Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: MissHoney    19/06/2015    4 recensioni
La guerra è finita da alcuni anni e un unico re, senza rivali, siede sul trono di spade.
Arya ha 17 anni, e ormai da tempo ha abbandonato definitivamente gli Uomini Senza Volto, ritrovando se stessa. Crescendo però ha imparato che, proprio come le diceva suo padre, bisogna scendere a compromessi, e che a volte anche un lupo deve indossare gli abiti di una lady. Fortunatamente ha sempre suo fratello Jon, ancora Lord Comandante dei Guardiani della Notte, pronto a consigliarla e sostenerla.
Ma se un segreto, custodito a lungo, arrivasse a cambiare per sempre il loro rapporto?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Jon Snow
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Old Gods, forgive me
 
3. The Unbearable Silence
 
A tutti coloro che mi seguono, scusate! Ho aggiornato dopo un sacco, e non è venuto fuori neanche il capitolo che desideravo scrivere, ossia quello della prima notte di nozze, che, a questo punto, sarà il prossimo.
E nulla, spero vi piaccia ugualmente, anche se a me non convince. 
Sempre grazie del passaggio!
 

<< Era tutto buonissimo, complimenti! Peccato solo che non ci fosse il cinghiale... >>

Arya si voltò di scatto a quelle parole, sorpresa e indispettita al contempo. 

Marian, una delle cuoche, che non aveva colto in quella frase nulla di offensivo, si era limitata a sorridere e a ringraziare Jon. Neanche suo marito, impegnato a chiacchierare con Rickon, pareva avervi fatto caso, fortunatamente. Arya gettò un'occhiata lungo tutto il tavolo, notando come ogni conversazione fosse proseguita normalmente, senza interruzioni. L'unico che se ne stava in silenzio e che teneva gli occhi fissi sul Lord Comandante era il re, ma Stannis Baratheon aveva trascorso quasi l'intera serata ad ascoltare, più che parlare, e a fissare suo fratello, quindi, probabilmente, non aveva afferrato il doppio senso del suo commento. Ma c'era poi davvero questo doppio senso o era lei che iniziava ad immaginarsi le cose?

"A Jon non è mai piaciuto il cinghiale, non particolarmente almeno" si disse, quasi a volersi convincere della malafede del ragazzo.

La verità era che si sentiva profondamente ferita. 

Continuava a pensare a quello che Jon le aveva detto, appena prima che iniziasse il rituale, e al modo in cui l'aveva guardata, mentre le accarezzava i capelli piuttosto che arruffarglieli. 

Per un attimo aveva davvero valutato l'idea di abbandonare tutto e tutti e scappare con lui, ma, adesso, quasi era felice di non averlo fatto. "La Barriera non è poi così lontana, ed io neppure." Si trattava della verità? Come poteva considerarlo sempre vicino quando era bastato che lei pronunciasse una frase dinanzi all'albero diga per farlo allontanare? 

Si era inginocchiata come Arya Stark e, quando si era rialzata come Arya Baratheon, tutto era mutato, proprio come aveva temuto. Aveva portato così tante maschere, ma il pensiero di Jon l'aveva, anche nei periodi più bui, aiutata a non smarrirsi completamente. Non importava quante leghe intercorressero tra loro, Arya non aveva mai davvero perso la speranza di ritrovarlo, così come sosteneva non averla mai perduta lui. 

Jon non l'aveva mai giudicata per il suo percorso e per gli uomini - e le donne - che aveva ucciso. Jon l'aveva accettata, sempre, o almeno fino a quel momento. Ed era per questo che, quando, rientrati all'interno per il banchetto, Arya lo aveva visto accomodarsi così distante da lei, aveva provato una sensazione di abbandono totale, incapace di comprendere cosa avesse fatto per meritarsela.

"Si aspettava forse che mandassi tutti all'inferno e scappassi via dal mio matrimonio, via dalla mia casa?"

