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Autore: FlyingTrain    23/06/2015    1 recensioni
Non sei tu ad aver appreso la rotta.
E' il mare a prevedere ogni tua mossa e a conoscere anche la più innocua delle tue debolezze.
"Ho atteso da tutta la mia vita di intraprendere un viaggio all'insegna dell'avventura, e ora finalmente sta succedendo."
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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[Spirito Coraggioso e Avventuriero]

 



[ Percy Halt, 16 maggio 1720 ]


Vinta dalla stanchezza -nell'ultimo quarto d'ora era quasi come se avesse preso magicamente vita e si fosse rimboccata le maniche nel sollecitare la ragazza a non rinnegare al proprio corpo un po’ di sana e meritata tregua - Bella Price si era arresa all'idea che fosse giunta l'ora di tornarsene a letto per chiudere in bellezza anche quella notte, come le altre. D'altronde era datato il criterio, la bellezza ha bisogno sì, di tanta fatica, ma senza il riposo quest'ultima si misurerà come nient'altro che un tentativo vano e fallito a vuoto.
Al pensarci bene, mentre spesso ricadeva nuovamente nella trappola di tela che le tesseva il suo passato, ricordava dolorosamente quei tempi con nostalgica malinconia; nella sua memoria non esistevano nessun dovere, nessun pensiero, nessuno che le sbattesse in faccia la realtà che la sua vita fosse un programma sprecato in mano a delle insulse ideologie.
Lei era diventata nulla più che un pacchetto sempre pronto per essere spedito ovunque se ne sentisse l'esigenza.

Ma un modo per evadere da questo piccolo universo infernale esisteva, e Bella ne aveva piene le tasche di mezzi attraverso i quali svignarsela a gambe levate, da quella prigione che lei comunemente chiamava casa.
 

Tutto ebbe inizio otto anni a questa parte, in occasione del suo decimo compleanno. Suo padre era attualmente in viaggio per affari, mentre sua madre, calzata nel vestito più elegante, ad un certo punto della celebrazione in onore alla festeggiata, le aveva bisbigliato qualcosa in disparte a proposito di un regalo segreto. 
Bella, allora entusiasta, a stento riuscì a trattenere la frenesia che smuoveva ogni fibra del suo corpicino, quando accolse a gran gioia la richiesta della dama di allontanarsi dalla cerimonia per seguirla su al piano di sopra. 
Si separarono dal resto degli invitati ormai del tutto catturati dal travolgente suono del violino per sentirne la mancanza, e raggiunsero la camera matrimoniale dove dal fondo dell'armadio, nascosto dietro ad alcune vecchie scartoffie e ad altre cianfrusaglie, Caitlin Price ripescò una scatoletta azzurra contenente un portafortuna intagliato a forma di chiave, ed agganciato ad un filo che annodò intorno al collo della sua amata bambina.

L'invidiata moglie del governatore Healweth, si inginocchiò faccia a faccia alla sua giovane interlocutrice. Fissò pensierosa il ciondolo e disse armoniosa: “Questo ti proteggerà. Apparteneva alla tua bisnonna che si chiamava proprio come te, Isabella.”

La piccola piegò il labbro inferiore, teneramente imbronciata. “Mamma, ma io mi chiamo Bella.” suggerì la sua vocetta acuta.

Un risolino tinto di commozione risalì a sfiorare la bocca rosea di Caitlin e a renderla ancora più smagliante e giovanile del consueto. La voce spezzatasi in gola, le fuoriusciva a stento, e al suo posto intanto, il riflesso di luce che le brillava in entrambi gli occhi, sembrava avere nutrito molto più da dire. “Lo so amore, lo so, ma il tuo nome per intero è questo, Isabella. Il fatto è che noi, io e tuo padre, lo abbiamo sempre abbreviato per comodità, chiamandoti Bella. Il ché in effetti è assolutamente vero! Sei proprio una bambina bellissima tesoro.” Con le dita affusolate le arruffò dolcemente i capelli, e di risposta, Bella istintivamente tirò indietro il capo tentando di sfuggirle, e a questa scherzosa manovra evasiva la seguì a ruota un sorriso tenero e impacciato quanto puro.

