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Autore: Jules_Weasley    18/06/2015    2 recensioni
Penny Shane ha sangue magico nelle vene, ma genitori Babbani. Quando riceve la lettera per Hogwarts resta molto sorpresa. Non discende da nessuno dei personaggi della saga, ma questo non vuol dire che non li incontreremo nel corso della trama. Se volete prendere con me quest'Espresso per Hogwarts, conoscerete Penny e i suoi amici, impegnati nel loro sesto anno. Conoscerete anche le sue dis-avventure sentimentali con il ragazzo per cui, da sempre, ha una cotta. La sua storia, insomma.
Leggete e recensite in tanti, è la prima FF che scrivo, quindi sono graditi pareri di ogni genere.
[Dal Prologo:
"Ne ero quasi sicuro che sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita” disse, strizzando l'occhio a Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago. Era arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere apprese nell'arco di venti minuti.]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nessun Incanto è pari alla tenerezza del cuore!'
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Capitolo nove



L'importanza dell'Unicorno



"Buongiorno ragazzi!" tuonò Hagrid con il suo vocione. "Alla mia destra c'è un esemplare maschile di unicorno adulto" annunciò, indicando l'animale. "Forse in un'altra lezione vi mostrerò anche un cucciolo, per ora ci limitiamo a Pegaso". Sembrava si stesse rivolgendo più all'unicorno che agli studenti, ma i ragazzi non ci badarono. La passione di Hagrid per gli animali del Mondo Magico di solito era orientata verso creature di dubbio gusto, spesso mostruose; però bisognava riconoscere che gli unicorni non erano tra questi. Il crine bianco, gli zoccoli d'argento, il manto candido come neve. Penny sospirò, in estasi. Aveva appena scordato ogni problema. Sentiva una sorta di affinità che la legava a quell'unicorno, mai visto prima.

Fred, ancora accanto a lei, le disse qualcosa che Penny non udì, sempre più rapita da quel soffice crine bianco; e prima di accorgersene si era avvicinata al recinto dove si tovava l'unicorno, prendendo quasi a spallate i propri compagni.

"Vuoi accarezzarlo?" le domandò Hagrid, intuendo le sue intenzioni. Penny annuì semplicemente e avanzò, cercando di fare il meno rumore possibile. Le sembrava quasi di violare la pace di quella creatura. Mentre si avvicinava pian piano, Hagrid continuò a spiegare.

"Gli unicorni preferiscono il tocco femminile, come è noto" disse. "Sono pacifici e simbolo di purezza. Uccidere un unicorno è un crimine terribile, solitamente compiuto da chi ne vuole bere il sangue, che ha numerosi poteri".

Penny sapeva – perché le era stato detto da Arnold – che bevendo sangue di unicorno si poteva rimanere in vita il più a lungo possibile, ma che uccidere una di quelle creature equivaleva a macchiare la propria anima.

"Sono caratterizzati da un'aura che li mette in una particolare connessione emotiva con chi ne condivida la purezza d'animo" spiegò Hagrid. "Il loro crine ha proprietà magiche e, come sapete, viene usato per formare il nucleo di alcune bacchette" In quel momento Penny si ricordò che il nucleo della sua bacchetta, che anni prima aveva acquistato da Ollivander, era in crine di unicorno.

Intanto si era avvicinata a Pegaso tanto da poter tentare un approccio – stando molto attenta a non toccare il corno in mezzo alla fronte, poichè non era sicura che l'animale avrebbe gradito – e ne accarezzava il manto. Pegaso sembrava apprezzare il suo tocco, anche se presto Penny se ne dovette staccare. Non poteva certo monopolizzarlo: altri studenti volevano avvicinarsi. Si rimise al proprio posto, accanto a Fred. Tornando in sè, Penny si avvide che James la stava insistentemente guardando; era in piedi accanto a Sam Baston, non distante da lei.

E non smetteva di fissarla.

Il fatto che lo trovasse sensuale in quella posa statuaria non doveva distrarla da quello che le aveva appena detto.

Gli aveva dato uno schiaffo, si era vendicata. Era perfettamente consapevole di non avergli fatto alcun male, non fisicamente. La sua mano era troppo piccola per poter fare danni seri, ed era partita da sola, miseriaccia!

Chi si credeva di essere per poterle parlare con quel tono? Scappatella? Romanzo rosa? Seduzione?

Più lo guardava e più le tornava in mente l'atteggiamento irrispettoso che aveva tenuto. La maggior parte del tempo James si dimostrava gentile, sembrava volesse esserle amico... altre volte era scostante e arrogante. Non poteva stare con lui, lo sapeva, ma almeno un rapporto civile lo pretendeva – non era una gran richiesta, dopotutto.

"Cosa guardi di così interessante?" chiese Fred.

Penny decise semplicemente di scrollare le spalle – come per dire che era insignificante per lei – e si voltò a parlare con lui. Sperava di farsi perdonare per aver trascurato la sua compagnia, ma lui fece le domande sbagliate.

"Che succede con mio cugino?" Penny lo guardò contrariata: non le andava di inventare elaborate bugie, perciò restò sul vago.

