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Autore: Will P    12/01/2009    5 recensioni
"[…] È Joe, che lo nota solo dopo aver mollato la chitarra ad uno dei tecnici; sul suo volto si apre un sorriso pigro mentre lo guarda con occhi lucidi da dietro le palpebre pesanti, e appena inizia a camminare lentamente nella sua direzione, sempre sorridendo, con gli occhi sempre più brillanti, Andy nota qualcosa di insolito. Non fa in tempo a domandarsi cosa, però, che si ritrova Joe addosso, il sorrisetto imperturbabile dritto contro la sua faccia, ed è strano, perché mezzo secondo fa era dall’altra parte della stanza, come…?
Joe lo bacia."
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andrew Hurley, Joe Trohman, Patrick Stump, Peter Wentz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III

III. Progress report: I’m missing you to death

 

« Non va bene così. »

Patrick lo sa che non va bene: Pete è seduto sul suo cappello perchè si è convinto che lui dovrebbe iniziare a portare bandande, non va per niente bene. « Pete, non ho intenzione di mettermi un fazzoletto in testa. »

Pete lo guarda come se fosse pazzo. « Ma di che stai parlando? » Di che stai parlando tu, vorrebbe dire Patrick, ma sta zitto e fissa Pete in attesa che le sue sinapsi seguano il loro corso con i loro ritmi, come sempre. « Quei due non vanno bene! »

Anche questo Patrick lo sapeva già, visto che basta incrociarli per capire che tirano avanti per pura cocciutaggine. Sono chiaramente sull’orlo del cedimento nervoso, e l’unico motivo per cui questa storia è andata avanti oltre il sopportabile è che sono due coglioni.

« Scordatelo » dice. Pete lo guarda con espressione ferita. « Niente bandana? »

« …possiamo condurre una conversazione alla volta? » Si massaggia le tempie. Pete ridacchia divertito dall’emicrania che gli sta facendo venire, il piccolo mentecatto, mentre si sistema più comodo sempre sul cappello di Patrick. « No, quello che volevo dire- »

« Scordatelo. »

« Ma non sai-! »

« No » dice perentorio. Lo guarda eloquentemente, con un che di talmente definitivo nella posa delle spalle che Pete sbuffa, si tira via il cappello da sotto il sedere e glielo passa riluttante. Patrick veramente si stava imponendo nell’altra conversazione, ma è sempre un passo avanti; si risistema il berretto stropicciato in testa, rilassandosi un po’.

« Comunque » riprende Pete « Anche se non vuoi lasciarmi esprimere liberamente resta il fatto che è giunto il momento di entrare in azione. »

Pete legge troppi fumetti. Ma - Patrick non è proprio dispiaciuto di ammetterlo, però gli fa sempre un effetto strano - ha ragione: se aspettassero una mossa da parte dei loro compagni potrebbero tranquillamente arrivare al tanto millantato collasso della società di Andy.

Si lascia cadere sul divano, appoggiando la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi. « Dunque? » Sente Pete battere le manine e poco dopo lo sente piombargli addosso di mala grazia, infilandogli un gomito nella pancia mentre si sistema con il capo sul suo grembo e i piedi penzolanti oltre il braciolo del divano. Riesce a figurarselo perfettamente che gesticola, lo sguardo acceso e l’aria esaltata, quando dice: « Dobbiamo parlarci. »

 

« Parlagli. »

« No. »

« Parlagli. »

« No. »

« Sei un idiota. »

« Lui di più. »

Patrick si dà una manata in faccia, chiedendosi sconsolato se l’idiozia di Pete sia trasferibile da persona a persona. Forse è uno dei segni dell’Apocalisse - Pete dalla sua parte a cercar di far ragionare Joe, e Andy, il saggio, solido Andy che latita in sindrome premestruale perpetua. Si toglie gli occhiali e se li pulisce sulla maglia con gesti lenti, più per abitudine che per necessità. « Joe, dovete far pace. »

« Io voglio far pace » mugugna.

« E allora vai! »

« Sono già andato, okay? » dice infastidito, rabbuiandosi. « Mi sono rotto di fare sforzi inutili. »

Patrick si rimette gli occhiali con un sospiro. « Così però non possiamo continuare. »

« Mi ha cacciato via a giornalate! »

« Non è che non abbia mai fatto di peggio… » s’intromette Pete, con un’espressione compunta che lo fa sembrare infinitamente ridicolo, nella sua felpa sgargiante e pettinatura senza senso. La situazione in sé è infinitamente ridicola, con tutto il suo carico di psicodramma che basterebbe per un paio di serie di O.C., ma Patrick si impegna sempre a non pensarci. Per la salute mentale, sapete.

« Ma- non- …è diverso! » farfuglia Joe. È veramente diverso dalle altre occasioni, quelle volte in cui qualcuno di loro veniva alle mani tanto per, quando stare rinchiusi per interminabili ore e chilometri con le stesse solite facce diventava insopportabile e serviva una distrazione; non c’erano state risate, non avevano superato il limite, niente esagerazioni scherzose fatte per gioco - era stato un unico gesto semplice diretto e spietato, e Joe non aveva mai visto una luce del genere negli occhi di Andy, tutto il rimpianto, il dolore, ma soprattutto la rabbia.

