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Autore: nirveil    30/06/2015    2 recensioni
[...]
Improvvisamente un nuovo lampo si fece strada nel cielo, ma questa volta fu peggio, mi colpì.
[...]
L'energia che stavo provando pian piano la sentivo abbandonare il mio corpo e dopo poco tutto divenne nero. Chiusi gli occhi e svenni.
BENE! Buona lettura:)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

 

Tutto il corpo mi doleva, ero sdraiata su una superficie dura e decisamente scomoda. Cercavo invano di aprire gli occhi, ma era come se fossero incollati. Non ricordavo niente, non sapevo dove fossi e non ricordavo nemmeno il mio nome. Il panico e l'ansia iniziarono a farsi strada nel mio corpo e continuavo a cercare di aprire gli occhi, ma questi più li sforzavo più sembravano incollati.

Ad un certo punto sentii dei passi ed il fruscio di foglie che si spostavano. Capii di essere per terra e probabilmente in un bosco o qualcosa del genere. I passi si avvicinavano ed io volevo gridare, volevo chiedere aiuto, stavo morendo dalla paura.

Il rumore dei passi cessò e percepii qualcuno sedersi accanto al mio corpo, toccarmi la fronte e poi ritrarre subito la mano, come se si fosse scottato.

Fu a quel punto che uno spasmo attraversò il mio corpo, facendomi tremare. Sentii la figura accanto a me agitarsi e poi la sua voce invase le mie orecchie.

“Sei viva! Oh meno male, sei viva! Ormai non ci speravo più.”

Era la voce di un ragazzino, molto più piccolo di me, non gli avrei dato più di dodici anni.

Mi prese la mano e la strinse nelle sue, pian piano mi calmai e l'ansia che avevo se ne andò del tutto. Rimaneva però il fatto che non riuscivo ad aprire né gli occhi né la bocca. Il ragazzino sembrava averlo capito, quindi posò prima le sue piccole mani sui miei occhi e poi sulla mia bocca. Nel giro di pochi secondi riuscii ad aprirli entrambi e sembrava che avessi finalmente ripreso il controllo sul mio corpo.

Appena dischiusi gli occhi una forte luce mi colpì, annebbiandomi la vista per qualche istante, poi posai lo sguardo sul ragazzino che avevo accanto, lui mi sorrideva. Lo guardai attentamente e notai che l'iride dei suoi occhi era bianca e brillava. Istintivamente mi allontanai da lui, accovacciandomi contro un albero che aveva bloccato la mia fuga. Non avevo molte forze, quindi non riuscivo ad alzarmi e correre via. Mi limitai a fissarlo e ad aspettare la sua prossima mossa.

“Non devi avere paura, non voglio farti del male, ti ho curata io in queste settimane.”

Parlava con una calma innaturale e la sua espressione non sembrava quella di un bambino innocente, ma di un adulto maturo ed intelligente.

“Settimane? Che vuoi dire? Cosa mi è successo e dove mi trovo?”

La testa mi scoppiava, continuavo inutilmente a cercare di ricordare anche un solo minimo particolare, ma niente, avevo il vuoto nella mente.

“Sei rimasta svenuta per due settimane, ti abbiamo trovata in mezzo alla strada, abbiamo capito subito che eri una di noi e ti abbiamo portato qui, a casa nostra.”

“Perchè non ricordo niente?”

“Lo shock è stato molto forte ed hai perso la memoria, presto ricorderai tutto, ma devi stare calma.”

Il ragazzino si alzò in piedi con dei movimenti molto lenti e allungò la mano verso di me. Facevo ancora fatica a guardarlo negli occhi, per via del loro colore, ma in un certo senso mi fidavo senza un motivo preciso. Afferrai la sua mano e mi tirai in piedi nonostante avessi le gambe indolenzite. Quello strano bambino iniziò a camminare ed io lo seguii tenendolo sempre per mano, ma avevo molte domande da porgli e non capivo come un semplice ragazzino potesse sapere certe cose. Quindi mi limitai ad una sola domanda ancora.

“Chi sei tu?”

Lui si voltò verso di me e sorrise di nuovo prima di rispondere alla mia domanda.

“Mi chiamo Joshua e vivo qui con mia nonna da quando avevo due anni. Ce ne sono altri come te, in giro. Ma qui siamo solo in quattro, contando me e te.”

Dopo aver ascoltato ciò che aveva da dire, tentai di fare un 'altra domanda, ma Joshua mi zittì con un gesto, dicendomi che sua nonna mi avrebbe spiegato tutto. Anche se non capivo per cosa stava quel 'tutto'.

Camminammo ancora per almeno un chilometro circa, dopo di che, mi si parò davanti una casa tutta fatta in legno e con molte torrette messe nei posti più impensabili.

Il ragazzino mi disse che la loro casa continuava per altri sei piani nel sottosuolo. Quindi in tutto potevo contare dieci piani. Era davvero bella ed invitante.

Entrai ancora mano nella mano con il ragazzino, riusciva ad infondermi una calma incredibile ed ancora mi chiedevo il perché. Subito una donna molto vecchia, immaginai essere sua nonna, ci accolse calorosamente. Mi abbracciò, dicendo di essere felice che fossi viva e cose del genere. Poi mi fece sedere su una poltrona e mi diede una tazza di tè. Nella stanza calò il silenzio, io ero imbarazzata e nonna e nipote mi guardavano sorridendo felici. Presi un po' di coraggio e parlai per prima.

“Quindi.. cosa ci faccio io qui?”

La nonna si sedette nella poltrona di fronte alla mia e fece segno a suo nipote di lasciarci da sole, quindi Joshua si incamminò per le scale che portavano al piano di sotto, sparendo dalla mia vista.

