Breve riassunto dei
capitoli precedenti
richiesto da Yum: Balor un giorno decide di
prendere moglie e sceglie per sé la bellissima dea dell’amore Branwen e,
nonostante i due si conoscono da soli due giorni, si sposano. Dal matrimonio,
nove mesi dopo, nasce una bambina, Badb, ma il padre non ne è
per nulla felice. A breve distanza ne nascono altre due e un giorno Balor prende la decisione, senza consultare la madre, di educarle
come se fossero tre maschi, ossia come suoi aiutanti. Branwen intanto, delusa
dal comportamento del marito e dalla visione delle sue figlie anni dopo, scappa
in giardino e incontra un giovane che le fa un effetto strano, tanto che una
notte lo sogna: un giardiniere che la vede piangere accanto ad una fontanella. Le
tre dee vengono comunque istruite dal padre e arriva
il giorno del loro primo incarico, tuttavia Macha non riesce ad accettarlo e si
sfoga con la madre.
Yum mi dispiace che non
ti stia piacendo come l’altra!! Ma non ti preoccupare
che arriverà il suo seguito!! Solo che devi aspettare un po’ perché al momento
sono molto incasinata, infatti non riesco ad
aggiornare molto spesso anche questa storia!
Per Devilcat: ciao!! Sono contenta che la mia storia ti stia
piacendo, mi dispiace però che dovrai aspettare un po’ tra un capitolo e l’altro
perché in questo periodo sono davvero lenta a scrivere!! Purtroppo non riesco
ad aggiornare molto spesso ma cercherò di fare del mio meglio!
VI
Qualche
giorno dopo Branwen era di nuovo nel giardino, seduta sul bordo della sua fontanella
a specchiarsi nelle sue acque, ma con la palese speranza di rivedere quel
giovane che da giorni tormentava e agitava i suoi sogni. Stava pensando però
alle sue figlie, che a quell’ora erano sicuramente nel mondo degli umani a
svolgere quel loro infame compito. Quel giorno faceva particolarmente freddo
sull’isola e si diceva che la divinità del tempo prevedesse una pesante
nevicata. Apposta per quello la dea si era vestita in modo pesante: aveva un
vestito di velluto rosso, ricamato con pizzi bianchi sull’orlo, perle preziose
e fili d’oro sul corpetto e su tutta la gonna; per ripararsi ulteriormente dal
freddo e dalla possibile neve, aveva una mantella bordeaux con il cappuccio che
le copriva le spalle e la schiena fino alla vita ed il bordo era
ricoperto da una calda e morbida pelliccia. Anche i
guanti erano di velluto e avevano il contorno di pelliccia. Era stupenda come
sempre.
-oggi
non siete triste- era di nuovo quella voce tanto dolce
che aveva sentito giorni prima e poi quasi tutte le notti nei suoi sogni.
-come
mai in giardino, se non potete lavorare dato che è
prevista neve?
-e
chi lo dice, mia signora, che con la neve i
giardinieri non lavorano?- le disse con il suo sorriso celestiale –chi
coprirebbe le piante e le riparerebbe dal freddo pungente, se noi non
lavorassimo sotto la neve?
-avete
ragione, giardiniere… non so nemmeno il vostro nome…- lei lo stava
guardando con occhi quasi adoranti, come se volesse stamparsi nella memoria
ogni suo singolo particolare per non dimenticarlo mai.
-io
sono Sitchain, mia signora- a quel nome la dea fu scossa
da un brivido lungo la schiena; si ricordò che, nel suo primo sogno, il ragazzo
stava per rivelarle il suo nome e si poteva ricordare chiaramente che la prima
sillaba pronunciata era “Si”.
-è
un piacere fare la vostra conoscenza giardiniere Sitchain
-credetemi,
mia signora, il piacere è tutto mio
Branwen non riuscì a
trattenersi dal sorridergli, felice di averlo rincontrato e di aver saputo
finalmente il suo nome. Proprio in quel momento iniziarono a cadere i primi
fiocchi di neve e la bella dea alzò il cappuccio della
sua mantellina sui capelli color fiamma, legati in una treccia avvolta sulla
nuca. L’odore della neve era inconfondibile, quell’odore fresco che ti riempie i polmoni a ogni respiro; sia Sitchain che Branwen
alzarono gli occhi al cielo e annusarono quel gradevole profumo di inverno; il
silenzio dei lenti fiocchi che cadevano intorno a loro avvolgeva tutto in
un’immobilità che sembrava magica.