“Bella,” le lacrime, nonostante si trattasse di una donna dalla corazza dura, ma che quando c'era di mezzo sua figlia perdeva ogni lume di fermezza, non volevano sentire ragioni a proposito di placarsi. Al contrario ardevano avide di scorrere.

“Mamma perchè piangi?” domandò Bella, con l'innocenza di una bambina di soli dieci anni.

Caitlin si strofinò rapidamente le mani sugli occhi asciugandosi i primi lucciconi. Il sorriso più sincero che mai ammirava il sangue del suo stesso sangue. “Oh ma io non sto piangendo. In un altro momento non potrei essere più felice di come sono ora, te lo giuro.” una pausa. “Bella, prima stavo tentando di farti sapere una cosa molto importante. Questa non è una semplice chiave.” accarezzò con un dito l'oggetto pendente dal collo snello di Bella. “Nemmeno io ho mai scoperto che cosa fosse in grado di aprire di preciso. Quel che posso assicurarti con certezza, invece, è la consapevolezza che se la stringerai forte ogni volta che proverai paura o penserai di essere sola, queste brutte cose svaniranno via come in un soffio, capito?”

Bella si scrutò brevemente il petto, nel punto esatto in cui terminava la collana, poi risalì con lo sguardo, alto a tener testa alla madre. “Me lo prometti?”

Il fiato corto che certe emozioni le regalavano alle volte era la sensazione più amabile del mondo che Caitlin conosceva. “Ma certo.”

Ebbene, un sorriso generoso concessole dalla sua bambina illuminò per effetto l'anima della giovane donna, inizialmente turbata, facendole morire in cuore tutte le ansie e le preoccupazioni che covava. Quella sera, infatti, un prospetto non molto gradevole le si era insinuato dentro e in nessun modo sarebbe stato disposto a levare le tende. Ma Caitlin non era in vena di dargli troppa corda. Desiderava con tutta l'anima godersi spensieratamente ogni singolo secondo di quella giornata con la sua cucciola.

Partì un abbraccio da entrambe le parti che si cinsero forte, sigillando un legame che niente avrebbe mai potuto spezzare.

Avendo adagiato comoda il mento nell'incavo del collo del genitore, Bella inspirò piacevolmente il profumo pungente che la pelle emanava. E decise di incassarlo per sé così da custodirlo per tutta la vita nel caso ce ne fosse stato il bisogno, poiché ne avesse sentito la mancanza, e magari il portafortuna non avesse funzionato a compensarla.

Il frastuono di un botto improvviso proveniente dai piani inferiori fece di colpo saltare in aria le due ragazze. E si trattò forse dell'unica cosa che avrebbe potuto dividerle in quel frangente, e purtroppo così fece.

“Cosa è stato?” domandò Bella, cercando chiaramente di ricevere rassicurazioni dalla figura maggiore.

Caitlin si ispezionò intorno. Ma erano soltanto loro due lì dentro, per adesso. La cosa le puzzava di marcio. Le urla che però si sollevarono da fuori e che sembrarono provenire più approssimativamente da vicino, non aiutavano di sicuro. Ma anzi, le diedero la conferma che stava aspettando che qualcosa non andava di sotto. Mentre il panico non faceva altro che tamburellarle senza freno contro il petto. “Non ne ho idea.” rispose soltanto. Prese in mano sua figlia e si incamminò in silenzio verso la porta. “Vieni con me, ma attenta a non fare rumore.”

“Dove stiamo andando?”

“Aggrappati a me e non lasciarmi per nessun motivo al mondo, chiaro? Andrà tutto bene, te lo prometto.”



Di tutti gli eventi che accaddero in seguito, di loro, Bella ne conservava una vaga immagine sfuocata, ma marchiata duramente a fuoco nella mente.

Il buio caldo del cielo notturno e stellato, si preannunciava un ottimo alleato per sfuggire al meticoloso lavoro che svolgevano le sentinelle al servizio del governatore Healweth Price.
La ragazza fu svelta ad accovacciarsi a terra, fra le erbacce, appena in tempo. Quando una di loro sviò senza preavviso alcuno, con la mano, la luce del candelabro nella direzione del cespuglio in cui ora lei si nascondeva. Illuminando così quel tratto alberato in particolare. Ma Bella per sua fortuna era stata più veloce a prevedere, e dunque precedere, quella mossa.

