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Autore: Mary P_Stark    27/06/2015    1 recensioni
Anno 2034. Cameron e Domenic Van Berger, rampolli della famiglia omonima e giovani di brillante talento, si ritrovano loro malgrado nel mezzo di un intrigo internazionale. Sarà Cameron a farne le spese in prima persona, e Domenic tenterà di tirarlo fuori dai guai, utilizzando tutte le sue conoscenze tecniche... e non. Un segreto che, ormai da anni, cammina con lui, si rivelerà determinante per la salvezza del fratello. E della donna che ama. Antiche amicizie si riveleranno solo meri inganni, e questo porterà Domenic e Cameron a confrontarsi con una realtà che non avrebbero mai voluto affrontare. Chi è veramente il nemico, di chi possono fidarsi, i due gemelli? - SEGUITO DI "HONEY" E "RENNY" (riferimenti nelle storie precitate)
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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XVII. Error.
 
 
 
 
L'aurora boreale splendeva incerta e sinuosa, nel cielo notturno sgombro di nubi e Phie, sorridendo melanconica a un assonnato Cameron, mormorò: «Sarebbe bellissimo poter uscire per una passeggiata al chiaro di luna, con questo spettacolo nel cielo.»

«Sai che ci gambizzerebbero, prima di poter mettere piede fuori» brontolò il fidanzato, lanciando un'occhiata indispettita all'agente Regina Johnson.

L'amazzone color cioccolato ricambiò lo sguardo e sorrise leggermente, chiosando: «Paura di confrontarti con una che ti può stendere?»

I ricordi di Cam corsero a qualche giorno addietro, quando aveva sfidato l'agente a un duello di kenpo... non sapendo che quest'ultima fosse cintura nera della specialità.

La donna non solo aveva accettato, ma l'aveva anche illuso di potercela fare a vincere.

Con un sogghigno e un colpo da maestro, però, lei lo aveva steso a terra e, naso contro naso, l'agente gli aveva ricordato che nessuno di loro era un novellino.

Specialmente nel corpo a corpo.

Cameron rabbrividì e, scuotendo il capo, esalò: «Non mi cimenterò mai più in una diatriba cheek-to-cheek con lei, agente, promesso.»

Regina scoppiò a ridere brevemente, prima di azionare il suo microfono da polso,  parlando poi brevemente con uno dei suoi colleghi.

Forse lo stesso Bryce, che si trovava all'esterno, in quel momento.

Un attimo dopo, la donna sorrise alla coppia dinanzi alla finestra del patio e disse: «Potete uscire. Per una ventina di minuti, non di più. Chiaro?»

Cameron e Phie sgranarono gli occhi, stupiti di fronte a una simile concessione.

Dopo un rapido scambio di sguardi, i due giovani corsero dagli altri compagni di reclusione, più che mai decisi ad approfittare del piccolo break.

Quasi senza prendere fiato, Cam si presentò nella stanza dei computer, dove sapeva trovarsi il fratello e Yuki.

Incurante di tutto, si buttò in mezzo allo schema 3D dei file da decrittare, facendolo fluttuare come un'onda di risacca e, eccitato, esclamò: «Si esce in giardino! Forza, toglietevi quei diavolo di caschi per la realtà virtuale e venite fuori!»

Domenic e Yuki, sobbalzando per l'entrata in scena a sorpresa di Cam, lo fissarono per un istante senza capire.

Quando, però, la sua novità riuscì a penetrare nei loro cervelli sovraesposti a bit di informazioni, sorrisero entrambi e, senza tanti giri di parole, si tolsero caschi e guanti per seguirlo.

Nel corridoio trovarono Phie e Minami, già debitamente attrezzate entrambe con piumini light e cuffie in testa.

Domenic fu lesto a imitarle, e così pure Cam e Yuki.

Nel giro di un paio di minuti, eccitati come scolaretti, si presentarono di fronte alla porta del patio, pronti per sfruttare fino all’ultimo quell’uscita insperata.

Lì Regina, dopo averli attentamente controllati, ordinò perentoria: «Venti minuti. Non uno di più. Non possiamo sapere chi possa trovarsi al di là del bosco, dove terminano i sensori di controllo.»

