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Autore: Soleil Jones    21/06/2015    3 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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 Alla volta della West Coast

 
 
George ancora non poteva crederci: un ragazzino magro come un fuscello in sella a un drago grande tre volte lui lo aveva salvato?
Sul serio?
Questi americani sanno il fatto loro ― si ritrovò ad ammettere quando fu di nuovo a terra, con la bacchetta nuovamente in mano sua ― Charlie adorerebbe questo tizio.
Lukas guardò Rookwood e Dolohov accigliato.
«O vi arrendere spontaneamente, voi due, o mi vedrò costretto a consegnarvi agli Auror con la forza.» E nel dirlo il drago su cui era in groppa assottigliò gli occhi verdi, emettendo un basso ringhio.
Benché ne fossero visibilmente intimoriti, però, i due Mangiamorte non batterono ciglio.
«Non sei un po' troppo giovane per porre condizioni, ragazzo?»
«E tu—» Dolohov si irrigidì di colpo e, voltandosi, John vide sbucare dall'ombra un altro ragazzo. Alto e dalla postura fiera. Il viso era coperto da una maschera, ma attraverso le fessure di quest'ultima brillavano due zaffiri sbeffeggianti e sicuri. «—non sei un po' troppo vecchio per usare la bacchetta, nonnino?»
L'affermazione non dovette piacere molto a Rookwood, ma essendo braccato da due maghi – e un drago – dubitava di poter dar retta ai suoi istinti omicidi.
«Ci sono altri marmocchi che giocano a fare gli eroi o abbiamo finito?» Ringhiò, usando il braccio buono per tentare di scagliare una Maledizione a sorpresa.
Ma dalla sua bacchetta non uscì nulla, poiché un lampo di luce rossa bloccò il Mangiamorte nel momento stesso in cui sfiorò di striscio la punta del suo naso aquilino.
Avanzando a passo aggraziato e deciso, quella che Eric riconobbe a stento come Julchen – anche lei mascherata e con una parrucca viola acceso in testa – si fermò a pochi passi da Rookwood.
Della dolcezza che aveva ispirato ad Eric la prima volta che l'aveva vista non c'era più traccia.
«Abbiamo appena cominciato, sir.» Annunciò con un tono tanto dolce quanto tagliente.
«Entrata ad effetto, Sigyn, come sempre del resto.» Commentò divertito Apollo.
«Già, tu però dimentichi sempre le buone maniere.» Lo ammonì con nonchalance il ragazzo dagli occhi azzurri, puntando contro il suo compagno la bacchetta; «Signori, prima di prendervi a calci mi pare dovuto fare le presentazioni. Dunque: Apollo e Incendio,» poi passò alla giovane con la parrucca «Sigyn» e poi chinò lievemente il busto. «Loki.»
Una risata roca uscì dalla bocca di Dolohov. «Che razza di nome é “Loki”?»
Il giovane americano emise una mezza risata soddisfatta, gli occhi azzurri ridotti a due fessure entusiaste, cosa che mise George sull'attenti. «Speravo proprio che me lo chiedessi.»
E di lì, ricominciò la battaglia.
 
