragazzi, sei vite, sei voci.
Un'unica storia che li unisce, mentre il tempo cerca di dividerli.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ebbid e Frank

 
Ebbid stava cercando di bere il suo caffè dopo tre lunghe ore di scuola e, come ogni volta che lo prendeva, prima di gustarselo, lo aveva lasciato raffreddare.
Doveva cercare Frank, il suo migliore amico, ma due ragazzine -non si ricordava neanche più i loro nomi- l’avevano fermato. Non era una cosa nuova per lui, ma aveva particolarmente fretta quel giorno e le loro vocine petulanti lo stavano parecchio infastidendo.
Neanche a ricreazione poteva starsene tranquillo, cazzo.
Si girò e fece per andarsene, ma una di quelle -la biondina con le tette in mostra e 2 kg di trucco sulla faccia- lo prese per la manica della felpa e lo guardò sbattendo più volte le lunghe ciglia.

“Ebb, te ne vai già? Resta ancora un po’ con noi.”
 
Il ragazzo roteò gli occhi e fece un sorriso malizioso.

“Avremo altre occasioni, piccola.”
“Oh, certo Ebb! Stasera hai qualcosa da fare? I miei sono via e…”
“Sì, stasera sono impegnato, sarà per la prossima.”

Scostò la mano della biondina, fece un cenno col capo e si infilò tra gli studenti per cercare il suo amico.
Merda, dov’era andato quel deficiente? Si erano messi d’accordo il giorno prima di trovarsi alle macchinette alle 11 e Frank non s’era presentato.
Ebbid sbuffò irritato e si passò una mano tra i capelli.
Per colpa sua aveva incontrato quelle due ragazzine che gli leccavano il culo da quando erano entrate nella scuola, come molte altre.  Non le sopportava, le ragazze “facili”.
Magari erano carine, magari moltissimi ragazzi avrebbero voluto passare una nottata con loro, magari facevano pure tutto quello che lui chiedeva, ma non erano interessanti.
Le considerava dannatamente vuote.
Erano tutte uguali, sembravano fatte con lo stampino: gambe magre, capelli lisci, ciglia lunghe, vestitini aderenti e smalti colorati. 
Vedeva ragazzine di quattordici anni che si atteggiavano da ventunenni e molto probabilmente osservandole in discoteca qualcuno avrebbe anche potuto scambiarle come tali.

Si appoggiò al muro del corridoio, prese un sorso del suo caffè e inspirò profondamente.

Lei, invece, era così diversa: lo incuriosiva e lo intrigava.
L’aveva capito subito che lei non era una qualunque, fin dalla prima volta che l’aveva vista: era in autobus dopo una giornata particolarmente noiosa e per fortuna la maggior parte delle ragazzine -quelle che gli stavano attorno solitamente- erano in stage lavorativo.
C’erano però due ragazze che facevano così tanto rumore da superare di gran lunga il volume della musica che usciva dalle sue cuffiette; una si era messa a cantare e l’altra le aveva tappato la bocca con le mani, per poi ridere insieme non facendo minimamente caso alle persone che avevano vicino.
Di solito, a Ebbid questa cosa avrebbe dato parecchio fastidio e si sarebbe girato per guardarle male e zittirle, ma la risata di una delle due l’aveva completamente catturato: era cristallina e dolce e, appena vide il suo sorriso, pensò immediatamente che fosse solare proprio come lei.
E quasi istintivamente gli venne voglia di assaggiare le sue labbra, di sentire di nuovo il suono della sua voce, di accarezzarla, di vederla sorridere ancora e di stringerla a sé.
Un brivido gli attraversò la schiena.
Questi pensieri non erano da lui. Forse si stava rammollendo.
A lui, di queste cose, non era mai importato.
Ebbid si divertiva con le ragazze ed era lui a suscitare questa sensazione su di loro.
Non era uno che perdeva tempo… Ma neppure questo strano forte interesse improvviso non era di certo “amore”.
Tutto quello che gli interessava era la soddisfazione di un rapporto carnale e questo non era affatto diverso con lei.
Il problema, però, stava nel fatto che una qualsiasi sconosciuta riusciva ad essere diversa da tutte le altre in un modo che lui assolutamente non capiva.
Lei riusciva a catturarlo e trattenere l’attenzione del ragazzo su di sé.
Non riusciva davvero a distogliere lo sguardo da lei: e il fatto che lo incuriosisse oltre misura la rendeva particolarmente attraente, più di tutte le altre ragazze.
L’aveva catturato e attirato a sé nello stesso modo in cui la luce di una lampadina attrae una falena.
E, per la prima volta in tutta la sua vita, era diventato lui la falena.