«E' il tempo che impiegherebbero delle persone in motoslitta per raggiungere la villa, vero?» ipotizzò Domenic, ghignando all'agente.

Lei lo fissò malissimo, ma annuì.

«Esci fuori, cervellone, e raffredda le meningi. Coraggio!»

Ridendo, Dom fece come le disse la donna e, assieme ai suoi amici, uscì nel giardino ricoperto di neve, gli occhi rivolti verso l'alto per ammirare lo spettacolo offerto dalla natura.

Le onde verdi e blu dell’aurora boreale si altalenavano nel cielo, alternando pigmenti più forti, come il rosso e l'arancione.

L'aria era gelida, probabilmente erano a parecchi gradi sottozero, ma a nessuno interessò.

Era la prima, vera uscita all'esterno che compivano da quando erano giunti lì, tre settimane addietro.

Il programma di decrittazione era a buon punto, e il settanta percento dei file erano stati inviati a Quantico, perché iniziassero a ricomporli in uno schema preciso.

Restava ancora da capire quanto fossero credibili le allusioni di Domenic, riguardo a una talpa all'interno della squadra, se non addirittura della V.B. 3000.

Ma sarebbero arrivati anche a quello, a suo tempo.

Mano nella mano con Yuki, Dom le sorrise sereno e mormorò: «Non è bellissimo?»

«Stupendo. Non avevo mai assistito a uno spettacolo simile.»

«Mai? Eppure, viaggi moltissimo» esalò sorpreso il giovane.

Lei gli sorrise, deliziata suo malgrado all'idea che Domenic sapesse così tanto sul suo conto.

Dimostrava interesse, un interesse che lei non aveva mai neppure sospettato.

Era stato strano, ma liberatorio, ammettere con lui i suoi sentimenti, ed eccitante scoprire quanto anche Domenic fosse preso da lei.

Certo, continuava ancora a chiamarla con quello stupido nomignolo, 'sorellona'1, ma erano ancora così freschi di scoperta, che poteva passarci sopra senza problemi.

Era una vita che lui la chiamava così. Probabilmente, non se ne rendeva neppure conto.

E a lei, in quel momento, non interessava che lui la chiamasse così.

Era vitale stare al suo fianco, aiutarlo, spalleggiarlo... amarlo.

Solo questo contava.

«Ho sempre puntato sulle cime classiche, quando volevo scalare, e non mi è mai venuto in mente, per esempio, di venire a scalare Denali.»

«Quando tutto sarà finito, potrei anche seguirti.»

Yuki si aprì in un sorriso eccitato – sapeva bene che Domenic era un ottimo marinaio,  e che prediligeva le gite in barca – e, annuendo, dichiarò: «Ti insegnerò tutti i trucchi del mestiere.»

«Mi piace imparare» mormorò lui, chinandosi per darle un bacio.

Lei lo accettò con piacere ma, un attimo dopo, si ritrovò a imprecare per il freddo, quando una palla di neve centrò il suo volto e quello di Domenic.

Anche il giovane si lasciò andare a una discreta sequela di insulti, mentre Cameron e Phie se la ridevano divertiti.
«E' così, eh?» ghignò Dom, lanciando un'occhiata divertita a Yuki.

Afferratala a una mano, si andò a nascondere nei pressi di un cespuglio ricoperto di neve e, a gran voce, esclamò: «Ve la siete cercata! Ora vi massacreremo!»

«E' tutto da vedersi! Sai che io e Phie siamo in combutta da anni!» rispose per contro il gemello, ridendosela di gusto.

«Anche io e Yuki-necchan, se è per questo! Solo, in modo diverso.»

«Vale di più il mio!»

«Dimostriamo loro il contrario?» propose Domenic a Yuki, sorridendole sbarazzino.

Lei non poté che assentire. Era così raro vederlo sorridere a quel modo, come se nessun pensiero lo potesse scalfire.

Sapeva che non era così, che parte della sua mente era ancora al lavoro su quanto avevano appena abbandonato, ma in quel momento era... libero. Felice.

