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Autore: 50shadesofLOTS_Always    29/06/2015    1 recensioni
La vita può cambiare in un attimo. In una sola notte. Per sempre. Come ritrovare allora la gioia di vivere e quella sensazione di amare e sentirsi amati? Alle volte,basta una tavolozza di colori,una paio di punte da ballo ed un ragazzo dagli occhi nocciola...
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un amore piú forte del Destino'
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Svolto alla curva per raggiungerlo ad un semaforo,fermo al rosso. Mi volto a guardarlo,cercando i suoi occhi oltre la mia e la sua visiera mentre gli faccio segno di accostare cinquecento metri piú avanti,in un piccolo parcheggio pubblico. Non appena scatta il verde ci dirigiamo nello spiazzo,quasi sgombro a parte tre macchine parcheggiate. Mi fermo accanto a lui e mi tolgo il casco mentre lui fa' lo stesso,dopo che abbiamo spento i motorini. Non appena se lo toglie,si ravviva i capelli con una mano e la cosa mi fa' perdere un battito. Dio,quanto é bello! Sbatto le palpebre un paio di volte,come se mi stessi svegliando da un sogno. E che sogno! Mi guarda,attendendo delle spiegazioni << Non so come potrai vederla,ma ho ascoltato la conversazione fra te e Rossella... - lui sospira guardandosi nel riflesso del casco. Il silenzio fra noi si stende come un drappo pesante,polveroso. Lo osservo e rivedo quel dolore nel suo sguardo,basso e perso nel vuoto << É gelosa di te,vero? >> dico a bassa voce mentre annuisce con fare assente. C'é qualcosa di piú però. Qualcosa di piú serio e non riguarda Rossella << Marco,guardami... >> dico seria,abbassando la voce di un'ottava. Le sue labbra sono chiuse in una linea dura. Ad un tratto,scende dallo scooter e sistema il casco sotto la sella. Lo guardo incrociando le braccia e decisa a voler sapere tutto << Vieni con me >> mormora mentre lo seguo senza indugio. Cammino dietro di lui mentre superiamo una stradina sterrata per poi entrare in un cortile,attraverso un piccolo cancello. Mi fa' strada lungo il giardino posteriore dove emergono degli altissimi cipressi verdeggianti. Superiamo alcune palazzine,fino a che non ci fermiamo sotto una di esse dall'intonaco rosato,decisamente sbiadito da quello originario. Lui prende delle chiavi dalla tasca dei jeans,infilandole nella serratura ed apre il portone,facendomi entrare per prima << Quarto piano >> dice prima che io riesca ad emettere un suono. Salgo le scale,facendo scivolare la mano sul corrimano lucido. Mi fermo davanti alla porta con su scritto Rossi. Lui si ferma coi piedi su uno zerbino consumato e mi guarda,come se avesse paura delle sue stesse parole << Non fissare troppo mia madre. A mio padre da' fastidio... >> dice con un fil di voce,prima di aprire la porta << Papà,sono a casa >> dice mentre resto a fissarlo dubbiosa. Lui mi afferra per un polso,obbligandomi ad entrare << Buonasera. É permesso? >> chiedo mentre Marco si chiude la porta alle spalle con un leggero clank. Una donna esile si avvicina un pò dondolante verso di noi. I capelli scuri sono raccolti in un morbido chignon ed il volto scarno e pallido sembra troppo piccolo per contenere due occhi nocciola,profondi come quelli di Marco,che scatta in avanti verso di lei e la raggiunge << Mamma,che ci fai in piedi? Dovresti usare almeno le stampelle >> mormora in finto rimprovero,sorreggendola. Stampelle? << Oh,Marchino smettila di brontolare... - risponde facendogli una carezza mentre non riesco a trattenere un sorriso,al suono del nomignolo - Piuttosto presentami questa bella ragazza >>. Mi avvicino lentamente e le stringo piano la mano. La pelle é tiepida << Mi chiamo Giada. É un piacere conoscerla Signora Rossi >> dico accennando ad un sorriso cordiale. Lei ricambia più calorosamente. Noto solo adesso che la maglia le sta' larga,come se fosse di due taglie piú grande << Cara,chiamami pure Paola - si rivolge a Marco - Non stare lí impalato! Offrile qualcosa >>. Lui scuote la testa sorridendo e mi guarda << Un bicchier d'acqua andrà benissimo >> rispondo accondiscendente. Torno a guardare Paola che però sembra appassire come un fiore delicato al sole di agosto. Marco sbianca e la tiene per un braccio,accompagnandola in camera. 

