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Autore: Rowena    11/01/2009    9 recensioni
Severus Piton odiava le riunioni dell'Ordine della Fenice. Ninfadora Tonks era di pessimo umore per via di Lupin e della sua più che pericolosa missione. E quando questi due personaggi s'incrociarono, quella sera... Beh, nessuno avrebbe scommesso che sarebbero finiti a un pub a bere insieme e a dividere una porzione di patatine fritte, no?
Genere: Commedia, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Whiskey irlandese e patatine fritte a parte'
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Si stava facendo tardi, le patatine erano finite e i bicchieri erano rimasti vuoti a riflettere le luci del pub. Era ora di andare, o la sveglia il mattino dopo avrebbe massacrato entrambi.
«Beh, io ti ho invitato ed io pago il conto» esclamò Tonks cominciando a frugare nella sua grande borsa, probabilmente in un caos incredibile, alla ricerca del portafoglio. «Anche perché suppongo che tu non nasconda denaro babbano sotto a quel bel cappotto».
Piton ridacchiò. «Supponi bene».
Rimase seduto al tavolo, sovrappensiero; il calore di quella serata gli aveva fatto bene, anche se l’inizio non era stato certo promettente. Era incredibile quanto poco fosse servito per passare da uno scambio di battute taglienti a una conversazione più che civile! Forse era merito degli alcolici bevuti, o di quelle patatine fritte…
Cercò con lo sguardo la figura della ragazza, in piedi davanti al bancone a chiacchierare con il proprietario: era giovane, tenera, ed entrambi non avrebbero dovuto rimanere soli quella sera. Sarebbe stato così meschino, lei l’avrebbe giudicato un bastardo? Probabilmente lo era, se gli era così facile pensare di approfittare dell’assenza di Lupin.
«Ho fatto, possiamo andare!» disse Tonks, ora di nuovo vicina a lui, mentre si passava la sciarpa intorno al collo; rimase lì ad attendere che si muovesse, ma Severus era ancora perso nei propri pensieri. «Va tutto bene?»
Il mago fu improvvisamente consapevole della piccola mano che si era appena posata sul suo braccio e si scostò, mantenendo tuttavia freddo e controllato. «Benissimo, usciamo pure».
Fortunatamente non aveva ripreso a piovere, malgrado l’aria della notte fosse piuttosto fredda: la viuzza sembrava deserta e le luci arancioni dei lampioni le davano un aspetto surreale.
«L’ultima volta che sono stata qui Sirius era ancora vivo, sai» disse lei con un filo di voce. «Eravamo io, lui e Remus, come al solito: pensavo che non ci sarei più tornata, ma questa sera mi ha fatto bene. A volte bisogna staccare un po’ il cervello e concedersi un momento di pausa».
Mai detta verità più grande, pensò il mago. Il mattino dopo avrebbe affrontato tutte le questioni della sua quotidianità: le lezioni, i suoi alunni più indisciplinati, il Marchio Nero, la testardaggine di Draco a non rivelargli i suoi piani, Albus e la sua morte ormai sempre più vicina. Il mattino dopo, però: quella sera, forse per i due bicchieri che aveva bevuto, forse per le chiacchiere senza senso di Tonks, sarebbe andato a dormire con il cuore leggero e la mente sgombra da ogni pensiero.
E, forse, poteva ricavare da quell’uscita anche qualcosa di più; la giovane era ancora al suo fianco, e giocava a fare le nuvolette di vapore con il fiato, come una bambina.
Doveva agire prima che si salutassero, prima che lei se ne andasse. Fu un attimo: Tonks si ritrovò contro il muro, bloccata dalle braccia del mago che le impedivano di liberarsi, il viso troppo vicino a quello dell’altro.
«Resta con me questa notte» le propose fissandola negli occhi, con voce roca e profonda. «Non ci sarebbe niente di male, in fondo: siamo adulti e abbiamo bisogno di un po’ di calore».
Sebbene l’avesse colpa di sorpresa, la strega non si scompose e gli sorrise con aria maliziosa; non l’aveva mai vista così sicura di sé e sensuale, un’altra Tonks che il mago non conosceva. «Ma nessuno dei due vuole questo, né tu né io cerchiamo un’avventura di una notte per dimenticare per un po’ la solitudine. Ci sentiremmo ancora più abbandonati, dopo».
«E se non fosse un’avventura?» azzardò Severus, ben consapevole di stare mentendo.
Divertita, Tonks fece una cosa che lui non si sarebbe mai aspettato: gli passò le braccia intorno al collo, sempre più vicina a lui. «Più di quella io non potrei darti».
Proprio come lui, che aveva donato il suo cuore a un’altra donna e che non si sarebbe mai più innamorato. Tuttavia, la curiosità di sapere come mai non le andasse bene gli impedì di tacere.
«Perché?»
La ragazza gli si accostò, tanto che per un attimo lui credette che volesse baciarlo, e poi spostò le labbra verso il suo orecchio, a sussurrargli un segreto. «Sei troppo vecchio per me».
Lo stava apertamente sfidando, pazza sconsiderata che non era altro?
«Tra me e Lupin ci sarà qualche mese di differenza...»
