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Autore: Light Clary    19/06/2015    2 recensioni
☠ Harry è un ragazzo che sogna di diventare il Re dei Pirati. L'impresa è ardua. Dovrà affrontare i mille pericoli del mare, scontrarsi con corsari assetati di sangue e soprattutto trovare i compagni ideali che lo accompagneranno in quest'avventura.
Louis: E' un celebre spadaccino che sconfigge qualsiasi nemico non con una, non con due, ma con tre spade. 
Viola: Ragazza esperta di navigazione con l'obbiettivo di raccogliere piu' soldi possibili. Nasconde un segreto.
Zayn :Cecchino imbranato e un pò fifone, col desiderio di seguire le orme del padre e diventare un vero pirata.
Niall: Eccellente cuoco che per combattere non ricorre alle mani, ma alla potenza delle sue gambe. Non resiste al fascino di una bella ragazza.
TRA I MILLE PERICOLI DEL MARE E LE CONTINUE SFUGGITE ALLA MARINA MILITARE, CAPIRANNO DI ESSERE DESTINATI A DIVENTARE I PADRONI DEL GRANDE BLU. 
L'OCEANO PIU' VASTO DEL MONDO.
Spero di avervi incuriositi. In tal caso aspetto i vostri commenti ;) ;) ; ) ;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Viola aprì gli occhi svegliata dal dolce canto degli uccelli fuori dalla finestra.
Non si era resa conto di essersi addormentata, troppo immersa in pensieri dolorosi.
Si guardò intorno. In casa c’era solo lei. Paulina doveva essere uscita per lasciarla dormire in pace.
Gli occhi della ragazza, si posarono su una cesta piena di mandarini vicino la porta, che probabilmente la sorella doveva aver raccolto quel giorno. Era periodo di fioritura e lei non era mai in ritardo nella raccolta. Il dolce profumo di quei frutti così intensi le riempì le narici. Sorrise.
Manca poco, Marian. Manca poco e tutto tornerà come prima.
Tornò a guardare la strana mappa che aveva appoggiato sul tavolo e che stava studiando con rancore, prima dell’arrivo di Paulina.
La prese tra le mani.
Ricordava bene il giorno in cui l’aveva cominciata e quello in cui l’aveva finita.
Quella era stata la sua prima cartina, grazie alla quale seppe con certezza a quale passione dedicarsi per tutta la vita.
Era la pianta di Coconout Village e dei suoi dintorni.
Ricordò il grido di trionfo che lanciò, quando tracciò l’ultima riga che delineava il perimetro del villaggio.
Era seduta proprio lì. Su quel tavolino.
E aveva solo otto anni.
OTTO ANNI PRIMA
Quel giorno era sabato.
Non un giorno di festa per i cittadini di Coconout Village, ma con un rimando di tre ore di sonno, prima di aprire il mercato in strada.
Ma la Libreria della Signora Pia, aveva un’eccezione.
Vista ista l’indipendenza dell’anziana signora che la gestiva, veniva aperta al pubblico dalle cinque del mattino fino alle nove di sera.
Per la Signora Pia era un piacere restarsene nel suo negozio lavorando all’uncinetto, facendo le coccole al suo gattino e aspettando che qualche cliente entrasse per attaccare una bella chiacchierata.
Quel giorno, come tutti i sabati, le persone tardarono a farsi vedere, ancora beate nei loro letti.
La Signora Pia, allora, ne approfittò per dare una spazzata qua e là, nelle corsie dei volumi meno considerati. Di solito la gente entrava nel suo negozio alla ricerca di un qualche ricettario, o un Atlante o un romanzo.
Mentre entrava nel ripostiglio sul retro del negozio a prendere la scopa, non si accorse che qualcuno era entrato di soppiatto nella libreria e aveva raggiunto silenziosamente un reparto.
Si trattava di una bella bambina dai capelli ondulati e castani, gli occhi marroni, un cerchietto rosa e un vestitino dello stesso colore.
Fece scorrere i suoi occhi sui libri impilati sugli scaffali più alti e si fermò quando lesse la sezione: NAUTICA.
Sorrise soddisfatta. Poi, con cautela, salì la piccola scaletta che la Signora Pia usava spesso per prendere i testi più alti e riuscì a prendere quello che stava cercando.
Con un balzo riatterrò sul pavimento.
S’illuminò nel leggere il titolo di quel grosso volume impolverato.
-Viola! – sentì alle sue spalle.
Prima di girarsi, s’infilò il libro del vestito e lo tenne fermo con entrambe le mani.
La Signora Pia era tornata.
La bambina impallidì.
-Che succede? – gli chiese la vecchia dolcemente.
-Niente – mentì la piccola indietreggiando furbamente verso la porta – Assolutamente niente! Volevo … salutarla.
Era ad un passo dalla strada, quando le sue spalle urtarono due grosse ginocchia robuste.