"Non andiamo d'accordo" rispose ostentando indifferenza. Un'indifferenza di sentimenti che, purtroppo, non rispondeva a verità. "Diciamo che si diverte a togliermi la pazienza. Di solito non reagisco in maniera così fisica, ma oggi ha esagerato. Ecco tutto" tagliò corto. Fortunatamente Fred sembrò comprendere e non pose altre domande al riguardo. "Che lezione hai dopo Cura delle Creature Magiche?" chiese invece.

"Difesa Contro le Arti Oscure" rispose illuminandosi. Per lei non era una lezione, ma un piacere.

"Hai lezione con Teddy, quindi" osservò lui. Penny annuì.

"Credo sia veramente geniale come insegnante!" disse con entuasiasmo.

"Lo credo anche io, però forse sono di parte perché siamo parenti". Ma Penny non lo stava ascoltando, di nuovo rapita dal modo in cui Pegaso scuoteva la criniera sotto il tocco di Rose. Quella creatura era maestosa e dolce al tempo stesso.

Quando, al turno di Malfoy, Pegaso si mise a scalciare, mostrandosi recalcitrante all'idea di farsi avvicinare da Scorpius, Penny non potè fare a meno di ridere. Perfino un unicorno riusciva a capire quanto Malfoy fosse meschino, evidentemente.



Una volta finita la lezione, Fred e Penny si diressero insieme verso il castello, scortati da Rose. Non era certa di quello che suo cugino stesse facendo con la sua migliore amica, quindi voleva sorvegliare la situazione.

James li guardava a distanza, sentendosi un perfetto idiota, come sempre quando c'era di mezzo Shane. Aveva ragione Al: l'unico risultato che avrebbe raggiunto sarebbe stato il completo allontanamento di lei. E James non voleva questo; forse non poteva avere il tipo di relazione che avrebbe voluto, ma voleva tentare di essere considerato almeno come amico da Shane.



Non pago di aver fatto la strada insieme a lei, Fred accompagnò Penny fino all'aula di Difesa delle Arti Oscure.

"Ma non avete Trasfigurazione ora? La tua aula è lontana da quella di Lupin" gli fece notare. "È un velato segnale per dirmi di sloggiare?" le chiese ridendo, senza offendersi. Quel ragazzo la metteva di buon umore, pensò Penny. Non c'era niente da fare. Era proprio degno del nome di Fred Weasley.

"Ma figurati!" Era sincera, non stava cercando di allontanarlo. Non c'era motivo. Fred si mostrò soddisfatto della risposta.

"Credi che a Baston dispiaccia se qualche volta vengo a vedervi agli allenamenti?" le domandò, prendendola alla sprovvista.

"Sono aperti al pubblico" rispose senza sbilanciarsi. Trovava quella domanda un po' sospetta. Avrebbe benissimo potuto chiedere direttamente a Sam, anzichè a lei. Evidentemente voleva il suo consenso. Ne ebbe la conferma un minuto più tardi.

"E a te?" Da persona molto matura, quale Penny Shane era, arrossì a quella risposta.

"Perché dovrebbe dispiacermi?" Non aveva trovato niente di meglio con cui replicare. Che si aspettava Fred? Che gli proibisse di andare a vedere la sua squadra di Quiddich? Ovviamente non avrebbe potuto impedirglielo in alcun modo e, ad essere sinceri, neanche ne aveva la volontà.

"D'accordo" rispose lui. "Buona lezione!" Si congedò con un sorriso che Penny ricambiò; poi si girò verso Rose, scoprendo la sua espressione dubbiosa.

"Okay, Penny Shane. Spiegami cosa ho appena visto".

"Fred che parlava con me?" rispose sarcastica.

"No, svegliati! Ho appena visto mio cugino che ci provava con te! Ed era il cugino sbagliato, per giunta". Quel riferimento a James non fece altro che infiammare Penny.

"Non ci stava provando!" sbottò. "E' stato gentile, tutto qui".

Rose decise che non era il caso di replicare – piuttosto, non era il momento. Erano arrivate a Difesa Contro le Arti Oscure. Aprirono la porta dell'aula, entrarono e presero posto, in attesa dell'inizio della lezione.







Il suo migliore amico continuava a girargli intorno, come una mosca; James non ce la faceva più – gli sembrava di sentire il lavorio del suo cervello, mentre decideva se parlargli o meno.

"James" esordì Baston, "posso sapere cos'hai?"

"Niente, Sam" mentì.

"Non parli da dieci minuti" osservò l'altro. Baston sembrava preoccupato.

"Mi è scoppiato il mal di testa" inventò.

"Vuoi saltare Trasfigurazione?" chiese l'altro. James non ci aveva neanche pensato, ma gli parve un'ottima idea. Fanculo i M.A.G.O. Fanculo la McGranitt. Fanculo Hogwarts. Il grande James Potter stava male per Penny Shane e gli orologi si sarebbero fermati per lui. Un idiota: ecco cos'era.