Conosceva la ragazza che le stava affianco nell’autobus, ci aveva fatto amicizia quell’estate al mare, e ben presto scoprì che le due erano in classe assieme nella sua stessa scuola.
Ogni tanto allora, con la scusa di salutare Nene –la ragazza della vacanza- poteva osservare di nuovo quel maledetto sorriso di quella che scoprì essere Sole.
Notò ben presto che c’era un ragazzo che le ronzava sempre attorno, rendendo la questione ancora più interessante.
Voleva assolutamente capire l’effetto che quella ragazza gli faceva ed era diventata una delle sue “prede” più intriganti.
Era certo che appena avesse soddisfatto i suoi desideri, tutto questo sarebbe finito e se la sarebbe scordata: prima di tutto, però, doveva risolvere “la questione” e stavolta non gli sarebbe per nulla dispiaciuto.
Doveva avere la possibilità di avvicinarla e conoscerla e il pretesto perfetto gli si era presentato davanti proprio quella settimana: i suoi genitori avevano lasciato casa libera e lui aveva deciso di dare un festino con Frank (non era la prima volta che ne facevano).
Nene gli aveva parlato già di quella ragazza “dal sorriso solare” e sapeva del loro forte legame ed era certo che, invitando lei alla festa, avrebbe trascinato con sé anche Sole.
Non avrebbe perso tempo, era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
Quel sabato –ne era certo- l’avrebbe fatta sua.
Con un sorriso sghembo stampato in faccia si ritrovò a rigirarsi nel bicchiere il restante caffè, sicuro dell’esito che avrebbe avuto il suo “piano”.
Almeno una questione si poteva dire risolta, non ci avrebbe più pensato fino a quella sera: aveva un problema più importante in quel momento.
Sbuffò guardando l’ora sul cellulare e riprese a camminare per il corridoio.
Frank non gli aveva neppure risposto e doveva tornare in classe. Non era preoccupato, ma piuttosto il suo umore vacillava tra la voglia di lasciargli un occhio nero (appena lo avesse visto) e il fastidio di dover aspettare e sprecare altro tempo.
Di certo, quello che si definiva essere il suo migliore amico gli doveva delle spiegazioni e se non fossero state abbastanza valide, questa volta non l’avrebbe perdonato tanto facilmente.
 