È diverso perché Andy non ha intenzione di far pace, e lui non è sicuro di essere in grado di sopportare la verità dietro quello sguardo ferito.

Patrick lo fissa negli occhi da sopra il bordo degli occhiali, serio, con l’aria di uno che è in grado di leggerti dentro e ha tutta l’intenzione di farlo, e subito. Joe si muove a disagio e abbassa il viso, consapevole di essere, per l’altro, più facile da leggere di uno spartito; abbassa gli occhi perché per una volta ci sono cose che non sa se vuole condividere.

Pete fa un verso scocciato. « Io non ho intenzione di fare un solo altro concerto con voi altri smorti a sbagliare ogni canzone, non posso tener vive due ore di live tutto da solo. »

« Fa piacere essere considerati » fa acido Patrick, mentre Joe sbotta: «Io non sbaglio le canzoni! »

Pete li ignora entrambi. « Chiarite quello che c’è da chiarire o vi chiarisco io a sberle. »

Cala un silenzio in cui Joe riesce a visualizzare in maniera preoccupantemente realistica Pete che li tiene per la collottola e fa cozzare le loro teste a tempo. Incassa automaticamente la testa tra le spalle, guardandosi intorno con aria afflitta.

« È che… » tentenna « …non so cosa ho fatto. »

Tenendo lo sguardo basso non vede l’occhiata che passa tra Patrick e Pete.

 

Andy si sente abbastanza di merda.

È un po’ come quella volta in cui Joe aveva usato i suoi piatti come posacenere e avevano dovuto portarlo via per non fargeli rompere in testa all’idiota, solo che quella volta gli aveva urlato ogni genere di imprecazione conosciuta piuttosto che ignorarlo. Solo che quella volta Joe gli aveva rovinato i patti, non spezzato il cuore.

Sbatte la fronte sul tavolo perché sta davvero sfociando nel ridicolo, con certi pensieri. Patrick, tirando fuori la testa dal frigo, lo guarda strano. « Tra venti minuti arriviamo all’albergo » lo informa.

Albergo vuol dire, finalmente, un letto che non balli la samba ad ogni buca, ed è un pensiero che lo rallegra enormemente. Ma, al contempo, vuol dire stanze doppie. « Camera insieme? » mormora con il viso ancora contro il tavolo. Lo sguardo preoccupato di Patrick gli perfora la nuca, ma l’amico gli assicura che certo, non c’è problema, perciò lo ignora in favore di un po’ di sana autocommiserazione.

Adesso si aggiunge il carico di senso di colpa per costringere Pete lontano da Patrick, misto alla vaga, deprimente consapevolezza che Pete utilizzerà tutto il tempo che dedicherebbe ad appiovrarsi a Patrick per guardare male lui. Non è di consolazione il pesiero che un Wentz in modalità vendicatore è un modo sicuro per non avere Joe intorno.

Sta incominciando a stufarsi. Sta diventando pesante evitarlo, non parlargli, far finta di non vederlo quando è precisamente lì, così vicino che basterebbe spostare una mano per sentire il fruscio dei suoi vestiti sotto le dita. Si chiede che diamine stiano facendo ed è tentato di allungarla, quella mano, ma poi si ricorda subito del bacio, delle stupide speranze, del che ti aspettavi, ero strafatto - e se è così brusco e doloroso il ritorno alla realtà, allora preferisce restare con le mani in grembo a fissarsi, senza vederle, le scarpe. Perché è codardo come non avrebbe mai creduto, annichilito dalla prospettiva di perdere quel poco di Joe che gli resta; così invece, sforzandosi di ignorarsi, sono in qualche modo ancora vicini.

Ma poi quando hanno superato i fan e la security e il trasporto bagagli e sono finalmente nell’albergo, fa per prendere una delle chiavi posate sul banco della reception e cozza contro la mano di Joe.

Per la prima volta dopo tutti quei giorni si guardano negli occhi, con una sorpresa che non è data solo dalla coincidenza di volere la stessa chiave. C’è Pete che aveva già preso una chiave, e c’è Joe che aveva dato per scontato che Patrick sarebbe stato insieme a Pete, e c’è anche Andy che, per un attimo, si era chiesto perché Joe volesse prendere la chiave della loro camera quando la stava già prendendo lui.

Ma poi, quando Joe gli volta le spalle e se ne va senza una parola con uno sguardo duro, Andy si rende conto che non sono così vicini come cercava di illudersi.

 

Il minibar della stanza di Pete è totalmente vuoto. Sarebbe normale se nella stanza non ci fosse anche un Patrick, e il contenuto di quel minibar non fosse sparso sul letto insieme a loro due e Joe.

Perchè Pete ha indetto una seduta di terapia di gruppo.

(L’alcol, dunque, è chiaramente per Patrick.)

« Come ti sei sentito? »

Joe è riverso sul cuscino e non si prende nemmeno la briga di spostarsi il braccio dalla faccia per rispondere. « Non credo di volerne parlare con voi. »

« Non credo che sia importante quello che vuoi tu » cinguetta Pete.