«Li distruggeremo» assentì Yuki, più determinata che mai.

Ne seguì un'autentica battaglia di palle di neve, condita da tante allegre risate.

Bryce osservò il tutto dal patio, in compagnia di Regina, mentre il resto degli agenti pattugliava il perimetro o controllava i sensori di movimento, posizionati nel bosco.

«Spero di non aver sbagliato, a chiederti di farli uscire. Ormai, credo fossero pronti per un ammutinamento.»

«No, hai fatto bene. Erano fin troppo nervosi. Questa situazione metterebbe a dura prova chiunque, visto chi li sta cercando. Un break non può far loro che bene.»

Regina annuì pensierosa, lanciando un'occhiata intorno a sé.

Tutto appariva tranquillo, eppure sapeva che i loro nemici non avevano mai smesso di cercarli. Se lo sentiva nelle ossa.

Si concesse ugualmente il lusso di sorridere, quando Yuki sbaragliò la concorrenza muovendosi come un'ombra tra le ombre, veloce e rapida quanto il morso di un serpente.

Non aveva dimestichezza con quel genere di arte marziale, ma apprezzava la bravura di chi la praticava.

E Yuki Tashida era davvero maestra, nel ninjutsu.

«Non è valido!» esclamò Cameron, colpito in pieno viso da un assalto proditorio della giovane giapponese.

Minami rise e, da bravo giudice di gara, replicò: «Il colpo è andato a segno, perciò sei squalificato, Cameron-san

«Mi appello, giudice. Usava armi improprie!»

«E quali, scusa?» esalò Yuki, sull'orlo del pianto per il troppo ridere.

Anche Domenic fissò il fratello in cerca di spiegazioni, e Cameron, ghignante, dichiarò: «E' troppo brava!»

Tutti risero a quel commento e Phie, battendo le mani con Yuki, disse: «Ora maschi contro femmine!»

«Traditrice! Vai con i vincitori?!»

«Ovvio» ammiccò Phie, prendendo sottobraccio la ragazza. Un attimo dopo, lanciò un'occhiata serafica a Domenic, aggiungendo: «Prego... vai pure dall'altro lato del campo.»

«Dispotica» sbuffò il giovane, pur sorridendole.

«Mi amate anche per questo, no?» ironizzò lei, mettendosi in posizione dietro il riparo offerto dal cespuglio.

Yuki, tutta ridacchiante, mormorò: «Li metti in riga senza problemi, eh?»

«Che ci vuoi fare. Tutta pratica.»

 
§§§

Byron fu svegliato dal bip continuo e fastidioso del suo palmare.

Al suo fianco, il corpo nudo e fresco di Nobu giaceva prono, addormentato e soddisfatto.

Durante il corso della giornata erano stati più che impegnati perciò, a pomeriggio inoltrato, si erano recati nel suo appartamento per un breve interludio rilassante.

La sera stava ormai calando, e il cielo aveva già iniziato a prendere tinte fosche e cupe.

Il profilo della Tokyo Tower si vedeva appena, da lì, ma a lui poco interessava.

Preferiva altri panorami, a quello.

Afferrato il palmare per capire chi lo stesse disturbando, Byron sgranò di colpo gli occhi quando capì cosa vi fosse di così urgente.

Sorrise. Sorrise come poche altre volte aveva fatto.

Lesto, si levò da letto per vestirsi, ma questo movimento improvviso fece destare Nobu che, nell'ammirarlo nudo e bellissimo alla luce diafana del sole morente, mormorò: «Dove pensi di andare?»

Byron gli rivolse uno sguardo pieno di desiderio, ma non tornò a letto.

Voleva battere il ferro finché era caldo.

«C'è un segnale attivo, per quanto riguarda Yuki-chan

Un secondo bip attirò l'attenzione di entrambi e, aprendosi in un sorriso maggiore, l'inglese asserì: «Bingo. Hanno trovato anche Ignoto1. La voce è stata riconosciuta.»

«E a chi appartiene?» si interessò Nobu, levandosi in piedi per poi drappeggiarsi una vestaglia di seta addosso.

Byron non approvò, ma lasciò correre.