Rincasò di soppiatto, senza essere scoperta, intrufolandosi come un'estranea dall'ingresso posteriore, che tutti ancora dormivano. Naturalmente. Chi pensava di incontrare già sveglio alle quattro di notte? Oh, certo, a parte le guardie che eseguivano un'ottima prestazione, come sempre del resto. E lei che, beh, aveva altro da fare a quel tardo orario.
Erano già trascorsi alcuni anni da quando aveva assunto l'abitudine furtiva di sgattaiolare fuori, a notte fonda, per correre ad esercitarsi con la sua spada sguainata, in un vecchio fienile abbandonato nella zona periferica della città.
Non si trattava di un evento raro, infatti, quando si parlava di depredazioni e assalti vari a nome dei pirati del mare. Del resto- ogni qualvolta la sua mente rispolverava quel ricordo dal passato, le si formava uno spiacevole magone alla gola- sua madre cadde vittima dell'attività di quei fuorilegge, la notte stessa in cui lei ebbe concluso da poco i dieci anni di vita su questa terra. E il detto assicurava ai cittadini che prevenire fosse cento volte meglio che curare. Dunque nel momento opportuno in cui se ne fosse sentita la piena necessità, lei avrebbe già avuto occasione di perfezionarsi per difendersi benissimo anche da sola. E inoltre custodiva, e portava ancora costantemente con sé, il suo portafortuna. Questo la faceva sentire a maggior ragione più infallibile. 
Ma suo padre non la pensava allo stesso modo e non era affatto d'accordo, che la sua docile fanciulla duellasse alla maniera selvaggia degli uomini barbari. Pertanto, l'unica carta certa che le restava allora da giocarsi, era niente di meno che agire di nascosto. Mentre tutti gli altri riposavano al calduccio nei loro comodi letti.

I suoi occhi esaminarono in fretta e furia l'atrio, mentre entrava nella residenza. 
La sfarzosità del rococò risiedeva all'interno di ogni singola decorazione della sala ampia principale. (Il governatore aveva operato diverse mansioni in Francia, da giovane, e aveva fatto sì che la sua abitazione somigliasse a tutti gli effetti, nello stile, a quelle della romantica Parigi, di cui si era follemente innamorato.)

Ad occhio e croce mancavano ancora pochi metri da raggiungere, per le scale. E la luce soffusa che disperdevano le candele, e che per chissà quale generoso volere della sorte erano rimaste ancora accese, l'aiutava a mettere a fuoco la strada per mezzo di almeno una chiazza di chiarore, in quell'immensa oscurità. Fortunatamente non c'era traccia di nessuno finora.

Ce l'aveva quasi fatta, quando un movimento improvviso alle sue spalle le fece balzare il cuore in gola e la incenerì sui suoi passi. La consapevolezza di cosa si trattasse era troppo viva per essere ignorata, e forse non avrebbe dovuto cantare vittoria così presto.
Fece inversione e si voltò lentamente.

“Padre.”

Il governatore Healweth Price se ne stava all'in piedi, a braccia conserte, affiancato da due sentinelle armate e pronte all'attenti. Una di loro aprì bocca malgrado fosse visibilmente agitata: “L'abbiamo intravista uscire dal retro all'incirca verso mezzanotte, non avevamo idea di dove fosse diretta. E ha fatto rientro soltanto pochi minuti fa, quando siamo corsi a cercarvi per farvi rapporto, signore.”

Che leccapiedi, spioni, sottomessi, constatò abbastanza irritata, Bella.

“Avete fatto bene a chiamarmi.” dichiarò solenne Price, con il mento allungato in fuori.

“Al vostro servizio, signore.” Le loro mani scattarono rigidamente verso la fronte.

“Potete andare, è tutto qui.” li liquidò in ultimo.

Bella ormai aveva smesso di contare le volte in cui essi suggellassero ogni frase con “signore”, come l'amen in una preghiera. E ai suoi occhi risultava piuttosto bizzarro trattandosi di suo padre. Malgrado ciò, li seguì allontanarsi con lo sguardo, in silenzio e a testa basta. E in quel conciso istante provò anche un modesto senso di colpa nei loro confronti, dal momento che erano stati costretti a comportarsi da avvisaglie semplicemente perché tiravano avanti di quello.