"Già" confermò. "io passo, tu vai o farai tardi". Baston lo salutò con una pacca sulla spalla e si dileguò, diretto a lezione.

James aveva preso quella decisione per svariati motivi. Primo, non era in grado di seguire alcuna lezione al momento. Secondo, gli stava davvero venendo un terribile mal di testa. Terzo, voleva parlare con Lorcan. Doveva sfogarsi con qualcuno, e aveva appena ricordato che a quell'ora i Corvonero del settimo anno non avevano lezione. Ricordava di averlo sentito dire a Rose. Volente o nolente, Lorcan Scamander avrebbe dovuto devolvere quell'ora di libertà a James Potter.

Si avviò verso la Sala Comune di Corvonero, che si trovava sul lato ovest del castello, nella torre opposta a quella di Grifondoro.

Una volta arrivato all'ingresso del dormitorio, si trovò di fronte una porta nera, lucida. Non c'era alcun dipinto o ornamento, fatta eccezione per il battacchio in bronzo. James si rese conto di non essere a conoscenza della parola d'ordine della Casa. Per fortuna, una Corvonero del quinto anno, piuttosto carina, stava salendo le scale per rientrare. Gli bastò spiegare che doveva far visita a Scamander ed esercitare quel po' di fascino che ancora gli rimaneva. Quella storia di Shane lo stava prosciugando, come ragazzo e come studente, visto che ormai saltava Trasfigurazione per parlare di lei.

Scoprì così che i Corvonero non avevano alcuna parola d'ordine, ma un sistema di sicurezza diverso da Grifondoro. La scena era bizzarra: la studentessa dovette rispondere a una domanda posta dal batacchio della porta, poi furono liberi di entrare.

La Sala Comune di Corvonero era circolare, ampia e ariosa. I drappi di seta blu e bronzo appesi alle pareti e le finestre ad arco si addicevano perfettamente all'ambiente. Ciò che rendeva l'atmosfera suggestiva erano però il soffitto a cupola e la moquette, entrambi trapunti di stelle.

James scorse Lorcan davanti ad un fuoco scoppiettante, impegnato a giocare agli scacchi dei maghi con il gemello.

"Scamander" chiamò, facendoli voltare entrambi. Somigliavano incredibilmente a Luna, con quei capelli così biondi e l'aria trasognata – Lysander in particolar modo, a dire il vero.

"Quale dei due?" chiese Lysander.

"Quello stupido" replicò James, ridendo. Ognuno indicò l'altro.

"Siete stupidi entrambi, però mi accontento di Lorcan" disse, costringendolo ad alzarsi dal divano. Lo sguardo scocciato dell'amico gli fece comprendere che sicuramente immaginava il motivo della visita.

"Come sei entrato?" chiese Lorcan.

"Ho risposto alla domanda, ovviamente!" L'amico lo guardò dubbioso; e James non sapeva se ridere o offendersi perché i Corvonero non ritenevano le persone appartenenti alle altre Case abbastanza furbe da saper rispondere ai quesiti. Lorcan continuava a fissarlo.

"Oh va bene" ammise. "Ho convinto una ragazza del quinto anno a farmi entrare".

"Un vero rubacuori" lo celiò l'amico.

"Be' sì, faccio ancora un certo effetto..." Si pavoneggiò James. "Però lasciami dire che il vostro sistema lascia a desiderare" aggiunse.

"E perché mai?" chiese l'altro.

"Be', anche qualcuno che non è di Corvonero potrebbe saper rispondere all'indovinello" gli fece presente.

"Non ha importanza" disse. "Lysander direbbe che se la porta ha stabilito di farlo entrare, significa che ne è degno". James faticava a comprendere quella logica: un Grifondoro non avrebbe accettato un ragionamento del genere.

"Potrebbe essere un Serpeverde" ribattè.

"Non ha importanza" ribadì l'altro. "Se è abbastanza intelligente da risolvere l'enigma".

"Farò finta di non aver sentito" mugghiò James, facendo ridere Lorcan di gusto. Poi si spostarono in una parte della sala quasi totalmente priva di persone. Erano lontani da orecchie indiscrete, ora.

"Coraggio, parla".

"Ho discusso con Shane" sputò fuori James. "Di nuovo".

"D'accordo, qual'è il problema James?" Mentre gli poneva la domanda, Lorcan si sedette. Evidentemente prevedeva che la conversazione sarebbe stata più spinosa del previsto.

"Il problema è che mi sento strano" confessò James. "Sono geloso, tanto".

"C'è sempre una prima volta" commentò Lorcan.

"Sì, appunto" confermò il Grifondoro. Il punto era proprio quello. "Non so come controllare questa cosa. A volte dico cose poco carine, come ho fatto oggi".

"Cos'è successo?"

James storse la bocca e spostò lo sguardo sul fuoco nel camino.

"Sono un idiota".

"Non è una novità, Potter" replicò Lorca, prendendolo in giro. James gli rivolse uno sguardo ammonitore. Non era davvero una buona giornata.