Lo preferiva di gran lunga nudo e asservito al suo piacere, ma tant’era.

Dovevano occuparsi di quel problema e, una volta messi in campo gli uomini necessari, avrebbero potuto tornare a godere l’uno dell’altro.

«Niente meno che Sophie Shaw. Il mondo è piccolo, a quanto pare» ghignò l’inglese, mostrando la foto del palmare all’amante.

Nobu aggrottò la fronte e, nel ripensare ai giorni del tentativo di sequestro, qualcosa non gli tornò.

L'inglese, nel frattempo, continuò a osservare i dati inerenti il segnalatore della sorella di Nobu.

«La cosa curiosa è l'ubicazione del segnale di Yuki-chan. Si trova a sessantuno gradi Nord, e centoquarantove gradi ovest.»

Il giapponese rispose meccanicamente, ancora preso dal precedente pensiero.

«Alaska. Probabilmente Anchorage, ma potrei sbagliarmi. Che ci fa così lontano da casa? E, soprattutto, come ha fatto ad arrivare lì

«Forse, dovremmo chiedere lumi al nostro contatto. Così, potrebbe finalmente spiegarci chi c’è dietro al salvataggio di Cameron-chan, e perché Yuki-chan ha addosso un localizzatore satellitare. Dubito che si sia messa a giocare al dottore con i gemelli Van Berger, arrivando a farsi impiantare uno dei loro chip di localizzazione sottopelle ma, da quei tre, potrei aspettarmi di tutto.»

Scosse il capo e, proseguendo nel suo pensiero ad alta voce, aggiunse: «Inoltre, non credo che la famiglia Van Berger, per quanto importante, avrebbe potuto smobilitare un'intera base Americana per supportare il salvataggio di fortuna del loro rampollo e dei suoi soci. Ci deve essere qualcuno di più grosso, e potente, dietro. Qualcuno di cui, la nostra talpa, non ci ha parlato. Possibile che ci sia qualcuno che ci controlla, mentre noi controlliamo Yuki-chan

Quando avevano ricevuto notizie in merito all’ultimo contatto di Yuki, nei pressi della Base Americana di Zama a Tokyo, la loro confusione era stata totale.

Da lì in poi, ogni segnale era svanito come nel nulla e, per settimane intere, non avevano più saputo nulla di lei e della sua ubicazione.

E ora questi nuovi dati. Come interpretarli, però?

«Il dubbio che mi viene, ora, è un altro» asserì Nobu, lanciando un'occhiata dubbiosa al suo amante. «Se Sophie Shaw si trovava nella palestra dove avete trovato Yuki-chan e Van Berger... come faceva a essere, contemporaneamente, all'ambasciata americana

Byron comprese immediatamente a cosa stesse facendo riferimento Nobu, e assentì torvo, rammentando a sua volta quel particolare.

«La giovane in lacrime, quella che era al fianco di Brandon Van Berger, corrisponde alle foto che abbiamo noi, e ricordo abbastanza bene la ragazza, per dire che era lei. Pensi che qualcuno l’abbia sostituita?»
Nobu annuì, sempre più torvo in viso.

«Devono aver ingaggiato qualcuno per prenderne il posto, ma mi domando come abbiano fatto a ingannare i viewscan. Le reti nazionali ne hanno diversi, incorporati nelle telecamere, proprio per evitare che siano degli impostori, a parlare. Come, dunque?»

«Chi è così potente da potersi muovere con così tanta solerzia, possedere soluzioni all'avanguardia per ingannare i viewscan e, al tempo stesso, disporre di potere sufficiente per tirare in ballo anche una Base Militare Americana?»

«Ben pochi enti, temo» asserì torvo Nobu, passandosi una mano tra i corti capelli.

«E' arrivato il momento di capire con chi sia invischiata Yuki-chan» dichiarò lapidario Byron, ormai pronto a tutto.

Si erano spinti troppo in là, per fermarsi e anche loro, dopotutto, avevano amici potenti.

 
§§§

Il telefono continuò a squillare, ma non era più il tempo di parlare con i Tashida.

