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Autore: peeksy    18/06/2015    0 recensioni
E fu investito da una valanga di emozioni.
Le aveva già sentite in poche occasioni, ma ogni volta che accadeva, era una buona cosa. Qualcosa stava per cambiare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Passò solo un giorno ma il tutto sembro intensificarsi. A scuola Assaf pensava spesso a ciò che era accaduto il giorno prima alla fermata. 
 
La professoressa di latino spiegava, ma Assaf non prendeva appunti, nella materia andava benissimo. Passò l'ora a disegnare. “Cosa disegno?” pensò. Aveva fogli, matite e pennarelli a volontà portati per l'ora di disegno artistico. Già, tolta Matematica, ad Assaf piaceva il liceo artistico. Tutti gli chiedevano disegni da fare e lui faceva molto volentieri. 
 
Tutto però, ad una condizione: che la sua mente non fosse intasata da pensieri, altrimenti erano guai.
 
“Ho capito, non riesco a disegnare adesso. Andrò a casa e vedrò cosa disegnare” pensò.
 
Dopo il classico snack mattutino, due intervalli e qualche altra ora di lezione, fu il momento di uscire.
 
Il cielo era limpido e pulito, le nuvole tappezzavano il monocromato azzurro del cielo. Il sole splendeva e illuminava l'atmosfera con cura e attenzione. Faceva anche abbastanza caldo e il giovane biondino dunque si tolse berretto e felpa.
 
Si avviò verso la fermata e l'ambiente circostante sembrava diverso. Della pioggia rimasero solo le pozzanghere, nulla rimase di quei rumori e di quegli odori. Come se il giorno prima fosse stato solo un gioco dell'immaginazione.
 
Ma è proprio quel luogo che scaturì una valanga di pensieri nella testa di Assaf.
 
“Starà arrivando” pensò.
 
Il ragazzino era la classica persona “socievole quanto basta”, disposta a fare amicizie piuttosto selettive e scegliere solo persone che gli stessero veramente a genio. Gattuso era una di quelle che gli sembravano promettenti. Non lo conosceva ancora ma voleva dargli una chance. Ovviamente sapeva lui stesso che doveva dare una buona impressione di se allo sciagurato ragazzo incontrato per caso il giorno prima. Le amicizie non sono patti firmati.
 
Proprio in quel momento guardò l'orologio, voleva capire se l'ora era quella giusta per aspettare quel ragazzo.
 
“Ah, ma mancano ancora dieci minuti!” notò Assaf. “E adesso cosa faccio? Devo trovare qualcosa per nutrire la mia impazienza.” disse. 
 
Dunque, capito che poteva prendersela con comodo, si sedette sulla panchina della fermata e fu allora che gli tornò in mente di avere un blocco di fogli per appunti e diversi pennarelli di alta qualità portati per scuola. Dunque gli venne un'idea. 
 
“E se gli facessi un disegno? Così tanto per dimostrargli affetto non solo con parole, ma con qualcosa di materiale.” La sua testa si illuminò di fantasia.
 
Tuttavia ci mise un paio di minuti a capire cosa avrebbe effettivamente dovuto disegnare per quel ragazzo, ma alla fine optò per l'idea più ovvia.
 
“Gli farò un ritratto e cercherò di ricordarmi i suoi tratti facciali.” pensò.
Riguardo alle caratteristiche fisiche del destinatario di quel regalino, il biondino se le ricordava benissimo, poiché quel volto gli era comparso parecchie volte durante la giornata, a causa del crescente desiderio di essere dove si trovava in quel momento: Ad aspettarlo.
 
L'attesa per lui non fu mai così cercata e goduta.
 
Giocò con i colori e regalò al suo ritratto qualcosa di speciale. Qualcosa che solo lui sapeva dare. Sì, di disegni ne faceva e anche tanti, ma sebbene stesse disegnando poggiato sul suo zainetto mentre aspettava ad una fermata, quella era un'occasione speciale e Assaf ne stava fruttando nel modo migliore. 
 
Non fece caso a nulla, non al tempo che scorreva incessantemente, non all'autobus che stava aspettando, non alle parolacce dette dai ragazzi in lontananza, non dalle auto che passavano come acqua in un fiume. C'erano solo lui, il foglio, i pennarelli, le matite e Gattuso.
 
Quest'ultima parola era quella più importante.
 
Di scatto Assaf alzò la testa dal foglio. Si rese conto di star tralasciando la cosa più importante.
 
“Dov'è? Dovrebbe essere qui da diversi minuti e invece non c'è ancora! Non posso aspettare a lungo! Spero si sbrighi!”
 
