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Autore: perkynurples    21/06/2015    3 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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EHIIIIII! Eccomi con un nuovo capitolo! Vi ho fatto aspettare troppo? Ma l'attesa rende la lettura ancora più dolce! :P
Mi scuso in anticipo per la fine di questo capitolo, e non odiate troppo *quella* persona: non lo fa apposta!
Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Thorin, quindi preparatevi alla solita angst - vi avverto in anticipo! XD
Un bacio a tutte e grazie per continuare a leggere questa storia! Bye bye!


CAPITOLO XVIII

 

“Tu cosa?!

Il piccolo café in centro è abbastanza vuoto da far sentire Bilbo a suo agio nel confidare a Frida alcuni dei più... delicati dettagli dei giorni (settimane, in realtà) in cui non si sono visti, ma le poche teste degli altri clienti si sollevano comunque sia per la sua espressione sinceramente scioccata, e Bilbo cerca di affondare il più possibile nella poltrona senza scivolare sotto il tavolo.

“Abbassa la voce,” implora, “non è niente, è...”

Niente?” urla Frida, poi, ricomponendosi e mettendosi la mano sopra la bocca, aggiunge con più calma, “niente? Stai scherzando, vero? Questo è... cioè, è... beh, non è come se non l'avessi previsto, è solo che–”

L'avevi previsto?” è la volta di Bilbo a interromperla frettolosamente, “era davvero così evidente per tutti tranne che per noi?”

“Io e Bard avevamo le nostre speculazioni,” commenta in tono casuale, e sogghigna quando Bilbo brontola.

“Fantastico.”

Il sorriso di lei si allarga, e si appoggia allo schienale della poltroncina, squadrandolo, e sembra fin troppo felice per i gusti di Bilbo.

“Questo è davvero incredibile,” dice, “avete... cioè...”

“Vuoi dire se abbiamo continuato anche dopo essere tornati a Palazzo?” Bilbo finisce la sua frase con riluttanza, e quando Frida annuisce con entusiasmo, apre la bocca per rispondere, ma non ne esce nulla. Beh, a parte che un altro gemito piuttosto disperato, e quando lei esclama con gioia, Bilbo resiste alla tentazione di sbattere la fronte contro il tavolo, delicatamente, ma accuratamente.

“Questo è... così meraviglioso,” decide Frida, “Voglio dire, con tutto quello che succede, deve essere così... Avete parlato di come...? E come farete a...?”

Bilbo ascolta le sue mezze domande ed osserva i suoi gesti vaghi con molta costernazione.

“Prima di tutto,” dichiara quando Frida si ferma per riprendere fiato, “questo è tutto tranne che meraviglioso, va bene? Voglio dire, è... è abbastanza meraviglioso, ma è anche, è... immensamente stressante. Molto stressante. No, non ne abbiamo parlato... così tanto. No, ferma, non intendevo quello! Parliamo un po', solo non di cose importanti, io... oh Dio, smettila di guardarmi in quel modo, lo sai cosa voglio dire.”

Il sorrisetto è ancora fisso sul viso di Frida, e Bilbo può sentire il rossore che si sta insinuando sulle sue guance. Ha bisogno di dirle quello che vuole davvero dirle prima che questo si trasformi in una sorta di sessione di pettegolezzi.

“Ho... paura,” ammette con una voce molto più fievole di quanto vorrebbe, e l'espressione di lei cambia subito in una di preoccupazione, che lo rassicura, abbastanza stranamente, e così continua, le dita che giocherellano nervosamente con la tazza di caffè, il tovagliolo, qualunque cosa su cui può mettere le mani, “stanno succedendo... così tante cose adesso, e nessuno... e nessuno mi dice cosa fare. Beh, mi dicono che dovrei... decidere se ne sono all'altezza, sai, se davvero... se davvero lo voglio, ma come cavolo faccio a deciderlo? Continuo... continuo a vederlo per circa venti minuti al giorno, a volte nemmeno quello, e non è abbastanza per... sai? Non posso... non posso prendere delle decisioni consapevoli vivendo così, non posso...”

La sua voce smette di funzionare del tutto da sola, ed è probabilmente per il meglio – l'eloquenza sembra venirgli meno oggi.

“Beh, tu cosa vuoi?” gli chiede Frida, e quando la fissa in confusione, la donna inclina la testa, sollevando un sopracciglio, nulla della studentessa entusiasta che viene a sapere della prima cotta del suo amico rimane nella sua espressione, sostituita esattamente con la calma che Bilbo aveva voluto trovare in sua compagnia.

“Questa è l'unica cosa che conta in questo momento, penso,” aggiunge, “hai bisogno... voi due avete bisogno di decidere se questa relazione valga la pena l'angoscia. Buon Dio, non riesco a credere che sto dicendo questo, suona così dozzinale. Ma hai capito cosa intendo.”

“Penso di... sì?” mugola Bilbo.

“E?” Frida sorride, “chiunque ti abbia detto di decidere se ne sei all'altezza aveva ragione, sai. E probabilmente non smetterà per miracolo di essere difficile dopo che gli eventi attuali si placheranno. Voglio dire, è il Re per la miseria...”

“Zitta, sì, lo so,” bisbiglia Bilbo, scrutando quello che lo circonda con molto sospetto. Da parte sua, Frida sembra solo un po' divertita.

“Allora?” osserva lei, “è questo che vuoi?”

Mantiene il suo sguardo, e Bilbo sospira profondamente.

“Non so nemmeno cosa questo sia,” borbotta, “sai? Voglio... voglio la pace. Solo la pace, da tutto questo caos, e, e dall'incertezza, e... oh, e mi piacerebbe molto avere più che degli stupidi venti minuti alla volta per... sai. Oh, e otto ore di sonno senza sogni ogni tanto. Inoltre, niente più bugie.”

“Bugie,” ripete lei, con una debolissima inflessione di confusione.

“Sì, bugie... sul serio, tutti quanti si sono scordati cosa è successo?” esclama Bilbo con un po' di disperazione, “ho parlato con Bard ieri, sai, e quando gli ho detto di per favore almeno provare a risolverlo, ha chiesto cosa, e ha detto 'Oh quello' quando gliel'ho ricordato. Oh quello. La mia vita è stata minacciata, in più di un'occasione, ho finto di essere qualcun altro, in più di un'occasione, ho mentito alle persone a cui voglio bene, in più di un'occasione, e lo ricompensa con un oh quello. Sono stanco di tutto questo, Frida. Uno di questi giorni, verrà tutto fuori, e non importerà cosa io voglio. Niente importerà più davvero.”

Lo guarda un po' spiazzata, e Bilbo si rende conto un po' troppo tardi di aver leggermente esagerato.

“Mi dispiace, io...” mormora, agitando la mano per sostenere quello che la sua affermazione sarebbe stata, poi abbassando la testa quando fallisce ancora una volta a formare delle frasi appropriate.

“Bilbo,” dice la donna dolcemente, accarezzandogli la mano sul tavolo, ed è abbastanza per fargli alzare di nuovo lo sguardo.

“Scusa,” proferisce.

“Non dovresti chiedere scusa,” fa notare Frida, “e che cosa vuol dire che la tua vita è stata minacciata? Che diavolo è successo?”

Tiene la voce bassa, entrambi lo fanno, ma un'altra ondata di paranoia nauseabonda travolge Bilbo quando un cliente si alza dal suo tavolo sul lato opposto della sala accogliente, e i suoi occhi e quelli di Bilbo si incrociano per un attimo prima che lui se ne vada.

“Non è nulla,” dice, “nulla.”

“Oh, dimmelo e basta, okay?” Frida sospira, e Bilbo aggrotta la fronte, ma la donna aggiunge con fermezza, “dovresti lasciare che qualcuno si preoccupi di te per una volta. Dai.”

E così Bilbo parla. Con riluttanza all'inizio, naturalmente – non è mai stato un tipo da lamentele. In realtà, l'idea stessa di confidare i suoi problemi a qualcuno lo riempie con una strana sorta di paura, e disagio, e senso di colpa, tutto in una volta. La maggior parte delle persone ha abbastanza problemi da risolvere senza doversi preoccupare di quelli di qualcun altro, è quello che ha sempre pensato. Il concetto di condividere un peso non l'ha mai attirato – non gli dispiace di ascoltare, e offrire consigli quando si tratta dei problemi altrui, ma solo perché gli permette di distanziarsi per un po' dai propri... Ma deve ammetterlo, col passare del tempo e tazze di latte vuote, sta cominciando a vedere alcuni dei vantaggi di avere qualcuno con cui possa lagnarsi senza alcun ritegno.

Parla di tutto il loro soggiorno nella casa in montagna, dello strano stato d'animo con cui ha trascorso la maggior parte del suo tempo lì, l'ansia e, allo stesso tempo, l'apatia quasi debilitante che si ricorda di aver provato dopo l'incidente in città dopo il discorso di Thorin, dove l'uomo di Smaug gli si era avvicinato e aveva finito per perdere i sensi come risultato... Lotta con la sensazione incredibilmente patetica mentre prosegue col racconto, ma Frida non sembra pensarla così – infatti, sembra quasi inorridita e decisamente preoccupata, e Bilbo non sa bene cosa provare a riguardo. Se gli è permesso di sentirsi... sollevato.

Incoraggiato da una fetta di cheesecake, le descrive i suoi sentimenti belligeranti nei confronti di Thorin e suo padre, e Thorin in generale, e come nulla sia stato più lo stesso dopo che sono tornati a Palazzo, e in qualche modo, si sono ritrovati al punto di partenza.

“... Ed ecco perché ho chiamato Bard ieri,” dichiara Bilbo, “Voglio dire, Thráin non stava... non stava dicendo cose molte sensate, ma comunque...”

“E Bard cosa ha avuto da dire a riguardo?” Frida si china in avanti, “sapeva se quello che Thráin ha detto di sua madre è vero?”

“No, ha solo detto che ci avrebbe dato un'occhiata,” Bilbo scuote la testa, “però sembrava davvero eccitato... Aspetta, ma non te l'ha detto? Pensavo che foste...”

“Oh, lo siamo. Lo siamo,” replica Frida rapidamente, arrossendo un po', “è solo che... non parlo con lui da prima che andasse a Palazzo per tutte quelle interviste. Un buon lavoro, tra l'altro, non pensi?”

“Hmm,” concorda Bilbo.

Aveva passato la serata a guardare la grande rivelazione con i suoi colleghi nella caffetteria, rannicchiato in una poltrona mentre tutti gli altri esternavano i loro ooh e aah su ciò che non era altro che un paio di secondi di riprese di Thorin e suo padre nell'ufficio del Re, tutto molto pulito e ordinato e dall'aspetto professionale... Ma mentre il giornalista chiacchierava della 'necessità comprensibile per lo spazio personale' e 'l'integrità della Corona' (i flashback erano lì, ed erano intensi) , tutto ciò a cui Bilbo era in grado di pensare erano le parole che Thráin gli aveva detto, gli schemi che si ripetono e quant'altro, e...