Quel comportamento non era da Jon, assolutamente. Non era da Jon evitarla, non era da Jon perdere un'occasione per darle supporto. Jon era suo fratello, il fratello che aveva sempre assecondato i suoi istinti ribelli, senza rimproverarla, il fratello che le aveva regalato una spada quando tutti gli altri continuavano a dirle che avrebbe dovuto interessarsi alle bambole ed ad un diverso tipo di aghi. Jon era colui che aveva deciso di credere nei bruti e sacerdotesse rosse pur di ritrovarla, pur di riabbracciarla. Jon era l'unica persona di cui si era fidata sino in fondo, l'unico a cui aveva raccontato di sua madre, di cosa aveva provato quando, con gli occhi di Nymeria, aveva visto cos'era diventata, e di quanto lunga era stata la notte trascorsa in completa solitudine dopo averle concesso il dono e permesso di riposare, finalmente, in pace. Jon era l'uomo della sua vita, e adesso, in una sera, si era trasformato in qualcuno che stentava a riconoscere. E perché poi? Soltanto perché lei aveva fatto il suo dovere? Poteva lui contestarle questo? Se non fosse stato per i suoi di doveri, le cose tra loro avrebbero potuto essere diverse. Se non fosse stato per il ruolo che lui ricopriva, forse Arya gli avrebbe confessato anche l'ultimo e il più pericoloso dei suoi segreti…

"No, non è possibile." Come aveva fatto a non pensarci prima? 

In effetti vi era stato qualcosa di insolito durante la cerimonia, qualcosa che né Arya né Jon avrebbero potuto prevedere, qualcosa che, per un lungo istante, le aveva fatto provare una tale rabbia e un tale desiderio di correre nelle sue stanze, dove, da ormai troppo tempo, teneva nascosto l'unico oggetto che avrebbe potuto far scoppiare una nuova guerra nei Sette Regni. E poi, dopo il gesto di Gendry, c'erano state le parole del re, e l'ululato di un lupo. Ma non era un lupo qualsiasi, era Spettro, che esprimeva la sofferenza che il suo padrone era costretto a tacere.

Tornò a guardare Jon, ma lui continuava ad ignorarla, immerso totalmente in una conversazione con Edric. Fissò i suoi capelli scuri, le mani che si aggrappavano al tavolo, quegli occhi così enigmatici, che però, per lei, non avevano mai rappresentato un mistero. Possibile che sapesse? E, se sapeva, perché non gliene aveva parlato? "E perché io non l'ho fatto?" si ritrovò a domandarsi.

"Per paura." Era una risposta che detestava, ma era l'unica che riusciva a darsi. Per paura di perderlo, per paura che, una volta venuta fuori la verità, sarebbe cambiato tutto, e, al contempo, per paura che non sarebbe cambiato nulla. Qualunque fosse la sua casata, Jon restava un Guardiano della Notte, e il miglior ruolo che Arya potesse ricoprire nella sua vita era quello della sua sorellina, nulla di più.

<< Mia Lady >>

Si voltò e, per un momento, fu sorpresa di vedere Gendry seduto accanto a lei. Poi ricordò che Gendry era suo marito adesso e che, da quel giorno, le sarebbe stato accanto praticamente sempre. Non era un pensiero che le dava conforto, in realtà. << E' il momento della danze >> proseguì.

<< Oh, io… >>

<< Non hai scuse >> le prese la mano, costringendola ad alzarsi, e la trascinò in pista. Ma quando avevano iniziato i cantastorie? Non se n'era accorta. Immediatamente, la maggior parte delle lady e dei lord seguirono gli sposi, e la folla creatasi rese Arya un po' più bendisposta. Odiava stare al centro dell'attenzione, ma sapeva che non poteva sottrarsi. Non avrebbe potuto sottrarsi a nulla, quel giorno. 

Strinse più forte la mano di Gendry, posando la sinistra sulla sua spalla, mentre lui, tenendola per il fianco, la avvicinava di più a se. << C'è qualcosa che non va, mia lady? >> le chiese, muovendosi un po' goffamente. Arya, al contrario, era più aggraziata di quanto ci si aspettasse da lei. Aveva sempre preferito un'altro tipo di danza, certo, tuttavia ballare era di gran lunga più interessante del ricamo.

<< No, ma potrebbe esserci, se continui a chiamarmi in questo modo. >> ribattè, con una smorfia. Era uno di quei battibecchi che facevano sin da quando si eran conosciuti, tanti anni prima. Era una di quelle cose che gli ricordava che Gendry non era un estraneo.

<< E come dovrei chiamarti? >>

<< Arya, solo Arya. Oppure Arry, se preferisci. >>

Scoppiarono a ridere insieme e, mentre lui la faceva volteggiare per la sala, si sentì un po' più serena. Aveva sposato Gendry, semplicemente Gendry. La conosceva meglio di molti altri in quella stanza. Certo, non era Jon, ma non era neanche uno dei tanti lord sconosciuti e vecchi che avrebbero potuto chiedere la sua mano.

