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Autore: Shark Attack    15/01/2009    7 recensioni
Il finale della visione di Alice anticipò solamente di mezzo secondo la realtà. Il rumore dello stridere delle gomme nella sterzata improbabile di Tyler si mescolò con quello di carrozzerie che si schiantano tra loro e con un gemito.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Attesi pazientemente che la folla mi desse la risposta che cercavo, invano. I medici e i soccorritori erano troppo impegnati a liberare i due ragazzi dalle lamiere per diffondere notizie e false speranze. Mi ero scordato di Tyler, anche lui doveva essere ferito.
Per aver perso il controllo del furgoncino a quel modo e aver messo così in pericolo la vita di Bella, poteva essere anche più che ferito.
Non m'importava, lei era l'unica umana che avesse mai suscitato il mio interesse in più di un secolo di esistenza.
Non m'importava altro.
Finalmente, dopo quelle che mi erano sembrate interminabili ore, le ambulanze ricominciarono la loro corsa verso il pronto soccorso, e io con loro. Sfrecciai quasi al loro fianco non appena mi oltrepassarono sulla strada.
Dietro le ambulanze vidi con la coda dell'occhio la mia Volvo, guidata da una Rosalie imbufalita. Tutta questa agitazione per un'umana sfortunata, è assurdo!
Quando i riflettori non sono anche in minima parte su di lei diventa insopportabile. Più del solito.
Arrivai al pronto soccorso prima dell'ambulanza, in tempo per cercare Carlisle e chiedergli di occuparsi lui della salute di Bella.
«Ma certo», mi disse, indeciso se sorridere per il mio comportamento apprensivo nei confronti di una ragazza o se essere seriamente preoccupato per la paziente.
«Grazie» sussurrai, leggermente sollevato. Sapere che Bella sarebbe stata nelle mani di mio padre, il miglior medico che abbia mai conosciuto o visto in tutto l'arco di tempo in cui sono stato al mondo mi faceva sentire molto meglio, come se mi avesse detto che era già guarita e che l'orario delle visite iniziava tra due minuti.
I miei fratelli mi raggiunsero in sala d'attesa, ognuno con un umore e un pensiero diverso a caratterizzarli. Rosalie era ancora innervosita da tutta quell'agitazione per “un'umana”, creatura la cui esistenza o salvezza non le cambiava minimamente la giornata. Alice era preoccupata per me e si sentiva parzialmente in colpa per non essere riuscita ad avvisarmi un secondo prima. Come se decidesse lei quando avere certe visioni.
Emmett e Jasper erano molto combattuti per il loro gesto. Se non mi avessero trattenuto sarei sicuramente riuscito a salvare Bella e il mio unico pensiero adesso sarebbe stato la bugia con cui avrei dovuto coprire il mio intervento salvatore.
In effetti era un pensiero che torturava molto anche me, ma non riuscivo ad avercela con loro.
Avevano agito d'impulso, per proteggere la propria famiglia.
Non una sconosciuta come invece avrei fatto io.
Però, su quella fragile sedia di metallo, secondo dopo secondo, mi stavo rendendo tragicamente conto di quanto significasse per me quella sconosciuta.
Non era solo il suo “vuoto mentale”. Non era solamente il suo odore.
Non erano solamente i suoi occhi profondi e leggibili, non la sua espressione chiara ed enigmatica allo stesso tempo, non la sua stranezza nel comportarsi nei miei confronti..
Un insieme di tutto questo e di altro, che non riuscivo bene a quantificare.
Il suo atteggiamento, la sua fragilità, unicità, essenza, tutto ciò che mi aveva fatto passare in solo un paio di settimane – niente, rapportate alla mia esistenza..
E ancora non riuscivo a capacitarmi che non ero riuscito a salvarla.
Però non riuscivo ad essere arrabbiato o a provare rancore verso Emmett e Jasper. Forse era destino.. , pensò timidamente Jasper, ritirando subito quel sussurro.
Ecco, alcune volte è meglio non saper leggere il pensiero.
Destino. Non potevo pensare che quella creatura fosse giunta da me a causa del destino e che la sua permanenza nella mia esistenza potesse durare solamente pochi giorni e segnarmi per molti anni..
Mentre pensavo quelle cose scorsi in fondo al corridoio una barella che sfrecciava in sala operatoria, seguita da Carlisle.
Il suo sguardo serio non mi fece stare meglio.
Mi alzai per seguirli, ma Alice mi fermò.
La squadrai, scuro in volto. «No.»
Rosalie borbottò e scattò in piedi. «Oh insomma Edward! Quanto vuoi andare avanti con questa storia? Quella ragazza è viva e ora la curerà Carlisle, non ti basta?»
Non risposi subito, preferii osservare ogni reazione del suo volto, cercando di capire dove volesse andare a parare senza leggerle la mente.
Sospirò. «Ti rendi conto del pericolo a cui ci hai esposto? Se tu fossi intervenuto..»