“Sei proprio come tua madre.” si sentì poi richiamata in causa dalla voce diplomatica di suo padre. La ragazza staccò gli occhi dalle figure slanciate dei due uomini, e istintivamente li riagganciò a quelli dell'uomo di cui poco sapeva, se non che custodisse tremendamente a cuore il solo poterla sapere al sicuro, giorno e notte, sotto la sua ala supervisora. “Somigli in tutto e per tutto a come era lei, sai? E qui non mi riferisco solamente alle fattezze fini e gentili che avete in comune. No, è qualcosa di più grande. Anche lei era ribelle come te. Nemmeno sotto severe costrizioni sarebbe riuscita a mettere a tacere le sue più intime aspirazioni." Il suo sguardo era pieno di di ricordi che cevalano giorni e momenti sconosciuti a Bella. "E alla fine fu proprio per quel suo spirito coraggioso che venne fatta prigioniera e…” una lacrima minacciava di scivolargli giù per la guancia ispida di barba, ma si bloccò gelidamente sul nascere.

Per pochi attimi, fra di loro regnò un silenzio fatto di pensieri, memorie, rimpianti.

Bella aveva ben presente anche quanto fosse doloroso quel tasto per tutta la sua famiglia. Sospirò. “Padre sul serio, non dobbiamo per forza riparlarne.”

“Bene, allora parliamo dello spiacevole incidente avvenuto questa notte. Tu mi hai disubbidito, Isabella.”

La ragazza roteò gli occhi al cielo. “Detesto quando mi chiamate così..” sussurrò per non farsi sentire.

L'alto funzionario, però, non era ancora sordo, e dal suo canto si strinse nelle spalle, per poi rispondere semplicemente: “È il tuo nome.”

Bella si apprestò a protestare. “Si, ma-”

Il buon governatore sospirò e parlò con calma: “Non accetterò obiezioni. Lo sai benissimo che tutto quello che faccio è destinato esclusivamente al tuo bene, e perché ti amo come nessun altro riuscirebbe a farlo. Per me non è stato assolutamente facile crescerti senza la mano di Caitlin, quando si sa, la mamma ha maggiore ascendente sui figli più piccoli,” gli sfuggì un sorriso leggero, ma Bella poteva capirlo dai suoi occhi, che stava parlando a cuore aperto. “E credimi se ti dico che ogni giorno cerco di fare del mio meglio per renderti felice. Ma la cosa che mi preme più di tutte, è saperti al sicuro.” a questo preavviso, l'espressione sul volto di Bella si spense per poi riaccendersi di risentimento. “E quanto a quello che hai fatto stanotte, e immagino anche le notti precedenti, confido nel tuo buon senso, e sono abbastanza certo che non si ripeterà mai più. Perchè anche se non vuoi rigare dritto signorina, beh allora sappi che dovrai ugualmente.”

“Va bene,” acconsentì secca e sgraziata. Infine aggiunse sprezzante: “Signore.”

Girò i tacchi e prese a camminare precedendo il padre verso le tanto attese scale. Non era stata cattiva, solo era stanca di sentirsi ripetere le medesime scuse ogni volta che commetteva un'innocente, e completamente legittima, disubbidienza alla sua insaputa.

Healweth tacque, e sentitosi evidentemente toccato, sciolse la stretta delle braccia intorno al petto, facendo vagare gli occhi esausti, e rilassò la postura. “Ora va’ a letto e riposati, tesoro. Domani dobbiamo presentarci in orario all'appuntamento con il conte e suo figlio.”

“Oh già. Il conte Sederone, non vedo l'ora, non sto più nella pelle.” lo prese in giro mentre gli dava le spalle.

“Chedròn,” la corresse. Dopo di ché, anche egli si accinse a ritirarsi nella sua stanza, irritato quanto ansioso di valersi di un po’ dell'agognato riposo finalmente. Calma a cui era stato crudelmente strappato compresa: tuttavia, da che entrava in gioco sua figlia, dubitava che qualunque cosa sarebbe riuscita ad imporgli di mantenere la calma e la serenità con cui si qualificava. E sotto questo punto di vista, era tale e quale a sua moglie. “Il conte Chedròn. E indossa un abito più femminile domattina, per piacere."

Entrambi crollarono in un sonno leggero e tranquillo.