"L'ho vista che scendeva la collina con Fred..." iniziò, "per venire alla lezione di Hagrid. Erano sottobraccio e quel demente di mio cugino ci stava chiaramente provando. Non so cosa mi ha preso, le ho chiesto se era una cosa seria o una scappatella". Lorcan aggrottò la fronte; poteva immaginare il tono che James aveva sfoggiato per l'occasione.

"E poi ho blaterato dicendo che poteva essere una buona storia per un romanzo rosa" aggiunse. "Ovviamente, non è stato questo a farla infuriare, ma il tono acido con cui devo averlo detto". Sul momento non se ne era reso conto – o forse sì, e l'aveva ferita consapevolmente.

"Scappatella? Per una passeggiata?" Lorcan sembrava un po' spiazzato. "L'ottocento è finito da un pezzo James".

"Ho sbagliato, lo so. Ho detto cose senza senso, col solo risultato che mi sono beccato uno schiaffo". Lorcan sgranò gli occhi, ora decisamente spiazzato.

"E poi?"

"Nell'ordine? Shane mi ha detto di stare alla larga da lei e si è allontanata, la tua ragazza ha espresso tutto il suo disappunto sibilando insulti, e Al dice che se mi comporto così non faccio altro che allontanarla di più".

"Al lo sa?" chiese Lorcan, confuso. Credeva di essere l'unico a saperlo.

"Lo sospetta" disse James. "Anzi, ne è sicuro. Qualche giorno fa sono andato a fargli una scenata perché mi ero convinto che lui e Penny fossero innamorati". Messe in fila l'una dietro l'altra, le sue azioni non avevano il benché minimo senso. Ripeterle ad alta voce era un'operazione penosa ma necessaria, pensò James.

"Aspetta, cosa?" domandò Lorcan. "James, quei due sono praticamente fratelli". Sapeva bene quanto fossero legati Penny, Al e Rose. Erano inseparabili.

"Lo so, è stato un momento di stupidità, e la risposta di Al è stata abbastanza esaustiva" precisò. "Mi ha confermato che Penny mi aveva già confessato: è innamorata di qualcun altro, perciò non so per quale motivo io sia qui a parlare di lei". Stava impazzendo, James ne era certo. L'avrebbero portato al San Mungo e si sarebbe ritrovato gomito a gomito con Gilderoy Allock.

"Si sa chi è?" domandò Lorcan. James scosse la testa in segno di diniego. "Se ama un altro" continuò il Corvonero, "c'è poco che tu possa fare". Senza saperlo, aveva dato a James la stessa risposta che Rose aveva dato a Penny.

"Grazie per l'appoggio" disse. "Ci arrivo da solo, ma non mi impedisce di essere geloso" aggiunse. "E se il ragazzo di cui è innamorata fosse Fred?"

"Non cambierebbe granché, temo" disse Lorcan. Era vero, pensò James. Chiunque fosse, quel ragazzo rappresentava un ostacolo insormontabile. Sapere il suo nome o meno non avrebbe fatto alcuna differenza. "L'unica cosa che puoi fare ora è scusarti con lei. Al ha ragione, si allontanerà".

"Ora è a lezione di Difesa..." Avrebbe voluto affermare che sapeva l'orario perché Rose e Al facevano il sesto anno. La verità era che stentava a ricordare il proprio, di orario – l'unico motivo per cui teneva a mente quello del sesto era lei. Questo, però, non l'avrebbe confessato neanche sotto Cruciatus.

"Vai allora, a meno che tu non voglia farti colpire da un Bolide per aver fatto arrabbiare la Battitrice" disse. "Non le darei torto se evitasse di rispedire indietro il bolide".

"Da che parte stai, Scamander?"

"Dalla tua, idiota" disse ridendo. "Vai da Lupin. È la migliore del suo corso e tu sei un parente, non ti negherà cinque minuti per parlarle". Gli stava suggerendo di interrompere la lezione per chiederle scusa. Effettivamente non era una cattiva idea. Ci pensò su per un attimo.

"Be', se mi tira un altro schiaffo ti riterrò responsabile".

Una volta uscito dalla Sala Comune di Corvonero, si incamminò a passo svelto verso l'aula di Lupin. Non aveva la più pallida idea di cosa dirle – non sapeva se "scusa" sarebbe stato abbastanza.







"Che la lezione abbia inizio!" decretò Theodore Lupin, appena tutti furono in classe. "Oggi divideremo la spiegazione in due parti. Nella prima, vi parlerò dell'incantesimo di memoria. Chi sa dirmi qual'è la formula?".

Penny alzò la mano. "Oblivion".

"Esatto signorina Shane! Ricordate che è da usare con parsimonia. Cancellare la memoria di una persona non è cosa da poco" disse. "Rose, tu dovresti saperne qualcosa: Hermione Granger è un asso in questo incantesimo" affermò. Penny non stentava a crederlo.

"Mia madre è un asso in tutti gli incantesimi, è difficile starle dietro" commentò Rose. La fama della Granger era giunta anche alle nuove generazioni.