Sa che la curiosità non ha mai prodotto nulla di buono per lui, specialmente in questi giorni. Sa che deve stare il più lontano possibile da ulteriori misteri e cose affini, eppure... Non riesce a farne a meno – non è stato in grado di concentrarsi per bene dalla sua conversazione con Thráin ieri. Fa del suo meglio per convincere se stesso che è perché l'uomo era un eccellente narratore, il che risulta essere vero, ma del tutto irrilevante. No, la verità è che, non appena ha sentito Thráin parlare del cugino di Bofur, una parte di lui sapeva che questo non avrebbe fatto altro che peggiorare... Ha persino chiesto a Bard di tenerlo aggiornato, per la miseria! Pace. Sì, beh, se la pace è quello che vuoi veramente, Bilbo Baggins, potresti voler riconsiderare il tuo approccio a questa situazione.

Non si immagina di poter minimamente spiegare a Frida la singolare miscela orribile di senso di colpa, nei confronti sia del Re che dei Principi, e la confusione, e l'ansia quasi illimitata, e poi i lapsus momentanei di tutto il suo buon senso quando quasi dimentica tutto quello che gli sta accadendo ultimamente, e crede nell'impossibile di nuovo, anche se per un po'. Ma, ahimè, Frida non fallisce di sorprenderlo, e dice qualcosa che lo fa soffermare, anche se brevemente.

“Sei un apprensivo patologico,” la donna sorride, e lo prende di sorpresa, perché ha appena trascorso gli ultimi cinque minuti a contemplare molto seriamente il suo futuro in parole che un certo numero di suoi vecchi professori non esiterebbero a definire 'inutilmente pompose', probabilmente – cucire insieme frasi complicate lo calma e gli dà il tempo di pensare mentre parla, che male c'è.

“Sono... lo sono?” ciancia e Frida sospira.

“Sì, lo sei. Guardati come ti preoccupi di cose per cui non dovresti sprecare il tuo tempo a preoccuparti.”

“Frida, la maggior parte del mio soggiorno qui è stato letteralmente composto dal preoccuparmi di cose per cui non mi sarei dovuto preoccupare,” replica seccamente, “questo è ciò che mi ha cacciato in questo casino, in primo luogo.”

“E se non ci fosse nessun casino?” offre lei semplicemente.

“Cosa... ma che vuol dire?”

“E se non ci fosse nessun casino?” ripete Frida con calma, “e se tu fossi l'unico a vedere tutto questo come un enorme problema orribile che non andrà via? E se il dottor Grey e la sua gente... facessero quello che fanno, e le elezioni avessero luogo quando dovrebbero, e Bard avesse un colpo di fortuna, e Bundushar semplicemente sparisse? E se tutto questa situazione... si risolvesse?”

Bilbo rimane a bocca aperta e senza parole per un attimo, perché non può essere del tutto sicuro se Frida sia seria – non è mai stato molto bravo a capirlo.

“Stai scherzando, vero?” dice alla fine, sottovoce, “lo sai che non è così semplice.”

“No, tu pensi che non sia così semplice,” ribatte, “tu ed io sappiamo che ne hai passate abbastanza. Ed è difficile, e sei spaesato e spaventato, e lo capisco, ma Bilbo, niente è così brutto come sembra. Forse il tuo mondo non crollerà se confessassi–”

“Aspetta, aspetta, pensi che dovrei farlo?” la interrompe Bilbo, un brutto brivido gli balla lungo la schiena.

“Sto dicendo che potrebbe non essere così... orribile. O letale. Capisco che pensi di proteggere il Re–”

“Capisci che penso di proteggere – è stato Bard a farti orchestrare questo incontro?” rimbecca Bilbo, “cosa vuole? Più dramma per scrivere i suoi titoli della domenica? Non ce n'è stato abbastanza?”

“Bard non mi ha fatto orchestrare niente,” risponde Frida, la sua voce pacata e comunicando quel poco di inflessione fredda da far rimpiangere a Bilbo le sue parole.

“Io–”

“Ascoltami,” dice Frida con fermezza, ma anche con affetto, “ovviamente sei superstressato, e odio vederti così. E hai ragione, forse la famiglia reale non potrebbe sopportare altre sorprese o improvvise rivelazioni. Ma non posso fare a meno di domandarmi quanto tu possa sopportare. Non abbatterti per qualcosa che non è colpa tua–”

“Non colpa mia... Frida, l'attacco–”

“Non lo sai,” dichiara la donna con severità, poi, chinandosi più vicino per assicurarsi che Bilbo le presti davvero attenzione, “non lo sai. Nessuno dovrebbe vivere con un dubbio del genere. Hai trovato qualcosa di veramente meraviglioso lungo la strada, e dovresti concentrarti su quello. Potrebbe avere bisogno di te, ed è tutto molto bello e nobile, ma non fare l'errore di pensare di non aver bisogno anche tu di lui. Potresti essere preoccupato, ma se il Re è solo lontanamente come immagino che sia, lo è anche lui. Per tutte le ragioni sbagliate, tuttavia.”

Bilbo si appoggia alla sedia, sentendosi improvvisamente un po' esposto e vulnerabile per qualche ragione, e mantiene il suo sguardo implacabile finché le sue spalle non si accasciano e si pizzica il ponte del naso.

“Hai ragione su una cosa,” mormora, “non credo di essere in grado di continuare così per molto più tempo.”

“Allora non farlo.”

Allora non farlo.

“È più facile a dirsi che a farsi.”

“Va bene, allora mettiamola su un altro piano – dagli una fine ragionevole, prima di farti prendere un esaurimento nervoso. Prima che tutto si risolva in modo assolutamente orribile, e senza il tuo controllo. Come ti sembra?”

“Non proprio rassicurante,” mugola, e lei sorride.

“Lo sai che sono qui per te, se hai bisogno di parlare. Ogni volta che ne hai bisogno.”

“Lo so, grazie.”

Si lasciano trasportare dal silenzio per un attimo fugace, Bilbo accoltella ciò che resta della sua cheesecake con la forchetta piuttosto distrattamente mentre Frida controlla il telefono, ma non dura molto a lungo.

“È Bard,” Frida agita il suo iPhone verso di lui, “arriverà tra una decina di minuti. Per allora potresti essere ormai troppo lontano.”

“Apprezzo l'avvertimento,” ridacchia, ma si ferma quando si rende conto che non sa quali sarebbero state le sue parole successive.

“Penso che... resterò, a dire la verità,” aggiunge, mortalmente certo che ad un certo punto rimpiangerà quella decisione.

“Davvero?” Frida sorride, “fantastico. Sta portando alcuni file dagli archivi di Azanulbizar da farci controllare, sui... sui miei nonni, perlopiù, per scoprire che collegamento avessero esattamente con il vecchio Re...”

“Non puoi semplicemente chiedere a tua nonna?” domanda Bilbo, e lei aggrotta la fronte quasi impercettibilmente, ma è lì – Bilbo è fin troppo bravo a notare le sfumature delle emozioni ormai.

“È... riluttante a condividere,” ammette Frida, “dice che è pericoloso, e che non ha più importanza. Non sa che sto cercando di saperne di più... Dio, non sa nemmeno di me e Bard. Vedi,” sorride piuttosto tristemente, “so so come ci si sente, fare qualcosa dietro le spalle di qualcuno.”

“Ma una volta non avevi detto che era... investita in tutto questo?” ricorda Bilbo.

“Oh, è più che investita,” Frida annuisce, “la nonna è un'accanita sostenitrice della monarchia, lo è sempre stata, ed è molto anti-Bundushar, posso dirti tanto, ma a parte questo... Ha un sacco di risentimento per il periodo prima della rivoluzione, tiene conferenze presso l'Università sull'impatto dei regimi comunisti in Europa, ed è decisamente il tipo da essere stata una leader ribelle in modalità guerrilla durante Azanulbizar, ma non mi dice molto. Spero che i file che Bard ha trovato potranno darmi delle risposte.”

“Risposte,” Bilbo sospira, ma non continua qualunque cosa quella frase volesse raggiungere, e probabilmente Frida non si aspetta che continui.

Invece, passano un paio di minuti in una conversazione informale sui progressi di Fíli a scuola, e sui loro tipi favoriti di torta e, stranamente, sui vestiti, e Bilbo comincia a sentirsi un po' rilassato. Forse Frida ha ragione – ha davvero un talento nello stressarsi molto intensamente per cose che potrebbero rivelarsi molto meglio se sapesse fare un passo indietro e calmarsi un po'. In più, è incapace di includere altre persone nella sua preoccupazione, il che potrebbe essere il nocciolo di una vasta maggioranza dei suoi problemi, siamo onesti...

La campanellina di bronzo sopra l'ingresso tintinna, e Bard entra a grandi passi, sembrando molto di fretta, la giacca appoggiata sul braccio con nonchalance e la borsa traboccante di quello che devono essere i fascicoli che Frida aveva accennato. Il suo viso si illumina quando si accorge di lei che lo saluta, e diventa assolutamente pieno di gioia quando vede Bilbo, che offre un cenno nervoso e un piccolo saluto.

“Bilbo! È bello vederti qui,” esclama il giornalista, “âzyungel, l'hai costretto con la forza a rimanere qui per incontrarmi?”

Si china a premere un casto bacio sulla guancia di Frida, e lei ridacchia, stringendogli il braccio e prendendogli la giacca in modo che Bard possa portare una sedia al tavolo.

“Non ho fatto niente del genere. Avevamo un sacco di cui parlare, e poi tu sei apparso dal nulla.”

“Davvero,” Bard sogghigna, dando Bilbo un'occhiata d'intesa – non sapendo come rispondere, scrolla semplicemente le spalle, e Bard ride.

“Bene, sono contento che tu sia qui,” dice, “grazie per quella telefonata ieri. Hai preso due mosche con uno schiaffo – aspetta, è quella l'espressione?”

“Due piccioni con una fava,” rispondono Bilbo e Frida all'unisono.

“Hmm. La nostra versione ha più senso, non credi? In ogni caso,” continua, “Frida ed io progettavamo di tirar fuori un po' roba degli archivi da secoli ormai, e ora che so cosa Thráin ha detto, sono andato a prendere altri fascicoli che ho pensato che potrebbero essere interessanti per tutti noi. Sapevi che aveva parlato dei tuoi nonni?”

Dirige la sua ultima frase verso Frida mentre fruga nella sua borsa e comincia a tirar fuori cartella dopo cartella, tutte di spessa carta marrone con la stemma reale sopra – Bilbo si ricorda del suo contratto, e non sa come sentirsi a riguardo.

“Davvero?” I suoi occhi si spalancano.

“Ha detto... cos'era, Bilbo?”

“Oh, um... niente di che? Ha solo... ha citato gli Smythe, e che erano scappati? In realtà, non stava dicendo cose con molto senso. Sembrava pensare che Laura Ibindikhel fosse stata in qualche modo coinvolta nella sua sopravvivenza, e ha detto... ha detto qualcosa sulla falsariga di 'gli Smythe erano fuggiti, e Bifur era scomparso, e così Bundushar ha pensato di averci tutti in pugno,' io... Non ha molto senso, vero?”

Entrambi lo fissano, Frida è chiaramente sbalordita, Bard è assorto nei suoi pensieri, i gli occhiali a metà sul naso, prima che si girano per guardarsi a vicenda.