Frank stava seduto a gambe incrociate in tutta tranquillità sull’erba.
Si trovava nel parco dove andava sempre a giocare da bambino ed era nei pressi della stazione.
Aveva lasciato di nuovo il cellulare a casa e si era dimenticato di avvisare Ebb che quel giorno non sarebbe andato a scuola. Solo lui e sua sorella lo chiamavano così, fin da quando erano dei bambini petulanti, dato che “Ebbid” era decisamente troppo lungo da dire.
Sicuramente si sarebbe dovuto inventare una bella scusa per il fatto di non essersi fatto vivo, soprattutto perché dovevano ancora finire di accordarsi per la festa di sabato, ma ci avrebbe pensato dopo.
Era intento a guardare le persone andare avanti e indietro nel viale che gli stava di fronte, portandosi ogni tanto la sua Marlboro classica tra le labbra.
Camminavano veloci e, indaffarate nei loro impegni, sembravano essere in ritardo.
Chissà perché avevano tutta quella fretta, che lui aveva sempre cercato di evitare.
In quel momento, Frank, invece, stava davvero bene.
Quella giornata era perfetta per godersi un timido sole di Marzo, senza doversi preoccupare di tutti gli altri problemi; e lo divertiva notare di essere l’unico a pensare così in quella situazione.
Nella stradina che gli stava davanti, ce n’erano di tutti i generi: dagli uomini in giacca e cravatta con il telefonino in mano – che molto probabilmente usavano per organizzarsi incontri o eventi - alle donnine delle pulizie parecchio trascurate, con il trucco a volte sbavato e con le borse della spesa cariche.
C’erano anche i tipici vecchietti che guardano male chiunque si trovino davanti.
Da piccolo aveva giustificato la cosa ritenendo che lo facessero perché non ci vedevano molto bene e che, per questo, tenessero sempre quello strano broncio.
Era una cosa che faceva spesso: si fermava per un po’ e stava a guardare le persone, le osservava e cercava di immaginare cosa pensassero, quale fosse la loro storia o perché facessero determinate cose.

Fece un ultimo tiro dalla Malboro, si alzò e decise di fare qualcosa di utile almeno per quella giornata.
Non sapeva che ore fossero, ma ipotizzò di non avere abbastanza tempo prima che la marmaglia di bambini degli istituti vicini corressero verso il parco, disturbando così la sua pace in quel posticino per niente male.
Non era neanche molto distante dal liceo che frequentava sua sorella e anche lei avrebbe finito le lezioni tra non molto: per esempio, andare a prenderla a scuola non sarebbe stata una brutta idea.
E così, deciso su cosa fare, buttò via il mozzicone di sigaretta e s’incamminò verso il parcheggio dove aveva lasciato il suo motorino.
Poteva prendere una pizza ad asporto e mangiarla con sua sorella, Nora, per pranzo, dato che erano soli.
Nel pomeriggio invece sarebbe andato da Ebb, l’avrebbe affrontato e avrebbe finito i preparativi.  
Sicuramente avrebbe trovato il suo migliore amico più arrabbiato di tutte le volte precedenti, anche perché avevano un conto in sospeso con un tipo e avrebbero dovuto sistemarlo nella stessa mattinata.

Sospirò: quella si prospettava essere una lunga giornata.



 

 





















Salve a tutti, finalmente mi presento! Sono la pazza "scrittrice" di questa storia (la prima per me) e l'ho potuta aggiornare solo ora perché siamo in estate e la scuola è finita... così ora mi dedico a queste piccole cosucce e sfogo i miei drammi su personaggi inventati (o quasi eheh).
La storia si sta in qualche modo sviluppando e devo dire che i nostri poveri protagonisti sono davvero molti e davvero complicati! (credo che un giorno dovrò fare uno schemino per spiegare bene tutte le relazioni che intercorrono tra di loro ahah)
Ebbene sì, in questo capitolo avete scoperto che Giov ha un rivale in amore, ovvero Ebbid e che Nora, la ragazza di Giov, è la sorella di Frank, migliore amico di Ebbid (ve l'ho detto che è complicato!) e questi due nuovi ragazzuoli li conosceremo meglio più avanti, insieme ad altri di cui ancora non ho parlato. Questo pezzo è corto proprio perché mi serviva da introduzione.
Nel prossimo capitolo Sole e Nene (eh no, non mi sono dimenticata di lei)  andranno alla famosa festa di Ebb e ne accadranno di tutti i colori (tanto che dovrò dedicare due capitoli a tutti gli avvenimenti)
Sarei davvero felice di leggere qualche recensione, soprattutto quelle costruttive e di gradimento.
Quindi, per favore, ditemi cosa ne pensate, non vi mangio!
Spero di riuscire ad aggiornare presto e ringrazio tutti i lettori, baciiiii
   
 
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