Dopo aver fatto esercizio con le bacchette, e stando bene attenti a non cancellare la memoria al compagno di banco, gli studenti passarono a seguire la seconda parte della lezione. Lupin riteneva utile che continuassero ad esercitarsi con l'Expecto Patronum. In fondo erano un sesto anno: l'anno seguente i M.A.G.O li attendevano e avrebbero dovuto decidere cosa fare nella vita. C'erano degli incantesimi fondamentali che non poteva insegnare superficialmente, specie nell'interesse di quelli che, come Penny, volevano diventare Auror.

Così iniziarono a fare pratica con il Molliccio, cercando di tirar fuori il miglior Patronus possibile. Quando fu il turno di Penny, non era propriamente entusiasta di doverlo fare. Quel Patronus incorporeo che le veniva fuori non le andava giù. Era anonimo, non le piaceva affatto.

"Sei pronta Penny?" chiese Lupin.

Lei fece un cenno d'assenso, e Lupin fece uscire il Molliccio dall'armadio. Mentre questo le si avvicinava, Penny si concentrò al massimo su un ricordo felice. Lei sulle ginocchia di suo nonno dopo aver comprato la bacchetta da Olivander. Solo questo. Il Dissennatore era sempre più vicino, tanto che Lupin temeva che non ce l'avrebbe fatta a scacciarlo in tempo.

"Expecto Patronum!" esclamò puntando la bacchetta. In quel momento accadde qualcosa che non si aspettava. Quello che apparve era decisamente il miglior patronus che avesse mai prodotto.

Dalla bacchetta spuntò una piccola palla di luce, che prese forma subito dopo. Inizialmente sembrava un cavallo, ma poi Penny notò qualcosa al centro della fronte... era un unicorno. Galoppò incontro al Dissennatore, ricacciandolo indietro con una luce potente; e Penny si sentì pienamente realizzata. Non aveva mai provato un'emozione così forte.

"Bene, bene Penny Shane!" esclamò Lupin entusiasta. Sembrava volesse aggiungere qualcosa, ma non continuò. Fissò invece lo sguardo sulla porta.

"Abbiamo uno spettatore, a quanto pare".





Si trovò di fronte alla porta della classe di Lupin, e improvvisamente si sentì mancare il coraggio. "Sei solo un vigliacco, James".

Gli tornarono in mente le parole di Lorcan: doveva farlo. Aprì piano la porta, in modo da non disturbare la lezione. Nessuno sembrò accorgersi di lui e così osservò la scena che gli si presentò davanti.

Lei era in piedi davanti ad un armadio, dal quale improvvisamente Lupin fece uscire quello che aveva tutto l'aspetto di essere un Dissennatore. Aveva fatto bene a non bussare: era un'esercitazione. Teddy l'avrebbe sgozzato se avesse interrotto la sua alunna prediletta in un momento simile, pensò.

Rimase sulla porta e vide tutto: la palla di luce che usciva dalla bacchetta di Penny. Per un attimo pensò che fosse un cavallo, ma non era così, se ne accorse immediatamente. Al centro della testa troneggiava un corno. L'animale scacciò il Dissennatore e Lupin si complimentò con Penny. Sembrava voler parlare ancora, ma fissò lo sguardo sulla porta, su di lui.

"Abbiamo uno spettatore, a quanto pare" disse guardandolo.

Tutta la classe si girò nella sua direzione e James maledisse mentalmente Teddy. Meno male che voleva fare un ingresso poco teatrale!

Quello su cui si focalizzò fu il viso di Penny e la sua espressione stupita.

"Professor Lupin" disse – si sentiva sempre un po' ridicolo a chiamare Teddy propfessor Lupin. "Potrei scambiare due parole con Shane? È urgente" aggiunse d'un fiato. Il professore non trovò nulla da obiettare, dato che l'esercizio di lei era stato impeccabile ed era concluso. Un minuto dopo un altro studente si apprestava ad praticare l'incantesimo sotto i consigli di Lupin, mentre lui e Penny uscivano fuori in corridoio. Penny fissava James un po' stupita.

"Che vuoi?" esordì, per nulla cordiale.

"Farti i complimenti per il patronus". Lei lo guardò storto e fece per rientrare, ma James non voleva rimandare ancora quelle scuse.





Bastò che le prendesse la mano per farla bloccare sul posto. Penny si diede della stupida per questo. Ogni volta, bastava che James facesse il più piccolo gesto di tenerezza per farla vacillare. Abbandonava propositi bellicosi o le intenzioni di ignorarlo, solo perché non riusciva a resistere a lui, ai suoi occhi, al suo sorriso.

"Che c'è?" ripetè tirando indietro la mano, come se James l'avesse scottata. Lui lo prese come un gesto di fastidio.

"Non ti tocco, ma resta" disse. "Volevo...volevo..." Non riusciva a formulare la frase, benché il concetto fosse chiaro nella sua mente.

"Volevi?" lo incalzò Penny.

"...chiederti scusa" concluse. "Sono infantile, come sempre. Con te non riesco mai a farmi capire, tiri fuori la parte peggiore di me". Lei strabuzzò gli occhi, pronta a ribattere. James si rese conto che la frase non suonava molto bene, così si affrettò a ritrattare.