“Troppo bello per essere una coincidenza?” commenta il giornalista, e Bilbo vede nel viso di lei lo stesso tipo di baluginio di dolore vago che aveva notato una volta, ma poi Frida esala: “Oh, decisamente.”

Bard ordina un caffè molto casualmente, ma ciò che segue è forse una delle ore più confuse della vita di Bilbo. Il giornalista dispiega attraverso il tavolo i numerosi fascicoli che aveva portato, e anche Frida ne prende delle pile, e non è del tutto chiaro che cosa stanno cercando, ma stanno senza dubbio arrivando da qualche parte.

Frida sembra essere risoluta a conoscere gli anni da studentessa di sua nonna, mentre Bard ha bisogno di conoscere tutto ciò che riguarda gli eventi di quasi dieci anni prima della rivoluzione, e Bilbo semplicemente sta lì ad ascoltarli, nomi e luoghi che non significano niente per lui che vengono menzionati ancora e ancora, o solo una volta, o anche annotati, e non capisce molto, così sorseggia semplicemente il suo tè freddo e li lascia fare. Sembrano che stanno ricostruendo una sorta di linea temporale molto generale, e con il suo interesse suscitato dal racconto di Bilbo delle parole di Thráin, Bard è determinato a trovare una connessione tra la madre, Smaug Bundushar, la nonna di Frida e Thráin se stesso – qualcosa, qualsiasi cosa che spiegherebbe cosa diavolo è successo dieci anni fa.

“Questo non ha alcun senso,” dichiara Frida, per circa la quarta volta ormai, “so che la nonna ha lasciato il paese per colpa della rivoluzione, ma ha sempre detto che è stato perché vivere qui era diventato insopportabile. Ora sembra come se non avesse altra scelta se non fuggire...”

“Forse lo stiamo considerando nel modo sbagliato,” mormora Bard, il suo caffè dimenticato, il mento appoggiato sulla mano, un lungo dito che tamburella sulle labbra, “forse l'assenza di informazioni è intenzionale, sai. Forse qualcuno si è assicurato che non ci fosse niente da sapere. Conosciamo tutti una persona che è bravissima a fare tabula rasa più e più volte. Tutta faccenda di 'pensava di averci tutti in pugno' che Bilbo ha citato puzza di bruciato – se è vera, Bundushar ha tentato letteralmente di cancellare tutte le prove delle sue malefatte durante la rivoluzione, e questo è un motivo in più e la leva per affossarlo. Vorrei solo poter parlare con Thráin da solo.”

“Niente ancora?” osserva Frida.

“No, il Re è contrario, piuttosto risolutamente. Non l'hanno visto così arrabbiato da un po' come quando gli ho chiesto se potevo per favore fare un'intervista con il padre in privato.”

Un'onda strana di soddisfazione travolge Bilbo – nemmeno sa da dove è venuta. La ignora e dà un'occhiata in giro, invece – i café poco appariscenti non sono sempre pieni di spie in ascolto, nei film, almeno? Ci sono solo una manciata di persone là con loro, la maggior parte di loro studenti con cuffie che fissano saldamente lo schermo del laptop o le pagine di un libro, e Bilbo lo trova strano – potrebbero anche progettare un'altra rivoluzione, e nessuno lo noterebbe.

“Abbiamo veramente bisogno del suo quadro generale della situazione,” Bard si lamenta ancora un po', “lo stesso con Bifur Abkhûz. Loro due potrebbero essere le nostre uniche piste per scoprire quello che è realmente accaduto – quello che Bundushar stava progettando allora, e quello che sta cercando di raggiungere ora.”

“Lo schema si sta ripetendo,” mormora Bilbo attraverso la cannuccia in bocca, e Bard aggrotta la fronte.

“Come, scusa?”

“Oh, è solo qualcosa che Thráin mi ha detto. Lo schema si sta ripetendo,” spiega Bilbo, “da quello che ho capito, sembra pensare che Bundushar stia cercando di finire ciò che aveva iniziato qui durante la rivoluzione... non lo so!” Agita la mano freneticamente quando li vede entrambi che lo guardano a bocca aperta piuttosto increduli, “sto solo speculando.”

“Speculare è tutto quello che abbiamo in questo momento,” Bard sospira.

“Guarda, ormai sono più che invischiato in tutto questo,” sottolinea Bilbo, “ma c'è ancora una cosa che non ha senso per me – come diavolo ha fatto Bundushar a trovare Thráin? L'ha tenuto nascosto per un bel po' di tempo prima che Gandalf mettesse le mani su di lui, giusto?”

“Sì.”

“Beh, cosa pensi che stesse progettando di fare? Voglio dire, non posso pretendere di capire il quadro d'insieme qui, ma ho incontrato Bundushar un paio di volte, e non mi sembra proprio che si lascerebbe scappare Thráin, non se stava progettando qualcosa di grande e... e diabolico con lui, sai?”

Entrambi sembrano sorpresi per le sue parole, ma non tanto sorpresi quanto Bilbo stesso – ha giurato che non avrebbe più cercato di immergersi in questa situazione, per il suo bene! Improvvisamente, con sorprendente chiarezza, ricorda di aver fatto uscire di nascosto i Principi da Palazzo qualche mese fa, senza la conoscenza del Re, solo perché ha pensato che fosse la cosa giusta da fare... L'aveva fatto nonostante gli era stato detto di non immischiarsi – tutto perché pensava di essere nel giusto, e perché era testardo, e perché sapeva, sapeva che sarebbe andato tutto bene. Oppure era riuscito a convincersene per circa due ore. E aveva pensato che Thorin l'avrebbe sicuramente licenziato per questa palese violazione delle regole, ma non è accaduto, e fattore ancora più importante, la cosa è andata ben oltre e si è risolta in modo eccellente per tutti gli interessati...

Bilbo sa che è un cattivo esempio, ma pensa anche di sapere perché si è ricordato questa particolare parte della sua storia al Palazzo – allora si trattava solo di essere testardo e stupidamente coraggioso, di decidere di fare qualcosa, al diavolo le conseguenze, perché era sicuro che il risultato si sarebbe rivelato buono a lungo termine. Era così sicuro allora, così risoluto nelle sue convinzioni, così coraggioso, la sua mente lucida... Forse è giunto il momento di riguadagnare un po' di lucidità. Dio, ha passato quello che sembra un'eternità solo ad essere spaventato e sopraffatto dalla preoccupazione e in generale semplicemente inutile, non è forse così?

Beh, primo ordine del giorno – saldare i conti con Bundushar e qualunque pericolo Bilbo pensa che l'uomo potrebbe rappresentare per lui. Improvvisamente, è stanco e stufo di temere ciò che potrebbe accadere senza avere una voce in capitolo. Di lasciare il suo destino in mano ad altri. Aiutare Bard e Frida, e, sì, probabilmente Gandalf, a scoprire di più, è in realtà aiutare se stesso in un certo senso, giusto? Ad avere un po' di pace della mente, perlomeno. Potrebbe trascorrere le sue giornate seduto a girarsi i pollici aspettando che il suo mondo crolli, o che potrebbe tirare fuori le unghie ed evitare che ciò accada. O almeno sopportare tutto questo con una qualche parvenza di dignità.

E se non ci fosse nessun casino? Oh, Bilbo è sicuro che c'è un gran bel casino, e che sicuramente in futuro peggiorerà, ma non può più lasciare che si acutizzi. Sente un improvviso impulso di adrenalina, ed è quasi pronto ad alzarsi e uscire dal café, ma è abbastanza razionale da rendersi conto di non sapere quale potrebbe essere il prossimo passo da fare.

“Stai bene?” gli chiede allora Frida, facendolo destare dalle sue fantasticherie, e si rende conto di avere lo sguardo fisso nel vuoto, probabilmente con molta intensità, per Dio sa quanto tempo.

“Voglio aiutare,” dichiara semplicemente, ed è come se la sua voce non fosse nemmeno sua, è come se qualcun altro stesse dicendo le parole per lui, ma non gli importa particolarmente.

“Ditemi cosa fare,” continua, “potrei... penso che potrei fare a Thráin alcune domande.”

Frida e Bard si scambiano uno sguardo fugace.

“Puoi accedere a lui?” chiede il giornalista.

“Non lo so...” Bilbo inclina la testa, ma poi, con più fermezza, “sì. Più o meno, credo. Sì. Non è che io... non è che posso avere delle risposte da lui con la forza, ma credo che noi due potremo godere di un'altra... conversazione. Sai? Forse impareremo qualcosa di prezioso.”

“Bilbo, ne sei sicuro?” chiede Frida, e Bilbo sente nella sua voce la stessa preoccupazione che ha gravato su di lui fino a non molto tempo fa, di avere troppe cose in ballo, di preoccuparsi di cose per cui non dovrebbe essere preoccuparsi...

Sorride.

“Sono sicuro. Voglio dire... non so quanto potrà essere utile, ma io... penso di doverci provare.”

Frida sembra piuttosto dispiaciuta per qualche ragione, ma Bard è l'esatto opposto.

“Eccellente. Questo potrebbe davvero aiutarci ad invertire la rotta. Ho persone che lavorano sulla ricostruzione del profilo di Bundushar prima della rivoluzione – è notoriamente reticente sul suo passato. E se fosse possibile trovare maggiori informazioni su quel periodo, in generale, Bilbo, su mia madre, su quello che è effettivamente accaduto...–”

“Farò del mio meglio, ma è ancora solo un uomo molto vecchio e molto fragile,” gli ricorda Bilbo gentilmente, “non sono sicuro di quanto si ricordi, o se qualunque cosa sia... sai, legittima.”

“È vero,” Bard annuisce, ed è sul punto di dire qualcosa di più, ma il suo telefono squilla, e dopo alcune frasi veloci in khuzdul che Bilbo non comprende del tutto, sembra ancora più turbato.

“Ascolta, devo andare,” dice, e quando Frida inclina la testa con curiosità, agita la mano con una certa vaga irritazione, “me ne vado per cinque minuti e l'ufficio va a pezzi. Mi dispiace, âzyungel, ma se è ancora confermato per la prossima settimana...”

“Certo,” Frida sorride, e si alza con lui, aiutandolo a raccogliere tutte le cartelle e i fascicoli.

“Bilbo, fammi una telefonata, se ti capita qualcosa,” dice Bard, “e se si pensa di poter imparare più da questi fascicoli che ho qui, li ho per tutta la settimana, quindi fammelo sapere, va bene?”

Bilbo sta per essere concordare, ma Bard sta già salutando Frida, baciandola in modo sorprendentemente dolce, e Bilbo la guarda mentre l'accompagna alla cassa a pagare, mormorandogli qualcosa, la sua espressione preoccupata, e lui la rassicura con parole che Bilbo non afferra, e si sorridono a vicenda, baciandosi un'altra volta... Distoglie lo sguardo, perché sente quasi come se li stesse spiando. Quando Frida torna al tavolo, sprofondando nella poltrona pesantemente, Bilbo sorride, sollevando un sopracciglio, e lei sospira.

“È... movimentato, questo è sicuro,” risponde alla domanda che non ha chiesto, e Bilbo sorride.

“Siete molto belli insieme, se non ti dispiace che lo dica,” commenta, e Frida ridacchia.