Deglutì spaventata e nel farlo lasciò per sbaglio cadere il libro nascosto sotto il vestitino.
La persona contro cui aveva urtato, l’afferrò per la collottola e la sollevò. Era un uomo dal curioso paio di baffi castani e uno strano cappello su cui era attaccata una girandola.
La Signora Pia non sembrò infastidita da un tentato furto. Anzi, si mise a ridere.
L’uomo le chiese scusa, poi lasciò il negozio, trasportando la bambina in strada.
-Siamo alle solite, Viola!
-Lasciami Javier! – diceva la bambina dimenandosi– Non prendermi per la collottola! Non sono mica un gatto!
Tutte le persone davanti a cui passarono, si misero altrettanto a ridere.
Erano abituati a una scena del genere.
-Piccola peste – disse Javier guardando in faccia la bambina che teneva sollevata – Quante volte devo dirti che non si ruba?
Lei s’imbronciò e gli fece la linguaccia: - Non è colpa mia se siamo povere!
L’uomo la portò fuori dal villaggio, risalendo una piccola collinetta e sbucando in un rigoglioso campo di mandarini davanti al quale si ergeva una casa.
Senza lasciare la bambina, Javier diede pugni fastidiosi alla porta.
-Marian! – chiamò – Apri Marian! Ti ho riportato quella ladruncola della tua “Gattina!” Apri, ho detto!!!!
La porta non ci mise troppo ad aprirsi e a rivelare la figura alta e snella di una donna bellissima dai lunghi capelli neri, la carnagione liscia scura, gli occhi olivastri e le labbra sottili che stringevano tra i denti una sigaretta.
-Cos’è tutto sto casino? – chiese seccata. Quando vide la piccola Viola, che sorrideva tranquillamente nonostante Javier la tenesse ancora sollevata, sorrise anche lei – Oh, bentornata piccola!
-Ciao ciao Marian – ricambiò la bambina.
Javier la indicò come se fosse visibile solo ai suoi occhi: - Questa pestifera ha rubato ancora! Sono pur sempre lo sceriffo e devo mantenere l’ordine nel villaggio!– disse mentre si decideva a rimettere la piccola a terra.
Marian si avvicinò all’uomo con un sorriso alquanto sinistro: - Perché fai tante storie? Infondo anche tu da piccolo eri uno scapestrato, Javier. Tutti sanno che non facevi altro che svuotare le bancarelle di dolciumi.
-Non è affatto vero! – ribatté lui offeso – E poi il mio passato non centra adesso!
La donna allora ricorse alla sua arma più forte. Quella da sempre infallibile.
Prese ad accarezzare il viso di Javier con le sue mani vellutate e morbide, solleticandogli i baffetti e al contempo parlando: - Stavo scherzando mio caro. Dopotutto so che sotto questi basettoni batte un cuore d’oro – l’uomo deglutì. Lei portò la mano destra alla scollatura della maglietta e prese ad abbassarla di poco mentre con l’altra non smetteva di stuzzicargli la faccia – Stavolta saresti pronto a chiudere un occhio? Se paghi tu per lei stavolta, io ti restituirò il debito in futuro – prese a sibilare nell’orecchio di Javier che tremò ancora di più – Ti pagherò … - abbassò la voce sillabando le ultime parole – con il mio c-o-r-p-o!
Javier divenne rosso come un peperone e indietreggiò veloce come un robot, giungendo fino alla discesa che collegava la collinetta al villaggio: - Non dire più una cosa del genere! – borbottò ricacciando dalla testa immagini inaudite – Stavolta … lascerò perdere …
Sulla soglia della casa, Marian e Viola risero a crepapelle.
Poi la donna si chinò su di lei: - Basta così, signorina – la informò – non credere di passarla liscia.
 
Poco dopo entrambe erano sul portico laterale della casa, dove c’era un tavolino sotto un ombrello con tre sedie.
Marian diede una botta non troppo forte in testa alla bambina: - Se rubi un’altra volta, ti rifilo un paio di sculacciate! – la rimproverò.
Viola non si lamentò, era abituata agli scapaccioni di Marian, ma la forza superiore della donna era conosciuta da tutti e spesso le sue crisi lasciavano le vittime con lividi, gonfiori e graffi profondi. Mai sfidarla, dicevano giù al villaggio.
-Scusa – disse massaggiandosi il capo – ma avevo bisogno di questo libro – si sfilò qualcosa da sotto il vestito. Si trattava del volume che aveva cercato (ed era riuscita) a sottrarre dalla Signora Pia. A quanto pare Javier non si era accorto mentre la acciuffava, che era riuscita comunque a nasconderlo – Non potevo proprio farne a meno.
-Se lo volevi, perché non me l’hai chiesto? – domandò Marian.
La bambina abbassò lo sguardo: - Non me l’avresti preso, comunque.
-Ma cosa dici? Sono avanzati parecchi soldi dall’ultimo raccolto. Bastano eccome per un libro. E poi la prossima vendita è vicina.