Lui aveva fornito la pistola fumante con cui far crollare ciò che più detestava, ma non sarebbe più intervenuto nella faccenda.

Aveva già rischiato troppo, e la sua pensione era stata messa più che in pericolo.

Se qualcuno fosse riuscito a risalire a lui, tutto sarebbe andato in fumo, e questo non poteva permetterlo.

Se i Tashida fossero stati più abili nel gestire la situazione, tutto quel caos non sarebbe mai nato.

Quel pensiero gli fece tornare alla mente Yuki Tashida, colei che aveva mandato in malora tutto il piano.

E chi mai avrebbe pensato che si sarebbe intromessa negli affari di famiglia, smascherando il loro piano di rapire il giovane Van Berger?

Avrebbe dovuto tenerla maggiormente sotto controllo, a suo tempo, ma si era fidato dei buoni, cari, vecchi valori famigliari.

Aveva pensato che questi potessero bastare a tenerla lontano dalla verità.

Invece, come tutti quelli come lei, aveva voluto ficcare il naso.

E, come quella specie di cavaliere senza macchia quale era Domenic Van Berger, si era infilata proprio dove non avrebbe dovuto.

Era troppo vecchio per portare avanti missioni del genere, non ce la faceva più.

Ma i soldi dei Tashida gli facevano comodo, visto quanto misera era la paga di un dipendente statale.

Anche uno statale che, per decenni interi, aveva dato tutto se stesso per il proprio Paese.

Aveva dovuto accettare che il suo ruolo, un tempo primario e importante, venisse scavalcato, soppiantato da ragazzini imberbi e veloci di mano.

No, tutto ciò era semplicemente inaccettabile, e lui lo avrebbe fatto capire a tutti. In un modo o nell'altro.

Quel nuovo sistema si sarebbe frantumato, implodendo su se stesso, un gigante dalle gambe d’argilla a cui bastava bagnare i piedi, perché crollasse.

Ne avrebbe riso una volta arrivato alle isole Kaiman, lontano da qualsiasi richiesta di estradizione, godendosi cocktail in riva al mare e donne compiacenti.

Sì, sarebbe stata una bella vita, e avrebbe riso del fallimento di Eriksson e Van Berger.

 
§§§

«A quanto pare, il nostro contatto si è defilato. Pensi di cercarlo, o puntiamo direttamente a Nord?» mormorò Byron, sfilandosi il bluetooth dall'orecchio.

«Abbiamo abbastanza uomini per fare entrambe le cose. La sua traccia vocale è già stata inserita a computer, visto che è stato così sciocco da non contraffarla. Sarà un gioco da ragazzi trovarlo.»

«Avverto il laboratorio. E vado a prendermi una giacca a vento nuova» sogghignò Byron, passandogli accanto per uscire dall'ufficio.

Nobu lo fermò a un polso, lo fece volgere a mezzo e mormorò: «Starai attento, vero?»

«Non sapendo contro chi dobbiamo scontrarci, per forza. Tua sorella mi ha già gabbato una volta, e non voglio succeda una seconda. Visto che ha un segnalatore sottopelle, deve essere implicata in qualcosa di grosso, perciò terrò gli occhi aperti e la mano pronta sul grilletto della pistola.»

«Bene» assentì l'orientale.

L'inglese, allora, si chinò su di lui per dargli un bacio leggero e, sulle sue labbra, aggiunse: «Tornerò da te, cascasse il mondo.»

«Lo distruggerò, il mondo, se non tornerai.»

Byron sorrise, annuì e lo salutò con un cenno della mano, uscendo di gran carriera dallo studio all'ultimo piano della Tashida Group.

Rimasto solo, Nobu si lasciò andare contro lo schienale della sua poltrona biodinamica, che si conformò immediatamente alle caratteristiche del suo corpo.

Lì, chiusi gli occhi, cercò di immaginare come poter vendicarsi della sorella, ma l'arrivo di suo padre lo strappò a quei piacevoli pensieri.

Senza discostarsi dalla poltrona, che stava massaggiando i suoi muscoli tesi, Nobu salutò sommessamente suo padre.