La strinse un po' di più. << Stasera… >> le sussurrò all'orecchio << finalmente avrò la prova che sei una ragazza. >>

Arya avrebbe voluto godersi la battuta, ma si irrigidì di nuovo, senza volerlo. Fortunatamente, arrivò Edric a salvarla da quella situazione imbarazzante. << Cambio cavaliere? >>

<< Certamente! >> 

Cercò di sorridere nel modo più convincente possibile, mentre Gendry cercava un'altra donzella da far danzare.

<< Dove hai lasciato Sansa? Ero sicura ti costringesse a ballare per ore, conoscendola. >>

<< Ci ha pensato Jon a sostituirmi. >> rispose, indicandole con il capo i suoi due fratelli. Arya provò una fitta di gelosia nel vederli insieme, eleganti e bellissimi. Jon stava sorridendo, probabilmente per la prima volta da quando erano cominciati i festeggiamenti. Stava sorridendo mentre guardava con affetto la maggiore delle ragazze Stark. Sansa, sempre così composta. Sansa dai capelli perfetti. Per un attimo le tornò alla mente l'unica volta in cui Jon, spontaneamente, le aveva parlato di quella donna dei bruti, Ygritte. Aveva nominato i suoi capelli, definendola "baciata dal fuoco". E se anche i capelli di Sansa gli avessero fatto quell'effetto? Se un giorno li avesse guardati in modo diverso? E se, a quel punto, l'indifferenza reciproca mostrata nell'infanzia avesse costituito un vantaggio? 

Stava impazzendo, decisamente. Quelli non erano pensieri normali, e soprattutto non erano pensieri che una donna avrebbe dovuto formulare nel giorno del suo matrimonio. 

Per non destare sospetti, si costrinse ad ascoltare Edric, che le stava chiedendo di Harrenhal.

<< Oh, dovremo recarci lì appena sarò pronta. Ho chiesto a Gendry di restare per un po' qui. E' sempre triste per me andar via. >>

<< Eppure Harrenhal è stata una tua richiesta. >>

Arya ci pensò su. Era stata una sua richiesta, effettivamente. << Si, è vero. Grande Inverno appartiene a Rickon e, se proprio dovevo mettermi a capo di un castello, mi piaceva l'idea che fosse Harrenhal. Ho intenzione di far tornare il luogo quello di un tempo. >> "Sposerai un re e governerai sul suo castello." le aveva detto suo padre, un tempo. La sua predizione non era stata del tutto sbagliata, anche se Gendry aveva scarsissime probabilità di salire al trono. "Jon, invece…"

<< E magari, entro il prossimo anno, potreste organizzare un torneo da far invidia al celebre. >> 

Ma non era la cosa giusta da dire, non in quel momento. Era come se, quella sera, i fantasmi di un passato che, al tempo stesso, non le apparteneva e le apparteneva così tanto, avessero deciso di porgerle i loro personali auguri, infilandosi nei pensieri e nelle parole dei discendenti Baratheon. Le guerre erano terminate, eppure alcuni conflitti sembravano non avere mai fine. Sua zia Lyanna riposava nelle cripte sotto di loro da più di due decenni, eppure continuava a vivere nei ricordi della gente, gente che magari neanche l'aveva conosciuta, che la rimembrava al solo scopo di sottolineare, ancora una volta, la crudeltà dei Targaryen, di tutti i Targaryen. Ma la sorella di suo padre aveva il sangue di lupo, proprio come lei, e Arya sapeva che, nonostante il fuoco, il lupo non soggiace al drago, a meno che non lo desideri. E lei? Cosa desiderava per se stessa?

<< Arya… mi hai sentito? >>

Che qualcuno smettesse di farle mille domande, per prima cosa. << Oh, scusa Edric. Un torneo, si, sarebbe un'ottima idea… >>

<< Lord Edric, permette? >>

Un terzo pretendente era giunto a chiederle un ballo, il Primo Cavaliere del Re. << Ser Davos >> si esibì in un mezzo inchino che avrebbe reso Sansa davvero fiera di lei, e anche sua madre.