 
*
 
 
Madame Hawk era stata ad ascoltarli con attenzione per tutto il tempo, senza distogliere lo sguardo dai due giovani sconosciuti i quali avevano cercato, sulla base dell'esperienza avuta, di descrivere al meglio il funzionamento del libro e del diario rinvenuti senza tuttavia svelare alla donna più del minimo indispensabile.
Sarebbe morta prima dell'indomani, a quanto ne sapevano Max ed Hailey, ma la prudenza era essenziale in un lavoro come il loro.
In realtà a parlare dal punto di vista tecnico fu Max che, in quanto Scrutatore, aveva scorto con nitidezza ogni sensazione provocata dall'oggetto in Hailey la quale, invece, non aveva mai smesso di essere confusa sulla faccenda. Si limitò a intervenire di tanto in tanto e, nel mentre, girovagò un po' per il misterioso negozio, arricciando il naso; o aveva mangiato male a pranzo o c'era qualcosa di marcio in quel posto.
«Oggetti innovativi, non c'è che dire; perfetti per chi vuole farsi gli affari propri senza avere scocciatori intorno.» Annuì tra sé e sé Glenda, seduta comodamente a un tavolino.
James la guardò con insistenza, appoggiato allo stipite della porta serrata; assottigliò gli occhi, non percependo nel tono di voce della donna alcuno stupore. Qualcosa non gli tornava, non era tranquillo. Si rigirava il suo Stilo tra le mani, pronto ad aprire un portale; non gli importava se per lui e i suoi compagni o per quella donna. C'era un limbo, in genere, tra le varie dimensioni e le varie epoche, tramite il quale i TimeRiders viaggiavano senza problemi, pur spesso rischiando di attirare creature provenienti da quel luogo; una volta o due era capitato, da quanto sapeva, che un umano vi si perdesse, e non ne aveva più fatto ritorno.
Forse era crudele da pensare, ma se si fosse rivelato necessario ce l'avrebbe spedita, quella donna.
«Sono vostri articoli, quindi?» Domandò Hailey, sedendosi di fronte alla donna.
«Per Merlino, figliola, puoi scommetterci!» Rispose fiera la strega. «Sono come una Passaporta, solo più discreta, se capisci che intendo. Con quelli non hai bisogno di andare a fare richiesta al Ministero, i contraffattori usano molto quel genere di prodotto.»
«E funziona solo nello spazio?» Chiese Max, dubbioso; nella sua percezione della situazione, sospettava che qualcuno – e avrebbe anche avuto un nome da suggerire in proposito – volesse arrivare al futuro. O far arrivare esso fino al passato.
«Per spostarsi nel tempo esistono le GiraTempo, Steve.» Rispose con veemenza Madame Hawk. Si alzò e, col capo, indicò quello che pareva un grosso specchio rotondo coperto da due dita di polvere. «Questo è il primo prototipo di quello di cui mi avete parlato, ragazzi.»
Si avvicinò allo specchio polveroso e gli diede un colpo con la punta della bacchetta magica, proprio al centro del vetro.
James arricciò il naso e si avvicinò a braccia conserte, osservando attento le increspature comparire sulla superficie dell'oggetto; d'un tratto, fu come se non stesse più guardando uno specchio – fatto, quindi, di vetro – ma bensì acqua.
Acqua luminosa, per altro, praticamente fluorescente.
«Sta tutto nella testa di chi lo usa, sono due articoli in uno. Prendi questa, Darcy.»
Hailey afferrò al volo una grossa coppa d'oro, interdetta. «Cosa...?»
«Sono oggetti incantati, imbevuti di una pozione speciale.» Così dicendo, madame Hawk indicò alla giovane lo specchio. «Sembra acqua, quella, vero?»
James sgranò impercettibilmente gli occhi cerulei. «Non può essere.» ed evidentemente Max dovette avere i suoi stessi pensieri poiché, aggrottando la fronte, si avvicinò in una falcata all’oggetto e fece per immergervi la mano.
«Ragazzo!» Tuonò la signora Hawk, facendo sussultare Hailey. «Non farti venire strane idee, intesi? È pericoloso, oltre quel velo d’acqua esistono mondi, epoche, cose che sfiorano il limite dell’inimmaginabile.»
«Immagino che domandarvi come siate riuscita a riprodurre una simile pozione sarebbe inappropriato.» Commentò sarcastico Max.
«Immagini bene.» Sibilò Madame Hawk. Lo Scrutatore le lanciò un'occhiata torva e si allontanò dallo specchio, mentre Hailey esaminava con strano interesse la Coppa dorata che le era stata lanciata, probabilmente cercando di forzare i suoi poteri di Empatica.
«Una cosa del genere» Esordì a mezza voce. «avrebbe motivo di essere, non so, tramandata?»
James sorrise soddisfatto; Hailey aveva centrato il punto.
«Non molto perché vedi, cara, una volta che il legittimo proprietario marchia almeno uno dei due oggetti questi troveranno sempre il modo di tornare da lui.»
«Ma potrebbe essere utilizzato da altri?» Insistette Hailey; davanti ai suoi occhi, vide apparire un luogo luminoso e pieno di libri dall'aria familiare; due piccole sagome e una più slanciata che, con due libri alla mano, dopo un po' svanivano in un getto d'acqua.
Immagine che si riflesse nella mente di Max con più nitidezza e che gli permise di distinguere un tratto interessante dell'adulto del trio: il colore sgargiante dei capelli. Dopodiché tornò a vedere normalmente.
«Non se non è il proprietario stesso ad autorizzarli.» Rispose intanto Madame Hawk.
Max sentiva ancora lo sguardo della donna piantato sulle sue scapole quando, fingendosi interessato alla brutta copia di una mano tranciata, sentì la propria bacchetta vibrare lievemente nella sua tasca. Guardò con la coda dell'occhio Hailey, così concentrata – persa – nella conversazione e Madame Hawk, sempre più vicina all'Empatica.
«Tu e Steve siete proprio una strana coppia, tesoro, lo sai?» Max ed Hailey avvamparono all'istante. «Non mi capita spesso di ricevere ragazzi così giovani. Perché non avrete più di diciassette anni, no?»
«Venti.» Rettificò seccamente Max in un borbottio, guardando altrove.
«Noi. . . ecco, stiamo svolgendo delle ricerche davvero molto importanti, altrimenti non avremmo osato importunarla, signora.» Aggiunse il più educatamente possibile Hailey, passandosi la coppa tra le mani tremanti.