Il mare vantava la sua giornata tranquilla tutt'oggi. Se non si contava di tanto in tanto qualche innocuo capriccio dettato dal vento, che smuoveva delle onde dalla distesa piatta.

La ciurma di Old Roger vogava coordinatamente in concordia e armonia, mentre il sole picchiava piacevolmente sulle teste dei marinai, alleviando così il fastidio dato dalla corrente.

“Quanto manca, capitano?” urlò dall'altra parte della scialuppa, Calico John, tra una remata e l'altra.

Roger sollevò il capo annoiato, sicuro al cento per mille di dover ribattere qualcosa di solito come “non molto, e vedete di remare più svelti, scansafatiche che non siete altro!”, ma al contrario delle sue aspettative, si ritrovò a far fronte con ciò che gli si prometteva, reale e concreto, davanti agli occhi che stentavano a crederci. La sua ragione accusò per giunta un probabile miraggio. E non gli rimase altro da fare se non balzare di scatto all'in piedi, azione che arrecò anche una lieve oscillazione alla piccola imbarcazione. E dopo aver raccolto a sé gli sguardi e i fiati sospesi di tutti gli altri pirati, esclamò allora entusiasta:

“Eccola lì. Percy Halt.”



 

Sono sicura che mio padre stia progettando insieme al suo amichetto francese di farmi unire al sacro vincolo del matrimonio con il figlio di quest'ultimo.

Sospetto che dovrei esserne felice, o per lo meno lusingata, signore.

Evviva, convolerò a nozze con un signorino altezzoso che va di cognome Sederone!

“Chedròn, il conte Chedròn.”

Diversi erano i pensieri colorati dal malumore, quelli che si annidavano nella testa di Bella, mentre riponeva sistematicamente gli ultimi affetti personali nella vastità della valigia. La sua spada per ultima, non era sicura se fosse il caso di portarsela dietro. Se suo padre l'avesse vista non ne sarebbe rimasto per niente contento..
Al diavolo! 
La dispose sotto, nascosta dal primo strato di vestiti ordinatamente distribuiti, in modo che qualora la valigia si fosse aperta nello scompiglio del viaggio, nessuno si sarebbe potuto lamentare a tal proposito.

Afferrò il pomello della porta, ma si scontrò immediatamente con le possenti spalle del governatore.

“Oddio.” esclamò ad occhi chiusi.

“Perdonami tesoro, ero preoccupato per te e…mi interessava solo sapere se fossi pronta, tutto qui.” si incuriosì, segretamente imbarazzato.

Bella gli fece cenno di sì sorridendo falsamente, e gli mostrò le valigie. “Prontissima.” Detestava il suo tentativo forsennato di ritagliare del tempo insieme ogni quando ne sentisse bisogno.

Gli occhi dell'uomo scintillarono per l'eccessivo entusiasmo. “Bene allora! Il conte e suo figlio sono già qui, e ci aspettano di sotto insieme alle carrozze, vieni.”

Percorsero la via di uscita accolti dagli sguardi opprimenti di diverse persone che li attendevano sorridendo.

Bella tentò di abbozzare un sorriso altrettanto sicuro, ma per certo quel che ne venne fuori fu una faccia spaventata e confusa.

“Governatore Price, non ci avevate informati che vostra figlia fosse addirittura più bella del gioiello di Madame Louvarì*. Così ci cogliete alla sprovvista.” fu l'uomo che Bella individuò come il conte Sederone a parlare, probabilmente per la larga stazza che lo scolpiva.

Patetico.

“Vi avevo detto che era splendida!” dichiarò con orgoglio, in un sorriso a trentadue denti, Healweth.

“Si ma non potevamo immaginare di doverla paragonare ad una dea.”

“Troppo gentile.” si intromise non potendosi astenere ancora molto dal commentare, la ragazza. In merito a ciò, il padre, prudente l'aveva sottoposta ad una raffica di raccomandazioni.

“Mi raccomando soprattutto niente linguaggio scurrile, o strani rumori..”

Il conte spalancò la bocca come sorpreso. “E a quanto pare parla anche, e ha una voce davvero deliziosa per le mie orecchie.”