-mia
signora, inizia a nevicare, venite al riparo- e le
offrì la mano per condurla sotto un elegante gazebo di pietra, poco distante
dalla fontanella, ma che Branwen non aveva mai
visitato. Lei accettò la sua mano con un lieve imbarazzo, che le colorò le
guance di rosso. Sitchain la fece sedere su una panca di pietra e a sua volta
si sedette di fianco a lei.
-avete uno strano nome, Sitchain, ha un significato
particolare?
-significa
pace nell’anima
-bel
nome e bel significato
La soave voce della
dea aveva fatto incantare il giovane giardiniere.
-grazie,
mia signora
-basta chiamarmi così, sono stanca di sentirmi
chiamare da tutti mia signora. Chiamatemi Branwen
-va
bene, Branwen- Branwen: com’era dolce quel nome pronunciato dalle sue labbra.
-ora
dovrei andare, a palazzo si saranno accorti della mia assenza
-spero
di ricontrarvi ancora, Branwen
-lo
spero anche io, Sitchain
I due si guardarono
per un attimo negli occhi, senza sapere bene cosa fare o cosa dire; ma la dea
si riscosse dal torpore che le provocavano quegli occhi e corse via verso la
sua prigione, terribilmente imbarazzata e ripromettendosi che non sarebbe più
capitata una cosa simile. Ancora non riusciva a capacitarsi di quello che le
stava succedendo. Non solo si era lasciata toccare la mano da quel giardiniere,
ma gli aveva dato anche il permesso di chiamarla con il suo nome e la cosa più
strana era che le piaceva sentirlo pronunciare dalle
sue labbra. Corse come una furia verso la sua stanza e incrociò Olimpia nel
corridoio, ma nemmeno la notò, presa com’era dalla sua emozione che ancora le
faceva arrossire le guance. La serva comprese al volo che era successo
qualcos’altro con il giardiniere e scosse la testa rassegnata, ma anche
preoccupata per la sua padrona.
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Badb,
Nemain e Macha si trovavano nel mondo degli umani, pronte, o quasi, a compiere
il loro lavoro. Nel mondo mortale non stava nevicando come sulla loro isola,
anzi c’era un sole alto nel cielo e il caldo era quasi insopportabile. La loro
prima vittima sarebbe stata una donna di nome Kona,
ammalata di una strana malattia. Non dovettero nemmeno cercare la sua casa
poiché sapevano esattamente dove si trovavano le vittime e vi entrarono,
invisibili, come solo le dee possono essere agli occhi dei mortali. Trovarono
una scena che avrebbe scaldato il cuore a chiunque, tranne
alle dee della morte. La casa era piccola e restava in piedi per
miracolo, era sporca e spoglia, un luogo perfetto per ogni malattia insomma, e
in più un acre odore di marcio e malsano impregnava l’aria che gli abitanti
respiravano, ma che risultò disgustosa anche per le
visitatrici invisibili; Kona era distesa su un
pagliericcio che doveva avere la funzione di letto. Era una donna che forse un
tempo doveva essere stata bella; aveva i capelli neri,
un tempo lucidi, sparsi sul cuscino dietro la sua testa, tutti aggrovigliati,
sporchi e pieni di nodi; gli occhi scuri come i capelli si aprivano solo per
qualche secondo ed erano lucidi per la febbre e deliranti; anche da sdraiata si
potevano vedere le curve del suo corpo rese spigolose dalla magrezza e tutte le
ossa sporgenti al di sotto della pelle grigiastra. Come se la scena non fosse
già abbastanza triste da osservare, nella stanza era presente la sua famiglia
che la osservava morire. Il marito era chino su di lei e le stringeva una mano
ossuta, per darle un ultimo conforto prima della sua
fine; i tre figli, magri quanto la madre, la fissavano con le lacrime agli
occhi e stringendo ognuno un vecchio giocattolo, ormai distrutto dal tempo.