Il ragazzo pose delicatamente il foglio con il ritratto per Gattuso ancora incompleto nello zaino, si alzò dalla panchina e guardò attentamente i dintorni. C'erano meno ragazzi in giro, anche le auto si erano fatte di meno e perfino l'autobus si intravedeva in lontananza.
 
Dunque egli obbligò se stesso a ragionare. Non poteva più scegliere con fretta perchè, se scegliere fra Gattuso e l'autobus gli aveva portato molto più di un semplice ragazzo, chissà, scegliere l'autobus anziché aspettare Gattuso avrebbe potuto portarglielo via?
 
Rimpianse di non avergli chiesto il numero di cellulare. Quello era abituato a chiederlo dopo un incontro duraturo, però si poteva sempre fare eccezioni.  L'autobus c'era ma mancava un semaforo da superare.
 
“Forse è perchè manca la pioggia, forse è perchè fa caldo, forse è perché non indosso il berretto e la felpa!” disse. 
Volle sentire quelle stesse emozioni che provò il giorno prima. Volle sentire la voce di Gattuso per rincuorarsi. Di nuovo, serviva qualcuno.
 
L'autobus passò il semaforo e si avviò verso la fermata. 
 
Assaf sentì il suo cuore battere e il suo polso tremare. Tutto ciò per cui aveva aspettato stava per svanire. Ritornare a casa, rifletterci su e svegliarsi il giorno dopo sentendosi fantasticamente completi, tutto svanito. Colpa di un autobus. Esso distrusse quei sogni.
 
10 minuti in ritardo rispetto all'orario del giorno prima, l'autobus arrivò alla fermata.
 
Assaf salì. Ne fu costretto. Ormai poco rimase da dire. Gattuso gli aveva detto che ci sarebbe stato. Forse il biondino aveva frainteso, ma comunque la delusione rimaneva ben visibile sul suo volto. 
 
“Domani sarai di nuovo qui?” “Certo” quelle due voci. La sua e quella del ragazzo bruno, gli echeggiavano nella testa. 
 
“Forse mi sono montato la testa” pensò. “Forse è meglio che l'attesa rimanga attesa e non sogno ad occhi aperti.” puntualizzò.
 
Le sue labbra piccola erano serrate. Le palpebre spalancate. I suoi occhi azzurri limpidi parvero spenti, disillusi e tristi. Non  mancò qualche piccolo accenno al pianto, anche se si trattenne. Era sempre un luogo pubblico.
 
Non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi il giorno dopo. Se aspettare ancora, se pensarci ancora , se sognare ancora. Non sapeva nemmeno se avrebbe concluso il suo disegno quello stesso giorno.
 
Una cosa però era ovvia, le sue emozioni iniziavano a dipendere da qualcuno. Era un innamoramento o solo una voglia di cambiare? Assaf non volle pensare a quelle cose, pensò piuttosto al da farsi. Come reagire. 
 
Sì era passato solo un giorno, ma che giorno...
 
 
 
 
“Allora campione, com'è andata a scuola?” disse.
 
“Bene mamma, bene.” Rispose Gattuso, tuttavia il suo piccolo broncio dimostrò il contrario.
 
“Cos'è quella faccia? Qualcosa non va?” chiese la madre.
 
“No mamma, tutto okay.” affermò il brunetto, guardando fuori dal finestrino dell'auto.
 
“Sei contento che questa volta ti sono venuta a prendere a scuola in auto? Così eviti di perdere di nuovo l'autobus e rimanere sotto la pioggia! Potresti raffreddarti con questo tempo così variabile!” disse la madre accennando ad un po' di orgoglio. 
 
“S-sì....” rispose il giovane con un tono di voce insicuro e preoccupato. Non sapeva di ciò che sarebbe dovuto accadere alla fermata, ci fosse stato. L'idea di non esserci potuto essere però lo turbava profondamente. Assaf gli si era parso gentile, mai nessuno nella sua vita gli si era dimostrato così generoso e altruista al primo incontro.
 
“Andiamo a casa. Forse domani ti vengo a prendere di nuovo io.” disse la madre.
 
E il ragazzo stette in silenzio. Avrebbe voluto piangere ma non lo fece, era di fronte alla madre a cui tanto doveva, dopotutto. Lei non aveva neanche colpe, in realtà...era solo destino, forse.
 
Già destino, lo stesso che li fece incontrare per caso. Quanto è vigliacco il destino.
 
E quell'auto si avviò verso la sua destinazione, proprio come l'autobus.
   
 
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