Madame Hawk sorrise melliflua e guardò prima il rigonfiamento della tasca superiore della giacca di Hailey – dove quest'ultima custodiva la sua protezione – e dopo quello della tasca dei jeans di Max, entrambi della stessa identica grandezza.
James fece schioccare la lingua sul palato e, pur non potendo essere sentito, disse: «Ci aspettava.»
Si avvicinò allo specchio e vi puntò contro lo Stilo; senza rendersene conto quella donna aveva creato ben altro che un sistema illecito di teletrasporto e questo dovevano averlo intuito anche Max ed Hailey.
Nemmeno il tempo di farlo scattare che il frastuono del tavolino che veniva ribaltato e la voce di Max che urlava: «Lumos Maxima!» lo fecero sobbalzare.
La luce irradiò l'ambiente chiuso di Magie Sinister tanto che l'Osservatore dovette strizzare gli occhi per distinguere il volto contratto di Max, frapposto tra Madame Hawk e Hailey.
La donna, estremamente infastidita, balzò all'indietro emettendo un verso che di umano aveva poco e niente; Hailey sgranò gli occhi chiari al vedere il suo sguardo iniettarsi di sangue ed i suoi canini allungarsi e appuntirsi tutto d'un colpo.
«È un vampiro!» Urlò rivolto a James Max, prima di venir sollevato di peso e scaraventato contro uno scaffale, le cui tavole e oggetti crollarono all'impatto, preceduti dal ragazzo.
Sommerso per metà da legno e oggetti strani, il moro fece appena leva sulle braccia, ricrollando subito a terra; la bacchetta sfuggitagli di mano dispersa chissà dove in mezzo a tutto quel caos.
Hailey urlò il nome del compagno spaventata e fece per raggiungerlo, quando, contemporaneamente al debole richiamo di Max, Madame Hawk l’afferrò per la gola e la sollevò da terra.
«James. . .!» Continuava a biascicare Max. Ma non c'era bisogno di chiamarlo: l'Osservatore si era già tolto di gran fretta la protezione, infilandosela in tasca e, senza pensarci, aveva piantato lo Stilo nella carne del vampiro.
La creatura urlò e cercò, facendo cadere a terra Hailey, di arrivare a togliere il corpo estraneo piantato nella sua schiena. James estrasse lo Stilo, ma non fece in tempo a sostituirlo alla bacchetta che Madame Hawk, che ora poteva vederlo, gli ringhiò contro.
«Che diavolo stai facendo, ragazzino?!» Tuonò assatanata. «Gli accordi erano chiari: i mocciosi sono mie prede!»
Calò il silenzio, attorno a James: sentì il respiro mozzarglisi, il cuore fermarsi e l'aria attorno a lui raggelarsi. Con gli occhi cerulei persi a guardare il viso impallidito e sconvolto di Hailey e gli occhi sgomenti e increduli di Max, realizzò chi fosse il responsabile dell'interferenza riguardante il diario e il libro. E, vergognandosene, non ebbe il coraggio di sostenere quegli sguardi, sentendosi in parte responsabile di tutto.
La colpa era sua e non poteva cambiare le cose, stavolta.
«Stai al tuo posto.» Si sentì intimare dal vampiro. Poi qualcosa lo scosse violentemente: una voce preoccupata lo chiamava e due mani piccole e forti gli arpionavano le spalle, infondendogli uno strano tepore.
Eppure James in quel momento non vedeva nulla, se non il disastro che aveva causato.
La presa di calore gli venne strappata via e, sbattendo gli occhi con fare stordito, il biondo cerco di riscuotersi, alzando lo sguardo su Max, il quale con tutta probabilità si era procurato un paio di costole fratturate, ma che cercava comunque di muoversi e alzarsi.
«Jᴀᴍᴇs
Come una secchiata d'acqua fredda, la voce rotta dalla paura di Hailey lo destò completamente dal suo stato di trance. Con una forza inaudita per una ragazza tanto esile di statura, l'Empatica fece indietreggiare il vampiro con un pugno per poi, con uno scatto, spingerlo oltre lo specchio.
«Hailey!» Attraversando la stanza in poche falcate, James afferrò una mano della compagna, cercando di tirarla a sé mentre le mani artigliose di Madame Hawk le attanagliavano le spalle, decise a trascinarla oltre lo specchio.
«James, per favore, non mollare la presa!» Singhiozzò Hailey, cercando di liberare il braccio prigioniero della stretta del vampiro e sentendo la mano con cui si affermava al compagno tremare in maniera innaturale. Sentiva delle urla, delle voci oltre quel velo d'acqua, testimoni delle terribili creature che abitavano il limbo. Rimbombavano maligne nei suoi timpani, dandole il tormento.
«Non ti lascio―» Le rispose prontamente James. «Hailey, tieni duro, andrà bene, fidati di me!»
Prati e nubi si scontrarono e, in quel momento, Hailey non seppe che rispondergli.
«Fidati di me, Hailey, ti prego! Non finirai là fuori!» Ripeté James, serrando la mascella e cercando di tirarla via con più forza.
«Non lo permetterò―!» Commentò in un singhiozzo sofferente Max, ingoiando il dolore provocatogli dalle sue povere ossa e facendosi largo tra i vari oggetti e simili in cerca della sua bacchetta. Alzò lo sguardo allucinato su James e Hailey in tempo per vedere quest'ultima liberarsi un braccio e togliere di mano al biondo lo Stilo, per poi piantarla nel bel mezzo dell'acqua.
Illuminandosi, questa iniziò a ghiacciarsi e cementarsi, finché anche la presa forsennante di Madame Hawk non s'irrigidì. Hailey si ritrovò tra le braccia di James, relativamente al sicuro, a fissare con occhi esterrefatti il suo operato. Si scostò bruscamente e gli rese lo Stilo, sconvolta.
«Che cos'ho fatto?!»
James non fece in tempo a risponderle che un lampo di luce passò a pochi centimetri dalla sua nuca, diretto allo specchio. Strattonò Hailey sotto uno scrittoio e la strinse per ripararla dall'esplosione di cristalli che avvenne di lì a pochi attimi.
Quando riaprì gli occhi, notò Max accasciarsi al suolo, il braccio proteso e la bacchetta strettamente impugnata.
Il resto del negozio era praticamente in pezzi.
Hailey sgusciò via e raggiunse di corsa lo Scrutatore, dimentica di tutto il resto.
«Max! Max, rispondi! Maledizione, Max! ― James, dobbiamo portarlo alla base. Subito!»
«Sì, io. . . Apro subito il portale.» Annuì frastornato il sedicenne.
Avrebbe pensato ai mostri del suo passato in un altro momento.
 