<< Lady Arya >>

Con un sorriso, si lasciò condurre da lui. Era un buon ballerino, migliore dei due giovani che lo avevano preceduto. Pensò fosse carino dirglielo. << Danzi molto bene, ser Davos. >>

<< Ti ringrazio, mia lady. Diciamo che saper ballare è uno dei miei compiti. Il Primo Cavaliere del Re deve sostituire il re in proprio tutte le occasioni. >>

Arya ridacchiò, lanciando un'occhiata al tavolo d'onore. Stannis Baratheon, ovviamente, non aveva lasciato il suo posto. << Ti confesso che ne sono felice. Sarebbe stato molto imbarazzante per me avere la mano del re sul fianco. >>

Davos Seaworth ricambiò la risata. Aveva degli occhi buoni, ed Arya lo aveva sempre considerato un uomo d'onore. Per certi versi, le ricordava suo padre.

<< Ed io non ti imbarazzo, mia lady? >>

<< Oh no, tu mi sei simpatico. >>

<< Confesso di essere deluso. Ho sempre sognato di incutere timore alla gente. >>

Ancora una risata, unita a qualche passo di danza. Quello si stava rivelando il miglior momento della serata.

<< Posso chiederti una cosa, ser Davos? >>

<< Tutto quello che desideri, mia lady. >>

Lo disse in un modo così convincente, così paterno, che per un istante pensò di chiedergli davvero tutto quello che desiderava, ma soltanto per un istante. Era un brav'uomo, ma era pur sempre un uomo del re. << Cosa ne pensi di queste unioni? >>

Se il cavaliere rimase spiazzato dalla domanda, non lo diede a vedere. << Credo che sarebbe stato il sogno del lord tuo padre e re Robert. Stark e Baratheon, finalmente insieme. >>

<< E tu, credi sia giusto? >>

Stavolta sembrò pensarci prima di ribattere. << Tu credi che non lo sia, mia lady? >>

Lei non sapeva cosa credere, avrebbe voluto dirgli. Non sapeva se essere felice, triste, sollevata, disperata… Lei avrebbe voluto soltanto essere libera, ma questa era l'unica cosa che non poteva essere. << Non ho mai pensato di essere portata per i matrimoni, ser Davos, devo confessarlo. >>

Inaspettatamente, l'uomo sorrise. << Lady Arya, quello che senti… è comprensibile, ma tu, a differenza della maggior parte delle ragazze di nobili lignaggio, non hai sposato un estraneo. Tu e Gendry avete un legame molto forte, a quanto ho sentito. >>

Un legame forte, certo. A suo tempo, però, quel legame non era bastato. << Lo so. E' solo che… >>

<< Hai paura che non sia amore? >>

Arya lo fissò, sbalordita. Era proprio quello che stava per dire. 

<< Mia lady, permetti che ti dica una cosa. Potrai ascoltare ballate e potrai udire leggende, di eroi sacrificatisi e di grandi amori epici, ma l'amore non è questo. L'amore è quel di più semplice possa esistere al mondo. E' desiderare di ritrovare una persona quando l'hai perduta, il rivederla negli atteggiamenti e nelle parole di chi incontri sulla tua strada. Amare significa provare conforto nel pensare alla persona amata, non importa quanto sia difficile la situazione in cui ci troviamo. Amare significa sentirsi a casa perché c'è lui, o lei, anche se la nostra dimora è a leghe di distanza. >>

Arya lo ascoltò con attenzione, il cuore che le martellava nel petto.

<< Questo e solo questo, mia lady. Nulla di più semplice, nulla di più spontaneo. Non è molto diverso dall'amore per la famiglia, perché, alla fine, la persona che amiamo diventa la nostra famiglia. Hai mai provato qualcosa di simile? >>

Come guidati da quel discorso, i suoi occhi ritrovarono Jon nella sala. Stava ballando con una qualche figlia di un qualche lord, ma, stavolta, stava guardando nella sua direzione, quasi potesse udire quello di cui lei e il Primo Cavaliere stavano parlando, quasi volesse udire la sua risposta.

<< Credo di si. >>  disse, lottando per trattenere le lacrime.

 

 

Aveva perso il conto degli uomini che erano giunti da lei per chiederle un ballo. Aveva accettato di danzare con ognuno di loro, come ci si aspettava facesse, e, adesso, era il momento di Rickon, anche se, in verità, era la mano di un altro fratello che avrebbe voluto stringere. Jon, in ogni caso, era proprio dietro di lei, più vicino di quanto non fosse stato per tutta la sera, impegnato a far volteggiare la principessa Shireen, carinissima nel suo abito verde scuro. 

