Tonks aveva finalmente trovato la sua
routine: il suo nuovo lavoro alla cartoleria di Diagon
Alley non era male e se aggiunto alle uscite con gli
amici e al caos quotidiano che regnava nel suo appartamento formava un insieme
di circostanze che riuscivano a tenerle la mente occupata per buona parte della
giornata.
Mente occupata significava mano pensieri negativi o tristi e la conseguenza non
poteva che essere un ritrovato buon umore. Già quando era ritornata nel mondo
magico stava meglio, ora era ulteriormente migliorata.
Ma, se per lei le cose stavano andando bene, per un’altra
persona non era così. Bill, una volta superato il momento di crisi più critico
e lasciato un po’ in pace da sua madre, presa al momento da Percy
e Audrey, credeva di poter raggiungere
finalmente la pace interiore e ce l’avrebbe fatta se una sera Tonks non fosse andata a cena da loro.
Si prospettava una serata come tante altre, Molly non vedeva la ragazza da un
po’ di tempo e quindi aveva pensato di invitarla.
Quello che Molly non mise in conto è che la sera della cena, alla Tana
probabilmente c’era un illuminazione insolita, forse più soffusa o forse molto
più luminosa e che anche l’acustica era molto differente, tale da far arrivare
la voce delle persone quasi come se fosse una dolce melodia. Probabilmente non
tutti si accorsero di questi cambiamenti nella casa, ma una persona lo fece di
sicuro. E, in particolare, una voce gli sembrava più piacevole del solito:
contando che nella stanza, a parte sua madre e le due presenze femminili
costanti in casa Weasley, Ginny
ed Hermione, l’unica donna rimasta era Tonks, quella voce così soave proveniva da lei.
Complice la sua posizione, Bill era seduto con le spalle rivolte al camino, ad
un certo punto della serata aveva iniziato a sentire caldo, tanto che si
dovette alzare dalla sua sedia e con una scusa qualunque andare al piano di
sopra. Una volta arrivato in camera aveva deciso di indossare qualcosa di più
leggero e prima di ritornare di sotto fece una capatina in bagno a
risciacquarsi il viso.
Quando entrò in cucina quell’aura misteriosa era svanita, tutte le voci erano
tornate assolutamente normali, l’illuminazione era quella di sempre e non
provava più così caldo.
Qualunque cosa gli avesse provocato quelle reazioni era passata. O almeno così
credeva…
Quando arrivò il momento dei saluti e Tonks lo
abbracciò, come faceva sempre, il suo cuore mancò un colpo… brutto segno, pensò
il ragazzo.
Quegli strani sintomi continuarono per parecchi giorni, per l’esattezza tutte
le volte che Tonks era nei paraggi.
Una sera, al Pub, Rob gli confermò sottilmente i suoi
sospetti.
Bill fu scosso da Rob che gli aveva afferrato una
spalla riportandolo così nel mondo reale, posandogli davanti un bicchiere
contenente un cocktail dal colore blu intenso.
“Allora, che succede?”
Chiese Rob, guardandolo dritto negli occhi. E
se Rob aveva un pregio, quello era proprio la
franchezza: non parlava spesso, ma quando lo faceva, soprattutto in materia di
sentimenti umani, aveva sempre dannatamente ragione.
“Nulla, sono solo un po’ stanco… Anzi, credo che finirò il
mio bicchiere e poi andrò.” Rispose Bill con nonchalance.
“Mi vuoi dire che succede? O devo indovinare…”
“Ma niente, davvero.”
“Ho capito, devo indovinare, non che sia poi così difficile.”
Affermò Rob sospirando. “Sono due ore che hai gli
occhi fissi su una certa persona, non devo abbassarmi tanto da dirti chi,
vero?” Chiese, e quando vide che Bill non dava alcun segnale, proseguì. “Tu sei
attratto da quella persona! Giusto?”
“Sì, no… non è esatto.”
“Oh, sì che è esatto. Solo che al momento non sai come
comportarti con Tonks vista la sua situazione.”
“Dannazione!” Esclamò Bill e Rob
rise, sapeva di aver colto nel segno e quella ne era la conferma.
Oh sì, lui era innegabilmente attratto da Tonks.
La conosceva da anni e l’aveva sempre reputata una brava persona, un po’ pazza
questo sì, un buona amica e un ottimo membro per l’Ordine della Fenice, ormai
ex Ordine, ma niente di più. Bill sapeva che Tonks
era sempre stata una ragazza decisa, spiritosa, aperta e nonostante
all’apparenza sembrasse una persona svagata, in realtà aveva ben chiare le sue
priorità e quello che voleva. Ma questo prima della fine della guerra contro Voldemort.