-Sì ma … al villaggio dicono che si guadagnerà poco! Non potremo aumentare il prezzo dei nostri mandarini visto che il tempo dei raccolti è stato ottimo per tutti quest’anno. Se non li abbassiamo non venderemo niente!
-Tu pensi troppo – commentò Marian.
In quel momento arrivò anche la piccola Paulina, appena tornata da una passeggiata a piedi nudi: - Sei proprio maldestra, Viola – rise prendendo un po’ in giro la sorella – Io sarei riuscita a prendere quel libro senza farmi beccare.
-E’ stato un errore di distrazione – ribatté lei.
Marian diede un’altra botta in testa a entrambe: - Non si ruba!- ripeté.
-Stavo scherzando! – disse Paulina toccandosi il cranio.
-Anche io! Che male! – fece eco Viola.
La donna le guardò un attimo e poi scoppiò a ridere divertita: - Almeno abbiamo una cosa di cui vantarci – le bambine la guardarono senza capire. Lei allora tirò fuori dalla tasca un pezzetto di carta ripiegato – le mappe di Viola. Sono davvero incredibili – spiegandola ne rivelò la cartina che Viola aveva terminato di disegnare proprio quella mattina – E’ la mappa di quest’isola non è vero? – tirò ad indovinare.
La bambina sorrise con gli occhi illuminati: - Esatto.
-Incredibile – ripeté Marian – Nessuno crederebbe che sia stata fatta da una bambina della tua età – commentò accarezzando la testa della piccola.
-Adesso sto studiando le tecniche di navigazione – disse Viola – Per questo volevo quel libro. Voglio dedicarmi alla progettazione di tante mappe nautiche.
-Veramente? – chiese Marian incredula.
-E’ il tuo sogno, vero? – sorrise Paulina.
-Sì – confermò la sorella stringendo al petto il libro – Navigherò in tutto il mondo usando le tecniche di navigazione e poi disegnerò la mappa di tutti i posti che visiterò!
-Disegnare la carta del mondo? – disse Marian – Ma è geniale. Dunque questa tua prima mappa è il primo passo verso il tuo scopo – la donna sollevò la cartina mettendola a contatto con i riflessi del sole, in modo da illuminarla di più – Viola, sono sicura che un giorno il tuo sogno diverrà realtà.
La bambina sorrise fantasiosa. Il suo non era certo un obbiettivo che tutte le ragazzine volevano raggiungere. Ma ormai aveva deciso. Sarebbe diventata un’eccellente navigatrice e viaggiando nel Grande Blu avrebbe realizzato splendide mappe che, magari, sarebbero state impresse negli atlanti delle generazioni future. Chissà, magari se un giorno lontano, sarebbe stata ricordata come la “Cartografa più Abile del Mondo”.
-Ne sono certa.
 
 
Quel pomeriggio piovve molto. Il bel cielo di quella mattina venne offuscato da nuvoloni che lo resero più scuro del normale, coprendo i raggi del sole.
Paulina e Viola erano sedute in cucina e cenavano gustandosi un pesce arrostito, del pane e della spremuta d’arancia fatta con i mandarini raccolti in giardino.
Marian invece era seduta poco distante da loro, su una poltrona, con dei ferri da calza in mano e un gomitolo nell’altra.
-Marian – la chiamò Viola – come mai non stai mangiando niente, ultimamente?
-Sto mangiando molti mandarini – rispose la donna sorridendole – Ma ora sono a dieta.
Paulina rimase col boccone a pochi centimetri dalla bocca. Poggiò sul tavolo la forchetta e abbassò lo sguardo, frustata: - Neanche io ho voglia di mangiare!
-Cos’è tutta questa tragedia? – chiese Marian – I bambini devono mangiare molto!
-Stai solo mentendo! – sbraitò Paulina – E’ perché non abbiamo i soldi che non mangi niente, vero?
La donna rimase lucida senza smettere di sorridere: - Te l’ho detto. È la dieta.
-Non è vero – ribatté la bambina – tu rinunci a tutto … mentre a noi …
-Voi due- la interruppe lei alzando un po’ il tono – non dovete sottovalutare il potere ringiovanente dei mandarini. A me fa bene mangiarli. Anche se ho 30 anni, la mia pelle ne dimostra molti di meno, non trovate?
-No – ammise Viola – A dire il vero hai le mani giallastre.
Marian si offese un pochino: - Tu pensa a mangiare! – le fece una linguaccia.
Poco dopo si alzò dalla poltrona stendendo un vestitino marrone appena smesso di cucire: - Ho finito, Viola – andò a mostrarlo alla bambina – Un’altra opera d’arte della “Stilista Marian” – si proclamò scherzosamente – Avanti provalo!
Viola mise il broncio e incrociò le braccia: - Uffa! È solo un altro vestito riciclato di Paulina!
-Sì, ma ti dona molto! – disse Marian poggiandoglielo sul petto.
