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Autore: lothwing    02/07/2015    0 recensioni
La trama di una storia tessuta delle mani esperte del destino.
Occhi ambrati che riflettono limpidamente la semplicità d'animo di un ragazzo che cercherà se stesso lontano dalla musica e dalla folla.
Occhi grigi che finalmente scintillano scossi da una nuova energia quando una ragazza lascia cadere improvvisamente la sua maschera.
Occhi turchesi e un grosso alone di mistero.
Fili trasparenti che segretamente si intrecciano trai loro sguardi.
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Nothing left to say – Imagine Dragons]

 

“Who knows how long
I've been awake now?
The shadows on my wall don't sleep
They keep calling me
Beckoning...”


Non c’era consolazione e non c’era riscatto.
Tutto dentro di lei era in agitazione, e il suo corpo affusolato era scosso dal suo tremare incessante.
Non piangeva, Amanda.
I suoi incubi erano più svegli che mai e poteva quasi sentirli, un peso oscuro e costante sulle sue palpebre. Poteva quasi vederli nell’ombra grigia che la circondava lontano dalla luce soffusa che illuminava la semi oscurità della sua minuscola stanza. Poteva però udire distintamente le loro grida e i loro richiami.
Davanti a lei la parete immobile e vuota rendeva tutto peggiore.
Amanda continuava a scacciare gli incubi e i rimpianti, ma era come se quelli rimbalzassero contro quella barriera per poi riatterrare sul suo grembo agitato.
Quella parete era come uno schermo e lei, guardandolo, diventava il vecchio proiettore.
Ecco che anche ad occhi chiusi continuavano a riapparire davanti a lei le immagini che la tormentavano da ore.
Nelle orecchie cominciarono a rimbalzare improvvisamente le parole che come una pianta velenosa che lentamente ricopre caviglie e gambe, rami e radici che affilati come uncini afferrano bramosi, carpivano un pezzetto di lei alla volta.
Le sembrava fossero passate settimane dall’ultima volta in cui aveva dormito beatamente. Ripensò alla sua mano sotto il cuscino a strisce e l’altro braccio teso oltre l’estremità del suo letto singolo, le gambe incrociate una sopra l’altra, la bocca semi aperta e l’espressione rilassata sul suo viso. Era così che Alice solo pochi giorni fa.
Ritornò con la mente ai mezzi sorrisi che lanciava in giro appena sveglia, stropicciandosi gli occhi. Non le costava niente, le sembrava la cosa più bella del mondo. Come una crocerossina che si approccia a salvare i suoi malati carica di coraggio e speranza, si poteva vedere Amanda scendere le scalette della roulotte e lanciare sorrisi sinceri ai suoi amici mentre facevano colazione.
Inevitabilmente questi rispondevano ridendo o augurandole buongiorno, segretamente rassicurati dalla mezzaluna disegnata dalla bocca di Amanda che, più accesa che mai, lasciava una specie di bagliore nell’aria circostante.
I sensi si riaccendevano stuzzicati dalla testardaggine di Amanda.

***

“Below my soul
I feel an engine
Collapsing as it sees the pain
If I could only shut it out
I've come too far
To see the end now
Even if my way is wrong
I keep pushing on and on and on and on”


 

Quella mattina era una come le altre, il caffè appena fatto aveva un forte odore amaro  e un fumo flebile e rado saliva dalla sua tazza appannandole la vista, fissa su quel liquido denso e caldo.
“Amanda, va tutto bene?”
Un brivido le percorse la schiena quando sentì ancora una volta quella voce così dolce.
Il sangue le si scaldò nelle vene e i pensieri che cercava di trattenere ruppero le catene e cominciarono a trotterellare nella sua mente, invitandola a fare ciò che non avrebbe potuto e a dire ciò che non avrebbe voluto. Strinse un pugno sotto il tavolo mentre con l’altra mano avvicinò la tazza alle labbra. Sentì inumidirsi gli occhi e per poco non fece scappare un gemito.
Si era dimenticata che fosse bollente.
¬“Alla grande” due parole che uscirono fuori come se le avesse spinte controvoglia, come se fossero rotolate via senza controllo per poi crollare una addosso all’altra.
Un sonoro ‘tonc’ riecheggiò nell’aria disturbata altrimenti solo dai loro due respiri scoordinati e dalle eco della vita fuori dalla tenda. Aveva abbassato la tazza con troppa foga. Adesso le guance lentigginose di Amanda si tingevano di fucsia contrastando incredibilmente con la sua pelle diafana e rendendo impossibile non notarlo.
“A me non sembra” osservò il ragazzo, la voce interessata (in cui Amanda credette di percepire una punta di preoccupazione).
“Non preoccuparti. Ho detto che sto bene, mi gira un po’ la testa. Tutto qui.”
Aveva farneticato la prima scusa che le aveva attraversato la mente, ma il suo tono era rimasto miracolosamente fermo e deciso, quasi arrogante, cosa che l’altro accolse come prova schiacciante a sfavore dell’amica. Amanda era tutto fuorché arrogante. Ma il ragazzo dovette poi rivedere le sue idee e associare questo comportamento insolito al suddetto mal di testa, perché annuì ( o così aveva immaginato la ragazza, che sembrava trovare particolarmente interessanti le rifiniture della vecchia tazza quella mattina) e silenziosamente continuò a gustare la brioche.
Amanda contava sul suo controllo quel giorno. Due anni. Per due anni aveva taciuto.
Due anni in cui la sua lurida maschera di indifferenza aveva avuto il tempo di aderire al suo volto così insospettabile, da lì il suo piccolo fardello era cresciuto a dismisura.
Ormai la maschera se l’era strappata via, stufa di dover essere schiava di quel segreto che la schiacciava e della sua stessa ipocrisia.
Sorseggiando il liquido nero che scacciava i suoi ultimi residui di sonno, Amanda si sentiva nuda e pentita.
Era come se dentro di lei un sentimento nuovo si fosse sviluppato alla velocità della luce e poi avesse preso il controllo della sua vita quotidiana. Era un sentimento furioso e dirompente, così vero che era quasi tangibile. Dopo mesi in cui il suo segreto l’aveva consumata e aveva bruciato solo se stessa con la sua ferocia, si sentiva una bestia pericolosa e aveva paura di ferire i suoi cari. Non voleva ferirlo, per questo inconsapevolmente si era condannata a un’afflizione che non lasciava scampo. La sua nuova vita segnava la sua rinascita e non poteva rischiare di essere ostacolata dalle sue emozioni che si stavano risvegliando dopo un lungo inverno.
Ripensandoci, cosa c’era da temere negli occhi di lui?
I suoi sono occhi buoni, sei tu il pericolo, qui. Scacciò con un gesto involontario e quasi impercettibile la voce sibilante che lei stessa aveva istigato e che rapidamente si dissolse nella sua testa.
Richiamò alla mente lo sguardo di lui, le ciglia folte e scurissime, le palpebre che le ricordavano ali di farfalla per la semplicità e la grazia dei loro movimenti, poi quel colore …
“Amanda.”
Alzò lo sguardo e immediatamente ogni altro particolare venne risucchiato insieme a lei dalla capacità decisamente magnetica di quegli occhi.
Qualcuno doveva aver sfilato la sedia di plastica su cui sedeva, pensò Amanda, che si sentiva fluttuare.

Cercò un appiglio, un qualcosa che le impedisse di sprofondare in quel turchese così profondo.

   
 
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