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Autore: hirondelle_    02/07/2015    4 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
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DESTINY VIII
Sembra quasi che dopo l’incontro con S-144 la salute del nobile sia  migliorata, pensa C-117  mentre percorre come sempre il corridoio che porta alla sua stanza: riesce a stare in piedi, mangia volentieri, sorride di più e il suo pallore, per quanto ancora abbastanza inquietante, inizia pian piano a scivolare via dalle sue gote. Reize si sente sollevato dalla sua ripresa, ma al contempo non può che tremare.
Trema perché ha paura. Del resto la paura è una delle sue più care e terribili amiche, accompagnata dal silenzio e dalle bugie, sorelle dell’ombra. Non ha mai smesso di provare paura, quasi fosse una sorta di allerta premonitrice.
Sono cauti i passi che lo portano lentamente da lui. Ogni tanto esita, si ferma, si lascia un attimo cullare dalla pace del corridoio, tra mari lontani e i cieli stellati che sembrano rincuorarlo: eppure sembra solo un’illusione, una mera e subdola illusione per ucciderlo in tutti i sensi. Reize pensa che in fondo dev’essere stata la stessa identica pazzia che aveva colto S-144 quando era in vita… e che continua a persistere inesorabilmente nei suoi incubi peggiori.
Già, C-117 non ha mai smesso di fare orribili sogni di sangue, di tenebra e pallore di luna, non ha smesso di piangere nelle notti che si sono susseguite, non ha smesso di pensare a quegli occhi, quei maledettissimi e inquietanti occhi d’argento. E al tempo stesso inizia a dimenticare chi è, da dove proviene, che cosa deve fare… e le azioni sono diventate sempre più meccaniche, inespressive. Incrocia gli occhi di Natsumi ed Atsuya e vorrebbe solo dimenticare.
Bussa piano alla porta, non ottiene risposta. Uno, due, tre, altri tocchi con le nocche ruvide, e alla fine l’ordine del Lord, la conferma che può entrare.
È seduto sulla poltrona di velluto accanto alla finestra, la vestaglia rossa come il sangue aperta appena sul petto, la luce del giorno entra nella stanza e fa risplendere la sua pelle bianca. Le tende sono tirate. Legge un libro dall’aria raffinata, gli occhiali da lettura mandano il riflesso dei raggi del sole. Non alza gli occhi su di lui, non un cenno o una conferma: Reize si limita ad appoggiare il vassoio sul comodino accanto al letto e lo guarda, il silenzio specchiato nei suoi occhi d’ossidiana.
- Devo ancora bere quella cosa? – mormora contrariato Kira appena nota la bevanda appoggiata sul vassoio d’argento. Storce le labbra come un moccioso.
Reize inizialmente non replica. Si limita ad osservarlo, poi fa sentire la sua voce arrochita, bassa: - È per il suo bene, MiLord. Le consiglio di riposarsi, non mi sembra molto in forma.
Un sorriso da gatto si dipinge sulle labbra sottili del nobile, la lingua voluttuosa che passa per la loro lunghezza, lo sguardo furbo e perverso che si posa sul suo corpo: - Non mi sono mai sentito meglio di così, credimi Reize-chan.
C-117 lo scruta, si chiede se sia veramente guarito. È vero, le sue labbra non sono più viola, i suoi occhi hanno ripreso quel vivido colore che gli piace tanto, ma sembra ancora così debole… Reize abbassa lo sguardo sulle lenzuola, perdendosi nel loro candore: - Il medico dice che la cura finirà domani.
- Ti aspetterò, allora.
Lo schiavo resta immobile, di nuovo lo guarda, la paura pesante nel cuore incattivito dal tempo. Certo, è curiosamente felice che lui si sia ripreso, che lui stia bene e riesca a sorridere, è felice che S-144 non se lo sia portato via, è felice che non se lo sia preso la Morte. In un attimo le sue preoccupazioni si fanno incerte, il suo sguardo si fa cauto, come se avesse davanti un perfetto sconosciuto. Eppure lo conosce, lo conosce meglio di chiunque altro, lo sa per certo ormai… ormai…
Chi è Lord Kira?
Cammina lentamente verso di lui, appoggiandogli cautamente una mano sulla fronte: no, è ancora caldo, anche se in modo lieve. – Deve riposare.
- Prima baciami.
- Sta delirando. 
- Ti ho detto di baciarmi.