“Perché, grazie. Comunque, abbiamo a malapena... voglio dire, lo vedo tutto il tempo e ancora sembra che non abbiamo mai un momento di pace. Sai?”

“Sì,” dice Bilbo, “ma almeno puoi vederlo alla luce del giorno.”

Frida ridacchia, e Bilbo non le dice, sei fortunata. Potrai anche avere una relazione indaffarata, ma almeno è una vera relazione. Guardatevi a baciarvi nei café ed incontrarvi nel bel mezzo della giornata ed avere programmi per la prossima settimana... vorrei avere una cosa del genere, e non è che mi penta di aver scelto Thorin invece, è che non posso avere una cosa del genere con lui. E finora, preferisco avere lui che... che quello, ma anche, non c'è niente di sbagliato nel desiderare un paio di aspetti normali per il nostro rapporto, giusto?

Sente il bisogno improvviso di andare a vedere Thorin, ovunque si trovi, e la convinzione che ha raggiunto prima è rafforzata da questo – farà del suo meglio per arraffare più tempo possibile da passare con lui, e se ha ragione, questo alla fine li porterà a parlare. Che è qualcosa che teme, ma è anche qualcosa che è assolutamente necessaria, e non può rimandare più a lungo.

“Penso che me ne andrò anch'io,” dice Frida, ma alza il dito verso di lui quando comincia a raccogliere le sue cose.

“Prima di farlo,” dice con fermezza, “Voglio assicurarmi che tu capisca che... che questo non dipende da te. Bard ha tutto sotto controllo, non importa come appare, e scioglierà il bandolo della matassa, con o senza il tuo aiuto.”

“Lo so ma–”

“Sono seria, Bilbo. Hai già abbastanza cose in ballo. Non fare questo per un falso senso di... oh, che ne so io, coraggio. Non pensare di risolvere qualcosa buttandoti a capofitto nel pericolo. E certamente non pensare a questo come a una tua... penitenza per qualsiasi cosa pensi di aver fatto di sbagliato. Per favore?”

“Frida...” bisbiglia.

“Mi preoccupo per te,” dichiara la donna in tono severo, e il suo contegno rigoroso prende Bilbo un po' di sorpresa.

“Lo so, io...”

Chiamami quando ne hai bisogno, hai capito?” gli ordina, “preoccupati dell'unica cosa di cui dovresti preoccuparti, e questa è... tu sai chi.”

“Lo so,” ripete, “Lo farò. Te lo prometto,” aggiunge risoluto, e anche se lei non è convinta, pensa che questa sia una promessa, che potrebbe effettivamente essere in grado di mantenere.

Per un po', comunque.

***

Il resto della giornata è beatamente povero di avvenimenti – completa tutte le sue routine abbastanza semplicemente, i Principi si lamentano della quantità delle loro attività extrascolastiche, e mentre ascolta Fíli fare una lista di tutti i motivi per cui non ha più bisogno di proseguire con le sue lezioni di scherma, Bilbo cerca di pensare al momento migliore per andare a trovare Thorin. È una strana sorta di panico, mescolato con sentimenti di inadeguatezza, quando si rende conto di non sapere quasi niente dei programmi del Re. Da una parte, perché dovrebbe? D'altra parte, lo fa sentire un po' impotente.

Spera che Thorin possa unirsi a loro per la cena, ma quando questo non succede, decide di appoggiare il suo ritrovato coraggio e chiedere direttamente a Balin. Il Capo di Stato Maggiore è quasi altrettanto difficile da rintracciare, ma Bilbo riesce a trovarlo al fianco di Deidre, distribuendo ordini alle domestiche e risolvendo questo o quel problema, appartenente alla lavanderia, per quanto ne capisce Bilbo. Ha un momento un po' difficile nello spiegare come sia finito n questa parte del Palazzo, ma per fortuna, Deidre ha troppo lavoro per avere il tempo di fare battute argute, e Balin lo lascia semplicemente camminare al suo fianco e gli dà abbastanza tempo di dirgli che cosa sta realmente accadendo, Dio lo benedica.

“Ritorna oggi verso le dieci,” dice, “ma ti sconsiglio di fare... qualsiasi cosa tu abbia pianificato, ma non mi aspetto che mi darai retta. No, non mi guardare in quel modo, dico sul serio – fai quello che pensi sia meglio. Basta che tieni a mente che ha un incontro con il Capo della Polizia domani mattina.”

“No, io non avevo intenzione di... Voglio dire, non è che io...” farfuglia Bilbo, arrossendo, ma Balin si limita a sollevare un sopracciglio e non dice nulla, tranne che per un semplice: “Penso che abbia in programma di pranzare a casa domani, però.”

“Oh,” Bilbo sospira, “Oh, questo è... fantastico, voglio dire...”

“Vuoi che lo organizzi in modo che tu e i Principi possiate incontrarvi con lui nella solita sala da pranzo?” chiede Balin abbastanza casualmente, ma Bilbo sente una strana sorta di paura e Balin improvvisamente sui è trasformato nel loro... che cosa? Consigliere di appuntamenti?

“Solo se non è un problema, io...”

“Consideralo fatto.”

“Balin, non vorrei che presumessi che io... che...”

Con sua grande sorpresa, l'uomo ridacchia.

“Non sono nel business di presumere niente,” dice gentilmente, “Farò del mio meglio per aiutarti a combinare un programma che potrebbe funzionare per voi due, ma oltre a questo, la vita è la tua. Basta che non lo fai arrivare in ritardo ai suoi incontri, grazie.”

“Farò... farò del mio meglio,” mugola Bilbo debolmente.

“È tutto ciò che chiedo. Ora, c'è altro?”

“A dire il vero, mi sono chiesto...”

“Sputa il rospo.”

“I Principi vedranno di nuovo Thráin domani, ma pensi che potrei... parlargli da solo? A volte?”

Si fermano di colpo in cima alla scala principale, quando i loro cammini stavano per separarsi, e Balin aggrotta la fronte e scruta Bilbo con più attenzione ora.

“A che scopo?”

“Oh, beh, quando Thorin mi ha chiesto di... quando mi ha chiesto di tenere compagnia a suo padre ieri, abbiamo parlato, e io... io ho avuto l'impressione che ne volesse di più. Più compagnia.”

Balin inclina la testa, il cipiglio in gran parte indecifrabile ancora al suo posto.

“Capisco,” dice lentamente.

“Mi sono piaciute molto le sue storie,” aggiunge Bilbo con entusiasmo, “e penso che si sia divertito a raccontarle, e... sto solo chiedendo perché ho molto più tempo libero a disposizione di quanto mi piacerebbe in questi giorni, e questo sembra un... bel modo per passarlo, suppongo?”

“Non credo che dovresti chiederlo a me,” dice Balin, “perché non vedi che cosa ha da dire il Re in proposito.”

“Ah... Suppongo che tu abbia ragione,” Bilbo annuisce.

“Non dargli peso se sarà un po' diffidente, però,” aggiunge Balin, “non è particolarmente entusiasta di tutto questo interesse per il padre. Rifiuta a dozzine i giornalisti che chiedono un'intervista.”

“Sì, ho sentito,” borbotta Bilbo, poi, in modo più risoluto, per scacciare il cipiglio momentaneo di Balin di sospetto confuso, “Non voglio... molestarlo, o qualcosa del genere. Ho solo... ho pensato di fargli visita di tanto in tanto, la mattina, sai...”

“Ancora una volta, non sono la persona a cui dovresti chiederlo,” Balin sorride, “o che devi convincere. Buona fortuna.”

E con questo, Bilbo viene lasciato a se stesso per il resto della serata. Decide di passarla con i ragazzi, dato che Fíli gli ha chiesto aiuto con un compito scritto, e sa per certo che Kíli non ha nemmeno iniziato i suoi compiti. Il tempo vola seduto sul tappeto nelle loro stanze, chinato su problemi di matematica di terza elementare, mentre Fíli alterna tra lo scribacchiare il racconto della sua 'storia più emozionante delle vacanze estive' (Bilbo è riuscito a convincerlo a non scrivere della notte dell'attacco al Palazzo, e scegliere qualcosa di meno sconvolgente invece), e il masticare la penna, il che a quanto pare lo aiuta a concentrarsi a scrivere meglio in inglese.

Bilbo non protesta – è contento di avere qualcosa di così intrinsecamente pacifico da fare prima di andare a tuffarsi nell'ignoto. Sorride quando si rende conto che ogni singolo incontro con Thorin è, in effetti, un'incognita, e quando Kíli gli chiede perché sta sorridendo, aggira la domanda evocando un ricordo della sua infanzia trascorsa ad odiare la matematica, intrattenendo i ragazzi abbastanza in modo che anche Bilbo possa dimenticare il gusto leggermente amaro dei suoi pensieri.

In poco tempo, è il momento di portare Fíli lontano dal suo computer, e convincere Kíli dei vantaggi di una doccia ogni tanto, e poi è un altro capitolo de Il Popolo del Tappeto di Pratchett, e Bilbo augura loro la buonanotte.

“Oh, quasi mi dimenticavo,” annuncia, in piedi alla porta, “vostro zio si unirà a noi per il pranzo di domani. Tanto per farvelo sapere. Gli chiederemo della scherma, va bene, Fíli?”

“Va bene,” arriva una risposta borbottata dal Principe più grande.

“Notte notte.”

“Buonanotte.”

Mentre cammina a grandi passi attraverso i corridoi silenziosi, Bilbo non può fare a meno di ricordare – una volta, tanto tempo fa, Fíli si sarebbe dimenato e avrebbe protestato all'idea di persino tentare di avvicinarsi a Thorin con qualsiasi tipo di problema o di richiesta, e nessuno dei Principi sarebbe stato troppo entusiasta di pranzare con lui. A fianco dei ragazzi, a Bilbo viene costantemente ricordato il valore reale del suo soggiorno qui, le cose che è effettivamente riuscito a fare bene, in qualche modo, ad un certo punto. I ragazzi gli ricordano ciò che conta davvero. Dimenticati il resto, ordina se stesso, dimenticati il resto, e ricordare cosa credere in questi ragazzi ti ha fatto fare nel corso del tempo.

Il suo istinto non lo ha mai tradito quando si trattava delle decisioni avventate che alla fine hanno portato a riparare il loro rapporto con il Re – perché dovrebbe deluderlo adesso?

Abbastanza contento per una volta, si dirige verso la caffetteria, per fare due chiacchiere davanti a una tazza di tè (e forse un sorso di birra, solo per convincere il suo cuore a smettere di battere così freneticamente ogni volta che pensa a quello che ha programmato di fare). Trova solo Bofur e Mirjam nella stanza poco illuminata, chinati su qualcosa tra di loro sul tavolo, in un profondo dibattito condotto in khuzdul. Bilbo afferra un 'troppo cibo?' e 'ma lo beve quello?' e ciò che pensa è probabilmente 'non ne ho idea', ma il modo in Bofur lo borbotta ed aggrotta le sopracciglia, potrebbe anche essere una maledizione particolarmente fiorita. Ma poi lo notano e di colpo si separano come conigli spaventati, Bofur lo saluta a voce decisamente troppo alta e allegra mentre Mirjam chiude il bloc-notes con qualunque cosa ci stesse scribacchiando.