Lei guardò il disegno sul vestito. Raffigurava uno strano animale simile ad un leone: - Questo leone prima era un girasole – ricordò.
-Accontentati! – disse Paulina con tono autorevole – Hai 2 anni meno di me!
-L’età non conta! – ribatté Viola prendendo a bisticciare – Anche io vorrei dei vestiti nuovi di tanto in tanto!
Marian rise e si alzò prendendo a sparecchiare i piatti vuoti.
-Anche i miei vestiti sono usati, lo sai! – continuò Paulina – Sono tutti di seconda mano, che poi passano a te che sei mia sorella minore!
Viola la guardò intensamente e con occhi accaniti. La sua risposta fu così aspra che nessuno poté trovarne un’altra adeguata: - Ti ricordo che noi non siamo vere sorelle! Non siamo nemmeno parenti! Tu non sei niente per me!
Per Marian il tempo si bloccò per qualche secondo. Sentì il suo cuore andare a mille. Non controllò più le sue azioni. Vide soltanto la sua mano volare verso la faccia della bambina e colpirla violentemente con uno schiaffo e la sua voce strepitare: - VIOLA!!!
Il colpo fu così intenso che Viola cadde a terra e non si mosse per alcuni attimi.
 
Paulina si coprì la bocca con entrambe le mani.
Marian guardò prima il corpo della bambina e poi la sua mano che l’aveva appena colpita.
-Cos’hai fatto, Marian? – balbettò Paulina con voce tremante.
Viola si mosse lentamente e si mise in ginocchio. Portò una mano alla guancia. Era gonfia e probabilmente rossa come un pomodoro. Forse anche livida.
Non era mai successo che Marian la picchiasse. Mai.
Si limitava sempre alle solite botte in testa o a qualche sculacciata. Ma non era mai ricorsa alle mani sul viso delle sue bambine.
Era il primo ceffone che riceveva in vita sua. Le fece gelare il sangue nelle vene.
-Così … non ci lega alcuna parentela, Viola? – sentì gridare Marian in piedi di fronte a lei – Non voglio più sentirti ripetere una sciocchezza del genere, mi sono spiegata?
-Perché … ti sei … arrabbiata – mormorò Viola mentre lacrime calde le rigavano il viso – io ho detto solo la verità! – alzò il volto arrossato e umido senza togliere la mano dalla guancia – Tu non sei niente per noi! Non sei la nostra vera madre – singhiozzò – Ammettilo! Saresti più felice di non averci più fra i piedi! – Marian sgranò gli occhi, ma la bambina continuò – Potresti fare un mucchio di cose! Mangiare, divertirti e smetterla di fare tanti sacrifici! – la rabbia si impadronì di lei e buttò fuori tutto d’un fiato il suo ultimo pensiero – Vorrei tanto che mi avesse adottato una famiglia ricca e non una poveraccia come te!!!!!
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Marian impallidì pietrificata e sconcertata dinanzi a quelle parole e alla ragazzina che le aveva dette che ora piangeva sul pavimento: - Ah … - disse con le labbra che fremevano – è … così …? – diede le spalle a Viola – Fa come ti pare allora! Se mi odi così tanto sei libera di andare dove vuoi! Vattene pure!
-Ora basta – provò a farle calmare Paulina – Smettetela di litigare! – ma non servì a niente.
Viola si alzò in piedi: - Sì! Certo che me ne vado!!! – spalancò la porta d’ingresso e si tuffò nella pioggia senza smettere di piangere. Si allontanò dall’abitazione in meno di un minuto, scendendo la collina, diretta al villaggio.
-Viola!!! – la chiamò Paulina – VIOLAAAA!!! – ma ormai era troppo lontana per sentirla.
 
 
 
Passarono venti minuti.
Marian era seduta sul tavolo della cucina e si guardava la mano con la quale aveva colpito Viola, come se fosse la cosa più rivoltante dell’universo.
Paulina, dietro di lei, era rimasta zitta da quando la sorella era scappata. Forse in attesa che la donna reagisse in qualche modo. Invece era rimasta immobile senza fare alcunché.
Un tuono improvviso fece sobbalzare la bambina, però gli diede anche una smossa che la spinse finalmente a parlare.
-Marian! Noi tre … siamo una famiglia! – strinse i pugni – Anche Viola la pensa così! Avete fatto una brutta litigata …Prima lei era solo … solo spaventata. Ma ti vuole un bene dell’anima! Lo sai!
Marian la guardò. Vide che la piccola aveva gli occhi lucidi, sul punto di sgorgare. Contemplò il suo triste viso per qualche secondo. Poi sorrise mortificata e le accarezzò una guancia: - Pensi proprio come un’adulta, Paulina. Mentre io mi sono comportata da bambina – si avvicinò di più a lei sussurrandole con dolcezza: - Puoi convincere Viola a tornare? Mentre io vi aspetto, le cucinerò le Omelette che tanto ama.