Il sorriso di Tonks divenne più aperto, mentre per un attimo, il tempo di un battito di ciglia, i suoi capelli ebbero un guizzo e tornarono rosa. «Sì, ma sono proprio quei due o tre mesi che cambiano le cose».
Interdetto, Piton scoppiò a ridere. «Sei proprio da ricovero, Tonks!».
L’aveva stretta a sé in un vicolo, una situazione non proprio promettente, e Ninfadora non solo era rimasta tranquilla, ma era stata al suo gioco, osando perfino prenderlo in giro. Rideva anche lei, come se fosse perfettamente normale, e sul suo viso non vi era ombra di paura. Forse non era poi così spaventoso come credeva da secoli…
«Me lo dicono così spesso che ormai non ci faccio più caso» rispose scimmiottando il mago. Erano le stesse parole che lui le aveva detto qualche ora prima… Era una vera strega, non c’erano dubbi.
Sempre più divertito, il mago abbassò le braccia, dandole la possibilità di muoversi.
«Torni anche tu verso Hogwarts?»
Tonks annuì. «Sì, ho una camera ai Tre Manici di Scopa, così è impossibile perfino per me arrivare in ritardo ai turni di guardia».
«Allora rimani dove sei». La strinse a sé e si Smaterializzò, ricomparendo nella piazza principale di Hogsmeade. «Eccoci arrivati».
Anche il paesino tutto abitato da maghi e streghe era deserto, salvo qualche luce proveniente dalla locanda più famosa della zona e, qualche via più in là, dal pub molto meno raccomandabile. «Farai meglio ad andare, domani avrai un sacco di lezioni e di ragazzini terribili che metteranno a dura prova la tua pazienza».
Il mago non rispose, rientrando lentamente in sé, stupito da se stesso e da quello che aveva fatto nelle ultime ore.
Certe serate sembrano magiche, anche se accade ben poco di strano. Quella, per i due, rientrava nella regola. Eppure la magia doveva ben finire, e certo la gentilezza di quella notte non si sarebbe prolungata nel tempo.
Non sentendo repliche, la ragazza continuò. «Comunque siamo a un complimento e mezzo, torna subito a insultarmi o mi abituerai troppo bene».
«Come?»
«Tanto lo so che domani tornerai a essere l’odioso Piton che tutti conoscono».
«E tu affilerai di nuovo la lingua per ribattere alle mie insinuazioni con qualcosa di altrettanto cattivo».
Pari. Quella sera era così, lui conosceva bene ciò che pensava Ninfadora e, allo stesso tempo, la ragazza aveva saputo capire cosa nascondeva dentro di sé. Acuta, davvero acuta.
«Beh, allora buonanotte, Severus» disse lei allungando una mano; una proposta di pace? «Però vorrei porre una condizione: niente malignità prima del caffè mattutino d’ora in poi, altrimenti mordo».
«Lo terrò presente».
Con un ultimo sorriso, Ninfadora si voltò e s’incamminò verso i Tre Manici di Scopa, lamentandosi per il freddo. Che tipo buffo.
Nel guardarla andare via, Severus si ritrovò a invidiare Lupin per la prima volta nella sua vita. Una ragazza così poteva mettere chiunque al tappeto, ma anche essere un’ancora di salvezza.
Sotto certi aspetti era così simile a Lily… Il sorriso allegro, la voglia di vivere, la testardaggine!
Chissà cosa avrebbe pensato di quella serata Ninfadora qualche mese dopo, quando il destino del mago e del suo mentore sarebbero stati definitivamente segnati. Il Voto andava rispettato, e Albus si era detto pronto a metterlo sotto Imperius pur di non lasciarlo morire; ridicolo, lui non aveva alcuna intenzione di sacrificarsi per qualche nobile sentimento, ma uccidere il suo unico amico non era una missione da compiere in leggerezza, nemmeno sapendo che era tutto ciò che poteva fare per salvarsi.
Ecco perché tengo tutto per me, Ninfadora, perché non mi lascio andare.
La notte era davvero fredda, e lui era di nuovo solo. Come era sempre stato.



Ed eccoci giunti alla fine... Spero che la storia vi sia piaciuta, anche se è un po' breve, ma posso già annunciare che ho buttato giù un po' di appunti per un seguito delirante (e se non era delirante l'idea di questa storia...), che comincerò a pubblicare presto, spero.

@kloe2004: Si dice OOC e se sono riuscita ad evitarlo sono molto, molto molto contenta. Adoro lei (lui... ehm, cambiamo argomento!) e rendere i personaggi aggiungendoli sfaccettature ma senza stravolgerli per me è molto importante. ^_^
@Aloysia Piton: Pensa che l'idea era nata come una one-shot, però poi mi ha preso la mano... Secondo me Sev potrebbe davvero lasciarsi un po' andare, senza cercare di farsi odiare da tutto e da tutti, almeno con gli adulti con cui deve collaborare, ma vabbeh. Spero ti piaccia anche l'ultimo capitolo!
@Sevy: Contenta che la storia fin qui ti sia piaciuta! Dal semplice battibecco, che era la scena che cercavo all'inizio, la storia si è evoluta (o evolta, come i pokemon?) ed è diventata più seria... Mi piace mettere i personaggi a parlare di loro, anche se in modo così strano...

Alla prossima, gente!
Rowi
   
 
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