<< Ne abbiamo ancora per molto? >> domandò Rickon, sbuffando.

<< Ti prego, Rickon, risparmiami i tuoi capricci. Probabilmente sono ore che non mi siedo. Domani avrò calli ovunque. >>

<< E' da quando sei nata che hai calli ovunque >> ribattè una voce alle sue spalle.

Si voltò, sempre senza smettere di danzare, incerta su cosa dire. Optò per il sarcasmo. << Ciao Jon, non sapevo ci fossi anche tu. >>

<< Lady Arya, vuoi ballare con Jon? Posso darti il cambio, se preferisci. >>

Shireen Baratheon era una ragazzina dolcissima, completamente diversa da suo padre e sua madre, ed Arya non poté evitare di sorriderle, ma, prima che potesse valutare la sua proposta, Jon gelò entrambe le fanciulle con un secco << No. >>

Arya cercò il suo sguardo, ma lui, ancora una volta, non ebbe il coraggio di incrociare i suoi occhi. Aveva voglia di correre nella sua stanza e piangere dalla frustrazione, ma non era più una bambina.

 

 

E potrai odiarmi a volte perché dovrò partire,

potrai odiarmi perché mi chiamerà il dovere…

Uno dei cantastorie passò proprio accanto al loro gruppetto, e ad Arya venne naturale ascoltare le parole.

… o potrai odiarmi perché dovrò tacere

perché a volte anche tacere si deve per amore

 

Un brivido le corse lungo la schiena. Una strana sensazione la pervase e, anche se non avrebbe saputo spiegare il perché, era certa che anche Jon stesse provando lo stesso. Alle volte le sembrava che potessero sentirsi a vicenda, proprio come i loro metalupi. 

 

Ma ci sarò quando avrai bisogno,

ti riscalderò durante le notti d'inverno

e ti scompiglierò i capelli nei giorni d'estate.

 

Jon le scompigliava sempre i capelli, sin da quando era piccoli. Lo faceva con affetto, ma Arya, alle volte, si era ritrovata ad arrossire a causa di quel gesto, pur consapevole che non vi fosse nulla di sbagliato. 

E ti tratterò con la delicatezza che merita una lady,

e al contempo con la passione che merita un lupo.

 

"Con la passione che merita un lupo." Quella canzone doveva essere stata composta appositamente per il suo matrimonio, ma un cervo, per quanto furioso, non può reggere il confronto con un lupo. Nessuno può essere passionale quanto un lupo, eccetto forse un drago…

<< Jon >>

Senza pensarci, mossa da qualcosa che non poteva controllare, si separò da Rickon, voltandosi ancora una volta verso il suo fratellastro. Aveva semplicemente detto il suo nome, ma lei stessa aveva colto quasi una certa disperazione nel modo in cui aveva pronunciato quelle tre lettere, e doveva essersene accorto anche lui, poiché, incurante delle danze e del pubblico, lasciò andare la principessa, fissando Arya ad occhi spalancati, quasi impauriti. Fu un lunghissimo istante, un istante che, però, le cambiò la vita. Per la prima volta, non vide il ragazzino che aveva giocato con lei nei corridoi di quel castello, né il fratello che l'aveva stretta a se, anni dopo, mormorandole che andava tutto bene. Per la prima volta, Arya vide un uomo ma, soprattutto, per la prima volta si sentì donna. Probabilmente, se il re non avesse scelto quel momento per battere le mani, Arya avrebbe fatto qualcosa di veramente e meravigliosamente stupido, ma Stannis Baratheon la riportò alla realtà. 

<< Possiamo procedere con la messa a letto, direi. >>

Qualsiasi eccitazione svanì e Arya si ritrovò a desiderare altri cento cavalieri e altri cento balli. Avvertì qualcuno che la afferrava per il corpetto e, dimenticando qualsiasi parvenza di buone maniere, urlò << EHI, giù le mani! >>

<< Oh, nono. Mi scuso con voi, miei lord, ma sappiamo quanto la sposa possa mordere… >>

Arya avrebbe seriamente voluto staccargli la testa a morsi, in quel momento.

<< … quindi direi che, almeno per lei, possiamo semplificare la tradizione. >>

Niente messa a letto, quindi? Bene! Senza tanti complimenti, iniziò a muoversi verso le stanze che le spettavano, ma il re non aveva ancora finito.