Paulina annuì lievemente e solo dopo un minuto di ripresa, riuscì a sorridere.
Fuori, il temporale cessò e un sole sbucò tra le nubi, infervorando le strade allagate.
I Cittadini di Coconout Village poterono tranquillamente riprendere le loro attività mercantili.
Nella residenza di Javier, composta da una sola stanza dove l’uomo gestiva i suoi dossier di lavoro sindacale e dormiva, si trovava Viola.
La bambina dopo essere scappata di casa era corsa subito da Javier, sapendo che non le avrebbe chiuso la porta in faccia.
L’uomo, dopo averla trovata mezza fradicia, l’aveva subito avvolta in una coperta calda e messa vicino ad una stufa con una tisana in mano.
-E tu chiameresti “fuga” una corsetta da casa tua fin qui? – rise lo sceriffo strofinandole con un panno asciutto i capelli bagnati – Ti sei solo presa un bell’acquazzone.
Viola non rise. Aveva da poco smesso di piangere ma continuava ad avere sul viso quell’espressione malinconica e depressa. La tristezza gli si leggeva negli occhi.
Strinse di più la tazza di tisana tra le mani: - Marian sarebbe più felice se noi non ci fossimo.
Javier aggrottò la fronte: - Perché dici questo?
-Mantenendo due bambine ha bisogno di più soldi e poi … per colpa mia tutti la odiano.
L’uomo rise ancora: - E così sei diventata abbastanza grande da preoccuparti per gli altri? Stai tranquilla, nessuno qui in paese odia Marian. Anche lei da giovane era una scapestrata. Una vera peste. Combinava una bravata dopo l’altra.
-Cosa? Marian una peste?
-Sì. Agli occhi di tutti lei è sempre stata una bambina dispettosa.
Puoi immaginarti la nostra sorpresa … quando venne a dirci che voleva arruolarsi in Marina.

-In Marina?? Marian era una Marine?
-Esattamente. Diceva che era intollerabile permettere a pirati senza scrupoli di saccheggiare e distruggere tanti villaggi. Così si arruolò, lasciando l’isola.
Un giorno fu partecipe di una battaglia sanguinolenta, senza quasi nessun sopravvissuto.
Erano esplose varie bombe e lei si trovava sotto i detriti di una casa, in punto di morte e con l’oscurità che le pioveva addosso dal cielo.
Stava per cedere … quando …

ALTRI SETTE ANNI PRIMA
Marian è schiacciata sotto il peso di un muro di una casa che le è crollata addosso dopo la quinta esplosione. Il braccio è rotto e il sangue gli maschera la faccia. Intorno a lei sente la puzza degli incendi che ricoprono gran parte dell’isola e l’unica cosa che vede sono i corpi dei suoi compagni senza vita. Ora è il suo turno. Raggiungerli.
Non ha più niente da perdere. Morirà essendo ricordata come un’audace donna combattente che ce l’ha messa tutta in nome della libertà.
Chiude gli occhi e aspetta di ritrovarsi presto una luce bianca davanti.
Ma la morte non arriva.
Qualcosa la ferma.
Un suono. Una voce. Un pianto.
Marian apre lentamente gli occhi doloranti. Quel pianto non è immaginario. E ora è anche più forte. Gira la testa con fatica e punta lo sguardo verso una delle tante case crollate.
Qualcosa si muove tra i residui di marmo.
La donna stringe di più le pupille. Il fumo le rende difficile la vista, però riesce comunque a distinguere una sagoma minuta che scavalca i resti di quella casa e cammina lentamente nelle strade tempestate di cadaveri in pozze di sangue.
Marian si rende conto che si tratta di una bambina. È sporca di fumo e fuliggine, ha il vestitino strappato e cammina a piedi nudi. In mano tiene qualcosa.
Marian non capisce se è lei che sta piangendo.
Una voce dentro di lei le intima di alzarsi, di reagire al dolore, di raggiungere quella bambina e tenerla lontana dai corpi putrefatti dei suoi compagni.
Usando le gambe, ancora in forza, solleva di poco il muro che la seppelliva a metà e ne esce fuori ruotando su sé stessa e issandosi in piedi. La testa le gira. Si tiene il braccio dentro la quale non sente più le ossa ma non esita e zoppica verso la bambina.
Avvicinandosi, finalmente, nota che il pianto non è il suo. Ma di qualcuno avvolto in un fagotto di lana, che la piccola sorreggeva. Un neonato. Una neonata per l’esattezza.
Marian si avvicina alla bambina: - E’ … la tua … sorellina? – le chiede ansimante.
La bambina si volta verso la donna. Non si spaventa davanti al suo aspetto macabro e risponde subito scuotendo la testa: - Non la conosco. L’ho trovata in una scatola.
Marian s’inginocchia davanti a lei ed entrambe si chinano sul fagotto per osservarne meglio il contenuto. La neonata che ne è avvolta smette di piangere quando sente le dita della donna sulla guancia. Spalanca i teneri occhi nocciola e ride.