"Non è colpa tua" chiarì subito. "Quello che intendo dire è che non faccio altro che fare casini. Ti prego di credere che mi dispiace". Sembrava pentito, ma erano solo lacrime di coccodrillo, e lei lo sapeva.

"James, io posso anche dirti che è tutto a posto" iniziò e lo vide sorridere.

Non cedere! si disse Penny. Evitò lo sguardo di James, con la consapevolezza che se l'avesse visto sorridere di nuovo non avrebbe detto nulla di tutto quello che aveva in testa.

"Il problema è che forse domani sarai di nuovo nervoso" disse. "E mi dirai qualcos'altro di orribile". Lo guardò di nuovo e vide scomparire l'accenno di sorriso che James aveva fatto. "Non so perché tu ce l'abbia con me. Forse sei ancora convinto che io ti ritenga antipatico, o forse sei tu a ritenere antipatica me. Forse non lo sai neanche tu".

Oh si che lo sapeva!

"Fatto sta che il giorno prima mi chiedi scusa e il giorno dopo ricominciamo da capo: non ci capiremo mai". Quelle parole fecero male a chi le aveva ricevute, ma anche a chi le aveva pronunciate. James provò a ribattere, ma Penny non sembrava disposta a lasciargli troppo margine. "Lo so, ti dispiace. Come dispiace a me. Apprezzo che tu sia venuto a dirmelo".

Non c'era rabbia nelle sue parole. Preferiva vederla arrabbiata come quella mattina che rassegnata, come se James fosse un caso senza speranza. O meglio, senza speranza lo era, ma per altri versi.

"Ora se non ti dispiace..." disse, indicando l'aula. Oh sì, gli dispiaceva eccome. Avrebbe voluto fermarla, dirle la verità, dirle che l'amava, dirle che aveva paura, ma che voleva vederla felice. L'ideale sarebbe stato che fosse felice insieme a lui, ma nella vita non si può avere tutto.

James restò per qualche minuto a fissare la porta, sperando di veder apparire Shane ne punto in cui l'aveva vista sparire.

Le conversazioni frustranti che caratterizzavano il suo rapporto altalenante con Penny Shane lo rendevano instabile. Poi si rese conto di trovarsi in mezzo ad un corridoio e si avviò alla Torre di Grifondoro, per riflettere un po' da solo e magari cercare di studiare.







Quando uscirono dalla lezione di Lupin era ormai ora di pranzo; si erano dilungati a parlare con il professore, specialmente Penny. Si era complimentato e le aveva chiesto se fosse successo qualcosa per modificare il suo patronus. Chiese se si fosse innamorata di qualcuno con lo stesso simbolo. Le disse che era avvenuta la stessa cosa a sua madre, Ninphadora Tonks, quando si era innamorata di Remus Lupin.

Penny smentì quella teoria. Il patronus di James era un Grifone, glielo aveva detto Al. Però, pensò Penny, i patronus potevano avere una certa familiarità, come dimostrava il fatto che il patronus di Theodore Lupin avesse assunto la forma di un lupo. Forse avrebbe potuto scrivere a suo nonno.

Poi si congedò da lui e si recò a tavola con gli altri.



Anziché mangiare, Penny si sedette al tavolo e si mise ad armeggiare con carta e penna.

"Che fai?" le chiese Al, stupito.

"Scrivo a mio nonno" rispose, come se fosse la cosa più urgente del mondo. "Gli avevo promesso di informarlo se fosse diventato corporeo..." Non specificò neppure il soggetto della frase; Al sapeva che stava parlando di cosa era successo in classe.

"Ottima idea" disse Rose. "Forse può darti qualche informazione in più".

"Lo spero" disse. "Il fatto che il nucleo della mia bacchetta sia in crine di unicorno e che la lezione di Hagrid mia sia piaciuta particolarmente non giustifica la forma del mio patronus".

"Forse è la stessa forma che ha il suo?" chiese Al.

"In realtà il Patronus del nonno è una papera" rispose Penny, immersa nella scrittura. Al la guardava incuriosito, perché stava usando una penna bic, retaggio del mondo Babbano. Nel mondo magico la tecnica di scrittura sembrava essere ferma a secoli prima, con piuma e inchiostro. Penny aveva pensato bene di portarsi una scorta segreta di penne per scrivere le lettere alla famiglia.





Caro Nonno,

oggi il mio patronus si è rivelato essere un unicorno, dopo che avevo assistito ad una lezione su quelle creature. Come sai, il nucleo della mia bacchetta è fatto di crine di unicorno, ma non so se basta a giustificarlo. Tu hai più esperienza e sei il mio punto di riferimento, perciò vorrei un parere. Sono molto contenta che non sia più incorporeo; se vuoi puoi dirlo a mamma e papà, ammesso che sappiano cos'è un patronus. Dai un bacio a entrambi e ricordati di dare il becchime a Lara – o se la prenderà con me quando tornerà.

Ti voglio bene,

Penny





"Fatto" disse chiudendo la lettera, sollevata. Appena possibile sarebbe salita alla Guferia e l'avrebbe consegnata a Lara, la sua civetta.