<< Sarà il suo fratellastro, Jon Snow, a scortare Lady Arya. Chi meglio del Lord Comandante dei Guardiani della Notte per assicurarsi che non venga infastidita? >>

Il silenzio calò sulla sala, un silenzio innaturale. O forse era la sola a percepirlo in quella maniera? 

Jon si era immobilizzato, colto totalmente alla sprovvista. Sul suo volto non vi era neanche l'ombra di un sorriso, e persino Gendry, per un attimo, aveva dimenticato Sansa, Shireen e le altre lady che avevano il compito di accompagnarlo in camera, per osservare la strana reazione del ragazzo. 

<< Le sono grata per l'accortezza, sua maestà. >> Arya si esibì in un inchino, sperando di essere stata convincente e di attirare l'attenzione su di se. << Jon, andiamo. >>

Gli prese la mano, e quel contatto sembrò risvegliarlo da uno stato di trance. 

<< C-certo. >>

Con un solo, agile movimento la prese in braccio e si incamminò fuori dalla sala grande, guardando dritto dinanzi a se, incurante degli sguardi altrui. Non voleva lasciar trasparire le sue emozioni, ma non le rivolse la parola neanche quando furono soli. La sua insolita freddezza mise a disagio Arya, che si sentiva un sacco di patate da trasportare in cucina. La loro passeggiata, però, non si concluse nelle cucine, ma in camera da letto, la camera che era appartenuta ai suoi genitori.

Quando la mise giù, in un certo senso si sentì sollevata, ma poi lo vide dirigersi immediatamente verso la porta, e le venne di nuovo voglia di piangere.

<< JON! SI PUO' SAPERE COSA DIAMINE HAI? >> urlò, esasperata. Lui si fermò sulla soglia, ma non si voltò né rispose. Arya avrebbe voluto ammazzarlo, ma si limitò a lanciargli dietro una candela. Chi cavolo le aveva messo poi delle candele nella stanza? 

Accadde tutto troppo velocemente. Jon si voltò con uno scatto e le afferrò il polso, forte. Per un momento, le sembrò di scorgere nei suoi occhi il rosso di quelli di Spettro. Dopodiché, il ragazzo sbiancò, allentando la presa.

<< Non farlo mai più >> sussurrò, ancora visibilmente scosso.

Arya, al contrario, cercò di calmarsi. Sapeva che non voleva farle del male. "È un lupo, come me, è il nostro istinto naturale." << E allora tu smettila di ignorarmi! >>

<< Per gli dei, Arya, perché ti stai comportando così? >>

<< Perché io mi sto comportando così? Sei tu quello che mi ha promesso supporto eterno nel parco degli dei e poi non mi ha degnato di uno sguardo per tutta la sera. >>

Non avrebbe dovuto urlare. Gendry sarebbe arrivato a breve, e lei non voleva che qualcuno sapesse cosa l'aveva turbata durante tutto il banchetto.

Jon abbassò il capo. << Non rendere tutto più difficile, ti prego. >>

Stava implorando, e non solo nelle parole, ma nel tono con cui le aveva pronunciate, nell'espressione rassegnata che riusciva a cogliere, per quanto lui cercasse di nasconderla. Vederlo in quello stato le faceva male, ma anche lei soffriva, e non aveva alcuna intenzione di tenere le sue sofferenze per se.

<< Perché mi hai completamente ignorata stasera? >> chiese, con voce ferma.

<< Arya... >>

<< PERCHÉ NON MI GUARDI? >>

Il grido dovette spaventarlo a tal punto da fargli alzare la testa. Adesso era lei ad aver lasciato uscire la bestia.

Tutta quella situazione la turbava. Provò a scavare nei ricordi, ma non trovò alcuna memoria di un qualche litigio tra lei e Jon. Da bambina aveva litigato con Robb, a volte, con Sansa, sempre, con Bran, spesso, ma mai con Jon. Anche quando le giocava degli scherzi, non esagerava mai, perché la conosceva bene, e sapeva che detestava essere presa in giro.

Gli afferrò la mano, con dolcezza, e lui, almeno, non la ritirò. << Dimmi qualcosa, Jon. Dimmi anche che mi odi, ma non restare in silenzio, non con me. >>

<< Io non ti odio. >> 

Arya rabbrividì. Il modo in cui la guardava… la faceva sentire così… viva. 