-E’ … bellissima … - dice Marian guardando l’altra bambina.
Entrambe piangono ma col sorriso sulle labbra.
Quella neonata non ha idea di cosa sta succedendo intorno a lei. Di quali atrocità sono state commesse su quell’isola. Sa soltanto di essere felice, perché si sente al sicuro.
Marian e l’altra bambina ridono con lei, senza però smettere di lacrimare.
Sarebbe incredibile dire che tra i ruderi di una violenta battaglia all’ultimo sangue, si può ancora udire una risata.
SETTE ANNI DOPO
-La bambina in fasce eri tu, Viola – continuò Javier – e la bambina che ti portava era Paulina. Di circa 3 anni. Dopo averti vista è stato come se Marian avesse ritrovato una ragione per vivere.
SETTE ANNI PRIMA
Il mare è in tempesta, i cavalloni si schiantano sulle spiagge come ceffoni. La pioggia cade rumorosa.
Gli abitanti di Coconout Village, sono quasi tutti al porto.
Hanno avvistato una barca in mezzo alle acque, in balia della tempesta, che si regge in piedi per un pelo.
Tutti sono sconcertati. Chi mai affronterebbe una bufera del genere?
Chissà quale miracolo però, riesce a trasportare la barca abbastanza vicino da permettere ai guardaspiaggia di afferrarla con dei cappi e trascinarla a riva.
A bordo c’è solo una persona.
Tutti la riconoscono.
-Marian???
-Marian sei tu?
La donna s’inginocchia e tutti allora si rendono conto che sotto la giacca a vento tiene saldamente strette due bambine che sembrano addormentate.
-Dottore!! – urla Marian – VI PREGO, CHIAMATE UN DOTTORE!
Qualcuno si fa avanti tra la folla: - Sono io! Queste bambine …?
-Dottore! – continua a strepitare lei – Hanno la febbre alta! Sono esauste a causa della tempesta! Ti prego, guariscile!!!
L’uomo si chinò a prendere le bambine mezze svenute e con le fronti bollenti in braccio: - Va bene mi occuperò io di loro. Ma faresti meglio a farti controllare anche tu … hai delle gravi ferite …
-NON PENSARE A ME! SBRIGATI – grida Marian disperata – NON LASCIARE MORIRE LE BAMBINE! SONO LA MIA UNICA RAGIONE DI VITA, SALVALE TI PREGO!!!!
Tutti le danno ascolto e si sbrigano a portare le bambine nel piccolo ospedale del villaggio.
Passa una settimana.
Le piccole sono guarite, le ferite di Marian sono state bendate. Il suo braccio va già meglio. La donna è in ottima forma e sconvolge tutti con una decisione assurda.
-Cos’hai detto … puoi ripetere? – gli chiede un giovane Javier.
-Ormai ho deciso – dice Marian tenendo in braccio la neonata addormentata e accarezzando la testolina di Paulina – Farò da madre alle bambine. Resteranno con me.
-Che cosa??? Sei impazzita??– esclamano in coro Javier e il dottore.
-Toglitelo dalla testa! Una ragazzaccia come te non può prendersi la responsabilità di allevare due orfanelle!
-Starebbero meglio in un istituto!
-STATE ZITTI! – sbraita lei, infastidita facendo zittire tutti con la sua durezza. Torna a guardare le piccole e un sorriso le si apre sul volto: - Sono un’adulta adesso. L’esperienza in Marina mi è servita da lezione. Sono diventata responsabile e matura. Mi prenderò cura io di loro. Le farò diventare delle persone magnifiche, che riescano a sopravvivere anche in un mondo crudele come questo. Voglio vivere con loro – stringe più a sé la neonata e coinvolge nell’abbraccio anche Paulina che sorride contenta – Viola e Paulina mi hanno donato un nuovo soffio di vita – conclude la donna.
SETTE ANNI DOPO
Viola rimase stupita da quella storia. Nessuno gliel’aveva mai raccontata prima.
-Il vostro è un legame più forte persino di quello che hanno le famiglie vere – concluse Javier sorridendole – Non devi dimenticare che anche se Marian non è la vostra madre biologica, vi ritiene la cosa più importante della sua vita. Rinuncerebbe a tutto per voi.
La bambina dopo averlo ascoltato, si sentì un vero mostro. Come aveva potuto trattare in quel modo la sua mamma? Voleva rimediare. Voleva correre da lei e chiederle perdono.
Coincidenza, in quel momento in casa entrò una Paulina mezza sudata.
-Oh, eccoti qui!- sbuffò esausta con un’espressione seria.
-Paulina … - Viola non aveva nemmeno il coraggio di guardarla. Era stata perfida anche con lei.
-Vieni – disse però sua sorella sorridendo dolcemente – Marian ti sta aspettando. Sta preparando il tuo piatto preferito!!