 
*
 
 
Non fosse stato che li aveva visti venire condotti via da Sigyn, George non sarebbe stato così concentrato nella lotta. Nel momento stesso in cui Loki aveva alzato la bacchetta di scatto, aveva creduto che l'avrebbe usata per Maledire o Rookwood o Dolohov; invece era stato un incantesimo di Disillusione a partire, diretto al drago del ragazzo chiamato Apollo il quale, subito dopo, era balzato a terra e aveva allontanato dalle rive del fiume tutti i presenti, per poi attaccare Rookwood.
Dalla statura, l'inglese non avrebbe saputo intuire la loro età precisa, ma sperò per il loro bene che fossero maggiorenni, data la mole e la potenza degli incantesimi da loro lanciati. Non aveva dimenticato quante ne aveva passate Harry, anni prima solo per aver usato l'Incanto Patronus contro due Dissennatori.
Aveva perso di vista Apollo pochi istanti prima, quando si era lanciato nella piccola folla di combattenti che era accorsa; non erano i soli a combattere quella sera.
Poteva anche aver privato Rookwood di una mano, ma ciò pareva averlo reso furibondo e pronto a farlo a pezzettini; e per quanto fosse abbastanza lesto e reattivo da non lasciarsi sopraffare, dopo quelle che a George parvero ore bastò un attimo concessosi per riprendere fiato perché un incantesimo lo colpisce in pieno, facendolo finire contro le porte automatiche del Wizard Fairfield Inn.
Accusando la botta, George non poté che ignorare la voce di Loki che gli intimava di allontanarsi dall'edificio per creare uno scudo che lo proteggesse dalla Maledizione Cruciatus. A sorpresa, non appena interruppe il maleficio, Rookwood lo disarmò e la bacchetta di George finì a tre metri da lui.
«Sei con le spalle al muro, eh?» Annaspò trionfante Rookwood. «Questa scenetta mi sa di dejá-vu.»
Quelle semplici parole bastarono a far montare in George un'ira che raramente, in tutti quegli anni, lo aveva colto; ira che, nel caso specifico, attenuava il bruciore della ferita ancora aperta e sanguinante provocata dalla morte di Fred.
Se al suo posto ci fosse stato chiunque altro si sarebbe arreso all'evidenza, ma non lui; l'idea non gli passò nemmeno per l'anticamera del cervello: arrendersi adesso?
Dopo tutto quello che aveva rischiato?
Dopo essere arrivato fin là?
Guardò la punta della bacchetta del Mangiamorte rabbioso, maledicendo la troppa distanza che lo separava dalla sua; no, arrendersi era fuori discussione e se avesse avuto la sua bacchetta a disposizione gliel'avrebbe fatta vedere, a quell'infame.
Gli prudevano le mani nel senso letterale del termine e attorno a lui l'aria si smosse con violenza, tanto che a un certo punto lui stesso si chiese se non fosse opera sua.
 
- Usare i nostri poteri è più semplice così, perché si concentrano tutti in un oggetto particolare con cui creiamo un legame. Ma si può anche fare a meno delle bacchette, volendo, una volta diversi maghi e streghe praticavano la magia senza. -
 
D'istinto, pensò intensamente: “Incendio!” e la sensazione di formicolio alle mani si espanse in tutto il suo corpo, per poi, semplicemente, svanire, dandogli i brividi. E la veste di Rookwood prese fuoco.
Il tempo che il Mangiamorte impiegò per dominare le fiamme con un «Aguamenti!» bastò perché George recuperasse la bacchetta.
«Stupeficium
Lo Schiantesimo lo mancò di poco. George lanciò, di rimando, la Fattura delle Pastoie seguita da altre mentre, indietreggiando, si ritrovò all'interno dell'atrio del Wizard Fairfield Inn.
Era mezzo distrutto, pareva quasi che un tifone fosse passato di là, devastando quello che prima doveva essere un salone vivace e pullulante di gente.
Respinse una maledizione e ne scagliò un'altra a sua volta, quando uno degli Schiantesimo di Rookwood andò a segno e George volò contro un pannello completamente intatto, fatto di cristallo, ritrovandosi, come per magia, addosso ad un uomo in giacca e cravatta, in una toilette – costellata di grossi cocci di vetro – per di più!
Inutile dire che questi si mise a urlare mentre George, massaggiandosi il fondoschiena e biascicando delle scuse poco sentite, lo trascinò fuori dal cubicolo.
«Spero vivamente che quell'affare che ho sentito contro il mio fondoschiena fosse il manico della sua ventiquattrore.» Borbottò spingendo l'uomo fuori dal bagno e affrettandosi a far sfoggiare i restanti a suon di scosse sul sedere lanciate con la bacchetta. «Muovete le chiappe, forza! Fuori, fuori di qui!»
 
 
*
 
 
«Salite quelle scale!» Ordinò loro Sigyn, strattonando la mano di Eric di modo da attirare lui e John a sé; nello stesso istante una vetrata alle sue spalle andò in frantumi. «Il Wizard Fairfield Inn è tutto un passaggio per la New York Babbana, capito? Per intero, fino a un raggio di quaranta metri. E la costruzione ne conta trentacinque.» Aggiunse velocemente, lasciando andare i gemelli e dando loro uno spintone.
Dopodiché si voltò a duellare con Dolohov.
Eric boccheggiò stordito; davanti ai suoi occhi tutto si muoveva al rallentatore e in maniera sfocata, una strana sensazione gli attanagliava le viscere: paura?
Oh, sì, molta.
Si riscosse quando John lo afferrò per un braccio e lo trascinò con sé su per la rampa di scale. «Corri, Eric, corri!»
Assicuratasi che i gemelli fossero fuori dalla portata del Mangiamorte, Sigyn lanciò uno Schiantesimo a quest'ultimo prima che potesse seguirli, mancandolo per un soffio e di proposito.
«Tu non vai da nessuna parte!»
«Vuoi il gioco duro, piccoletta?» Fece aspro il fulvo, caricando l'americana con una maledizione. Gli occhi blu di Sigyn riflessero la luce verde abbagliante dell'Anatema scagliatole e, all'ultimo minuto, la giovane eresse una barriera invisibile, venendo travolta da un'onda d'urto che la fece volare per metri e metri, mandandola a schiantarsi contro la parete.
Gemette intontita e dolorante, Sigyn, e dopo un po' tacque.
Antonin ghignò soddisfatto, scavalcando il corpo della giovane.
«Eccoti servita.»
 
