Serie TV > Arrow
Segui la storia  |       
Autore: Anima90    24/06/2015    9 recensioni
Felicity ed Oliver sono praticamente gli opposti: lei, una ragazza seria, leggermente secchiona, amante dei computer e con le idee molto chiare riguardo al suo futuro; lui, di famiglia benestante, amante delle feste e del divertimento, e spaventato all'idea di dover crescere e prendere un giorno in mano le redini dell'azienda di famiglia. Per questo motivo, pur frequentando lo stesso liceo, non si sono mai conosciuti. Un evento inaspettato li farà incontrare e da quel momento le loro vite cambieranno per sempre.
TEEN AU - OLICITY
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dinah 'Laurel' Lance, Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~~Mancavano ancora dieci minuti alle sette ma Felicity era già pronta, seduta sul divano, in attesa dell'arrivo della sua migliore amica.
In preda ad uno strano nervosismo iniziò a torturare con le dita il bordo del suo vestito, un minidress rosso scollato sulla schiena e che le fasciava la vita in modo quasi impeccabile. Di solito non apprezzava i regali di sua madre, per via dei loro gusti completamente diversi, ma quella sera fu grata del fatto di averle comprato quel vestito per il matrimonio di suo cugino. In caso contrario avrebbe avuto serie difficoltà a trovare un outfit adatto per la festa.
Aveva deciso di indossare le lenti a contatto e di raccogliere i capelli ondulati in una coda morbida, posizionata a lato del collo, in modo da lasciarle la schiena completamente scoperta.  Osservandosi allo specchio si era trovata quasi carina, superando anche le sue più rosee aspettative.
Il suono di un clacson la ridestó dai suoi pensieri. Si infilò il soprabito e prima di aprire la porta si fermò per fare un respiro profondo. Doveva trovare un modo per rilassarsi al più presto o la festa sarebbe andata peggio di quanto si aspettava.
"Uh uuh, amica, sei uno schianto! Stasera avrai tutti gli occhi puntati su di te".
"Oh, piantala, Cait". Entrò in macchina sbattendo la portiera con un tonfo. "Sto già rimpiangendo di aver messo questi tacchi infernali".
"Aspetta a dirlo, domani sentirai dolore in punti che non avresti mai pensato esistessero".
"Tu si che sai come confortare un'amica..."
"Hey voglio solo prepararti. Ma stai tranquilla, dopo un paio di birre perderai la percezione del tuo corpo e nemmeno li sentirai più i piedi".
"E tu cosa ne sai? Non che tu abbia avuto modo di fare tanta pratica in questi anni..."
"Leggo molto, ok? E poi non è del tutto vero, ricordi al matrimonio di mio zio? Tornai a casa quasi sbronza".
"Sbronza? Con soda e acqua tonica? Non credevo nemmeno fossero alcolici".
"Ora chi è che pretende di saperne di alcool e sbronze senza aver fatto pratica?"
Felicity soffocò una risata, adorava stuzzicarsi con la sua migliore amica, ma sapeva anche che quello era l'atteggiamento tipico che Caitlin assumeva per camuffare ansia e preoccupazione.
"Andrà alla grande, Cait." Strinse con decisione la mano dell'amica poggiata sul cambio. "Sei la ragazza più bella che conosca, e di sicuro la più intelligente. Merlyn ti noterà e a quel punto si chiederà cosa di buono abbia mai potuto fare nella vita per meritare che una ragazza come te si accorgesse di uno come lui".
"E se non dovesse notarmi? O peggio, se dovesse notarmi e non dovessi piacergli?"
"E allora vorrà dire che si lascerà sfuggire l'occasione di conoscere una persona splendida e che non saprà mai quello che si è perso".
"Sei la migliore amica del mondo, Lis".
"Mi accontento di essere la tua".
Si scambiarono un sorriso sincero, grate di vivere insieme questa ennesima esperienza. Senza dire una parola si concentrarono solo sulla strada che le separava dalla loro destinazione, nervose ma anche stranamente eccitate al pensiero della serata che avrebbero trascorso di lì a poco.

--------------------------------
"Tommy Merlyn, tu si che sai come organizzare una festa!"
Tommy, intento a controllare che ci fossero birre posizionate in ogni angolo del salone, dedicò la sua attenzione alla ragazza che si era appena rivolta lui.
"Laurel Lance, splendida come sempre".