«Se io fossi intervenuto non mi starei torturando in attesa di sapere se si salverà o no!» sbottai, concludendo la sua frase. «Oh, scusa,» finsi una risatina, nessuno osò fiatare; «Intendevi dire che se fossi intervenuto avrei messo in pericolo la famiglia, le nostre identità, la nostra “vita” qui nella ridente cittadina di Forks e che adesso avremmo dovuto preoccuparci di partire ancora, ricominciare daccapo e tutto per una stupida inutile umana, giusto?»
Sentivo che stavo perdendo il tono calmo che mi sforzavo di mantenere e che la rabbia e l'impulso di spaccare la faccia a quell'egoista mi stavano mettendo in difficoltà. Feci un grosso respiro.
L'unica ragazza che gli ha mai suscitato interesse in decenni che lo conosco rischia già di morire..
Jasper era sovrappensiero, quasi come se si fosse dimenticato che sento ogni sillaba nella mente di tutti, con una sola eccezione. Smise il suo monologo interiore solo quando si accorse che io e Rosalie avevamo smesso di litigare. Se avesse potuto arrossire, lo avrebbe fatto violentemente. I miei occhi saettarono su di lui, poi rapidamente sugli altri e infine tornarono su Rosalie.
Mi faceva piacere vedere che ero riuscito a zittirla, almeno fisicamente.
Mentalmente continuava a tartassarmi.
Mi avviai verso la sala operatoria per liberarmi dai rimorsi dei miei fratelli, dalle sfocatissime visioni di Alice e dall'ira di Rose e cercai disperatamente i pensieri di Carlisle.
Dovevo sapere come stava andando l'operazione, se Bella era ancora viva oppure..
Non riuscivo a pensarci. L'immagine di lei, paralizzata e sanguinante sotto le auto, colorava i muri chiari dell'ospedale. Il suono della sua voce, come mi aveva chiamato, riempiva le mie orecchie e interferiva con la mia ricerca di Carlisle.
Mi avvicinai di più alla sala. C'erano poche voci, tutte sussurri, ma molti pensieri. La sorte di Isabella Swan preoccupava tutti.
Non ebbi bisogno di svoltare l'angolo e vedere di persona quanti fossero lì in attesa, ma sembrava ci fosse mezza scuola e mezza Forks. In prima fina Charlie Swan, il padre della ferita, l'ispettore della cittadina.
I suoi pensieri non erano molto intensi, ma non per questo mi sembrava meno preoccupato degli altri. Non traduceva le sue emozioni e sensazioni in parole. I suoi pensieri erano più che altro stati d'animo riflessi nella mente.
Leggere la sua mente non mi faceva sapere cosa pensava.
Mi faceva sentire cosa provava.
Ovviamente era molto in ansia. E un poco in collera verso Tyler, ma sapere che anche lui era ferito bloccava la sua rabbia.
Più riflettevo sul suo particolare modo di pensare e più cominciavo a capire da chi avesse preso sua figlia.
Nella sala operatoria riuscivo a percepire i pensieri di Carlisle e dei suoi due assistenti, ovviamente non quelli del paziente.
Soppesai per un ottavo di secondo l'idea di sbirciare nei pensieri di Carlisle per vedere in diretta come se la stava cavando Bella.
Ero davvero sicuro di volerlo sapere?
«Come sta?», sussurrò Alice alle mie spalle. Non avevo fatto molto caso alla sua presenza, ne a quella di Jasper dietro di lei.
«Non lo so.»
«Ce la farà, ne sono sicura..»
Sospirai. Come se non sapessi che non aveva avuto visioni nitide in merito.
Appoggiai la testa al muro, stanco, e mi decisi a leggere la mente del mio padre adottivo. Chiusi gli occhi e la vidi, con una mascherina per ossigeno sul volto, senza giacca, felpa e pantaloni e con la maglietta alzata. Le ferite erano molto peggiori di qualsiasi mia ipotesi. Doveva essere stata investita in pieno.
Il sangue era dappertutto, sul suo volto, tra i suoi capelli, sui vestiti, sulle mani di medico e assistenti... ringraziai di non essere presente. Non sarei mai riuscito a resistere. Il ricordo del suo odore era così nitido nella mia mente, inondava i miei ricordi di lei, non avevo bisogno di ravvivarlo standogli così a contatto.
Poi il suo viso tornò a dominare nella mente di Carlisle. Cercai di evitarlo, era troppo intriso di dolore, non era neanche lontanamente simile a quello sereno e quasi abbandonato che avevo visto mezz'ora prima sulla strada.
Anche gli assistenti lo stavano fissando.
Perchè?
Cosa mi ero perso?
“Altra morfina, dottore?”, chiese uno dei due assistenti.
Carlisle aveva un'espressione combattuta. Non sembrava solamente indeciso sul da farsi. Era preoccupato.
Accanto a me Alice mormorò qualcosa allontanandosi subito come se si fosse dimenticata di spegnere il gas. Cercai di leggerle la mente per capire cosa avesse visto, se avesse avuto una visione più chiara o qualsiasi altra cosa, ma lei si sedette dov'era prima in sala d'attesa, il volto fra le mani, e iniziò a tradurre Cappuccetto rosso in koreano.