Viola spalancò gli occhi. Allora non erano arrabbiate!
Si aprì finalmente in uno di quei suoi bellissimi sorrisi. Si tolse l’asciugamano di dosso, prese per mano la sorella ed entrambe corsero in strada saltellando allegre.
-Chissà se si tratta di Omelette!
-Hai indovinato! Con la salsa di mandarino!
-Evviva! Non vedo l’ora di gustarle.
-Ahhahaha!
Tutti i cittadini radunati nella piazza, le guardarono teneramente correre gioiose verso la loro casa.
-Come passa il tempo – disse il dottore – Sono cresciute tantissimo.
-Vederle crescere così armoniosamente è una gioia per tutti noi – disse Javier.
-Già – disse un altro cittadino sorridendo – se quelle tre non fossero felici, noi non ce lo potremmo perdonare non è così?
-E’ vero – concordò un altro – Marian fa tanti sacrifici per crescerle al meglio. Ma infondo è come se fossero figlie di tutti noi.
-Ben detto! Vogliamo bene a Marian e alle sue figliuole – disse una donna – e se mai avessero bisogno di qualcosa, saremo tutti pronti ad aiutarle, giusto?
-Sì!- approvarono tutti gli altri.
La Signora Pia tra la folla, si asciugò una lacrima di commozione.
Ora si potrebbe dire che Coconout Village era un villaggio sereno, popolato da persone generose e felici che conducevano una vita tranquilla trattandosi come se fossero un’unica, grande famiglia. Si potrebbe dire che niente avrebbe potuto spezzare una simile unione.
Ma non è così.
Qualcosa spezzò il filo di libertà e felicità che legava quel villaggio.
-I PIRATIIII! AL MOLO! STANNO ARRIVANDO I PIRATI!
Un uomo con l’affanno e la fronte sudata arrivò dal bosco strepitando come un pazzo e avvertendo tutti i cittadini di un pericolo in appressamento.
Viola e Paulina si fermarono quando udirono quelle urla.
-Ma cosa stai dicendo? – chiese Javier prendendo l’uomo per le spalle – Cos’hai visto?
-Sono loro! – gridò l’uomo dimenandosi per correre via – SONO I PIRATI DI ARLONG!
-I Pirati di Arlong?
-Ma è impossibile!
-Perché gli Uomini-Pesce sarebbero dovuti venire fin qui dal Grande Blu?
-Allora le voci che riferivano che la loro ciurma si era divisa … non erano infondate!
Una donna strillò impazzita, puntando il dito verso il bosco. Delle grosse sagome erano in avvicinamento. Non riuscirono subito a distinguerne le caratteristiche, ma la bandiera che reggevano fu nota a tutti. Riconobbero con orrore un Jolly Roger a forma di pesce dal naso a sega.
-AAAH! SONO DAVVERO LORO!
-SCAPPATE! SCAPPATE TUTTI!
Le donne con in braccio i loro bambini corsero a rintanarsi nelle proprie case, lasciando in strada solo i loro mariti e gli altri uomini.
Javier filò verso Viola e Paulina e prese le due bambine per le spalle: - E’ pericoloso qui – disse loro – Andate a rifugiarvi nella radura dietro casa mia.
-Ma Javier … - provò a ribattere Viola.
-Fate come vi dico! – ordinò lui non troppo aggressivo.
Le due sorelline ubbidirono e sorpassarono la casa dello sceriffo, ritrovandosi in mezzo a fitti arbusti rigogliosi e ad alti faggi.
Si acquattarono dietro i cespugli. La strada era ancora visibile. Rimasero immobili a osservare.
Quando degli esseri disumani fecero il loro ingresso a Coconout Village, tutti rabbrividirono e si paralizzarono.
Erano mostri dalle linee umane, ma con il corpo ricoperto di scaglie, alghe e cozze e la faccia deforme dai denti affilati e le sembianze di tanti pesci differenti.
Notarono che ognuno di loro aveva in un punto diverso del corpo, uno strano disegno quasi invisibile che si poteva intravedere soltanto sotto un sole cocente come quello di quel giorno. Il disegno rappresentava un piccolissimo sole rosso che spariva solo quando la luce smetteva di spararci sopra.
Probabilmente era il loro emblema di nesso.

Quello in prima fila, si fece avanti. Era terrificante, con la pelle blu e la testa a forma di pesce martello. La sua bocca da pescecane aveva i denti macchiati di rosso.
-Salute, miserevoli umani inferiori – salutò spregevole – Io sono il Capitano Arlong e da oggi in poi … - andò direttamente al punto allargando le braccia dalle mani palmate e indicando i fronti del villaggio – QUESTO PAESE … NO, TUTTA L’ISOLA, E’ SOTTO IL MIO DOMINIO! – alle sue spalle gli altri Uomini-Pesce, sollevarono ciascuno una spada dal fodero, esultando.
I cittadini non accennarono nessuna reazione o risposta. Rimasero pietrificati.