Si avvicinò per sfiorarle la guancia con un tocco delicato, quasi impercettibile, per poi rivolgersi all'amico che era rimasto fermo dietro di lei.
"Che te ne pare amico?"
"Di alcool ce n'è in abbondanza, quindi direi che sei stato impeccabile come sempre".
A quelle parole Laurel alzò gli occhi al cielo, visibilmente esasperata. Tommy vide Oliver irrigidirsi improvvisamente.
"Bene, bene, bene. Regola numero uno: niente musi lunghi alla mia festa, intesi? Si può sapere che diavolo vi prende? Sembra si sia scatenata la guerra fredda tra di voi da qualche giorno a questa parte".
"Niente di grave. E stai tranquillo, non infrangeremo la tua regola, siamo qui per divertirci".
"Ah davvero, Ollie? Sei qui per divertirti? Non mi dire, a quanto pare è l'unica cosa che ti riesce bene da qualche tempo a questa parte".
"Laurel, non mi sembra il caso di parlarne adesso..."
"E quando ti sembrerà il caso, sentiamo? Quando siamo a cena dai tuoi? O quando siamo da soli? No perché a me sembra che tutto abbia intenzione di fare meno che parlarne, quindi che ci sia Tommy presente o meno non fa questa grande differenza".
Tommy, visibilmente in imbarazzo per assistere suo malgrado a quella discussione, decise di intervenire per aiutare l'amico in evidente difficoltà.
"Scusate ragazzi non avrei mai dovuto intromettermi nelle vostre cose. Fate come se non vi avessi detto nulla, ok?"
"No, Tommy, non scusarti. La colpa non è tua, ma del tuo amico qui, troppo immaturo per comprendere che è arrivato il momento di decidere cosa fare della sua vita e troppo pieno di sé per rendersi conto della fortuna che ha avuto a nascere in una famiglia come la sua".
"Non essere così dura con lui, ha bisogno di un po' di tempo, ma ne verrà fuori".
Oliver, spazientito, si fece spazio tra i due, prendendo parte al discorso da cui da qualche minuto si sentiva tagliato fuori.
"La finite di parlare di me come se non fossi presente? Laurel ora basta, te l'ho già detto, non voglio pensare a questo adesso, ho ancora del tempo per decidere ed ho intenzione di sfruttarlo fino all'ultimo minuto, è meglio che inizi a fartene una ragione".
Laurel lo guardò interdetta, con una nota di delusione nello sguardo che non riuscì a celare.
"Me ne vado a casa, non sono dell'umore di festeggiare. Tommy, grazie per l'invito, la festa sembra essere deliziosa e sono sicura che andrà alla grande".
"Laurel..."
Oliver provò ad afferrarla per un braccio, ma la ragazza si scansò prima che la sua mano potesse raggiungerla.
"No, Ollie, va bene così. Me ne farò una ragione. Prenditi pure tutto il tempo che ti serve. Stai solo attento a non rimanere indietro, magari non tutti sono disposti ad aspettarti in eterno".
Oliver la guardò allontanarsi senza trovare il coraggio di fermarla. Solo in quel momento si rese conto di quanto avessero alzato il tono di voce, attirando le attenzioni dei presenti che ora bisbigliavano tra di loro incuriositi da quella situazione.
"Hey, amico, tutto ok?"
Oliver lo guardò con tristezza e con una leggera nota di esasperazione.
"No. Ma andrà meglio. Posso chiudermi nell'ufficio di tuo padre? Ho bisogno di stare da solo per un po'".
Oliver sapeva che quella sarebbe stata l'unica stanza off limits della casa, l'unica in cui avrebbe potuto trovare la tranquillità di cui aveva bisogno.
"Conosci la strada. Prenditi il tempo che ti serve. Mi trovi in giro per casa a rimorchiare qualche tipa mozzafiato".
Oliver gli sorrise debolmente, apprezzando il tentativo dell'amico di sdrammatizzare.
Si incamminò in direzione della parte opposta della villa, facendosi largo tra i corpi sudati e accaldati di compagni di scuola che non riusciva nemmeno a riconoscere. La musica rimbombava nella sua testa riproducendo un suono indistinto e fastidioso, le orecchie iniziarono a fischiargli ed accelerò il passo per allontanarsi il prima possibile da quello che gli sembrava un inferno di rumori e confusione. Quando finalmente raggiunse l'imponente studio del sig. Merlyn tirò un sospiro di sollievo. Ne aveva avuto abbastanza di quella festa, ancor prima che fosse iniziata.

