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Autore: _Giulia_R5__    16/06/2015    4 recensioni
In questa FF, gli R5 non avranno i loro soliti ruoli: non saranno fratelli, ma saranno all'interno della storia con ruoli diversi. Solo alcuni di loro saranno legati in qualche modo, ma soltanto Ross sarà protagonista della storia. Ho provato ad immaginare anche lui in un altro modo: niente chitarra o popolarità, non nel mondo dello spettacolo, almeno.
Le parole chiave di questa storia saranno: fama, soldi, gossip, intrighi, segreti, bugie, passione, odio e chissà...forse,amore?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nelle due settimane che seguirono, villa Rhodes fu un continuo va e vieni di furgoni pieni di scatole, a loro volta piene di cianfrusaglie di Mark e…Ross.
Mi si gelava il sangue nelle vene solo a pensare quel viso: ovunque mi girassi, il suo sorriso malefico era lì, rivolto a me, mentre il resto di Ross invadeva i miei spazi, guardava la mia TV, usava il mio bagno –pur avendo il suo, origliava le mie conversazioni a telefono, portava i suoi flirt in camera mia quando i nostri genitori erano fuori casa. Era disgustoso. Ma ogni volta che provavo a parlargli, ecco spuntare mia madre, e tanti saluti alle minacce all’intruso.
Finché, un giorno…

   «Spostati, Lynch, devo entrare!», dissi seccata muovendomi  a destra e sinistra, davanti la porta.
   «Perché? E’ così bello qui fuori!». Ancora quel tono irritante.

Tornati da un pranzo fantastico –Fantastico se non consideriamo il fatto che c’era anche Ross, ovviamente- al Cafe Des Artistes a Hollywood, il mio adorabile fratellone decise di bandirmi dalla mia stessa camera non appena mia madre e il suo ‘ragazzo’ uscirono nuovamente per fare i piccioncini chissà dove.

«Non vedi il sole, gli uccellini, i fiori, il mare? Non senti il vento che ti scompiglia i capelli? Non vorresti restare qui per sempre?»

Che faccio, ti uccido e poi scoppio in una grassa risata, o prima rido e poi ti prendo a sprangate?

  «Ma ti fai di crack?! Siamo in corridoio!! Devo andare da Usher, fammi cambiare!»

Lo strattonai con la borsa ed entrai in camera, mi misi davanti un lato del letto e cominciai a sciogliermi i capelli, gettando sul letto forcine e perle che facevano parte dell’acconciatura.
Ross se ne stava lì, appoggiato con la spalla allo stipite della porta; la testa piegata a sinistra, appoggiata allo stipite anch’essa. Mi guardava, interessato: in un secondo, quelle pupille mi sembrarono volermi scannerizzare come in aeroporto, quasi avessero la vista a raggi X.
Finsi di non vederlo e lo ignorai, sperando si togliesse dal viso quel sorrisetto inquietante.
Sciolti i capelli, li scossi un po’ con le mani, e fu il momento del vestito: tentai di abbassare la zip, ma, poiché partiva da fin sotto la nuca, non ci riuscii. Ross tornò dal regno dei morti.

   «Dai, togliti, faccio io», disse scendendo i gradini davanti la grande porta della mia camera e avvicinandosi a me.

Abbassò la zip fino alla fine, cioè fino al mio fondo schiena, ed esitò un attimo prima di mollare la presa: furono i 3 secondi più lunghi della mia vita.

Mamma, ti odio!

A rompere il silenzio, fu il mio cellulare che vibrava, lanciato un attimo prima con noncuranza sul letto.
Mi avvicinai per prenderlo, piegandomi leggermente verso di esso, ma Ross sembrò svegliarsi di nuovo al mio movimento e mi precedette, strappandomi il cellulare dalle mani.

«Oh guarda un po’, è Usher», sorrise con la solita espressione da santarellino.
  «Dammi quel telefono. Adesso.»

Stranamente, si arrese senza combattere, e mi ridiede il cellulare all’istante, seppur con aria di stizza, senza dire una parola. Presi il cellulare, guardandolo, superba e sprezzante, per i 2 punti guadagnati in soli pochi minuti.
 
«Che c’è, Lynch? Ti sei rammollito, forse? Pronto!»

Risposi immediatamente, e, mentre Usher parlava, spinsi Ross fuori dalla camera, chiudendogli la porta in faccia.

  «Amber, mi stai ascoltando?», disse dall’altra parte del telefono.
  «Cosa? Sì, certo, dicevi?»

Cominciai a sfilarmi il vestito.

  «Non mi stavi ascoltando.»
  «No, hai ragione, stavo-»
  «E’ quel deficiente sempre tra i piedi eh?»
  «Esattamente»

Ah, Dio, finalmente qualcuno che mi capisce!

  «Tranquilla. Quando arrivi?»
  «Il tempo di cambiarmi, sono appena arrivata, okay?»
  «Okay, ti aspettiamo»


Scelsi un crop top modello corsetto a fiori e una gonna a ruota dalla cabina armadio, tattoo choker, una e un paio di tacchi.

Prima esco di qui, prima me lo tolgo di mezzo.

Ma uscire da quella camera fu la cosa più sbagliata che potessi fare: il tempo di prendere un bicchiere d’acqua dalla cucina, e il traditore dagli occhi più falsi di lui s’intrufolo in camera mia, di nuovo.

Tornai dentro col bicchiere, che posai sul comodino, e mi diressi verso il bagno.

Ma questa è…acqua che scorre?!