“Ciao...” dice Bilbo lentamente, attentamente, “che succede?”

“Oh, niente, niente,” Bofur agita la mano, “solo qualche... problema con i rifornimenti, niente di cui preoccuparsi... Caffè?”

“Tè, per favore,” Bilbo ridacchia, “e da quando sei il manager dei rifornimenti? Bombur sta di nuovo battendo la fiacca?”

“Nulla del genere,” Bofur ride, “è solo che... sto aiutando Mirjam con alcune... cose.”

“Cose,” ripete Bilbo, e quando cerca una qualche spiegazione con Mirjam, la donna rotea gli occhi verso Bofur, sogghignando a Bilbo, e si affretta verso la cucina per mettere su la teiera.

“Sì, cose.”

“Okay...?” Bilbo inclina la testa, ma decide di non insistere, chiedendo: “dove sono tutti?”

“C'è quella cena con quei diplomatici italiani domani, ricordi? Bombur sta ancora comandando a bacchetta i cuochi, credo, e tutti gli altri sono altrettanto occupati.”

“Giusto... giusto,” Bilbo annuisce, rannicchiandosi nella sua poltrona preferita, in attesa che Bofur aggiunga dell'altro, ma quando non lo fa, raccoglie il suo coraggio.

“Quando ho parlato con Thráin,” dice, sperando di avere un tono noncurante, “penso che abbia accennato a tuo zio.”

“Bifur?” domanda l'autista, “Ne si sicuro?”

“No, io... beh, sì. Credo di sì. Mi ha detto che lui e Bifur erano parte di una sorta di gruppo di... resistenza, insieme ad altre persone?”

“Gruppo di resistenza,” ripete Bofur, e non è contento, nemmeno un po'.

“Beh, non stava... non stava dicendo cose con molto senso,” aggiunge Bilbo rapidamente, “ma pensavo fosse interessante.”

Bofur ha sempre avuto qualcosa di allegro, un'aurea positiva, a prescindere dalla sua espressione – sono probabilmente gli occhi, pensa Bilbo, sempre sorridenti, sempre con una scintilla. Ma non stanno sorridendo adesso, severi nella luce fioca delle poche lampade nella sala, e per la prima volta in assoluto, Bilbo ha un assaggio di quello che la famiglia di Bofur debba aver passato, e di quanto sia pesante sulle spalle dell'uomo.

“Gli hai detto che Bifur è vivo?” chiede con calma.

“No, non ne ho avuto la possibilità, in realtà,” risponde Bilbo, “anche se ha detto che gli piacerebbe tanto parlare con lui...”

“Bilbo,” dice Bofur piano, “devi capire, anche prima del suo incidente, mio zio era... ne ha passate tante durante la rivoluzione. È sempre stato contro Bundushar, e quando il vecchio Re morì... quando tutto è cominciato a crollare, era in una posizione difficile. Non so che cosa ti abbia detto Thr ái n, ma la verità è che il paese sarebbe andato a Bundushar se non fosse stato per alcune persone che hanno sostenuto la monarchia attraverso i suoi momenti peggiori.”

“Persone come tuo zio?” mormora Bilbo.

“Mio zio ha perso il suo lavoro per colpa della Corona,” commenta Bofur, ma non c'è alcun accenno di derisione nella sua voce – solo qualcosa che Bilbo categorizza come rassegnazione.

“Il vecchio Re chiuse tantissime miniere, per fare i conti con il Conglomerato di Moria,” continua l'autista, staccando l'etichetta dalla bottiglia di birra, fissandola come se stesse eseguendo una vendetta personale, “quasi paralizzò tutto il nostro export... beh, questo è un argomento per i professionisti, l'impatto che ha avuto sull'economia. Tutto quello che so è che Bifur si ritrovò nel fuoco incrociato, anche se era sempre stato un sostenitore convinto della Corona. Questo è accaduto a innumerevoli persone. Innumerevoli. Non era bello, ma... beh, Thorin salì al trono, e nessuno credeva davvero che avrebbe avuto successo, ma ha salvato questo paese. Non viene detto spesso, ma lo ha fatto, ha salvato Erebor, e se ci pensi, dieci anni è un periodo piuttosto breve per farlo, ma è solo grazie a lui se questo paese è ancora vivo.”

Il cuore di Bilbo rintocca come una campana – si sente leggero, e come se allo stesso tempo stesse combattendo con il mondo intero a mani nude e trovando l'armadio più vicino dove nascondersi senza più uscire fuori, perché la realizzazione lo colpisce come una mazza. Thorin è quasi irrealisticamente un personaggio imponente, con tutte le sue tragedie da superare, e il suo martirio che sembrerebbe ridicolo se riferito a chiunque altro, e le sue convinzioni e la sua forza, e in qualche modo, Bilbo è in grado di esistere accanto a tutto questo senza prendere fuoco spontaneamente. È innamorato, ed è ingenuo, ed è così spaventoso, e ha la gola un po' asciutta.

“Non so se Bifur è... era tutto quello che Thráin dice che sia stato,” continua Bofur prima ancora che Bilbo possa aprire bocca (ne è stranamente grato, chissà cosa potrebbe confessare), “tutto quello che so è che è sopravvissuto alla rivoluzione indenne, e ha trovato un ottimo lavoro con la società degli Urs-tarâg, e tutto sembrava fantastico fino a che... non lo era più. Ha sempre avuto i suoi sospetti, ha sempre detto che era tutto troppo bello per essere vero, che non era così facile sbarazzarsi di Moria, che sarebbe tutto a finire in modo orribile... immagino che avesse ragione, eh?”

Bilbo allora si sente orribilmente in colpa, come se stesse sconfinando in parti dei ricordi di Bofur di cui non ha alcun diritto di esserne testimone. Non ha mai visto il suo amico così... rigido, così ovviamente sofferente nel parlare di qualcosa, e sente l'impulso di implorarlo a fermarsi, che non ha bisogno di dire altro, ma prima di poter prendere quella decisione, Bofur continua, come se fosse morbosamente determinato a finire la storia.

“Ne parla a volte, sai,” borbotta, prendendo un lungo sorso di birra (Azaghâl, legge l'etichetta mezza strappata – guerriero. Bilbo riderebbe, se solo fosse anche un po' divertente), “è diventato più loquace da quando prende le nuove medicine, ma continua a... dire cose senza senso. I medici pensano che potrebbe ricordare il giorno della... sai, la tragedia di Gundabad. Non possono determinare se sarà traumatico per lui, perché è sempre così, non lo so, tranquillo. Dovresti vederlo, sta semplicemente seduto sulla sedia a rotelle fuori in giardino, e talvolta parla del suo vecchio cane, e talvolta parla di calcio, e, talvolta, di cose che esplodono e rocce che seppelliscono le persone vive. È piuttosto triste.”

“Dio,”mugola Bilbo, ed è come se Bofur si fosse appena accorto della sua presenza.

Strizza gli occhi, ma poi tutto il suo viso si rilassa, recuperando quel familiare bagliore cordiale, e fa una vera risata.

“Mahal, mi dispiace, non avresti dovuto lasciarmi parlare a vanvera!” esclama, “non intendevo seccarti, dimenticati che abbia detto qualcosa, va bene?”

“Mi dispiace tanto,” Bilbo sospira pesantemente, “non te l'avrei dovuto chiedere.”

“No, no, non fa niente, davvero. È solo che... sai, passiamo così tanto tempo a cercare di tenere lontana la gente da Bifur, che alla fine non ne parliamo mai. Mi dispiace di essermi sfogato su di te. Per te questa è un'ulteriore orribile storia di famiglia a cui pensare, eh?”

“Sto iniziando a pensare che Erebor ne sia piena,” replica Bilbo debolmente.

“Molto vero,” Bofur ridacchia, “sei sicuro che questo sia il paese giusto per te?”

La sfumatura scherzosa è molto evidente, tuttavia il viso di Bilbo deve tradire i pensieri che iniziano a vorticare nel sentire quelle parole, perché Bofur si sporge in avanti, dandogli una pacca sul braccio, ed esclamando: “L'ho detto con buone intenzioni, lo giuro! Erebor è fortunata ad averti! E non è tutto parenti perduti da tempo, o parenti morti, o famiglie disfunzionali, in generale, te lo prometto! Abbiamo... dell'ottima birra! Le montagne sono belle, e il cibo è eccezionale!”

Alla fine della sua piccola litania, Bilbo sta ridendo di cuore, e Bofur si appoggia allo schienale della poltrona, sorridendo.

“Ad essere onesti,” dice, “Sono sicuro che ricevi già molti elogi, ma solo nel caso in cui non te ne vengono detti abbastanza, siamo tutti molto felici che hai accettato questo lavoro. E che sei durato così a lungo.”

“Oh, io...” Bilbo agita la mano, ma in realtà non ha nulla di buono o sensato con cui rispondere.

“È vero. Spero solo che non sia troppo faticoso, sembri un po' giù di corda ultimamente.”

Bilbo vuole davvero rispondere, acquietare le sue preoccupazioni, il più rapidamente possibile, ma in qualche modo, non ci riesce. Forse una piccolissima parte di lui spera che la verità di tutto questo... si mostrerà nei suoi occhi, e Bofur indovinerà da solo, e sarà tutto finito.

“Non ti preoccupare del passato di questo paese,” gli dice il suo amico, “è orrido e ingarbugliato e vecchio. Non dobbiamo perderci tempo adesso. Mio zio e il padre di Sua Maestà sono... sai, hanno passato l'inferno, quindi ovviamente si aspettano sempre il peggio del peggio. Non possiamo biasimarli. Ma anche noi non possiamo lasciare che le loro preoccupazioni diventino le nostre preoccupazioni.”

“Oh, troppo tardi per quello,” dice Bilbo prima che possa fermarsi, il suo sguardo che guizza quando le sopracciglia di Bofur si inarcano.

“Ti stai di nuovo preoccupando di cose di cui non dovresti essere preoccuparti ancora una volta, non è vero?” domanda l'autista, e ricorda a Bilbo di Frida così tanto che quasi lo fa ridere, ma il gusto in bocca è troppo nauseante, troppo amaro per quello.

Bilbo alza lo sguardo ed incrocia quello dell'amico, e si chiede se ci siamo, se il momento in cui finalmente condivide la verità con qualcuno potesse sembrare così insignificante all'inizio. Se tutte le grandi cose accadono in piccoli momenti, senza alcun avvertimento.

“Bofur, sono stato così stupido,” bisbiglia, e gli occhi dell'altro uomo si allargano, ed aggrotta le sopracciglia con curiosità, ma prima che tutto può in effetti venire fuori, Mirjam e Bombur entrano nella sala, il cuoco che chiacchiera di questo o quel fiasco culinario ad alta voce mentre la moglie ride, e Bilbo si lascia sfuggire un sospiro così pesante che gli fa tremare le ossa. Bombur si lancia in descrizioni fiorite dell'inutilità del suo sous chef, e Bilbo aspetta solo il momento opportuno per congedarsi, sopportando le loro domande e le loro suppliche di rimanere piuttosto coraggiosamente nel suo modesto parere, ed esce a grandi passi fuori dall'edificio del personale e verso il Palazzo.

