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Autore: ron_    19/06/2015    0 recensioni
In una tranquilla mattinata nelle strade di San Francisco, il cavo d'acciaio che trascina uno dei tipici tram della città, chiamati Cable Car, si stacca. Da far deragliare la carrozza, che per svariati chilometri struscia sul fianco. Così come quel tram, la vita di Amy è appesa ad un filo. Suo marito Mike sta giorno e notte a tenerle la mano in ospedale, ed i loro figli, Beca, Josh e Megan sono costretti a rifugiarsi nella cittadina estiva di Santa Cruz. Nella vecchia casa delle vacanze, che era appartenuta ai loro nonni, con la cugina ventitreenne Marise ad aspettarli. Iniziata come una costrizione, la vacanza si rivela piena di sorprese, nuove esperienze e conoscenze, soprattutto per la, ormai non più piccola, Meggie.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Dopo cena disfai le valige che avevamo portato la stessa mattina, appena arrivati, prima di correre subito al lago. In quella casa desolata almeno avevo una camera tutta per me, e così anche Josh e Beca. Proprio mentre ero intenta a sistemare la biancheria negli appositi cassetti bianchi del grande armadio, entrò mia zia. “Rospetta, sto entrando.” Ma io non smisi di fare quello che stavo facendo e neanche la guardai varcare la porta. Non avendo nulla da nasconderle. “Senti io sto uscendo, ho già avvisato gli altri due. Giù c’è ancora del pollo in frigo se ti va, e la panna per le fragole che non hai voluto. Ho anche già detto loro che se volete uscire fate pure, basta che prima mi avvisiate.” Annuii senza mai distogliere l’attenzione da quello che stavo facendo. Si alzò dal bordo del letto ove era appoggiata, incamminandosi verso la porta. “Senti, rospetta?” in quella domanda c’era un’esplicita richiesta che io la guardassi. “Sì?” Feci, accontentandola. “Ti divertirai, Meggie. Ne sono sicura. Non l’hai iniziata sicuramente nel migliore dei modi, questa estate, ma sono certa che sarà bellissima, per te e per i tuoi fratelli.” Poi continuò “Ma soprattutto per te. Hai bisogno di staccare la spina e questo posto può rivelarsi la distrazione migliore.” Non smisi mai di guardarla, inusualmente rapita da ciò che mi diceva. “L’estate dei sedici è l’estate dei cambiamenti, credimi Meg.” “Per te lo è stata?”, mi sorpresi a chiederle. “Oh sì. E un giorno di questi ti racconterò.” Uscì dalla stanza ed io ero ancora con gli occhi fissi sulla porta.” Zia?” chiamai, incerta se mi avrebbe sentita o no. “Sì?” si affacciò dallo spiraglio della porta. “Ma perché rospetta?” la mia domanda le provocò un dolce sorriso. “I tuoi occhi. Grandi e verdi. Come tua mamma.” Le sorrisi e sentii sulle mie guance la sensazione di calore che si propagava. Pensai agli occhi della mamma, aperti, e non ci fu per me visione più bella e nostalgica al contempo. Per scacciare via quella sensazione di vuoto che si impossessava di me quando pensavo alla mamma, nel suo letto dell’ospedale, e agli occhi spenti di papà fissi su di lei, raggiunsi la camera di Josh e mi buttai sul letto. Beca dalla sua camera, accanto quella di nostro fratello, mi vide entrare e ci raggiunse. Era una cosa naturale, per noi. Ritrovarci ogni tanto e voler stare tutti e tre nello stesso posto senza dovercelo chiedere. Mi buttai sul letto di Josh a guardarlo, abituata del fatto che lui fumasse. Era appoggiato al parapetto in legno del balcone, e lo sorpresi a guardare la zia Marise che entrava in macchina del suo Greg. “Secondo voi è il suo ragazzo?” domandò Beca, soprattutto rivolta a Josh, con aria di sfida. “Oh sì”, le dissi io, mantenendo il gioco che aveva lanciato Beca. Era seduta sulla sedia di legno bianca, con le rotelle, ed i piedi appoggiati alla scrivania. Josh non rispose. E Beca ricevette proprio quello che voleva. “E’ troppo grande per te, Joshua.” Le disse lei, in una sorta di cantilena. “E troppo parente.” Mi aggiunsi io. Mia sorella  rise e con lei sorrisi anche io.” Ma voi siete matte. Chi ha detto niente, infatti. E poi, non che me ne freghi qualcosa, ma è cugina di lontanissimo grado, quinto, forse. O nemmeno.” Spense la sigaretta nel posacenere ricavato da una metà di noce di cocco spogliata e poi aggiunse “E poi sei tu che esageri a chiamarla zia, Meggie. Ti comporti tu da piccola, e fai risultare lei ancora più grande.” “Non sono io che mi comporto da piccola, siete voi, sono tutti, che mi ci fanno sentire.” “Be’ non lo fare più. Non ce la chiamare più e vedi come ti tratteremo da grande.” Stremata da quella intensa giornata finii col dire “Non dipende di certo dal fatto se la chiamo zia o no, se vengo trattata da piccola. Lo fate e basta.” Non volli nemmeno più continuare a discutere, tanto avrei creato un ennesimo buco nell’acqua. Mi limitai a sentire loro che raccontavano di quando da piccoli venimmo nel paesino di Santa Cruz per la prima volta. Anche allora andammo in macchina. Fu il viaggio più lungo della mia vita, anche se solo di un’ora e mezzo, dato che non vedevo l’ora di arrivare nella casa dei nonni, per la prima volta.
Guardavo i miei fratelli e nonostante tutto quello che ci stava succedendo mi sorpresi felice dell’idea che eravamo comunque tutti e tre nella stessa stanza a chiacchierare, come se fosse tutto normale, tutto come prima. Guardavo ogni movimento di mio fratello mentre faceva scorrere verso l’interno la porta finestra del balcone per socchiuderla, giusto da far entrare un po’ di aria fresca. I suoi occhi, del mio stesso colore e di quello della mamma, ma dalla forma più allungata come quelli di Beca e di nostro papà.  Raccontavano delle vicende di quando eravamo piccoli. Di tanto in tanto per fargli capire che li ascoltavo, annuivo, ma piano piano mi addormentai. Era ormai notte fonda quando sentii il motore di una macchina e una portiera chiudersi a pochi passi dalla villa. Becca non c’era più ed io ero ancora nella camera di Josh. La figura di mio fratello si stese accanto a me e finalmente, anche lui rilassato, si addormentò. Mi riaddormentai subito con un piacevole aroma nell’aria, di fumo e salsedine. Marise venne in camera mia e si allarmò quando vide il mio letto fatto e vuoto. Poi venne nella camera di Josh e trovandoci insieme sorrise. Infine arrivò in quella di Beca, per accertarsi che ci fosse anche lei, e subito dopo se ne andò a dormire nella vecchia camera dei miei nonni.


Se questa storia vi interessa o la seguite, vi prego di recensirla o in qualche modo farmelo capire, perche' altrimnti non so se la sto scrivendo per qualcuno o al buon vecchio, caro, vento. Grazie a tutti. 

  
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