 
*
 
 
«Incarceramus!» Esclamò a gran voce un uomo sulla trentina contro il Mangiamorte che stava fronteggiando e cercando di raggiungere il Wizard Fairfield Inn.
Attraverso la vetrata della grande porta d'ingresso, con sommo orrore, vide un gruppo di incappucciati seguire il mago con cui stava duellando un ragazzo dai capelli rossi attraverso il passaggio che collegava Upside Street al mondo Babbano.
Completamente a pezzi dalla loro parte.
Era normale passarci attraverso, sì, ma senza in alcun modo lanciare incantesimi che interferissero con quello che animava il passaggio!
Schiantando il suo avversario, l'uomo fece per raggiungerli quando, ridendo sguaiatamente, uno dei Mangiamorte puntò la bacchetta contro il soffitto e lo fece esplodere.
L'americano – Peter, si chiamava – si sentì trattenuto e allontanato dal collante edificio così come tutti gli altri.
In un gran fragore, la caduta del Wizard Fairfield Inn venne fermata per un soffio da almeno una trentina dei presenti.
«Sono passati nel mondo Babbano.» Mormorò sottovoce e ansante il ragazzo che l'aveva trattenuto, allentando la presa.
«Cazzo!» Imprecò Peter, allontanando malamente il giovane.
«Linguaggio, geniaccio!» Sbottò ilare una terza voce. «Apollo ti ha salvato la pellaccia.»
«Taci, Loki!» Gli intimò Peter. Voltandosi, furente, fu sorpreso di trovarlo in groppa ad un drago. «Che cosa ci qua Incendio?!»
«Non c'è tempo.» Proruppe Apollo, salendo in groppa al drago davanti a Loki. «Ci pensiamo noi a loro, voi occupatevi di rimettere in piedi questo posto.»
Neanche il tempo di dissentire, che Peter dovette indietreggiare per lasciar decollare Incendio, la cui figura immensa e squamosa ben presto non fu che un puntino all'orizzonte.
«Questi ragazzini e la loro smania di giocare a Captain America---!»
 

Intanto, dall'altra parte della barriera, infervorava un'accesa battaglia. George si era ritrovato con un gruppo di cinque Mangiamorte alle calcagna e, scavalcando poltrone, tavolini e qualche cane di taglia piccola, era schizzato verso l'uscita del Fairfield Inn babbano, lanciandosi indietro Fatture quasi alla cieca e sperando di non mettere a rischio l'incolumità delle persone presenti.
Sbucò fuori, sulla strada altamente trafficata e il marciapiede altrettanto, andando a finire addosso ad una bambina.
«Mi hai fatto cadere il milkshake!» Si lagnò questa.
George afferrò lei e la madre per un polso, spingendole in strada per allontanarle dalla frusta di luce diretta a loro. In un “Crack” tornò sulla traiettoria dell'incantesimo e lo bloccò con uno scudo, reindirizzandolo alla volta stellata, dove esplose.
Molti urlarono e di lì a poco la gente mise quanta più distanza possibile a tener lontani quegli strambi tizi.
George infilò una mano nella tasca della sua felpa e ne tirò fuori una Cioccorana ancora incantata, dopodiché la tirò alla bambina di prima, dicendole di sfuggita: «Attenta a non farla saltar via, piccoletta.» prima di rivolgersi ai Mangiamorte.
«Lasciate stare questa gente e combattete con chi può difendersi, codardi!»
«Fai sul serio, marmocchio?» Lo sbeffeggiò uno di loro.
«Con voi pappemolli, dici?» Gli rispose sogghignando il rosso. «Scherzi? Certo che no!»
Il mago mascherato alzò irato la bacchetta, ma Rookwood lo fermò riservandogli un'occhiata in tralice.
«Se qualcuno lo uccide al posto mio,» Sibilò. «garantisco che sarà l'ultima azione nefasta che compirà nella vita. E che qualcuno si occupi dei tre uccellini lassù.»
 