-Da questo momento ad ogni mese – riprese Arlong – Dovrete Comprarvi le Vostre Stesse Vite da me! 100.000 Berry per ogni adulto, 50.000 Berry per ogni bambino! Coloro che non pagheranno, lo faranno con la vita!
Viola, ancora nascosta e terrorizzata, si strinse di più a sua sorella.
-Che facciamo, Paulina? – le bisbigliò – Noi non abbiamo tutti quei soldi.
-Forse … non riusciranno a vedere casa nostra – ipotizzò Paulina – non si riesce a vedere dal villaggio – e pregarono che quella loro speranza venisse realizzata.
 
L’ultimo quarto d’ora servì a raccogliere tutti i soldi degli abitanti.
Per fortuna i loro guadagni bastavano per salvare le proprie famiglie.

-Ecco qui, Capitano – disse un Uomo-Pesce gettando in un sacco il cinquantesimo gruzzoletto di banconote – e con questi fanno 25 milioni.
-Perfetto, Morsky – disse Arlong mettendosi a ridere.
-Da adesso in poi – ricapitolò un cittadino sottovoce ai suoi autoctoni, approfittando della distrazione di quei farabutti– dovremo pagare 100.000 Berry ogni mese per le nostre stesse vite!?
-Non potremo permetterceli sempre! – disse un altro.
-Almeno per ora nessuno di noi verrà ucciso – disse Javier. In cuor suo si disse che infondo, sfuggire ad una morte certa pagando ogni mese, poteva essere una cosa fattibile. Pregò che se ne andassero da lì almeno quel giorno. Non dovevano assolutamente notare la casa di Marian. Il suo importo, incluse le bambine, sarebbe in tutto di 200.000 Berry. Non poteva certo avere una simile somma.
-Bene, Uomini – gridò Arlong – andiamocene! Ritorneremo il prossimo mese e farete meglio a farvi trovare pronti, insulsi umani!
Detto questo, lui e la sua ciurma girarono i tacchi e si allontanarono sempre più dal villaggio.
Javier tirò un sospiro di sollievo.
Viola e Paulina, ancora nascoste, si sorrisero a vicenda. Forse era fatta. Forse erano salve. Non avevano intravisto la loro casa e ora Marian sarebbe stata avvertita e tenuta preparata per la volta successiva.
-Capitano!  - gridò d’improvviso un Uomo-Pesce – Vedo del fumo che proviene da qualche parte, fuori dal villaggio!
Javier ed altri cittadini sbiancarono.
Viola e Paulina tremarono coprendosi la bocca.
Arlong si voltò nella direzione indicata dal compagno.
-Deve essere di qualche altra casa – obbiettò Morsky.
-Che sbadati – sorrise il suo Capitano – a momenti la tralasciavamo! Forza! – ordinò ai suoi uomini – Andiamo a prenderci i nostri soldi!
-No! Merda! No! – imprecò Javier nella sua testa e con i pugni serrati.
Tutti i cittadini impallidirono ancora di più. Stavano andando a casa di Marian! E lei non sapeva ancora niente!
La Signora Pia per poco non svenne.
-Ei! Viola e Paulina non ci sono più! – avvertì un uomo che le aveva viste infiltrarsi nei cespugli.
La tensione degli abitanti di Coconout Village crebbe a dismisura.
Viola e Paulina avevano lasciato il loro nascondiglio, correndo tra i cespugli e gli alberi di quel piccolo spiazzo di vegetazione. Dovevano raggiungere la loro casa prima degli Uomini-Pesce!
-Marian! – esclamarono senza farsi sentire.
 
 
Il fumo che usciva da casa della donna, proveniva dai fornelli accesi.
Marian canticchiava allegra mentre in un pentolone bolliva la salsa di mandarino.
-Mmm! Deliziosa! – esultò assaggiandola – Viola e Paulina ne andranno pazze! Dunque, vediamo … le Omelette sono quasi pronte, l’anatra è già in forno e mancherebbero 10 minuti. Anche lo stufato è quasi terminato. Certo, sarà un duro colpo per le mie finanze. Ma chi se ne frega? – sorrise prendendo da una mensola una bottiglia di aranciata – Godiamoci questo momento in famiglia! – e già nella sua mente si pregustò quella che sarebbe stata una splendida serata con le sue bambine.
Nella sua mente.
 
Arlong raggiunse il campo di mandarini e finalmente vide una grossa casa proprio di fronte ad esso. Sorrise perfido, avvicinandosi alla porta.
Intanto Viole e Paulina correvano come non mai nella radura. L’avevano percorsa altre volte, giocando. Sarebbero sbucate su un piccolo vialetto che risaliva esattamente fino a casa loro. Dovevano muoversi. La loro mamma aveva bisogno di loro, si dissero.
-Marian! – strepitò Viola – Marian è in pericolo!!! Verrà uccisa!!!

TO BE CONTINUED

  
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