"Grandioso" disse Rose, sbrigativa. "Ora ci vuoi spiegare cos'è successo con James?" La sua improvvisa comparsa nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure doveva aver fatto effetto.

"Ha chiesto scusa per aver dato di matto senza motivo" sintetizzò Penny.

Albus ebbe appena il tempo di gioire del comportamento di suo fratello, che finalmente si era deciso a fare la cosa giusta, che dovette frenare gli Ippogrifi, come avrebbe detto Hagrid.

"Ho accettato le scuse" continuò l'amica, "ma non cambia nulla. Domani potrebbe rifare una cosa simile, per quanto ne so". Il suo tono era piatto, non era più adirata – semplicemente, rinunciava a capirlo.

Sia Al che Rose tacquero, non sapendo cosa rispondere a quel ragionamento perfettamente logico. Al avrebbe voluto confidare i propri sospetti, ma intromettersi non gli sembrava la soluzione. Inoltre non era del tutto sicuro e non c'era da fidarsi pienamente della costanza di suo fratello. Non voleva che la sua migliore amica soffrisse per colpa di James, perché in tal caso avrebbe dovuto spaccargli la faccia, e non aveva per niente voglia di una lite familiare.

Iniziarono a mangiare in silenzio, senza commentare l'accaduto. Dopo aver finito di mangiare, Penny si recò alla Guferia, impaziente di spedire la lettera al nonno. Entrò e si diresse verso Lara, spiegandole che doveva recapitare una lettera a casa. Legò la pergamena alla zampa dell'animale, le diede del becchime per incentivarla e la lasciò libera di spiccare il volo.

Rimase a guardarla mentre scompariva all'orizzonte.

Sentì un rumore alle spalle che la fece voltare di scatto. La prima cosa che vide fu un ciuffo di capelli rosso Weasley. Non era Rose, però.

"Ti ho spaventata?" Fred la guardava, preoccupato dalla sua espressione. "Giuro che non ti sto seguendo. Sono venuto a spedire una lettera ai miei vecchi".

Penny annuì. "Ne ho appena inviata una a mio nonno Arnold, ma non nutro grandi speranze. Lara di solito se la prende con comodo..." Sospirò con una certa rassegnazione.

"Chi è Lara?"

"La mia civetta, ovviamente!"

"Vorrei conoscere i nomi di tutte le civette qui presenti, ma non credo di poterli imparare tutti!" Sembrava divertito dall'espressione che Penny aveva messo su.

"Sono molto offesa" rispose. "La mia Lara non è una civetta qualunque".

Fred stava legando una lettera alla zampa del proprio barbagianni, mentre la guardava di sottecchi.

"So che non sono fatti miei, Miss Shane, ma mi sembri turbata" disse con naturalezza. "Se posso fare qualcosa, sono qui". Si avvicinò alla finestra, da dove Lara aveva spiccato il volo, e davanti alla quale Penny era ancora ferma.

Per un attimo pensò si volesse accostare a lei, ma il ragazzo si protese per apprestarsi a far spiccare il volo al barbagianni.

"Non sono turbata" disse lei, cercando di sembrare convincente. A quanto pareva era un libro aperto per chiunque, escluso James – e menomale.

"Non pensavo a niente" ribadì.

Lui sorrise di quella risposta. "Non si può non pensare a niente. Il nostro cervello è sempre attivo, penso tu lo sappia".

"Touchè! In effetti penso anche troppo" ammise. Quel ragazzo le dava un senso di fiducia, la faceva sentire in vena di confidenze.

"Posso sapere a cosa, o è top secret?" Il barbagianni spiccò il volo in quell'istante, portando con se la lettera indirizzata a George e Angelina. Così si trovarono uno di fronte all'altra, davanti alla finestra. Penny si premurò di aggiungere un po' di distanza tra di loro, facendo un passo indietro.

"Diciamo che è stata una giornata ricca di eventi".

"E non è ancora finita!" le fece notare lui ridacchiando.

"Grazie Fred, sei davvero consolante!"

"D'accordo, scusa. Sono tutto orecchi" disse, fingendosi pentito. "Alcuni eventi li ho visti – parlo dello schiaffo memorabile che hai assestato a mio cugino, ovviamente".

Penny stava per replicare.

"Memorabile, sia per te che per lui. Non credo sia stato preso spesso a schiaffi...", commentò. Sembrava dovertito dall'accaduto, ma lei lo era un po' meno.

"Si riprenderà" commentò, tirata.

"Ti è così antipatico?" Magari le fosse stato antipatico, pensò Penny. Anzi, si sarebbe accontentata dell'indifferenza. Invece con James provava un vasto spettro di emozioni – spesso tutte in una volta –, ma di sicuro, non si era mai sentita indifferente. Avrebbe imparato, però.

"Mi ha provocata" spiegò in tono asciutto.

"Non faccio fatica a crederlo" rispose quello. "Ricordami di non farti mai arrabbiare". Penny rise del tono con cui l'aveva detto.

"Scemo! Mi fai passare per una pericolosa squilibrata".