---------------------------------
Felicity quella sera imparò che quando si trattava di far divertire le persone Tommy Merlyn era una vera garanzia. La festa sembrava aver superato le aspettative di tutti e vide ovunque persone felici e spensierate che sapevano sicuramente come godersi la serata.
"Avremmo dovuto prendere un taxi. Magari potresti lasciare la macchina qui e passarla a prendere domani".
"Sta tranquilla, Lis, è appena la mia seconda birra. Sto bene, fidati".
Felicity vide l'amica barcollare sui tacchi mentre raggiungevano un divanetto su cui appoggiarsi. Avevano ballato tutta la sera, senza quasi mai fermarsi. In quel momento decise che avrebbe guidato lei la macchina dell'amica, invitandola a dormire a casa sua. Non c'era altra soluzione.
"Con che coraggio le persone osano definire questo rumore musica? Mi sanguinano le orecchie."
"Dai, non lamentarti sempre. Ammetti che un po' ti stai divertendo. Ti ho vista persino accennare un sorriso prima, e non provare a negarlo".
Caitlin puntò l'indice contro il suo viso, con fare inquisitorio.
"E va bene..." Felicity sbuffó, trovandosi costretta a dare ragione all'amica "ammetto che mi aspettavo di peggio. Credo che tutta la questione relativa al lamentarsi faccia parte del pacchetto all-inclusive 'la mia migliore amica odia le feste con tutta se stessa'. Non sono nata per queste cose, semplicemente non fanno per me".
"Naaah, non stai andando così male invece. Non credevo avessi mai acconsentito a ballare su questi trampoli, ed invece mi hai stupita. Senza considerare le stragi di cuori fatte in pista poco fa. Quel tizio laggiù continua a squadrati come se volesse mangiarti".
"Caitlin!!!"
"È la verità..."
Felicity arrossì a quelle parole, ancora scossa ed infastidita dalla sfacciataggine mostrata dallo sconosciuto che le si era avvicinato mentre ballava in compagnia della sua amics. Evidentemente non aveva alcuna intenzione di arrendersi, nonostante il due di picche che gli aveva rifilato. Peggio per lui, ne avrebbe ricevuto presto un secondo.
"Sei riuscita ad adocchiare Merlyn?"
"Tommy, Felicity. Il suo nome è Tommy. Comunque no, da quando siamo qui non sono riuscita a vederlo nemmeno di sfuggita. Questa casa è immensa, ci saranno stanze di cui nemmeno sappiamo l'esistenza e che sicuramente non avremo occasione di raggiungere entro la fine della serata".
"Non perdere la speranza, Cait. Lo incontrerai e succederà quando meno te lo aspetti".
"Felicity Megan Smoak, da quando hai iniziato a credere nel destino? Sei sicura di stare bene? Ti è per caso salita la febbre?"
Felicity rivolse all'amica uno sguardo esasperato. Non c'era mica tutto questo bisogno di rimarcare la sua totale mancanza di romanticismo?
"Ma che ne so, tutta questa storia delle prime esperienze, prime cotte, prime feste, mi sta facendo rammollire. Di questo passo a fine anno mi verrà voglia di firmare gli annuari".
Caitlin rimase in silenzio, fissando l'amica con un'espressione a dir poco scettica.
"No, hai ragione, quello non succederà mai. Vado a cercare un bagno, ti dispiace se ti lascio sola per un po'? Non è che mi fai danni in giro che poi dobbiamo ripagare... Sono quasi sicura che un solo quadro presente in questa casa valga quanto tutto il mio appartamento".
"Vai tranquilla, io ti aspetto qui. Al massimo andrò a fare un giro di perlustrazione, sia mai il destino decida di assistermi".
Caitlin le fece un occhiolino, le stava facendo il verso, lo sapeva. Decise di stare al gioco e le fece una linguaccia.
Si incamminò facendosi largo tra la folla. Dopo aver girato a vuoto per qualche minuto si rese conto di non avere la più pallida idea di dove si trovasse il bagno. Caitlin aveva ragione, quella casa era praticamente una reggia e la fiumana di persone stipata in ogni suo angolo non aiutava di certo ad orientarsi.