<< Come potrei? >>

<< E allora perché te ne sei stato in disparte? Perché non ti sei seduto al mio fianco? >>

<< Quel posto spetta a tuo marito, e a tuo fratello. Io non sono nessuna di queste due cose. >> 

Si staccò da lei, di nuovo, e si diresse verso la finestra. Posò una mano sulla parete, mentre il suo sguardo si perdeva verso l'esterno. Quanto avrebbe voluto poter leggere i suoi pensieri, svelare quei segreti che tanto insisteva a mantenere nascosti. Desiderava rassicurarlo, come tante volte lui aveva rassicurato lei, eppure non ne era capace. Non si era mai sentita così impotente dal giorno in cui avevano giustiziato suo padre, ma a quel tempo era una bambina, coraggiosa e ribelle, ma pur sempre una bambina. Adesso, invece, era una donna, abbastanza adulta da sposarsi ma non da proteggere le persone che amava.

Prese coraggio e gli si avvicinò ancora. Non intendeva temere i suoi rifiuti. << Tu sei più di queste due cose, Jon >> sussurrò, accarezzandogli i capelli scuri. << Tu sei fratello, amico, compagno… tutto insieme. Tu sei il mio branco. Tu… >> esitò, incerta su come concludere. << … Tu non puoi abbandonarmi. >>

Jon la scrutò, sospettoso. Aveva colto la sua esitazione, ma Arya non riusciva a capire se avesse compreso o meno che c'era altro che voleva dire. 

Lui chiuse gli occhi, inspirando a fondo. << Tuo marito sarà qui a momenti. >>

Avrebbe voluto urlare di nuovo, e avrebbe voluto picchiarlo, ma non fece nulla di tutto ciò. Però perché continuava a cambiare argomento? << Allora dobbiamo sbrigarci. >>

Jon la guardò senza capire. << Sbrigarci? >>

<< La messa a letto. La cerimonia vuole che io sia pronta per il letto. Devi… >> cercò di mantenere un tono naturale, rifiutando di mostrarsi imbarazzata. << … aiutarmi a togliere il vestito. >>

Vide i suoi occhi dilatarsi, ma non gli avrebbe permesso di evitare anche quello. Gli diede le spalle, in attesa. 

Qualche secondo dopo, sentì le sue mani armeggiare con i lacci del corpetto, impacciate. Nessuno dei due osò parlare, mentre il ragazzo, piano piano, la liberava di tutta quella stoffa. Quando l'abito cadde ai suoi piedi, Arya trattenne il fiato. Sapeva di avere ancora la sottoveste, ma si sentiva incredibilmente nuda. 

Stava pensando a cosa dire, quando avvertì il corpo di Jon avvicinarsi al suo, il naso tra i suoi capelli, le labbra che le sfioravano appena l'incavo tra collo e spalla. 

<< Arya… >> 

Jon sussurrò il suo nome, quasi con disperazione. Non le disse altro, eppure, in quel momento, sembrò dirle tutto. 

Lei chiuse gli occhi, e, in un attimo, rivide così tanti anni. Rivide Jon che le toglieva la neve dal viso, facendola arrossire. Lo rivide mentre le donava Ago e mentre, molto tempo addietro, l'aiutava a sellare sul suo primo cavallo. Rivide Sansa parlare di eroi e ballate, e loro due, insieme, alzare gli occhi al cielo. Robb che si allenava con una spada di legno, mentre Bran e Rickon lo osservavano ammirati. Gli sguardi rassegnati di sua madre, e quelli fieri di suo padre. Ma sarebbe stato altrettanto fiero di lei, in quel momento, se fosse stato vivo? Non l'avrebbe mai saputo, e probabilmente era meglio così. Poi udì la voce di Gendry, ma non nella sua testa.

<< Ragazze, siete state molto gentili, ma siamo arrivati. >>

<< Oh, di già! >> ribattè, delusa, una qualche lady di cui ad Arya non importava nulla. 

Tanto bastò per spezzare la magia. 

Prima che se ne rendesse conto, Jon era già quasi fuori della porta. Evidentemente non voleva che si ritrovassero tutti e tre nella stessa stanza. 

<< Jon! >> lo chiamò ancora. Lui si fermò sulla soglia, e si voltò. << Non lasciarmi sola. >>

I suoi occhi erano impenetrabili e, mentre fissava la sua schiena allontanarsi, Arya si ritrovò a sperare che non la abbandonasse.

  
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