  «Ross!», bussai colpendo forte la porta «Ross, fuori di lì! Subito!»
Nessuna risposta.
«Ross! Ross!! Esci immediatamente di lì, devo lavare i denti! Ross, mi vuoi stare a sentire?!»
Ancora niente. Continuai a battere.
«Appena esci giuro che ti strappo quei capelli ad uno ad uno!!»

Urlai e colpii alla porta fino allo sfinimento, nessuna risposta, cominciai a dubitare che non fosse morto lì dentro. Lo chiamai per l’ultima volta, aspettai, niente. Ma il mio verso di esasperazione lo fece scoppiare in una grassa risata: dalla mia bocca ultimamente uscivano più questi che respiri o parole normali, era un incubo.

«Sì, ridi» Stronzo «Appena esci ti faccio vedere io»
  «Che fai, lo dici alla mamma?»
  «Ti lascio immaginare, non vorrei rovinarti la sorpresa. Ora, potresti per favore uscire?!», alzai di molto il tono alla fine.
  «Hey, si può sapere che succede qui?»

Mia madre: tempismo perfetto.

  «Chiedilo a Ross che succede! Visto che è entrato in bagno e non vuole più uscirne!»
  «Ma che ha, sta male?»

Davvero, sei una donna o sei una rapa?!

  «
No, mamma, non sta male! E comunque ha il suo di bagno!»
  «E tu non puoi andare a prepararti nell’altro?»

Rapa. Decisamente.

  «Come faccio se ho le mie cose qua e lui non mi fa neanche entrare a prenderle?!»
  «Comunque, ragazzi, io e Mark proprio non ce la facciamo più con voi due! Sempre a litigare, ma si può sapere che avete?»

Ross uscì a occhi bassi, chiudendo dietro di sé la porta scorrevole del bagno.
Entrambi evitammo di rispondere.

  «Oh, alleluia!», dissi, partendo verso il lavandino.
  «Non così in fretta, signorina. Voi due stasera non uscirete!»
  «Cosa?!», dicemmo in coro entrambi.
  «Ma mamma, è venerdì sera!»
  «Starete a casa e cercherete di chiarirvi una volta per tutte, intesi?»
  «Ma-», provai a replicare.
  «Sh!»
  «Mamma non-»
  «Ho detto sh!»

La fulminai con lo sguardo, rimasi in silenzio.

«Bene. Ero salita solo per prendere un foulard, ora vado. Cercate di non distruggermi casa! Buona serata»

Uscì dalla stanza, e aspettai il rumore del portone per affacciarmi e assicurarmi che fosse già andata via per prendere borsetta e cellulare.

  «Dove pensi di andare tu?», mi chiese Ross, mettendosi tra me e il portone di casa.
  «Oh, Ross. Povero, ingenuo, Ross. Non sai che per me le regole di mia madre non valgono? Qua dentro l’intruso sei tu, il problema non sono di certo io,  e non ho intenzione di stare chiusa nel palazzo con la Bestia!»
  «Ah, sarei io?»
  «Oh, vedo che il cervello ti funziona quando ti sforzi! Ora spostati, bell’imbusto!»
  «No.», s’impose.
  «Prego?»
  «Ho detto no, non mi sposto, e tu di qua non esci»
  «E chi saresti tu, per impormi tali ordini?»
  «Ti ricordo che la Bestia alla fine si scoprì essere un bellissimo principe»
  «E con questo che vorresti dire?»
  «Tu non esci, Amber.»

Sbuffai, spazientita. Spostai il peso del mio corpo su un lato e tornai a guardarlo.

  «Senti, hai intenzione di stare qui tutto il giorno?»
  «E tu?»

Ross cominciava davvero a infastidirmi, ma avevo il presentimento che sarebbe giunto a qualcosa.

  «Togliti, Ross, mi hai già fatto perdere troppo tempo», provai a scansarlo.
  «E questo non è che l’inizio! Interessante questo bustino» disse, mettendo le dita sotto le bretelle dell’indumento e scendendo con la mano, arrivando a toccarmi quasi il seno con le nocche, e osservando i fiori stampati sulla superficie. 

Ciò provocò un fremito, e la cosa mi sconvolse.
  
  «Togli quelle mani!»
  «Perché, mi sembra piacciano ai tuoi vestiti, soprattutto alla zip del vestito di prima, o a quell’Oscar de la Renta, quello si è addirittura bagnato  prima ancora di conoscermi!»
  «Le tue mani di ricotta che non sanno neanche tenere un bicchiere di Coca Cola, dici? Ah, sì, sicuramente»

Più andava avanti la conversazione, più ci mettevamo sulla difensiva,e attaccavamo l’altro/a.
La tensione cominciò ad aumentare, gli sguardi a farsi sempre più intensi, la distanza tra i volti a diminuire ad ogni colpo, che nessuno dei due si decideva ad accusare.

Cinse di colpo i miei fianchi con un solo braccio, con una presa più che ferrea, passandolo dietro la mia schiena e tirandomi con la forza verso di lui: mi ritrovai con il viso a meno di un millimetro dal suo, sudata e con i battiti più accelerati di quanto mi fosse lecito.
Col fiato corto, i nostri occhi danzavano su quelli dell’altro/a e poi sulle labbra, per poi tornare sugli occhi e così via. Mi sentii mancare.

  «Mani di ricotta, eh?»

Aveva il fiatone.
Nei suoi occhi lessi vittoria, ma non la stessa di sempre.


A volte la regina deve fare una scelta. Un castello con un cavaliere bianco, o un avventura con un principe nero?

  
  
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