È ancora un po' tremolate – per circa tre secondi, prendere Bofur fa parte e raccontargli tutti, ogni piccolo dettaglio, sembrava davvero una buona idea, e non riesce proprio a capirne il perché. A questo punto, è più di una caduta libera. Tutta la sua esistenza qui è una caduta libera. Il futuro non deve essere pensato, perché non può essere certo di cosa porterà – o forse lo è, e semplicemente non vuole accettarlo. In ogni caso, sta vivendo passando da un conforto momentaneo ad un altro, e lo definirebbe sconsiderato abbandono, se pensasse di esserne capace. Questo... decidere di cercare di aiutare Bard, decidere di provare a fare qualcosa, lo fa sentire bene, lo fa sentire come se stesse prendendo il controllo della situazione, tuttavia... C'è qualcosa che manca. C'è qualcosa a cui non sta prestando abbastanza attenzione, qualcosa che alla fine gli spezzerà l'osso del collo. Qualcosa simile al vagare sul piano sopra il suo appartamento senza nemmeno accorgersene, e finendo vicino agli alloggi di Thorin, un po' confuso e più che un po' seccato con se stesso...

E questo non è già successo una volta? Sì, si ricorda distintamente di essersi ubriacato una notte e di essere finito proprio in cima a questa rampa di scale, con lo sguardo fisso fuori da quella finestra, scontrandosi con Thorin di punto in bianco, e avevano discusso del futuro di Fíli a scuola e Thorin cullava un bicchiere di whisky in mano e indossava una camicia bianca ed era tarda notte, e nessuno dei due sapeva dove tutto questo li avrebbe portati...

“Bilbo.”

È lì, proprio come lo era tutto quel tempo fa, la sua figura incorniciata dal velo di luce proveniente dalla sua stanza, ma stavolta, la vista non spaventa Bilbo – è attirato verso Thorin in modo quasi insopportabile, e per di più, lui gli ha permesso di accorciare la distanza e cedere. Questa parte del piano è beatamente priva della sicurezza, per ora, e anche se Bilbo è sicuro che sono proprio dietro l'angolo, pronti a intervenire da un momento all'altro, non gli importa davvero.

“Non avevo intenzione di finire qua,” riesce a dire con un filo di voce, e deve sembrare ridicolo anche per il Re, perché Bilbo è a metà strada nel corridoio verso di lui prima di persino finire la frase.

“Devi essere occupato, non voglio sprecare il tuo tempo,” continua con maggiore determinazione, e Thorin aggrotta un po' la fronte, quasi impercettibilmente, linee costernate che corrugano la fronte, ma poi sorride, le spalle cascanti.

“Mi hai risparmiato un po 'di tempo, in realtà,” dichiara.

“Oh, io... davvero? Come mai?”

“Stavo per venire a cercarti.”

Ancora una volta, la bocca di Bilbo rimane aperta senza avere una risposta adeguata, e si sente come se questo fosse il suo stato di default di questi tempi – senza parole. Certamente quando si tratta di Thorin.

“Oh... ah, bene,” riesce a dire.

“Balin mi ha detto che hai chiesto di–”

“Oh, Dio, sì, no, era... stavo solo–”

Sì, senza parole e imbranato, e incapace di mettere insieme una frase ogni volta che Thorin lo fissa e le sue labbra si spiegano in quel sorriso lento. Quanti anni fa venerdì? Trentacinque? Sottrai due decenni e siamo più vicini al numero effettivo.

“Entri?” chiede Thorin, facendosi leggermente da parte, e Bilbo vede di sfuggita gli interni, il divano in pelle in qualche modo molto più invitante rispetto a quando l'ha visto la prima volta, il televisore acceso, una tazza sul tavolo di fronte ad esso... Quelli sono tutti i dettagli momentanei, del genere che nota quasi controvoglia, ma sono abbastanza per quasi spingerlo ad entrare.

“Non vorrei... cioè, Balin mi ha detto che hai una cosa domani mattina, io...?”

Sì. Eloquente. Magnifico. Così si fa.

“Non ho alcuna intenzione di perdermela,” risponde Thorin, “ma non ho nemmeno alcuna intenzione di lasciare che Balin decida delle mie abitudini notturne.”

Bilbo è più che sicuro che Thorin non possiede nemmeno l'abilità di creare allusioni disinvolte, ma arrossisce comunque.

“Se rimaniamo alzati fino a tardi, stai effettivamente rischiando che decida io delle tue abitudini notturne,” commenta, e l'imbarazzo per la frase lo raggiunge decisamente troppo tardi.

“Lo terrò a mente,” Thorin sogghigna, il che Bilbo decide di prenderlo come un segno che non gli importa, o, più plausibilmente, non se n'è nemmeno reso conto, e poi, prima che possa davvero rifletterci, lo segue dentro.

L'appartamento è infinitamente più accogliente ora, i colori più caldi, più ricco, trasformato dal bagliore dorato di un'alta lampada accanto al pilastro centrale, l'unica fonte di luce oltre il televisore. Bilbo rileva una debole corrente d'aria, e nota la porta della camera da letto aperta, e stranamente, lo rende un po' nervoso.

“Qualcosa da bere?” offre Thorin, e Bilbo si rende conto di essere rimasto immobile mentre il Re si è diretto in cucina – si affretta verso di lui, sentendosi stranamente instabile da solo.

“Non proprio, prima ho bevuto una tazza di tè, e se nessuno di noi due dormirà stanotte...”

Oh, ma ti prego.

“Capisco. Anche se intendevo,” Thorin prende una bottiglia di vino dal frigo, “qualcosa da bere.”

“Oh,” Bilbo lo guarda imbambolato, incapace di capire che cosa dell'immagine del Re nella sua cucina con la sua bottiglia di vino rosso sia così affettuosamente domestica, “oh. Va bene. Sì, mi ... me ne andrebbe un po', grazie.”

Qualcosa nel chiacchiericcio smorzato del televisore cattura la sua attenzione allora, e distoglie lo sguardo da Thorin e lo rivolge momentaneamente allo schermo, solo per rimanere costernato alla vista di un qualche tipo di servizio su come il partito di Azog Karkâl se la stia passando in tribunale, l'uomo di punta in persona viene mostrato a conversare con il Primo Ministro, poi con Bundushar, poi a marciare da qualche parte circondato dai giornalisti... Bilbo è spiacevolmente irretito dalla vista finché Thorin non appare al suo fianco, inarcando le sopracciglia quando Bilbo lo guarda dal bicchiere che sta offrendo, confuso per quel momento. Prende il bicchiere con cautela, e guarda Thorin che va a spegnere il televisore in modo piuttosto risoluto.

“Era una cosa... importante?” mugola.

“Forse sì, forse no,” dice Thorin in tono innocente, “adesso non ricordo.”

Sta ancora sorridendo, e Bilbo, piuttosto che fissarlo sfacciatamente, raccoglie abbastanza senno per brindare con lui, senza dire una parola – il ricco sapore amaro del vino fa un ottimo lavoro a calmarlo.

“Ho... un favore da chiederti,” dice, decidendo che parlare è una migliore linea d'azione rispetto a fissare i primi due bottoni comodamente sganciati della camicia del Re, o gli avambracci nudi, destinati ad essere la rovina dell'esistenza di Bilbo fin dalla prima volta che li ha visti, probabilmente.

“Sì?”

“Beh, non è esattamente un favore, più un generale... interrogativo.”

“Ti ascolto,” risponde Thorin dolcemente, e Bilbo vede solo quanto sia a suo agio, e spera solo di non rovinare il momento.

“Ieri, quando mi ha chiesto di tenere d'occhio tuo padre...” inizia con esitazione.

“Oh, giusto, non ho più avuto occasione di chiedertelo, come è andata? Spero non sia stato–”

“No, no, è stato incredibile, in realtà. Abbiamo parlato molto.”

“Davvero?” Thorin sembra sorpreso, e ancora un po' preoccupato.

“Sì, sembrava... molto entusiasta di parlare in inglese, sai,” lo rassicura Bilbo, “e mi ha raccontato delle storie meravigliose, è stato davvero... davvero interessante. Non mi ero mai reso conto...”

Thorin lo sta fissando con intensità, come se stesse aspettando un 'ma', come se stesse aspettando un problema di qualunque genere, sempre, e Bilbo vuole almeno provare ad esorcizzarlo.

“Ecco cosa volevo chiederti,” dice, “l'opportunità di... parlare con lui un po' di più. Ho avuto l'impressione che gli piacerebbe un po' di compagnia, e lo so che non sei particolarmente, ehm, incline a far avvicinare a lui troppe persone, o così mi è stato detto, ma ho pensato... beh, ho un sacco di tempo libero a disposizione quando i ragazzi sono a scuola, e penso anche di avergli promesso di portargli alcuni libri che sono stati pubblicati quando era...”

Il suo ciarlare si arresta di colpo – lo sguardo intenso e silenzioso di Thorin possiede quel potere. Bilbo fa quello che pensa possa funzionare per prendersi cura al meglio della sua gola improvvisamente secca – prende un altro sorso di vino, lo sguardo guizzante.

Questo è quello che volevi chiedermi,” ripete il Re lentamente, “vuoi... chiacchierare con mio padre.”

“Um,” mormora Bilbo.

Thorin apre la bocca, probabilmente per rispondere, ma sembra, stranamente, invece perso – fa persino ricorso a un po' più di vino, scrutando Bilbo per tutto il tempo, fino al punto che comincia a sentirsi un po' a disagio.

“C'è... c'è una qualche sorta di protocollo contro questo?” farfuglia Bilbo inutilmente, “era che una cosa di una volta, e devo dimenticare tutto ciò che mi ha detto? Mi dispiace, non avrei dovuto chiedertelo, è stato stupido da parte mia, ovviamente, io non...”

Thorin sbuffa una risata, ed è abbastanza sorprendente da zittire Bilbo.

“Non posso crederci,” dice il Re, e forse è solo Bilbo, ma ha percepito un affetto infinito in quella frase, in qualche modo, per un secondo.

“Lo, lo so, alcune delle idee che ho non sono esattamente stellari, chiedo scusa,” commenta in fretta, sia il vino che il suo lieve imbarazzo gli riscaldano le guance.

“No, non posso crederci,” ripete Thorin, e quando Bilbo aggrotta la fronte, si avvicina, svigorendo con efficacia ogni pensiero costruttivo rimasto a Bilbo, “non posso crederci che tu... certo che puoi parlare con mio padre. Sono stato... non mi piace lasciarlo da solo, beh, mai, e sapendo che tu lo... educherai sulla letteratura contemporanea certamente batte Balin che mi messaggia per informarmi sulle nuovissime forme di inferno che Adad ha scatenato sui suoi assistenti.”

“Credo li abbia chiamati 'tediosamente incompetenti' una volta,” Bilbo ridacchia in modo impacciato.

“È la cosa più gentile che abbia mai detto, te lo assicuro.”

“Immagino che significhi che si sta riprendendo bene, allora,” Bilbo sorride, “Mi ricordo quando mio zio Fillibald era in ospedale quando avevo dodici anni, e tutti erano molto felici quando ha iniziato ad imprecare con fervore e a lamentarsi del cibo, perché significava che si stava finalmente sentendo meglio...”