C’era però un altro bambino, ai piedi del letto della madre che non piangeva e
non stringeva nessun giocattolo semidistrutto, ma guardava con sguardo triste
la madre; appena le tre dee entrarono nella loro casa, quel bambino dai tristi
occhioni viola scuro spostò lo sguardo nella loro direzione, come se le potesse
vedere.
-bene
facciamo in fretta- era stata Badb ovviamente a
parlare. Macha era invece stravolta all’idea di privare quei quattro bambini
della madre e l’affettuoso marito della moglie. Nemain chissà
a cosa stava pensando, mentre cominciava a suonare con le sue dita delicate la
melodia composta proprio per quell’occasione.
Iniziarono
il loro lavoro, Kona vide la classica luce bellissima
di fronte a sé e le due dee cominciarono a chiamarla, accompagnate
dalla musica suonata da Nemain. Lo sguardo di Macha cadde per errore sul
bambino ai piedi del letto della quasi defunta e incrociò i suoi occhi che la
fissavano spaventati.
-Badb
fermati!
Macha bloccò la
sorella, prendendole un braccio. Ma la sorella si
limitò a lanciarle uno sguardo infastidito e cercò di scrollarsi la sua mano
dal braccio, Macha allora le infilò le unghie nella carne per farla fermare.
-cosa
diavolo stai facendo?!
-il
bambino! Ci può vedere!
-ma cosa dici?! Nessuno può vederci! Lasciami lavorare in
pace!
-NO!
Non possiamo ucciderla davanti ai suoi occhi!
-ti
ripeto CHE NON CI VEDE!
Badb aveva ignorato la
sorella e aveva ripreso il suo lavoro, solo con l’aiuto dell’altra sorella.
Macha invece continuava a fissare quegli occhi viola che adesso avevano
iniziato a lacrimare copiosamente e la guardavano con un’espressione sconvolta,
quasi implorando il suo aiuto. Macha non poteva fare nulla per lui e continuava
ancora a guardare fisso nei suoi occhi che erano
diventati come una calamita per lei. Tutto avvenne accompagnato dalle
struggenti note dell’arpa.
Badb
e Nemain terminarono il loro compito e racchiusero l’anima della povera Kona in un cristallo, ciondolo che Badb portava al collo.
Era tutto finito e il bambino fissava le tre assassine della madre, mentre il
marito e gli altri tre bambini non si erano accorti di nulla e piansero lacrime
amare per la morte della persona a loro così cara.
Le
tre dee tornarono nel loro mondo, due di loro molto
contente per come avevano svolto il compito affidatogli, l’altra invece con il
cuore pesante per il senso di colpa che lo opprimeva e lo schiacciava.
Come
prima cosa si recarono dal padre per comunicargli
l’esito della missione. Ovviamente Balor fu molto contento e orgoglioso delle
sue figlie. Tranne di Macha. Badb gli aveva comunicato
cosa era successo in quella casa.
-perché ti sei comportata in quel modo? Cosa ti salta in mente, rispondi Macha!
-quel
bambino ci vedeva- la voce del dio era irata, mentre quella della piccola dea
era calma e sottomessa. Lei stessa stava diventando piccola piccola
nei confronti del padre e fissava spaventata il pavimento, in
attesa della sua punizione.
-da
oggi tu ti occuperai di traghettare con me le anime che le tue sorelle prendono
nel fiume che porta alla loro destinazione finale. Rassegnati figlia, sei una
delle dee della morte e farai come ti dico- appena pronunciate queste parole il
dio si girò, facendo svolazzare teatralmente il mantello sulle sue spalle, e
uscì dalla grande sala, lasciando lì le due figlie.
Badb aveva un sorriso soddisfatto sulle labbra, Nemain come sempre era assente
e non si capiva se avesse sentito anche una sola
parola pronunciata dal dio, Macha era sconvolta. La ragazza cadde sulle
ginocchia e iniziò a piangere silenziosamente così che le sue lacrime caddero
sulla veste scura. Le sorelle uscirono dalla sala per tornare nelle loro camere
e la lasciarono lì da sola a piangere.