Iniziò ad inoltrarsi in corridoi sempre più remoti e distanti  dall'ingresso da cui erano entrate ad inizio serata. Vide le persone man mano diradarsi, la musica diventare sempre più bassa ed impercettibile. Capì così di essersi persa e di aver raggiunto un'ala della villa interdetta ai festeggiamenti.
Fece per tornare indietro ma proprio in quel momento la sentì. Una melodia a lei familiare, che risuonava dall'interno di una stanza chiusa in fondo al corridoio. Come ipnotizzata, si sentì attratta da una forza invisibile alla fonte da cui proveniva quel suono così dolce ed armonico.  Aprì piano la porta, lottando invano contro l'istinto di vedere cosa si celasse al suo interno, di scoprire chi fosse l'artefice della magia a cui stava assistendo.
Fu a quel punto che lo vide. Un ragazzo biondo, in giacca e camicia, che suonava un elegante pianoforte a coda, che si ergeva imponente al centro della stanza. Teneva gli occhi serrati, trasportato dalla melodia da lui stesso intonata così egregiamente.
Felicity lo trovò bellissimo, da togliere il fiato.
"Aria sulla quarta corda". Le parole le sfuggirono di bocca prima che riuscisse a controllarle.
Vide il ragazzo pietrificarsi all'istante, allontanando le dita dai tasti come se fossero improvvisamente diventati roventi.
"Oddio, ti prego di scusarmi. Non era mia intenzione interromperti. Continua pure, io me ne vado, credo che non potrei nemmeno trovarmi qui in realtà, è solo che mi sono persa cercando il bagno, e oddio ora che ci ripenso devo davvero andare in bagno, sarà tutta questa birra che ho bevuto...."
"Scusami, ci conosciamo?"
Felicity pose fine di colpo al suo balbettio imbarazzante, colpita dal tono di voce pacato che il ragazzo le aveva riservato. Si concentrò meglio sui suoi lineamenti. Aveva un viso familiare, anche se non riusciva a collegarlo ad un nome preciso.
Si sentì a sua volta osservata e scrutata dai suoi bellissimi occhi blu, profondi e luminosi come due fanali. Solo in quel momento si ricordò che il ragazzo aspettava ancora una risposta da lei.
"Oh... Scusami... No, non credo ci conosciamo. Io sono Felicity. Felicity Smoak".
"Ciao, Felicity. Io mi chiamo Oliver, Oliver Queen".
Ma certo, ora ricordava perché il suo viso le era familiare. Era Queen, il migliore amico di Tommy, Caitlin diceva che erano praticamente inseparabili. Evidentemente il suo nome era Oliver. Annotò l'informazione in una parte remota del cervello, pur consapevole che difficilmente avrebbe dimenticato quel nome. E quel viso.
"Sei qui per la festa di metà anno della SCHS? Sono colpito dal fatto che ogni anno riusciate ad imbucarvi. Non che me ne stia lamentando, anzi. È un piacere accogliere ragazze carine come te alle nostre feste".
Felicity in un primo momento non riuscì a cogliere il senso di quelle parole. Credeva fosse un'imbucata? Forse l'invito era esteso solo a quelli dell'ultimo anno. Si sentì stupida per aver dato retta a Caitlin riguardo quella stupida storia del volantino.
"Oh... in realtà... non so se sono propriamente un'imbucata... insomma, sono qui con una mia amica e Merlyn... voglio dire Tommy, le ha dato il volantino incrociandola per i corridoi e così..."
"La tua amica frequenta la Starling City High School?"
"Beh, se per questo anche io...".
Oliver sembrò stupito da quella rivelazione, come se si aspettasse davvero che Felicity frequentasse una scuola diversa.
"Errore mio, sono mortificato. È solo che non mi spiego come abbia fatto a non notare una ragazza come te in tutti questi anni".
"Oh..." Felicity sentì le guance avvampare. Due complimenti in altrettanti minuti. Di questo passo avrebbero stabilito un record.
Scosse la testa velocemente provando a ricomporsi e a ritrovare la concentrazione.
"Non mi prenderei tutte le colpe fossi in te. Diciamo che di solito preferisco... stare per conto mio".
Si era sforzata di trovare parole diverse per rendere la frase meno patetica di quanto suonasse nel suo cervello, ma realizzò che ad ogni modo il succo del discorso non sarebbe cambiato poi così tanto.