Si rende conto a poco a poco che sta divagando di nuovo, ma Thorin lo sta guardando con una tale tenerezza imperturbabile, colorata con un pizzico di divertimento, che Bilbo non si sente più così orribile stavolta.

“Adesso starò zitto, mi dispiace,” afferma tuttavia, allora, perché la stupidità lo vince ogni volta che si sente anche un po' nervoso e impacciato, “è probabilmente il vino, sai, quello rosso non lo reggo...”

Tutto sommatto, venire zittito dalle labbra di Thorin sulle sue è probabilmente la miglior opzione possibile. Sussulta tremante, il suo equilibrio vacilla, ma prima di poter inciampare, la mano di Thorin sul suo braccio lo assicura.

“ Decisamente il vino,” sospira con un filo di voce, resistendo all'impulso di leccarsi le labbra per tenersi stretto il dolce sapore un po' più a lungo.

“Penso che abbiamo bisogno di un altro giro, allora,” replica il Re in tono così leggero che Bilbo non riesce a credere che l'abbia detto sul serio – aggrotta la fronte in falsa indignazione, e gli occhi di Thorin guizzano per mezzo secondo, quasi timidamente, ma sta ancora sorridendo, e la sua mano è ancora pesante e calda sulla spalla di Bilbo, il suo pollice che l'accarezza una volta, con delicatezza, e Bilbo non ha bisogno di nessun altro invito oltre a quello.

Il loro secondo bacio ha un sapore ancora più di vino, dolce ed inebriante, e la mano di Bilbo viaggia sul petto di Thorin, il calore della pelle dietro quell'unico strato sottile della camicia è piuttosto meraviglioso – il pollice di Bilbo sfiora in uno dei bottoni, e improvvisamente vorrebbe avere un posto dove mettere il bicchiere quasi vuoto di vino, perché ha in mente un'occupazione certamente migliore per entrambe le mani.

“In realtà,” borbotta Thorin debolmente, il movimento della sua bocca contro quella di Bilbo induce dei brividi piacevoli, “Ho bisogno di... Ho questa lettera da finire, e...”

“E io te la lascerò finire mentre ancora puoi,” Bilbo ridacchia, anche se lasciarlo andare è l'ultima cosa che vuole fare in questo momento, “lo vuoi ancora un altro giro?”

“Resterai?” chiede Thorin così incerto che Bilbo deve ridere, permettendosi un momento per ammirare la propria calma.

“Dammi il tuo bicchiere,” replica semplicemente, e fa del suo meglio per resistere a uno dei sguardi di Thorin a cui assiste solo di tanto in tanto – quello di evidente stupore, come se vedesse Bilbo e non riuscisse a credere che sia reale.

Almeno questo è quello che sembra a Bilbo, ma non proverebbe mai a confermare la natura di esso – non sa cosa teme di più, avere torto, o ragione.

Vaga verso la cucina, mentre Thorin scompare nella sua camera da letto, entrambi lenti e forse un po' vacillanti, e in qualche modo Bilbo sa che questo non è qualcosa che nessuno dei due ha pianificato o previsto, ed è certo che nessuno dei due sappia veramente come gestire la cosa, ma... Questo è ciò che voleva, non è vero? Più tempo da passare insieme, per capire l'un l'altro, per parlare di più (e baciarsi di più) e vedere dove questo li porterà? Sì, sì, pensa ancora che sia il modo più veloce verso... una qualche risoluzione – una che non comporta necessariamente mettere Thorin seduto e raccontargli tutto in una volta. È probabilmente anche un modo sicuro verso una catastrofe, ma è sempre stato parte integrante di tutto questo, dice Bilbo a se stesso.

Mentre versa il vino e ascolta Thorin sistemarsi sul divano, si permette di pensare a come potrebbe essere come in futuro, se davvero riusciranno ad averne uno. Si sveglierà qui ogni mattina, facendo a tutti e due una tazza di caffè e cercando di convincere Thorin a fargli mettere una pianta o due sul davanzale della finestra? Bilbo gli sistemerà la cravatta di Thorin dopo aver condiviso la prima colazione, non perché ne avrebbe bisogno, ma perché sarebbe solo una di quelle cose che farebbero, e smetteranno di essere solo due persone comuni non appena mettono piede fuori da questo appartamento?

Bilbo dovrà rilasciare interviste sull'aver 'agguantato la scapolo d'oro d'Europa', e Thorin gli terrà la mano in pubblico? Theo Gabilaz li inviterà nel suo talk show e farà loro domande sul 'superare gli ostacoli' e 'valicare i confini'? I tabloid ereboriani impazziranno con le speculazioni sulla storia poco credibile della 'coppia più improbabile del secolo' e Bilbo dovrà condividere la sua di storia, del ragazzo di campagna inglese che è cresciuto fino a diventare un... qual è la termine giusto? Principe Consorte? Sì, perché questo non sembra affatto ridicolo.

Ma ci sarà un modo per far sì che questo esista davvero, al di fuori del regno di questi incontri casuali a tarda notte e il sognare incessantemente ad occhi aperti, al di fuori di casti baci rubati e promesse attentamente non dette, perché entrambe le parti sanno che non possono essere davvero mantenute?

Esce dalla cucina immerso nei suoi pensieri, un bicchiere di vino per mano, e si ferma a fissare, perché questo è tutto quello che è bravo a fare, a quanto pare – Thorin è seduto scomposto sul divano, il bagliore dello schermo del computer portatile rende i suoi lineamenti innaturalmente taglienti, ma nonostante ciò, e anche nonostante gli occhiali che indossa, ancora mantiene quell'aria rilassata, e una volta, Bilbo si sarebbe preoccupato di interromperla, ma stavolta, sente di essere in qualche modo una parte di essa – e adesso questa cosa come dovrebbe farlo sentire?

Le assi del pavimento sono completamente silenziose mentre Bilbo cammina verso il Re, anche se si aspettava che scricchiolassero, crepassero, qualsiasi cosa per disperdere quello sguardo di intensa concentrazione sul volto di Thorin. Ma si accorge della presenza di Bilbo, come indica il breve sorriso, e mormora: “L'ambasciatore italiano richiede una posizione ufficiale sulle prossime elezioni, insieme a mezza Europa. Tutti sembrano pensare che la ricomparsa di mio padre sia una notizia terribile per la nostra stabilità politica. Mi piacerebbe sapere a chi gli è venuto in mente.”

“A qualcuno che non ti ha incontrato, ne sono sicuro,” commenta Bilbo con calma, e quando Thorin sorride, finalmente si fa coraggio e si siede accanto a lui, abbastanza lontano in modo da non sbirciare accidentalmente sopra la spalla e anche, più che altro, in modo di poter ammirare la vista indisturbato e, auspicabilmente, senza dare l'impressione di essere un po' inquietante.

Posa i bicchieri sul tavolino davanti a loro, e Thorin scrive e scrive, e Bilbo guarda – è la cosa più facile da fare. Il divano è molto comodo, e più a lungo resta con la guancia appoggiata sul tessuto in pelle liscio, rannicchiato su stesso, meno è capace di resistere alla spossatezza che sente. Ha qualche difficoltà a dormire da... beh, da quando ne ha memoria, il che probabilmente significa dall'attacco, e pensa che ci sia qualcosa da dire su come si sente così a proprio agio intorno a Thorin che i suoi occhi quasi iniziano a chiudersi di loro volontà, ma non sarà lui a dirla.

Il Re deve essere consapevole che Bilbo lo sta fissando imbambolato, rendendo la sua professionalità riguardante i suoi doveri tanto più impressionante – ha gli occhi incollati allo schermo, e tutto ciò che lo tradisce è un sorriso dolce che gli curva le labbra ogni tanto, il suo sguardo guizza un po' di lato solo un paio di volte.

La Corona continua a credere che le elezioni imminenti procederanno come originariamente previsto. Siamo consapevoli delle aspettative riposte su di noi in relazione all'Unione Europea, e nonostante le attuali turbolenze, Erebor sarà pronta ad entrare nel suo mandato presidenziale in sei mesi... eccetera, eccetera, non credo che abbiano bisogno che gli ricordi che il nostro mithril ha mantenuto i fondi di emergenza ricchi come lo sono per gli ultimi cinque anni, ma non sarebbe male accennarne... Sto parlando ad alta voce?”

“Sì, e ti ringrazio,” risponde Bilbo seriamente, e Thorin sorride, velocemente, quasi timidamente, così aggiunge, “sembra ottimo.”

“Sono stato più vago possibile, ad essere onesti,” Thorin rigetta il complimento con un gesto della mano.

“Credo che una volta qualcuno abbia detto che imbastire un discorso vago e farlo sembrare una cosa profonda è un'elevata forma d'arte.”

“Sei un ottimo motivatore, lo sai?”

Bilbo ridacchia, arrossendo.

“Scusa, scusa.”

“Ero serio. Ho finito. Per ora, comunque.”

“È possibile che io sia meno un motivatore, e più una distrazione?” offre Bilbo, passando a Thorin il bicchiere.

“L'hai detto tu, non io.”

“Molto bene, allora... agli italiani?”

“Preferirei di no, davvero,” Thorin ride, “agli inglesi, forse.”

“Ora quello rende me riluttante a brindare. Te l'ho già detto, non sono un buon esempio su cui basare gli inglesi.”

Thorin inclina la testa, il suo sorriso incessante, e Bilbo sente anche il proprio sorriso, sente la lieve sonnolenza in arrivo che fa rotolare le parole dalla lingua con molta più facilità, e con molto più piacere.

“Quindi mi stai dicendo che non tutti gli inglesi sono eloquenti, affascinanti... testardi, sorprendentemente belli–”

Sorprendentemente belli?” esclama Bilbo, le guance che divampano di calore, “cosa diavolo ti aspettavi quando mi hai assunto, uno spaventapasseri con una laurea TEFL?"

Thorin ride di gusto, e il cuore di Bilbo batte così felicemente che sente il bisogno di annegarlo nel vino.

“Non mi aspettavo... beh, nulla, basandomi su esperienze precedenti,” offre il Re con un gran sorriso, “certamente non mi aspettavo di trovare... non mi aspettavo di trovare te. Nemmeno nei miei sogni più arditi.”

“Così in nessun momento durante le mie prime settimane qui ti sei riferito a me come 'un vero incubo'?” ribatte Bilbo (sempre una scelta migliore che lasciare che il significato delle parole di Thorin davvero lo sopraggiunga), e il Re ride un po' di più.

“Se l'ho mai fatto, mi dispiace tanto,” risponde, “ma, beh... come potevo saperlo?”

Il sorriso di Bilbo si allarga, ma dopo si dissipa lentamente, perché sì, come avrebbero potuto saperlo? Come avrebbero potuto aspettarsi tutto questo?

“Fidati di me,” dice, con voce molto più seria di quanto volesse, “Nemmeno io mi vedevo seduto con te bevendo un bicchiere di vino allora.”

“Perché questa è la cosa più sconvolgente che abbiamo mai fatto.”