L'uomo, all'apparenza stanco e tirato, imitò il figlio e si accomodò su una poltrona simile, domandandogli senza tanti preamboli: «Avete trovato Yuki-chan

«A quanto pare, è in gita in Alaska.»

Noboru parve piuttosto sorpreso dalla notizia, ma non domandò oltre.

«Quanto tempo ancora pensi di tenere quell'uomo qui alla ditta... e nel tuo letto?! Non pensi alla reputazione di Midori-san? E' tua moglie!»

Lo sguardo di Nobu divenne gelido come le raffiche di vento all’esterno, che sfregiavano i vetri della torre di carbo-cristallo della Tashida.

«E' mia moglie solo perché conveniva alle nostre famiglie. Pensi che lei non sappia di Byron? Allora stai invecchiando, padre, perché il tuo acume sembra essere sparito. Midori-san ne è quasi sollevata, credimi, perché così non deve più avermi intorno perché io la metta incinta! Stiamo bene così. Lei con il suo denaro e i suoi vizi, io con l'uomo che amo. Punto. Non deve interessarti altro.»

«La famiglia Nakamura...»

Il figlio interruppe la filippica del padre con un gesto secco e fermo della mano.

«Abbiamo avuto due figli, che Midori-san adora, e anch'io se è per questo. Abbiamo portato a termine quello che voi volevate, perciò non venirmi a dire come devo vivere la mia vita, adesso. Da quel che vedo, Midori-san non ha nessunissima intenzione di trovarsi un amante e, anche se lo facesse, non sarebbe un problema. E' una donna che è stata sfruttata dalla sua famiglia per i propri interessi. Esattamente come hai fatto tu con i tuoi figli.»

Rise sarcastico, si accese la sua sigaretta elettronica e, dopo aver inspirato il dolciastro aroma alla vaniglia, aggiunse: «E' solo un caso, se Shunsuke-chan e Kaneda-chan abbiano trovato la felicità, nel loro matrimonio. Non è merito tuo, ricordatelo.»

«Ciò non toglie che il buon nome della famiglia vada mantenuto, e tu ti stai comportando come un depravato!»

Incurante dell'insulto, Nobu si levò dalla poltrona e si avvicinò alle vetrate.

All’esterno, le luci si erano accese un po’ ovunque e le strade pullulavano di vita, minuscoli esserini che, come tante formiche, correvano qua e là, inconsapevoli.

Avrebbe tanto voluto essere senza pensieri come loro, privarsi del peso che sentiva gravargli sulle spalle.

Questo, però, avrebbe voluto dire perdere il prestigio che tanto aveva faticato a ottenere.

E lui viveva anche di questo, non solo dei frutti dell’amore per Byron.

Intessere tanti e tali contatti con il mondo sommerso in cui era visto come un dio, godere del rispetto e del timore dei suoi sottoposti.

Queste erano droghe ben più forti della cocaina, del crack delle altre porcherie sintetiche vendute ai tossici.

Neppure suo padre, pur essendo inserito in quel tessuto così complesso, sembrava goderne quanto lui.

Un vero peccato, almeno per suo padre.

«Io so questo, padre. Midori-san non si è mai lamentata con me. I nostri figli crescono sani, forti e intelligenti, io sto bene con Byron-san e tu non hai merito in nessuna di queste cose.»

Si allontanò dalle vetrate con movimenti armonosi e, nel portarsi accanto alla sua scrivania, aggiunse: «Oh, e un'altra cosa. La tua adorata Yuki-chan ti ha tradito più di tutti noi messi assieme, a quanto pare. Non soltanto liberando Cameron-chan, ma in mille altri modi che ancora dobbiamo scoprire fino in fondo.»







Note: Il cerchio si sta stringendo, e la minaccia rappresentata da Nobu e Byron si fa sempre più vicina ai ragazzi. Ora che sanno dove trovarli, non esiteranno a muoversi. Direi che, ormai, si comincia a capire chi abbia tradito i ragazzi, ma lascerò il dubbio ancora per un po'. Se volete, potere dirmi chi pensate possa essere, comunque.
Grazie a chi ha letto e/o commentato, e alla prossima!

 
  
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