Ora delle domande gli sorgevano spontanee: perché lei? E perché adesso, dopo tanti
anni che si conoscevano?
“Sì, ma perché?” Rob aveva sempre
la risposta a tutto, quindi lui, dopo aver gettato il sasso era obbligato a
dargli una risposta. Glielo doveva!
“Non ti sembra una domanda un po’ troppo profonda per un
povero, piccolo essere umano, anche se dotato di poteri magici?” Rispose Rob, saggiamente. In effetti, forse Bill aveva preteso un po’
troppo.
“Grazie, lasciami qui a disperare da solo… già che c'eri potevi darmi dell'alcol, così mi
ubriacavo e chiudevo la serata in bellezza.”
“Hai il tuo cocktail alcolico in mano, e te l’ho portato io…”
Rob sospirò nuovamente, capiva quali erano gli
ostacoli, ma non li reputava poi così insormontabili, ma lui certe cose le
faceva sempre troppo semplici; lasciò che il suo amico dalla chioma fulva
bevesse il duo drink e pensasse a qualcosa, a qualunque cosa, senza però sapere
che era già arrivato al terzo bicchiere. Se lo avesse saputo prima non gli
avrebbe mai portato da bere… Bill l’alcol lo reggeva poco e succedeva che, se
appena brillo, iniziava a parlare a vanvera e ad una velocità impressionante,
facendo ragionamenti a caso, senza un filo logico.
“Ma tu, lo sai quello che ho dovuto sopportare con mia madre?
No dico, ne hai una minima idea? Insomma, Tonks mi
piace, ma non vale la pena di sopportare mia madre! Insomma, l’hai mai vista
incazzata? Cioè, quel pigiama è orribile.”
“Bill, che stai dicendo?” Chiese Rob,
allarmato.
“Sto dicendo che sono un uomo finito.”
Oh, adesso sì che lo riconosceva… forse non era così perso
come sembrava. “E il problema, quale sarebbe?”
Non ottenne nessuna risposta immediata da Bill che si era
appoggiato contro lo schienale del divanetto. “Succede che mi gira
terribilmente la testa…” Chiuse gli occhi e si portò una mano sugli occhi. Rob considerò più saggio lasciarlo dormire tranquillamente
fino a fine serata e parlarci più tardi, nel mentre avrebbe portato via qualche
minuto o più Susan alle sua amiche.
A fine serata, dopo aver salutato la sua fidanzata, Rob decise di fare quattro passi con il bell’addormentato,
nonostante la temperatura non fosse proprio delle più calde.
“Allora, ti sei ripreso?”
“Poco.”
“Cosa stavi farneticando su tua madre, Tonks
e un pigiama, prima?”
“Un pigiama? Oh, non ricordo nessun pigiama, ma so
perfettamente che me, più Tonks, più Molly non è una
tripletta favorevole.”
Rob lo guardò stranito. “E con
questo?”
“Non potrei mai stare con lei, capisci?”
“Ma tu sei ancora lontanissimo dal fare una cosa del genere.”
Lo riportò con i piedi per terra, pensando che non dovesse aver smaltito del
tutto l’alcol. Bill lo guardò come se gli avesse fato la rivelazione del
secolo.
“Hai ragione,” mormorò. “Ed è per questo che è meglio non
pensarci più.” Camminarono ancora per diversi minuti prima di salutarsi.
La situazione, nonostante lui cercasse di essere indifferente,
non migliorò. In un’altra situazione sì sarebbe comportato in modo più
baldanzoso ma ora… a parte che erano anni che non abbordava più una ragazza,
l’ultima era stata Fleur, ma questo era il minore dei
problemi.
Aveva appena finito di litigare con sua madre per Fleur,
che gli piacesse Tonks sembrava proprio un atto di
sfida…
Ormai, dopo nemmeno un mese dalla chiacchierata con Rob
era giunto a un punto di non ritorno, ma vedeva Tonks
così serena, che non vedeva per quale motivo avrebbe dovuto riportare caos
nella sua vita. Si accontentò quindi di stargli vicino come amico, cercando di
approfondire il suo rapporto, arrivando quasi all’intimità che la ragazza aveva
con suo fratello Charlie.
Per il momento non voleva nulla più di questo.
Grazie a:
SakiJune: sì, direi
che con questo capitolo inizio ad entrare a pieno nello svolgimento della
storia. Lentezza sì, ma non troppa. Vedremo lungo il cammino. Grazie per aver
lasciato un commento! Ciao!