Quando iniziava a tradurre cose assurde non era un buon segno.
Jasper le volò subito accanto, cingendole le spalle con un braccio. Emmett si alzò in piedi, risoluto.
Se.. se proprio non puoi fare a meno di lei..
Lo zittii con un'occhiataccia. Non ci volevo neanche pensare.
Non era giusto.
Chiusi ancora gli occhi e mi concentrai di nuovo su ciò che si diceva in sala operatoria. Le era stata iniettata altra morfina e il suo viso sembrava essersi rilassato, almeno in parte. Non poteva nascondere il suo dolore per sempre.
Carlisle la stava ancora fissando. Non riuscivo a capire se lo stesse facendo perchè sapeva che lo stavo sfruttando, ma non potei fare a meno di notare che Bella era ancora sveglia. Forse era per questo che Carlisle non le staccava gli occhi di dosso.
Roteava lo sguardo verso tutta la stanza, senza tregua. Quando la morfina entrò in circolo, la sua attività si tranquillizzò solamente.
Non potevo rimanere ancora lì. Non ce la facevo.
Forse la soluzione poteva essere quella suggerita da Emmett.
Ma come l'avrebbe presa?
Mi immaginavo il suo risveglio, dopo un'agonia ben peggiore di quella che già stava sopportando. “Ciao Bella”, le avrei detto, come se nulla fosse, “Benvenuta in famiglia!”
Magari mi aveva odiato con tutte le sue forze. Ancora la conoscevo poco, troppo poco.
Non potevamo trasformarla.
Il cardiogramma rallentò ancora. Non credevo potesse, tanto stava già andando lento.
Non potevamo trasformarla.
Ma neanche lasciarla morire.
Se non fosse stato per la mia famiglia sarei intervenuto, l'avrei salvata e non saremmo stati costretti tutti qui..
Edward.
Il tono atono di Carlisle mi raggelò. Istintivamente mi venne da rispondere, ma sapevo che dovevo solamente ascoltare. Essere passivo.
Mi dispiace.
No, non questo. Dimmi di tutto, ma non questo. Non mi piace quando ti dispiaci, vuol dire che proprio non c'è nulla da fare!
C'è una sola possibilità, se vuoi che.. viva..
No. Non esiste.
E' appena arrivata qui a Forks, è ancora sulla bocca di tutti, non possiamo trasformarla.. e Charlie? Lei si preoccupa molto di tutti, è assolutamente altruista, non vorrebbe mai che lo si lasci così da solo.. No, non può diventare un vampiro. Mi voltai verso i miei fratelli. Rosalie sembrava già sapere tutto.
Dobbiamo trasferirci lo stesso.. perfetto!
Seduta a braccia incrociate, non si era accorta che la stavo fissando, persa com'era ostinatamente a guardare il muro.
Lo sguardo di Emmett era carico di rimorso ma anche di quel non so chè tipico del “te l'avevo detto”. Jasper non sapeva cosa dirmi e Alice era ancora persa nelle sue traduzioni.
«Non possiamo trasformarla..» sussurrai più a me stesso che a loro. Alle mie spalle sentii Carlisle liquidare la folla di spettatori e rivolgersi rapido verso di noi.
«Ha i battiti contati» disse a voce bassissima, «Dobbiamo decidere. Ora.»
Nonostante la sua richiesta richiedesse un certo grado di rapidità, nessuno di noi reagì. O meglio, i miei fratelli, tutti, come unica reazione, si voltarono verso di me.
«Penso debba decidere lui» Emmett si passò le mani fra i capelli e si sedette accanto a Rose, togliendosi così dalla questione. Carlisle mi prese per le spalle e mi scrollò. «Non abbiamo molto tempo.»
Non ero mai stato così indeciso in tutta la mia esistenza.
Spostai la mia attenzione nella sala operatoria. Il volto di Bella era ancora il soggetto preferito di uno dei due assistenti. L'altro non aveva il coraggio di guardare. Il cardiogramma era sempre più muto.
Deglutii.
«... io non..»
Carlisle lasciò subito la presa e, con lo sguardo basso, tornò dalla paziente.
Non appena pronunciai quelle due sillabe mi resi subito conto della gravità della cosa. Una mia decisione determinava la vita o la morte di Bella. Per quanto vita possa essere la nostra. Altre possibilità non ne aveva.
Volevo davvero che l'unica persona che mi fosse mai interessata sparisse per sempre?
Jasper aveva ragione.
Col tempo avrei anche potuto abituarmi all'idea di non poter più sentire il suo odore o vederla arrossire in quel modo che mi faceva impazzire. Il suo carattere e mutismo mentale sarebbero rimasti, no?
Non potevo condannarla. Era colpa nostra – mia – se era in quelle condizioni.
Carlisle stava per voltare l'angolo.
Ringraziai molte volte la velocità di pensiero e di movimenti dei vampiri.
«Aspetta!»



   
 
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