"Beh, in questo caso, è un vero peccato non averti incontrata prima, Felicity".
E a quel punto, forse per la prima volta nella sua vita, Felicity rimase senza parole. Quel ragazzo aveva avuto la capacità di spiazzarla, doveva dargliene merito. Era una cosa che la infastidiva e stuzzicava allo stesso tempo.
"Vuoi che ti dia una mano a trovare il bagno? È difficile orientarsi in questa casa se non la si frequenta spesso".
Felicity si guardò intorno, grata che Oliver avesse cambiato velocemente discorso.
"Sarà per via di tutti questi corridoi... sono praticamente identici, stesse finestre, stessi tappeti, stessa moquette. Sembra di stare in uno di quei labirinti infernali dei film di fantascienza, sai di quelli che ti inghiottiscono al loro interno, solo meglio arredato e con qualche Van Gogh in più appeso alle pareti".
Oliver provò a trattenere una risata ma non ci riuscì. Alla fine le rivolse un sorriso abbagliante, uno di quelli che Felicity aveva visto solo nelle pubblicità dei dentifrici. Non credeva nemmeno esistessero sorrisi così belli.
"Sei buffa, sai?"
Felicity si irrigidì, non particolarmente convinta che stavolta si trattasse di un complimento.
"Ehm... grazie?"
Oliver la guardò divertito. Evidentemente ci stava provando gusto a metterla in difficoltà.
"Buffa in senso buono, stai tranquilla. Sei riuscita a strapparmi un sorriso. Il primo sorriso sincero che riesco a fare da un po' di giorni a questa parte".
"Ed è una cosa positiva?".
"Assolutamente".
Felicity fece un sospiro di sollievo.
"Meno male. Per un momento ho temuto che mi fosse spuntata una terza narice da qualche parte sulla faccia".
Lo vide sorridere di nuovo e ne fu stranamente compiaciuta. Forse iniziava ad essere dipendente dalla felicità di quel ragazzo. Ma poi riascoltó i suoi pensieri e si disse che era impossibile, lo aveva appena conosciuto.
"Quindi, Oliver, come mai sei rinchiuso in questa stanza, tutto solo, a suonare il pianoforte, nel bel mezzo di una festa? Non che abbia niente in contrario, per carità, sei molto bravo, veramente molto bravo. È solo che eri l'ultima persona che mi aspettavo di trovare aprendo questa porta. Mi hai sorpresa..."
Oliver alzò un sopracciglio con fare interrogativo, in attesa di un'ulteriore specificazione.
"...piacevolmente sorpresa".
Felicity si stupì del suo stesso atteggiamento. Evidentemente non aveva ancora realizzato quello che le stava accadendo perché fu in grado di ostententare una sicurezza ed un'audacia che non le appartenevano. O quanto meno credeva non le appartenessero.
"Sai com'è, tutti ogni tanto hanno bisogno di ritagliarsi dei momenti di solitudine. Magari potrà sembrarti strano che Oliver Queen abbia sentito questa particolare necessità durante una festa, e forse l'avrei pensata anche io allo stesso modo stando al tuo posto, ma la verità è che avevo semplicemente bisogno di schiarirmi un po' le idee. E suonare il piano aiuta a rilassarmi".
Felicity si chiese se si fosse reso conto di essersi riferito a se stesso in terza persona, come se non stesse parlando nemmeno di lui. Senza capire perché, iniziò a sentirsi un po' triste per lui.
"Da quanto tempo prendi lezioni di pianoforte?"
"Avrei dovuto diplomarmi al conservatorio quest'anno. Ma poi ho deciso di mollare per dedicarmi alle attività di recupero pomeridiane. Sai, per via del diploma, delle domande di ammissione al college e tutto il resto. La mia.... Laurel.... crede che sia meglio così. Le lezioni di piano non mi serviranno a mandare avanti l'azienda di famiglia".
Laurel, certo, doveva essere la sua ragazza. D'altronde era impensabile credere che Oliver Queen potesse restare single a vita. Insomma, era pur sempre Oliver Queen.
"Perché ho come l'impressione che la pensi diversamente da lei?"
Oliver abbassò gli occhi al pavimento. Felicity realizzò che con le sue parole aveva toccato un punto delicato, che probabilmente non era ancora pronto ad affrontare, e di sicuro non insieme ad una perfetta estranea.