"Appena scappata da Azkaban" aggiunse lui.

"Se lo meritava" disse senza scendere nei dettagli. Sarebbe stato imbarazzante. "Ma non avrei dovuto, davvero". Fred sbuffò.

"Sei in Grifondoro, non in Tassorosso" disse. "Puoi permetterti di essere arrabbiata, ogni tanto. Non devi sempre essere buona".

"Comunque James si è scusato". Perlomeno, sperava fosse così.

"Hai accettato le scuse?" chiese Fred.

"Oh, certo, mi sono sfogata abbastanza stamattina. Sono a posto, grazie" dichiarò facendolo ridere. Le cose non stavano esattamente così, ma doveva ricordarsi che non stava parlando ad Albus o a Rose.

Fred stava per ribattere, quando l'attenzione di entrambi venne catturata da un rumore improvviso; qualcuno stava salendo le scale. Penny udì un suono di passi e la portà si aprì, lasciando entrare Al. Sembrò stupito di trovarla in compagnia del cugino, ma riuscì a non sgranare gli occhi e a contenere la reazione.

"Ehi, ti ho cercata ovunque: la lezione di Divinazione è saltata!" annunciò trionfante. Divinazione non era la sua materia favorita.

"La Cooman sta male?" si informò. Al scoppiò a ridere alle sue parole.

"Ho detto qualcosa di buffo?", chiese non capendo la reazione.

"Non tu" chiarì, continuando a ridere. "Sibilla Cooman è convinta di avere avuto una visione nella quale mio padre veniva attaccato da un serpente". A quel punto anche Fred si mise a ridacchiare.

"Potrei essermi persa la parte divertente" disse Penny, che non trovava fosse esilarante una predizione di morte.

"Penny, quand'era ragazzo la Cooman ha predetto la morte di mio padre almeno cinquecento volte" spiegò. "Eppure, è un uomo piuttosto in salute".

"Sono passati quasi trent'anni e non si stanca mai! Zio Harry ne sarà divertito quanto noi. Glielo scriverai?" chiese Fred.

"Contaci! Zio Ron riderà a crepapelle. La meno entusiasta sarà zia Hermione: non ha mai sopportato la Cooman" rispose Albus.

Mentre scendevano dalla gufaia, imboccando le scale, Al fece una proposta a Penny. "Che ne diresti se io e Rose e Alice ti venissimo a vedere agli allenamenti? Non abbiamo nulla da fare oggi pomeriggio..."

"Sarebbe fantastico! Mi serve un po' di tifo" concordò.

Fred riflettè circa cinque secondi, per poi parlare a sua volta. "Posso aggregarmi a voi? Nemmeno io ho lezioni".

Al soppesò le possibili risposte e gliene venne in mente una sola, che fosse ragionevole.

"Certo, fa' pure: più siamo meglio stiamo" disse, pensando alla faccia che avrebbe fatto James nel vederlo.

"Il motto della Casata Purosangue Weasley" scherzò Fred, rivolgendosi a Penny. Alludeva all'improponibile ammontare di parenti che la loro famiglia contava, ovviamente. Più siamo meglio stiamo avrebbe davvero potuto essere un motto da affigere in casa di nonna Molly. Sia lei che Arthur avrebbero approvato.

Famiglia felice o meno, suo fratello maggiore non aveva apprezzato il modo in cui Fred Jr. guardava Penny. I due avevano sempre avuto un rapporto di reciproca cortesia e simpatia, ma niente di più. Però la situazione sembrava cambiata.

La sostanza non mutava. A James non sarebbe piaciuta la presenza di Fred sugli spalti, ma non ci si poteva far nulla. Cosa gli avrebbe dovuto dire? Intimargli di non venire perché avrebbe infastidito Potter senior?

Era uno spazio pubblico, accessibile a tutta Hogwarts. Albus non aveva intenzione di litigare con Fred per colpa di quello zuccone di James!

Suo fratello si sarebbe dovuto adattare, volente o nolente.







NOTE AL CAPITOLO

- La sala di Corvonero è più o meno com'è stata descritta dalla Rowling. Ho voluto restare il più fedele possibile alla 'realtà'.

- Il batacchio che pone domande è un elemento interessante, secondo me. Mi sono chiesta se i Corvonero si rendano conto che chiunque può entrare, se è abbastanza intelligente.

- Ho immaginato come spiegazione (in armonia con lo spirito della fondatrice Priscilla, che stimava l'arguzia sopra ogni cosa) che la mentalità dei Corvonero sia diversa da quella dei Grifondoro. Se la persona è riuscita a risolvere l'indovinello, significa che la sua arguzia è buona, pertanto è degna di entrare nella loro sala.

- Gilderoy Allock, il professore di Difesa che ne 'La camera dei segreti' perde la memoria in maniera pressoché definitiva per un Oblivion lanciato da lui stesso, si ritrova più avanti nei libri, al San Mungo, completamente intontito. James paventa la possibilità di finire accanto a lui, preda di un esaurimento nervoso per colpa di Penny. Credo. Chiedetelo a James: ne sa più di me.





  
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