 
*
 
 
«Quante scale ha questo edificio?!» Ansimò nervoso John. Sembrava non finire mai, quella maledetta rampa a chiocciola; più volte lui o Eric rischiarono di inciampare per la troppa fretta.
Come se non bastasse, dall'atrio proveniva troppo silenzio: che Dolohov avesse ucciso quella giovane strega?
Il solo pensiero gli diede la nausea.
«Sta salendo — John, ci sta raggiungendo!» Lo avvisò Eric, guardandosi indietro. «La sua presenza maligna mi sta dando il voltastomaco. . .»
John strinse maggiormente la presa sulla mano del fratello e corse più forte, incitando anche Eric a fare lo stesso; intravedeva finalmente una porta.
Coi muscoli delle gambe che bruciavano e il fiato spezzato, i gemelli l'attraversarono e la chiusero in un tonfo, per poi abbandonarsi contro di essa per riprendere fiato.
«E ora?» Chiese ansante Eric al fratello, guardando con occhi sgranati un punto alle sua spalle. John, piegato in avanti e con le mani sulle ginocchia, lo guardò accigliato, rispondendo: «Ora saltiamo.»
«Come sarebbe a dire “Ora saltiamo”?!» Sbottò preoccupato Eric. «È da---»
«---pazzi?» Lo interruppe John, azzeccano ciò che il fratello stava per dire. Sorridendo divertito e rimessosi in sesto, aggiunse: «Tu dici?»
Al che anche Eric, cogliendo al volo la certezza aleggiante nello sguardo del gemello, gli porse la mano esitante.
«Allora. . .» John la prese subito. «. . .saltiamo?»
Il rumore di passi sulle scale fu la risposta più eloquente che Eric avrebbe mai potuto ricevere.
Senza pensarci, i gemelli corsero incontro al cornicione del Wizard Fairfield Inn e si gettarono nel vuoto, urlando.
Ma invece che sentirsi affondare nel nulla, in balia della brezza serale, avvertirono la stessa sensazione provata ore prima con la Passaporta che li aveva condotti ad Upside Street.
E la prima sensazione che sentirono fu la botta che presero atterrando lunghi distesi su una superficie fredda, levigata ed estremamente liscia: vetro - constatò John, sbalordito, non appena fece per alzarsi.
«Per le consunte--»
«--lingerie di Circe!» Concluse Eric, sgranando gli occhi verdi, persi nelle mille luci che risplendevano con forza nelle immediate vicinanze e perdendosi oltre. «Ma hai visto che roba, John?»
«Prima di guardarti attorno, perché non provi a dare un'occhiata sotto di te?» Rispose farfugliando il castano, coi palmi e le ginocchia ancora piantati al vetro; non osava voltarsi verso Eric perché vederlo passeggiargli attorno non avrebbe fatto altro che mettergli ansia.
Oltretutto, c'era davvero qualcosa per cui dare un'occhiata: abbassando lo sguardo, ancora eccitato, Eric vide una sala molto grande, sotto di loro, gremita di gente che, avendoli notati, ora li fissava a bocca aperta.
«Potrebbe essere un problema per lo Statuto di Segretezza se, non so, facessimo loro un incantesimo?»
John fece per rispondere al gemello, ma un'esplosione lo fece zittire. Proveniva dal basso e, azzardandosi a sporgere il capo per dare un'occhiata, dopo un po' dall'edificio il ragazzino vide sbucare una testa rossa a lui familiare.
«Ma quello è George! Eric, dobbiamo scen---» Voltandosi di scatto, John impallidì; era così preso da quel che accadeva di sotto da non aver sentito qualcun altro arrivare ed ora, con la mano serrata attorno al collo di suo fratello, proteso nel vuoto a chissà quante decine di metri dal suolo, Antonin Dolohov sorrideva con sadismo.
E, sotto di loro, le persone presenti nella grande stanza da cocktail gridavano in preda alla paura.
Non appena l'uomo vide John metter mano alla bacchetta, strinse di più la presa attorno alla gola dell'altro ragazzino.
«Provaci e lo ammazzo.» minacciò. Ma lo stava già facendo: Eric si dimenava, annaspava in cerca di aria e tentava come meglio poteva di liberarsi dalla presa del Mangiamorte. Il tutto mentre soffocava!
Solo vederlo così mandò in tilt ogni singolo neurone di John, facendolo andare nel panico più totale. Col cuore a mille, si chiese migliaia di volte nel giro di un secondo come avrebbe risolto la situazione, stavolta, ottenendo come risultato altrettanti: “Non ne ho idea, maledizione, sta soffocando!”.
Smarrito, guardò Eric negli occhi e vi lesse chiaramente: uccidilo.
E i suoi di rimando non facevano che esprimere panico, tutt'altro che rassicurante, insomma.
Ad interrompere quello scambio di sguardi non fu la disperazione con cui la vita cercava di non lasciare gli occhi di Eric, né il cuore che minacciava di fermarsi di John. Un guizzo di magia bianca attraversò come una saetta il torace di Dolohov, e il tempo parve rallentare: il Mangiamorte che s'irrigidiva e abbassata lo sguardo sui fiotti di sangue uscenti dal suo petto, il respiro che lo abbandonava, la sua presa ferrea che lasciava andare Eric, John che inutilmente si gettava quasi oltre l'orlo dell'edificio - lungo disteso - nel tentativo di afferrarlo, una ragazzina che correva e saltava nel vuoto, le parole di quest'ultima per Trasfigurare la sua stessa bacchetta in una scopa volante, la sua mano libera con la quale afferrava quella di Eric, il mondo che tornava a girare per John.
«Non guardare giù, è tutto okay, capito?» Balbettò ansante quella che John riconobbe come Sigyn: la chioma viola acceso aveva lasciato il posto a scompigliati e lunghi capelli biondi sporchi di sangue e polvere, ma la maschera era ancora ben assicurata a nascondere il suo viso, anch'esso insanguinato e pieno di graffi.
Non capì bene chi dei tre stesse cercando di rassicurare, John, ma nel momento in cui Eric fu al sicuro davanti a lei, sul manico di scopa, sentì un gigantesco moto di gratitudine nei confronti della giovane americana.
«Tu stai bene?» Gli chiese apprensiva, avvicinandoglisi. Esterrefatto, il castano annuì, balbettando un ringraziamento.  «Menomale! Forza, salta su, vi porto ad Amstrong.»
«E loro?» Chiese Eric, additando i Babbani presenti nella grande e raffinata sala da cocktail. Sigyn si morse titubante il labbro inferiore, pensosa, poi rispose: «Se ne occuperanno gli Obliviatori, sono sempre di ronda al Fairfield Inn babbano e in special modo alla Sky Room.»
Ovvero la sala da cocktail: doveva essere quello il suo nome.
Mentre John montava dietro Sigyn e si assicurava dubbioso alla sua vita, guardò in basso, dove infuriata una battaglia tra George, Rookwood e altri che non conosceva neanche di vista.
Là in mezzo spiccava anche il corpo spappolato al suolo di Antonin Dolohov, a cui Sigyn si premurò di non rivolgere neanche un'occhiata.
«Lì sotto c'è il nostro amico, non possiamo lasciarlo lì!» Si oppose Eric.
«Ci penserà sicuramente Apollo, abbi fiducia.» Rispose in tono paziente la bionda, che divenne un po' più scosso quando un maleficio non mancò per poco la coda della sua momentanea scopa. «Ora reggetevi, la metropolitana non è a più di quattro isolati da qui.»
Così dicendo, serrando le braccia attorno ad Eric e assicurandosi che John si reggesse forte a lei, sotto gli occhi increduli dei Babbani presenti nella Sky Room, Sigyn sfrecciò giù in picchiata per qualche metro prima di prendere una traiettoria orizzontale e sorvolare su persone e auto, tenendosi sul marciapiede.
«Non sono stata che poche volte nella New York Babbana.» Si giustificò mentre voltava il capo a destra e sinistra. «La mia famiglia abita a Monterey, non molto lontano da scuola in effetti.»
«Ehm. . . Sigyn?»
«Non preoccuparti del semaforo rosso, John, stiamo a quattro met—»
«Non quello, Sigyn!» Sbottò nervosamente il ragazzino. «Quello
Neanche il tempo di voltarsi, che la scopa trasfigurato della bionda sbandò, colpita di striscio da una maledizione, perdendo violentemente e velocemente quota. Tant'è che nel giro di un attimo Eric, John e Sigyn si ritrovarono a terra.
Dietro di loro, facendosi largo tra la folla, avanzava minaccioso e tronfio un Mangiamorte.
«Correte!» Esclamò Sigyn, alzando entrambi i gemelli e dando loro uno spintone. Raccolse la scopa, la ritrasformò in bacchetta e andò dietro ai due. «Svoltate a destra — Protego! — Al diavolo il rosso, Impedimenta! — Scusateci tutti!»
Corsero tra stormi di persone e zigzagando tra le auto guidati dalla voce di Sigyn che, nel mentre, si voltava indietro a controbattere per difenderli.
«Giù per quelle scale! È la metr— Ah
La bacchetta le volò di mano, cadendo giù per la scalinata e finendo in mezzo a una gran calca di persone, e il polso destro di Sigyn divenne violaceo e inutilizzabile così come, ben presto, l'intero arto.
Eric, istintivamente, tirò fuori la sua bacchetta e lanciò un maleficio contro il Mangiamorte, restituendo all'americana la propria. Il tutto mentre John lo guardava esterrefatto.
«Dobbiamo aiutarla!» Si giustificò sottovoce il castano. L'altro, combattuto, ribadì: «Due ragazzini a stento in età da scuola che praticano magia meglio di un Auror? Eric, non—»
Ma qualsiasi proposito razionale stesse spingendo John a non intervenire, sparì non appena Eric lo spinse da parte beccandosi una Maledizione coi fiocchi. Urlò, vedendolo venir sbalzato di tre metri e battere la testa contro la biglietteria.
Senza pensarci, sfoderò la bacchetta e respinse la maledizione successiva per poi andare a soccorrere il fratello.
«Eric?» Lo chiamò John, facendogli passare un braccio attorno alle sue spalle dopo aver pronunciato un: «Reinnerva
«Potrei vomitare. . .» Mugugnò intontito Eric, tremante, strappando un sorriso carico di sollievo a John. Sorriso che svanì non appena un tonfo gli giunse alle orecchie.
Alzando lo sguardo, i gemelli videro i Babbani disperdersi e rivelare la figura coperta di sangue di Sigyn, accucciata sul binario della metropolitana.
E di lì il mondo parve ammutolirsi, zittito dal rumore sferragliante del convoglio in arrivo.
Eric sgranò gli occhi impallidendo, John non poté reprimere l'impulso di chiuderli, entrambi atterriti.
Uno schiocco, il treno che arrivava, si fermava e ripartita a velocità esorbitante.
Quando John riaprì gli occhi, vide una figura maschile inginocchiata con, tra le braccia, Sigyn.
«Ehi, biondina,» Sussurrava con voce rotta il biondo che Eric e John riconobbero come Loki. «va tutto bene, sì?»
«Non avevi detto di essere stato bocciato all'esame di Materializzazione?» Mormorò in risposta Sigyn.
Loki sorrise e, dopo un colpo di bacchetta, afferrò al volo un pezzo d'orecchio. «Già, mi andrà meglio l'anno prossimo.»
«Ho ucciso.» Proruppe a un certo punto Sigyn, in preda a singhiozzi crescenti. «Prima ho ucciso una persona, sono— sono un'assassina, vero?»
«Un Mangiamorte, non una persona.» Precisò in tono duro il ragazzo, accarezzandole una guancia. Alzò lo sguardo sul mago oscuro e aggiunse: «In ogni caso presto saremo in due.»
«Vuoi provarci?» Lo provocò il Mangiamorte, allargando le braccia con fare teatrale. «Sarebbe anche ora, non credi?»
John notò come gli occhi chiarissimo del ragazzo fossero passato dall'essere di un tiepido e sereno azzurro a un irato grigio tempesta. Senza guardare né lui né Eric, disse loro: «Prendete un binario ed effettuate la chiamata. Artemis vi aspetterà dall'altra parte.»
Nessuno dei due ebbe il coraggio di dissentire.
 