"E così sei fan di Bach, eh? Buongustaio... Credo di essermi innamorata di lui mentre ero ancora nella pancia di mia madre".
Oliver sembrò apprezzare il repentino ritorno al precedente argomento di conversazione, e infatti ripose di nuovo il suo sguardo su di lei, sorridendole.
"Avrei dovuto capire di trovarmi di fronte ad un'esperta di musica classica. Ti è bastato solo qualche   accordo per riconoscere la sua sinfonia. Suoni qualche strumento?".
"Oh, no, per carità. Io e gli strumenti musicali viviamo su due pianeti differenti".
"Pensavo che la musica ti piacesse".
"Ed è proprio perché la musica mi piace troppo che ho deciso qualche tempo fa di appendere al chiodo la carriera da musicista prima ancora di intraprenderla".
"Oh, andiamo, non puoi essere così male".
"Fidati, sono anche peggio".
Oliver corrucciò la fronte, come ad elaborare un pensiero che gli era appena balenato nella mente.
"Avvicinati".
"Cosa?"
"Mi hai sentito, avvicinati. Siediti accanto a me. Ti farò una lezione di pianoforte. È raro trovare persone che apprezzino le mie limitate capacità, quindi consideralo come un modo per ringraziarti".
"Oliver.... Ma non c'è bisogno, credimi..."
"Non farti pregare, dai. C'è posto per entrambi".
La sua mano colpì per due volte il soffice velluto rosso dello sgabello. La stava invitando a prendere posto accanto a lui e a giudicare dalla sua espressione non avrebbe accettato tanto facilmente un no come risposta. Evidentemente non era abituato a sentirsi rifiutato.
"E va bene...." Felicity si arrese senza troppa convinzione "ma promettimi che non riderai di me".
"Promesso, non mi permetterei mai".
Felicity sbuffò sonoramente e prese posto accanto a lui. Fu solo in quel momento che si pentì amaramente di aver preso quella decisione. Oliver si sbagliava, lo sgabello non bastava ad accoglierli entrambi. Erano pericolosamente vicini e sentì la parte laterale della sua coscia scoperta sfregare contro la stoffa leggera dei suoi pantaloni. Per un secondo ebbe paura di prendere fuoco.
"Partiamo dalle basi, ti va? La cosa più semplice, la scala di Do. Innanzitutto, sai dove si trova il Do?"
Felicity spinse un tasto a caso sulla tastiera. Guardò speranzosa in direzione di Oliver, ma non ottenne alcuna risposta.
"Qualcosa mi dice che non era un Do..."
"Mmm.. mi dispiace deluderti ma credo proprio fosse un La".
"Lo sapevo" Felicity lo guardò mortificata. "Mi dispiace Oliver, sono un impiastro. È che proprio non sono portata per la pratica. Sono più il tipo che si trova a suoi agio con la teoria".
"Non so perché ma ti facevo un po' secchiona..."
"Ehi!!!"
"Senza offesa, naturalmente" si scambiarono uno sguardo divertito. "In fondo hai toppato solo di due tasti, non è questa grande tragedia. Ecco vedi, il Do è questo..."
Ed in quel momento successe una cosa che nessuno dei due avrebbe potuto prevedere. Le loro dita si mossero all'unisono in direzione dello stesso punto sulla tastiera, scontrandosi a mezz'aria. Prolungarono quel contatto più del necessario, entrambi incapaci di trovare la forza di tirarsi indietro.
Felicity iniziò a percepire tante piccole scariche elettriche avvampare a livello del suo indice destro, chiedendosi in che modo una parte così piccola del corpo fosse in grado di irradiare una tale quantità di energia.
Si ritrovò gli occhi di Oliver fissi su di lei. Scorse al loro interno stupore, interdizione, ma anche desiderio. Lo stesso desiderio che provava lei in quel momento, e che ritrovava riflesso sul suo viso, come se si stessero specchiando l'uno nell'altra.
Sentì le palpebre improvvisamente farsi pesanti, soccombere all'immane peso del flusso di emozioni diverse e contrastanti che la stavano travolgendo. Eccitazione, paura, desiderio, senso di colpa, stupore. Ma era il desiderio a prevalere su tutto il resto.
Avvertì uno cambiamento nell'ambiente circostante e percepì il viso di Oliver farsi sempre più vicino al suo. Sentiva il suo respiro, dolce e leggermente accelerato, accarezzarle la punta del naso.