« Paaaaaatriiiiick… »

« Io sono qui solo per ascoltare » proclama Patrick con l’aria più seria che può avere qualcuno che sta ciucciando una bottiglietta di Martini. Pete gli dedica uno dei suoi sorrisi che illuminano le stanze a giorno.

« È che… » tenta Joe. Non sa bene come spiegarlo. Non sa bene nemmeno cosa sta tentando di spiegare. « Bello. Sarà stata l’adrenalina, ma mi sentivo bene. Realizzato. »

« Sì, ma Andy cosa ha fatto con la lingua? »

Pete finisce a terra vittima di una mossa combinata.

« Ti ricordi cosa ha fatto dopo? » prosegue Patrick come se niente fosse.

Silenzio di riflessione. « Oltre a decidere di odiarmi? » ride senza allegria Joe. « Non ha fatto niente, è rimasto lì come un pesce lesso. »

E tremava, ricorda. Era scosso da brividi che ha imparato a memoria mentre gli faceva scorrere le mani lungo le braccia, sul petto, sui fianchi, vibrava contro il proprio corpo e sapeva di eccitazione e di musica e di buono-

« Be’ è un… buon segno » Patrick si guarda intorno. « Vero? »

« Vuol dire che Joe si fuma anestetizzanti » Pete rischia di rotolare giù dal letto di nuovo.

« Perchè pensi che Andy abbia reagito così? »

« Se lo sapessi non sarei qui! » Perchè si sta prestando a questa farsa? Gli fa solo tornare in mente cose sconveniente e dolorose. « Perchè sono un idiota, perchè gli sono saltato addosso senza il suo permesso, o magari perchè sono un uomo?! »

« Forse perchè avevi fumato? » prova Pete. Patrick si gira a guardarlo. « No, pensateci: Andy è edge. La bocca di Joe sarà stata un miscuglio di alcol e fumo o addirittura carne, vi immaginate che schifo deve aver fatto a quel povero cristo? »

Joe lancia un gemito da cane morente. Patrick, però, sembra preso da qualcosa. « Sai, non è una cosa stupida… può essere questo il problema, che hai agito sotto l’influsso di una sostanza artificiale. »

Non è propriamente vero. Probabilmente - magari tra molto tempo, magari in un altro modo - Joe avrebbe ceduto ugualmente, perchè non è l’influsso di una sostanza artificiale: è l’influenza di Andy. Ma non lo dice perchè gli sembra un po’ troppo presto per formulare certi pensieri ad alta voce. « Mi ha preso a sberle quando ho tentato di scusarmi dicendo quello. »

Tutto tace. Tace così tanto che Joe solleva il braccio e sbircia spaventato, già immaginandosi Pete e Patrick morti o svenuti o rapiti da qualche mitomane; invece li trova immobili con le espressioni perfettamente identiche, due maschere gemelle di orrore e raccapriccio che sbottano in coro: « Tu hai fatto COSA? »

« Ho… » deglutisce. « Quando gli ho chiesto scusa, gli ho detto che quando l’ho- quando è successo quello non ero in me perchè avevo fumato e non mi ricordavo nulla. »

Lentamente, le facce di Patrick e Pete si piegano in due smorfie compassionevoli. « Spiega molte cose » dice Patrick.

Pete resta ancora in silenzio, poi alla fine apre bocca con aria insolitamente grave. « E’ ora di risolvere la faccenda. »

 

 

 

 

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Titolo da I Slept With Someone In Fall Out Boy Et Cetera.

Capitolo totalmente inutile \o/ ah no, scusate, si dice “di passaggio”. Comunque, a titolo informativo, io tra me e me chiamo questa fic Quella In Cui Sono Tutti Stupidi - giusto per darvi un’idea di quanto mi diverto a farli comportare da decerebrati XD

 

Da: Dear, sono sopraffatta dalle tue virgole e dal tuo delirio X’D Sappi che vorrei tanto ribattere punto per punto ma dopo finiremmo con una risposta più lunga del capitolo e uhm, non è il caso. In breve, sei troppo tata e hai ragione su tutta la linea, soprattutto perché questa fic è l’apoteosi dell’idiozia \o/

Sophy: Nu, non morire, io voglio farvi vivere felici in un mondo con più Andy nudo più Trohley ;__; Prava, spupazza Joe che nonostante Andy sia parteggiato dall’autrice qui soffre come un cane, ma… si vedrà >:3 *ridacchia* *abbraccia*

Blaise: Donna esaltata, non spoilerare xD Sei troppo <3 per leggerti tutto ottomila volte e commentare e ugh, ti amo, lo sai vero? Repetita iuvant u_u (E non fare le ore piccole che stai male!)

 

Nel prossimo, ultimo capitolo, troveremo: reazioni inconsulte, tante urla, gradini di marmo, e una brutta sorpresa per qualcuno! A lunedì, se non addirittura prima visto che a) il capitolo è pronto b) non mi fa nemmeno troppo schifo e c) non ho una vita sociale. Yay!

Will

   
 
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