****

Con l'unghia del pollice,gratta nervosamente il bordo del piano da cucina mentre tengo fra le mani il bicchiere d'acqua << I medici non sanno cos'ha di preciso. Perde peso senza alcuna dieta,é sempre stanca anche dopo 10 ore di sonno... - le parole gli escono flebili,strette come se dovessero passare per l'asola di un ago - Ieri pomeriggio,ha insistito per non andare a coricarsi. Avevo notato che sentiva freddo,nonostante le avessi ripetuto piú volte di mettersi qualcosa con le maniche lunghe. Ho institito ed ho fatto per toccarla su un braccio,ma lei ha avuto paura. Era terrorizzata. Il suo polso é la metà del tuo... Si vergogna di sé stessa... >> conclude prima di appoggiarsi al piano con entrambe le mani,come se gli girasse la testa. Poso il bicchiere,osservandolo mentre china la testa verso il basso sconsolato. Ecco perché tutte quelle domande ad Irene su di me,sul mio odio per il contatto. Ecco il motivo di quella lezione extra. Vuole capire che differenza c'é fra me e sua madre. Vuole capire la differenza fra i nostri timori,apparentemente cosí simili. Abbasso lo sguardo e prendo un profondo respiro,consapevole di ciò che starò per dire << Un anno fa,dopo una festa,stavo tornando a casa. Avevo bevuto solo una birra,ma non mi ero comunque accorta che ero seguita... - lui si volta verso di me. Ora ho la sua completa attenzione,punto i miei occhi nei sua - Erano ubriachi fradici. Avranno avuto una ventina di anni. Mi saltarono addosso,erano in quattro e troppo forti per me... Mi stuprarono,questa é la verità >>. Riprendo a respirare regolarmente. Non mi ero resa conto di trattenere il fiato. Resta pietrificato e non dice niente,forse per paura di sbagliare. Volto lo sguardo altrove,pur di non sostenere i suoi occhi. Noto che apre la bocca per dire qualcosa,ma sembra ripensarci << Non dirlo a nessuno >> concludo tornando a guardarlo mentre risponde affermativamente con un cenno del capo. Di nuovo quel silenzio disagiante ci avvolge fino a che non udiamo qualcuno inserire la chiave nella serratura della porta d'ingresso << Dev'essere mio padre... - mi guarda un pò nervoso - Lui non sa' che faccio danza,perciò tu sei solo una compagna di classe >>. Annuisco vigorosamente prima che un uomo in giacca e cravatta con una ventiquattr'ore in una mano,faccia il suo ingresso. É alto almeno un metro ed ottanta e la cosa sembra superflua considerando la stazza. La mascella su cui si accenna un principio di barba,squadrata,insieme alle sopracciglia aggrottate in un'espressione seriosa,gli restituiscono un'aria autoritaria << Buonasera Signor Rossi >> dico educatamente e per un millesimo di secondo sul suo viso,scorgo un sorriso << Salve... - risponde prima di rivolgersi a Marco - Dov'é tua madre? >> domanda abbassando la voce,come se si fosse improvvisamente arrabbiato << In camera >> risponde Marco di pari tono. Avverto sulla pelle la tensione elettrica che c'é fra loro. Forse é per la storia dello sciopero dello studio. Suo padre si allontana con discrezione mentre guardo Marco negli occhi << Meglio se vado o mi daranno per dispersa >> << Ti accompagno al parcheggio >> annuncia prendendo le chiavi con sé. 

Arrivati allo spiazzo,alzo istintivamente lo sguardo al cielo e noto che una spessa coltre grigiastra di nuvole si é adunata sopra le nostre teste. Il vento umido sa' già di pioggia,di temporale. Torno con lo sguardo su Marco << Domani avrei bisogno di riprovare la coreografia,sempre se hai tempo >> dice interrompendo il silenzio << No problem >> accenno ad un sorriso,riuscendo a coinvolgerlo. Il vederlo giú di morale metterebbe tristezza a chiunque << Ah e poi... Volevo chiederti se domenica sei libera >>. Le sue parole sono cariche di insicurezze << Dovrei,perché? >> domando incuriosita dal suo atteggiamento anomalo << Ho una partita di calcio,al campetto comunale. Dopo,ceniamo con una pizza >>. 'É una trappola!' strilla la mia vocina. 'No,é un appuntamento!' le rispondo mentalmente. Prima di mettermi il casco,mi avvicino a lui,le labbra a due millimetri dalla sua guancia << Ci penserò,Marchino... >> sussurro calcando il suo nomigliolo materno mentre le mie labbra pronunciano le parole,sfiorando la sua pelle,come in un bacio. Mi allontano,allacciandomi il casco e mi allontano dando gas. Sullo specchietto,lo vedo sorridere come un ebete e la cosa sembra  contagiosa,visto che sento le mie labbra incresparsi.

   
 
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