Bella sbuffò di sottecchi, parzialmente offesa. “Sto considerando se sia il caso di suicidarmi adesso, o aspettare di avere a disposizione almeno qualche mezzo più letale, di un banale tacco da scarpa, che mi sarei staccata anche molto volentieri fra le altre cose, pur di salvarmi. E poi non scorgo nessun cappio nei paraggi.” Blaterò acida.

Esaminandosi attorno, poi esclamò: “Oh, che cosa c'è? Ho per caso parlato ad alta voce? Perdonatemi non me ne ero minimamente accorta.”

Per un istante o due, nessuno osò proferire parola. E Bella vide chiaramente che tutti vagavano nervosi con lo sguardo in cerca di qualcosa da dire. Suo padre sprofondava interiormente nella vergogna.

Assimilandola evidentemente come una battuta sarcastica, il conte scoppiò a ridere di gusto, nonostante sembrasse piuttosto che stesse lottando contro una fetta di prosciutto bloccataglisi nell'esofago. “Ma quanto è simpatica.”

“Già.” Risposero all'unisono padre e figlia.

Bella sentì qualcuno riderle alle spalle, e constatò che finora non aveva avvertito, o visto nessuno, arrivarle dietro.
Si voltò e si scontrò con un ragazzo alto e moro che appariva sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi.

“Questo è Julian, mio figlio.” intervenne con una travolgente energia nella voce, il maggiore Chedròn. “Vedo che avete fatto finalmente conoscenza.”

Julian allungò di slancio un braccio offrendole la mano, ed ella non si permise di rifiutare. “Piacere.”

“Piacere.” Bella arrossì ora leggermente.

“Io direi di andare!” Saltò su il governatore, guadagnandosi un'occhiataccia storta da parte della figlia. “Voi due prenderete la seconda carrozza.”

Bella si accigliò. “Dovrei viaggiare con questo sconosciuto?”

“Se non ti va puoi sempre camminare a piedi.” propose ironico il figlio del conte.

“Almeno non correrei il rischio di vomitare per colpa della tua faccia.”

“Sicura non sia a causa del tuo stomaco delicato, e tipico di voi femminucce?”

Il conte e il governatore si scambiarono un'occhiata a disagio, ma infine la presero a ridere. Mediocri sorrisetti di circostanza si stamparono sulle loro espressioni turbate.

“Suvvia, diamoci una mossa.” Li incalzò dolcemente impacciata, la moglie del conte, che finora non aveva battuto ciglio alla sinistra del marito.

I ragazzi salirono nella loro carrozza, che partì immediatamente subito dopo quella che la precedeva.

Bella non si girò verso il ragazzo sedutogli difronte, neanche per errore. Stabilì che fino al termine del viaggio, avrebbe passato il tempo ad ammirare il paesaggio fuori circostante.

Da lì si intravedeva la spiaggia: era a soli pochi isolati da dove si trovavano loro. Una nave sconosciuta aveva toccato terra, un veliero di svariate dimensioni, e con una strana bandiera a capo..

La carrozza si arrestò di colpo, e Bella ruzzolò in avanti finendo dritta tra le braccia di Julian.

Si lanciarono un'occhiata fugace, da parte di lui divertita, prima che ella si ricomponesse sforzandosi anche di scacciare via il rossore dalle sue guance. L'altro non fiatò, ma si alzò per andare a controllare il perché si fossero fermati, se ancora mancava molta strada da percorrere per la destinazione.

Bella, non riuscendo a zittire la sua curiosità prorompente, si alzò a sua volta. Ripose entrambi i piedi fuori dal cocchio e saltò giù tenendosi stretta l'ingombrante gonna a balze.

Raggiunse Julian che era rimasto paralizzato sui suoi passi. “Cosa c'è?” domandò.

In quel frangente, la sua mente tornò alla tragica sera in cui i pirati piombarono in casa sua, otto anni addietro.

“Aggrappati a me e non lasciarmi per nessun motivo al mondo, chiaro? Andrà tutto bene, te lo prometto.”

Si allarmò quando vide che alla guida della carrozza non c'era più nessuno.
Ma Julian non era lì che guardava.
Allora Bella seguì la direzione in cui puntava anche lui.

Le si spalancarono gli occhi:
“Ma cosa diavolo..”







*non esiste alcun gioiello di Madame Louvarì.

   
 
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