La distanza tra di loro si ridusse ulteriormente, quando il corpo di Felicity iniziò a muoversi di conseguenza, per incastrarsi ed adattarsi meglio a quello di lui, già pronto ad accogliere il contatto tra le loro labbra che a quel punto sembrava inevitabile.
In quel preciso momento, però, sussultarono insieme al rimbombo di una cassa lontana - non troppo evidentemente - che quasi esplose a causa dei decibel raggiunti dal volume della musica che stava animando la festa ancora in corso.
Come ridestati da un incantesimo si ricomposero velocemente, ponendo tra di loro la maggiore distanza che fosse loro consentita in quella situazione.
"Il gran finale". Osservò Oliver, forse aspettandosi che Felicity capisse a cosa si stava riferendo. La sua voce era leggermente roca, il suo tono infastidito e sollevato allo stesso tempo. Forse più infastidito che sollevato.
Felicity decise che era arrivato il momento di congedsrsi. Imbarazzata come non mai, si schiarì la voce e fece per alzarsi. Oliver non la fermò.
"Io.... si.... è meglio che vada. La mia amica mi sta aspettando da un po', e devo trovarla per tornare a casa. Grazie.... per la lezione, e scusami ancora per essere piombata qui dentro e aver interrotto il tuo.... momento di riflessione".
Le parole si susseguirono in maniera confusa, Felicity le pronunciò velocemente, in preda all'improvvisa urgenza di lasciare quella stanza.
"Oh... ok.... Io.... beh.... è stato un piacere averti conosciuta, Felicity".
Oliver, ancora visibilmente scosso e provato per l'accaduto, le sorrise debolmente.
"È stato un piacere anche per me, Oliver".
Sforzandosi di non apparire più scombussolata del dovuto, provò a ricambiare quel sorriso, e con decisione si chiuse la pesante porta dello studio alle spalle.
Cosa diavolo era appena successo? Aveva quasi baciato un ragazzo. Un ragazzo che aveva conosciuto solo qualche minuto prima. E non un ragazzo qualsiasi, ma Oliver Queen in persona. Ci era andata così vicina. Ed in tutto ciò la cosa peggiore è che  si era ritrovata suo malgrado a volerlo fare con tutta se stessa.
Non era da lei. Era sempre stata una ragazza giudiziosa, con la testa sulle spalle, immune al fascino dei bellocci figli di papà che bazzicavano nella sua scuola. E adesso, nel giro di pochi minuti, tutto quello su cui aveva basato la sua intera esistenza era miseramente crollato come un castello fatto di sabbia. Le sue convinzioni, le sue privazioni, le sue regole. Era riuscita ad infrangerle tutte in un colpo solo.
Provò a scovare dentro di sé il senso di colpa che a quel punto avrebbe dovuto attanagliarle lo stomaco, ma al suo posto sentì solo delle stupide farfalle che la facevano sentire stupidamente bene. Non poteva prendersi una cotta per Oliver Queen. Non poteva permetterselo. Le avrebbe spezzato il cuore e lei non aveva tempo da sprecare in questioni così futili ed infantili. Aveva dei programmi da rispettare, dei progetti da portare a termine, dei sogni da realizzare, a qualunque costo. Che valore poteva avere una stupida cotta adolescenziale a confronto?
Sbuffò e ripensò al destino. Ecco perché aveva sempre evitato di crederci, delle volte sapeva giocare proprio brutti scherzi.
Ma se davvero si trattava di uno scherzo così brutto, perché Felicity non riusciva a fare a meno di pensare a quell'incontro come all'avvenimento più bello che le fosse capitato negli ultimi anni?

*NOTA DELL'AUTRICE*
Ho sentito l'esigenza di pubblicare i primi due capitoli a distanza così ravvicinata per chiudere un po' il discorso della festa e per affrontare il primo incontro tra Oliver è Felicity, punto nodale di questa storia, così come si può evincere da titolo.
Grazie per le vostre recensioni, non potete capire quanto mi faccia piacere riceverle e avere modo di conoscere il vostro punto di vista.
Non so quando ci sarà il prossimo aggiornamento, credo con ogni probabilità la prossima settimana, ma non posso promettervi nulla.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e abbia soddisfatto le vostre aspettative.
Baci,
Anima90

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Arrow / Vai alla pagina dell'autore: Anima90