È la volta di Bilbo a scoppiare a ridere – è del tutto inattesa, e quindi il miglior tipo di risata, e deve addirittura posare il bicchiere, per paura di versare tutto il vino sul divano costoso. Thorin lo guarda con una scintilla molto divertita nei suoi occhi, sorseggiando il suo bicchiere, e Bilbo non pensava che fosse nelle sue corde, o che sarebbe stato proprio lui ad assistere a questo, questo gioioso umorismo disinvolto. Sembra così naturale, ma sa che c'è stato un tempo in cui non sarebbe venuto facilmente al Re – da una parte, è immensamente felice (e un po' orgoglioso) di essere lì per lui, ma poi del resto, è solo sabbia negli occhi per i suoi foschi pensieri per quanto riguarda tutti i possibili risultati...

E ce ne sono stati abbastanza per un giorno, decide.

“Hai ragione,” sorride, “Sono sicuro che lì ci sia più potenziale da qualche parte.”

A giudicare dai suoi occhi spalancati in modo quasi impercettibile, la mano con il bicchiere vacillante sulla via del ritorno verso le labbra, Thorin afferra le intenzioni di Bilbo, ed accorciare la distanza è solo una questione di spostamento in una posizione migliore, la pelle liscia della divano cigola dolcemente.

Thorin si sporge in avanti, posando sia il suo computer portatile che il bicchiere di vino sul tavolo, e Bilbo lo incontra a metà strada, i loro corpi si inclinano l'uno verso l'altro come se fossero attratti da una forza invisibile. Le loro ginocchia si urtano mentre Bilbo si tende per avvicinarsi di più, e Thorin, avendo il vantaggio di essere quello più alto, si muove in avanti, una tenera mano sulla guancia di Bilbo. Bilbo si accontenta del petto di Thorin, dita che viaggiano fino a scoprire che la pelle morbida del collo del Re, ed è vino e calore e comfort, e pensa di sapere quanto possa permettersi.

Quando la sua altra mano si appoggia sul ginocchio di Thorin, può quasi sentire il sussulto momentaneo nel suo respiro, ma è una buona cosa, oh, è una buona cosa. Le dita di Thorin trovano le sue, ma non è per fermare i loro progressi, ma per essere semplicemente lì ad ogni passo del cammino. Bilbo sa che Thorin deve prendersi il suo tempo, sa che deve lasciargli determinare il ritmo, ma per questo, deve valicare qualche confine, o almeno dare loro una spintarella molto delicata. Sposta il suo peso in avanti, avvicinandosi ancora di più a Thorin in modo da potersi sollevare un po', affondando le ginocchia nei cuscini. La mano del Re sulla sua guancia si ferma poi per un secondo, e i loro occhi si aprono allo stesso tempo, ma Bilbo non vede altro che ammirazione e fiducia, non importa quanto duramente cerca di individuare qualcosa, qualsiasi altra cosa che potrebbe soddisfare quella piccolissima parte quasi inesistente di se stesso che sostiene che questa sia una cattiva, cattiva, cattiva idea.

Ignorarla è la cosa più semplice che abbia mai fatto, e la sua ricompensa e rassicurazione in uno è il suono Thorin emette quando Bilbo viaggia ancora più in alto, cullando ora con entrambe le mani le guance del Re, e gli dà un bacio più profondo, le ginocchia che scavano nei cuscini ad un angolo che non lo farà durare a lungo. No, sta per... sì, sedersi sulle ginocchia di Thorin se vogliono continuare, e va il più lentamente possibile senza perdere l'equilibrio, ma Thorin lo accompagna così facilmente – c'è qualcosa che gli fa fermare il cuore nel modo in cui adagia la testa, appoggiandola sul poggiatesta del divano con ubbidienza, le sue mani che viaggiano verso i fianchi di Bilbo per sostenerlo, anche se ne ha a malapena bisogno.

Un sospiro un po' sorpreso sfugge a entrambi, perché questo è sicuramente molta più vicinanza di quanto sono abituati, ma Bilbo sente le labbra del Re che si estendono in un debole sorriso sotto le sue, e lo bacia molto più profondamente per questo, per tenerlo lì, ma anche per catturarne un po' per se stesso.

Thorin non è altro che immenso calore, come una fornace, pensa Bilbo un po' delirante, e perché ha passato tutta la sua vita a sentire sempre un po' freddo, si sposta ancora più vicino, petto contro petto, labbra contro labbra, e si assicura solo di essere ancora lento, di offrire ancora spazio a sufficienza per Thorin per ritirarsi ogni volta che ha bisogno. Ma non ci sarà una ritirata stavolta, a quanto pare – le braccia del Re lo tengono al suo posto, e Bilbo appoggia gli avambracci sul poggiatesta, intrecciando le dita nei capelli di Thorin, piegandole e spiegandole di nuovo, accarezzando con forza ma lentamente... Quando ciò viene ricompensato da un gemito docile che Bilbo percepisce ed assapora più che sentirlo, sa che la sua sorte è segnata – sa che farebbe di tutto per scoprirne di più, per imparare tutto il repertorio del piacere di Thorin, studiarlo come qualsiasi altra lingua finché non potrà utilizzarlo correntemente, senza un singolo errore.

Diventa ancora più affamato di conseguenza, la completezza dei loro baci accoppiata con il costante, ma ancora cauto ritmo, li hanno messi entrambi alla ricerca per scoprire più che possono l'uno dell'altro, il morbido calore umido della lingua di Thorin, e le sue mani pesanti e piatte sulla schiena di Bilbo lo portano alla pazzia, lo portano più vicino a lui. Ma ancora non vacilla quando le sue dita prima sfiorano il petto di Thorin, il primo dei bottoni della camicia, occhi dischiusi, sia pure a malincuore, ma quelli del Re sono scuri, incandescenti, privi di senso dell'umorismo, ed è abbastanza.

Sbottona la camicia gentilmente, lentamente, rabbrividendo quando prima sente la morbidezza della pelle e dei peli sotto il tessuto, ma Thorin è ancora lì, non va da nessuna parte, non scomparirà davanti a Bilbo, ed è reattivo come non mai. Tuttavia, ha bisogno di assicurarsene, ha bisogno di vedere che non sta portando le cose troppo lontano – Thorin tiene gli occhi chiusi per un attimo, il mento inclinato verso l'alto, le labbra gonfie e rosse, ma quando si rende conto Bilbo si è fermato, lo scruta da sotto le palpebre pesanti.

“Va tutto bene?” chiede Bilbo, la sua voce è più un sospiro roco, e Thorin si limita a sorridere in risposta, chiudendo gli occhi momentaneamente invece di fare un cenno con la testa.

Gli sfugge un sospiro spezzato quando Bilbo procede, ma Bilbo non può guardare, il suo sguardo incollato alla sua opera, l'ampiezza del petto di Thorin la cosa più accattivante a cui abbia avuto il privilegio di assistere dopo un lungo, lungo tempo.

Qualche volta si dimentica che Thorin è un re. Qualche volta si dimentica che dovrebbe essere in soggezione, che dovrebbe inchinarsi a lui insieme al resto del mondo, che è in presenza di una persona il cui status e gesta lo hanno messo su un piedistallo, volente o nolente, e che quel piedistallo non va scalato, ma adorato da lontano...

Qualche volta Bilbo Baggins si dimentica che l'uomo che gli è permesso di baciare è in effetti un monarca, ed è divertente che, tra tutte le cose, sia la vista del suo petto che glielo ricorda.

Ma mantiene il suo coraggio, grazie a Dio, e prima che qualsiasi tipo di dubbio possa sopraffarlo, si sporge per un altro bacio, Thorin inspira profondamente dal naso, e lascia fuoriuscire l'aria in un soffio, tremante e un po' sorpreso, quando Bilbo sigilla le labbra al suo collo. Si muove con attenzione e cautela in un primo momento, ma è sufficiente per invogliare dolci ansiti, le mani di Thorin che viaggiano per la schiena di Bilbo, lasciando un delicato formicolio nella loro scia. La prima volta che Bilbo preme la lingua sulla pelle calda e bruciante, sente i muscoli dello stomaco di Thorin che si stringono, sente il soffio caldo del suo respiro sfiorargli i capelli, le sue dita che affondando leggermente nelle reni...

Quando all'inizio Thorin emette un piccolo grugnito di dispiacere, Bilbo pensa che sta facendo qualcosa di sbagliato, ma poi anche lui lo sente – qualcuno che sta bussando alla porta, discreto ma persistente.

Ma darûn!” dichiara Thorin ad alta voce, e Bilbo abbassa la testa, un po' sospirando, un po' ridacchiando – le loro teste sono a pochi centimetri di distanza, i loro nasi si sfiorano, e Bilbo sa che sono entrambi su quel vago punto oltre al quale il loro piacere può essere inghiottito e rimandato solo con una grande difficoltà.

Ki Adadizu,” arriva la risposta severa, molto inconfondibilmente di Dwalin, e Thorin si irrigidisce un po'.

“È mio...”

“Ho capito,” mormora Bilbo. Tuo padre.

Spostarsi è un calvario che non aveva mai sperato di subire, e Thorin sembra estremamente riluttante a lasciarlo andare.

“Sono sicuro che non sia nulla di grave,” dice, con voce ancora un po' instabile, “ieri voleva parlare di gamberetti alle due del mattino, quindi io... lo sai. Tu...?”

“Rimarrò qui, sono... non penso che me ne andrò da qualche parte per un po',” risponde Bilbo con sincerità, poi, indicando i capelli arruffati di Thorin e, soprattutto, la camicia sbottonata più della metà, “forse vorresti...”

“Oh.”

La mano di Bilbo si piega a pugno sul divano piuttosto di propria iniziativa, mentre osserva Thorin riabbottonarsi la camicia, ed inclina la testa, sospirando profondamente.

“Mi dispiace per questo, io non–”

“Oh zitto,” Bilbo sogghigna, stravaccandosi sul divano, “Sarei un pazzo se mi fossi aspettato che questo sarebbe stato in qualche modo più semplice."

Thorin è in procinto di dire qualcosa di più, con il suo aspetto deliziosamente scompigliato, ma poi arriva un altro colpo sulla porta, questa volta più forte.

“Vai, vai,” Bilbo scaccia via.

“Prenditi pure più vino, acqua, qualsiasi cosa, io...”

“Lo so, adesso vai.”

E se ne va troppo in fretta per i gusti di Bilbo, e dopo che la porta si chiude dietro di lui, è come se la stanza sia immediatamente un paio di gradi più fredda. Bilbo adocchia i bicchieri di vino sul tavolo, trangugiandoli entrambi, il viso contorto in una smorfia di dolore, e poi lascia cadere la testa contro il bracciolo, e pensa alle promesse.

Quelle che può mantenere, come non muoversi di un millimetro da questo divano finché Thorin non torna e possono riprendere la loro... degustazione di vini, e quelle che non può, come non lasciare che il vino e il fantasma del tocco del Re su tutto il suo corpo lo inducano in un falso senso di sicurezza.

Alla fine, fallisce epicamente su tutti i fronti possibili addormentandosi sul divano prima del ritorno di Thorin, e questo dovrebbe essere una sorta di un indicatore di dove tutto questo è diretto, ma Bilbo Baggins si rifiuta di vederlo, e sogna la pace invece.

 









Dizionario:
âzyungel - tesoro, amore mio
Ma darûn - Non adesso!
Ki Adadizu - è tuo padre
   
 
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