“Non ricordi proprio nulla.”

La donna stava parlando più a se stessa che con me, scossi semplicemente la testa e aspettai che andasse avanti a parlare.

“Due settimane fa, c'è stato un forte temporale, so che ti sembrerà incredibile, ma sei stata colpita da un fulmine. Beh, non un fulmine qualsiasi, vedi.. ci sono delle forze attorno a noi. Queste forze si occupano di ogni elemento che conosci, qualsiasi esso sia. Queste forze si stanno indebolendo e quindi cercano delle persone adatte a svolgere un compito molto importante. Ora non voglio rivelarti questo compito subito, sarebbe pericoloso e tu non sei ancora pronta. L'unica cosa che posso dirti è che ora tu sei in grado di fare cose incredibili, come Joshua e gli altri ragazzi che ospito qui. Il mio compito è quello di prepararvi al meglio.”

Appena l'anziana signora smise di parlare, chiusi gli occhi per pensare, ma non appena lo feci l'immagine di un enorme fulmine che squarciava il cielo mi invase la mente, gridai spaventata e spalancai di nuovo gli occhi. La donna mi guardava soddisfatta e mi porse uno specchio, guardai il mio riflesso e mi accorsi che i miei occhi non avevano un colore normale. Erano di un blu acceso e sembrava che delle piccole scariche elettriche li attraversassero. Rimasi a bocca aperta, facendo cadere distrattamente lo specchio e senza preoccuparmi del fatto che ora si trovava in mille pezzi sul pavimento. Alzai lo sguardo verso la donna, ancora stupita dei miei occhi e lei riprese a parlare.

“Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima, per voi ragazzi è letteralmente così. Essendo stata colpita da un fulmine la tua anima è diventata un groviglio potentissimo di elettricità. Ora però basta, ti ho già detto troppe cose, sarà meglio farti conoscere gli altri ragazzi.”

Ancora sconcertata da quello che la donna mi aveva appena detto, annuii leggermente e lei mi disse di andare al piano di sotto, dove prima si era diretto Joshua.

Così mi alzai e scesi piano le scale, arrivata al piano di sotto, trovai uno specchio appeso alla parete. Non resistetti, quindi mi ci avvicinai e mi misi ad osservare i miei occhi con più attenzione, erano stranissimi e quasi non riuscivo a guardarmi allo specchio, ma mi sforzai. Improvvisamente mi venne in mente il mio nome.

“Gillian.”

Sussurrai il mio nome, così da essere sicura che fosse reale. Tornai poi ad osservare il mio riflesso nello specchio, ma invece di trovare solo i miei occhi blu, ne trovai anche un paio rosso fuoco. In primo momento fui paralizzata dalla paura, ma mi riscossi subito e mi voltai, così da vedere il viso a cui appartenevano quegli occhi. Era un ragazzo.

“Hey, ciao! Io sono Norman.”

Il ragazzo mi tese la mano ed io l'afferrai pronunciando il mio nome, ma non appena toccai la sua pelle, lui indietreggiò tremando ed in preda al dolore. Capii di essere stata io la causa.

“Oddio mi dispiace, scusa non volevo, davvero, non so come sia potuto accadere, credimi.”

Norman si riprese dopo un paio di minuti, mi sentivo terribilmente in colpa ma non ci credevo ancora che quella scarica elettrica era uscita dalla punta delle mie dita. Era una cosa insensata.

“Tranquilla anche io all'inizio bruciavo qualunque cosa, basta imparare a controllarlo.”

Da quello che disse, dedussi che lui avesse a che fare con il fuoco, ma non osai chiedere, mi era ancora difficile accettare la mia situazione. Sentendo tutto quel trambusto, da una stanza vidi comparire Joshua ed un'altra ragazzina. Questa aveva gli occhi verde chiaro e brillavano ancor più di quelli di Joshua.

“Che succede qui?” domandò il ragazzino, rivolgendosi più a me che a Norman. Io, non sapendo cosa rispondere rimasi in silenzio, lasciando parlare la povera vittima.

“Niente, mi ha solo colpito con una piccola scarica, sto bene.”

A questo punto Joshua sembrò più rilassato e la ragazzina al suo fianco si fece avanti.

“Io sono Lyn, piacere di conoscerti.” disse lei, tutta sorridente e tendendomi la mano. Decisi di non afferrarla perchè non volevo colpire anche lei.

“Gillian, piacere mio. Se non ti spiace non vorrei farti male.”

Mentre dicevo quelle parole indicai la mia mano con lo sguardo e lei capì, dopo di che mi portarono tutti quanti a fare un giro dell'enorme casa, mostrandomi poi la mia stanza e dicendomi che avrei potuto sistemarla come più mi piaceva.

Dopo di che tornammo al piano terra, dove si trovava la nonna di Joshua e di cui non sapevo ancora il nome.

Mi dissero che era ora di cena e adesso che me lo facevano notare, stavo davvero morendo di fame.

Ci sedemmo a tavola e durante quella cena scoprii che la nonna si chiamava Madelaine, che Joshua era così dalla nascita e che gli altri due erano lì da qualche anno .

Mi trovai subito bene con ognuno di loro e la differenza di età non sembrava un problema i due ragazzini sembravano molto maturi e soprattutto saggi. Mi chiesi se centrasse il fatto delle nostre capacità.

Mentre parlavamo tra di noi, un improvviso rumore ci zittì tutti.

Proveniva dall'ultimo piano sotto terra e sembrava fosse un animale feroce. I ragazzi erano tutti preoccupati e guardavano Madelaine con gli occhi spalancati, aspettando un ordine.

“Sapete cosa fare.” disse lei.

  
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