 
«Vieni via da qui subito!»
«Forse non te ne sei accorto, ma ci sono giusto un paio di Mang― aspetta, e tu da dove sbuchi?!»
«Ha importanza?!»
Mettere fuori gioco un paio di Mangiamorte non era poi così difficile per George; non era neanche facile, certo, ma era da sempre un mago molto capace! L'inconveniente principale era la particolare enfasi che Rookwood aggiungeva al suo modo di tentare di ucciderlo.
Quando Apollo lo affiancò rimase sorpreso di vederlo ancora in piedi, ma si sarebbe congratulato in seguito con il rosso per la sua tempra: ora ciò che più gli premeva era allontanarsi da là.
Dopotutto, lui era pur sempre uno stupende minorenne che avrebbe dovuto trovarsi dall'altra parte del continente, in quel momento.
In men che non si dica, dal Fairfield Inn uscirono almeno una trentina di Obliviatori addetti alla sua sicurezza, seguiti da una squadra di Auror, Materializzatasi sul luogo dello scontro.
«Senti, dobbiamo andarcene.» Esordì Apollo. George fu d'accordo con lui solo in parte: da qualche parte dentro di lui c'era una vocetta tanto cattiva quanto suadente che gli comunicava che no: lui doveva far fuori Rookwood prima di potersene andare.
Vedendo che il rosso continuava a combattere il Mangiamorte con ferocia, Apollo Schiantò quest'ultimo è poi prese per un braccio l'inglese, a dispetto della colossale differenza d'altezza che lo rendeva uno scricciolo in confronto a lui.
«Me la stavo cavando benissimo da solo!» Lo aggredì infuriato George, scostandosi con facilità dalla stretta del ragazzino. Apollo si intimò di non lasciarsi intimidire e, diplomatico, rispose: «Andiamo via e basta, okay? Hai già fatto la tua parte, ora ci penseranno gli Auror!»
«Certo, gran bell'idea! E come dovremm―» George s'interruppe non appena, a un cenno di Apollo, un'ampia vampata di fiamme li circondò, alzandosi e diramandosi seguendo la traiettoria di volo del suo artefice.
Incendio, il grosso drago dagli occhi velenosi, atterrò aggraziato e veloce di fianco a loro.
Al che a George venne spontaneo dire: «Lui
«Esatto.» Annuì Apollo, montando in groppa al drago, il quale si abbassò per permettere anche a George di salirgli in groppa.
Ora, quante persone l'avrebbero fatto, quando per tutta la vita e nel loro paese i draghi erano ritenuti pericolosi? Pochi, mi direte, e George Weasley è tra questi!
«Guido io, è meglio.» Gli comunicò Apollo, facendosi avanti sulla sella montata alla bell'e meglio su Incendio. George annuì e non appena fu salito ― rischiando di perdere una natica per colpa di una scaglia ― chiese: «Dove dovrei aggrapparmi?»
«A me.» Gli rispose con nonchalance Apollo. Prima che George potesse, oltre ad aggrottare la fronte, fare commenti sulla palese differenza di stazza che vigeva tra loro, il castano aizzò il drago, che spiccò il volo.
Veloce come una scheggia.
Avrebbe sempre preferito le scope, George, di questo ne era più che sicuro, ma sentire i muscoli della schiena di Incendio contrarsi ad ogni battito d'ala, avvertirli guizzare, sentirsi libero di lasciar condurre qualcun altro. . . be', non era poi così male.
Oltretutto il colore del drago permetteva a lui e Apollo un discreto camuffamento.
Sorvolarono un campo di luci di ogni sorta di colore e genere per qualche minuto e a un certo punto si trovarono in prossimità di una stringa puntellata di lucette in contrasto con l'innaturale nero screziato di stelle che poi George scoprì essere un ponte e la sua distesa d'acqua sottostante.
«È il ponte di Brooklyn e, non ci crederai, ma dobbiamo tuffarci nell'East River.» Gli comunicò Apollo. «Ci sono diversi modi per arrivare ad Amstrong. Agli alunni maggiorenni e ai genitori è confidato che c'è un collegamento tra questo ponte e il Golden Gate Bridge ― Baia di San Francisco, California, poco distante da Alcatraz e quindi Amstrong.»
«C'è una Passaporta sul fondo, quindi?»
«Estesissima e sempre attiva, vedr― aspetta, non mi chiedi come faccio a sapere tutte queste cose se vengono rivelate solo ai maggiorenni?»
George si strinse nelle spalle con un sorrisetto sghembo. «Ho fatto di peggio. Ma se vuoi te lo chiedo, eh.»
Scuotendo il capo e consigliandogli di reggersi a meno che di non voler farsi una sgradevole nuotata, Apollo esortò Incendio.
Se non fossero esistiti gli Obliviatori, l'indomani tutti i telegiornali babbani avrebbero trasmesso le immagini di testimoni oculari che affermavano d'aver visto una grossa sagoma nera scendere a rotta di collo giù nell'East River, passando sotto il ponte di Brooklyn, ed automobilisti provenienti da tutt'altro luogo affermati di aver scorto la medesima figura schizzar fuori dal Golden Gate, sorvolare il ponte sospeso e sparire nella nebbia soffusa che era solita venirsi a creare da quelle parti, come per magia.
 
 
 



Writer’s corner
. . . Chiedere scusa è inutile. Ma davvero mi dispiace, eh!
Credetemi, tra scuola e tutto avevo il capitolo scritto a metà già due settimane fa, ma qualcuno – la meH, ovvio – ha dimostrato di avere la grazia di un Ippogrifo e la goffaggine di Tonks, inciampando sul caricatore del PC e facendolo cascare a terra.
Cristalli liquidi andati, già: così ora mi sto arrangiando usando il monitor del computer fisso (morto, oramai xD Li facciamo fuori tutti, i PC, io e i miei fratelli!) in sostituzione del mio.
Mi sarei presa a schiaffi da sola fino a sentire le trombe angeliche, se non ci fossero state autrici sui gemelli – e non solo – braverrime e divertentissime (Word_shaker aka gemellaH, ti sto frecciatinizzando/?/ x3) a farmi sclerare & sorridere anche alla sfiga.
Perché sì, questa è sfiga.
Comunque… capitolo bello intenso, questo, da scrivere! Ieri sera guardando in TV “il Principe Mezzosangue” sono arrivata al penultimo paragrafo, ma alla fine la stanchezza ha vinto.
Poi oggi ho ripreso, ma — tanti ‘ma’ — mentre ricontrollavo per non lasciare errori di battitura/causati dal correttore automatico del telefono questo mi ha lasciata.
Quando si è riacceso, il file non si poteva riaprire; dunque ho dovuto finire il capitolo e ricontrollarlo.
In caso dovesse vedere qualcosa di strano (tipo qualche verbo: il congiuntivo è ignoto al mio telefono .-.) siete pregati di farmelo notare.
Eeeee nulla; a inizio capitolo vi ho messo una lista completa di Gif dei personaggi di mia invenzione presenti in maniera rilevante (o anche solo accennati, o nominati!) nel capitolo, sotto consiglio di crazyapple_ — macciao, cara! —. Nel caso doveste far confusione, non esitate a dirmelo, è più che comprensibile.
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e di ricevere dei pareri. Ci tengo a questa storia e intendo portarla a termine, mi ci volessero anche trent’anni! U_U
Comunque non credo manchi molto, sapete? Siamo sulla decina di capitoli, forse.
Detto ciò, vi lascio e vi mando un pandabbraccio.
Al prossimo weekend! (Spero)
 
Soleil
  
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