Reize non fa in tempo ad opporsi, il Lord si alza di scatto e preme con forza le labbra sulle sue, le mani strette sui suoi fianchi. C-117 sbarra gli occhi, raggelato,  e in un attimo Kira lo guida e lo spinge sulle lenzuola già sfatte, gli occhi languidi che percorrono il suo corpo centimetro per centimetro: - Non resisto più.
Le sue labbra scivolano sul suo collo bruno, le sue mani cercano le sue: c’è foga nel suo sguardo di fuoco, la lingua bramosa di pelle. Reize sa che non può opporsi, non può reagire. Flebili lamenti, qualche lacrima, le catene che si muovono al ritmo dei movimenti del suo padrone, lo sguardo che si offusca, il grido che si lascia sfuggire quando arriva al limite della sopportazione. E non è ancora finita, non finirà mai, ogni momento gli sembra eterno e indomabile. Inizia a singhiozzare piano, poi sempre più forte, gli occhi gli si chiudono, il dolore atroce in ogni fibra del suo corpo.
- No, guardami. – gli ordina il Lord, la voce roca dal desiderio. – Guardami. Amo i tuoi occhi.
C-117 allora li sbarra, incosciente, le lenzuola attorcigliate alle sue caviglie. Sa che mente, deve convincersi, o morirà. Il grido che ne sussegue è fatto più di disperazione che di dolore: le carni bruciano come tizzoni ardenti, la follia prende una parte di sé, sempre di più, sempre di più… 
Le parole escono da sole, come spinte dalla pazzia più nera e oscura: - Uccidimi, uccidimi se puoi… - mormora mentre il dolore si fa più intenso. Le lacrime scottano come il sangue più bollente -lo stesso che ribolle nelle vene del nobile- la vista gli si appanna. Ha paura, Reize, ora ha seriamente paura di lui, come se davanti avesse un assassino: e in effetti è così, sopra di lui c’è un assassino, omicida dei suoi pensieri, e della sua anima. 
Il Lord gli morde il collo, come se volesse scacciare quelle parole, nasconderle, cambiarle, travestirle con nuove frasi bugiarde. – No, no... – mormora, e non lo ascolta. – Tu lo vuoi... Lo so che lo vuoi...
Reize smette di combattere con le sue paure. Afferra la mano del Lord e la stringe forte, mordendo con forza la federa del cuscino.

Appena Atsuya lo vede, rimane immobile sulla soglia della cucina. C-117 si limita ad alzare lo sguardo e sorridergli appena, un cenno debole della mano, nessuna voce per salutare.
- Ha già iniziato? – gli mormora solo, guardandolo impassibile. Reize fa un cenno calmo con la testa, sorride ancora come in estasi, eppure le lacrime continuano a scendere. Si siede esausto, ogni centimetro del suo corpo protesta..
Il domestico tentenna prima di uscire. Gli dà un’altra occhiata e infine sparisce nella sua stanza per prendere le bende e i medicamenti necessari, ne esce con l’intera cassetta del pronto soccorso. Si avvicina lentamente, si china sul suo corpo ferito e inizia a versare l’alcool sulla pelle viva. Reize non può fare altro che gemere, ma ha imparato a distinguere il dolore che uccide da quello che fa bene e scalda il cuore.
- Si è dato alla pazza gioia, a quanto vedo.
C-117 annuisce di nuovo, un sussurro che Fubuki capisce a malapena: - Era felice.
Il rosso alza lo sguardo su di lui, smette di medicarlo e lo guarda dritto negli occhi: c’è qualcosa di decisamente strano e drastico nel suo modo di fare, e improvvisamente ha un brivido nel constatare che quello di Reize è lo stesso sguardo che ha visto in altri occhi. – Tu… - inizia col dire, ma abbassa il capo quasi subito. 
Non si dicono altro: Atsuya si limita a medicarlo e a fasciarlo. Gli prepara un buon tè, poi gli dice che andrà a mettere a posto di sopra, che non deve affaticarsi. Reize annuisce piano, poi ci ripensa: ferma Atsuya prima che si allontani da lui, lo prende per la manica e lo guarda in silenzio. Vorrebbe parlargli di S-144, ma ora non se la sente di fargli una cosa simile. – Grazie. – gli dice all’ultimo secondo, ed è sincero: capisce che portarsi dietro un tale peso comporta uno sforzo mentale enorme, che è lui la causa di tutto, e apprezza il fatto che Atsuya nonostante tutto voglia sopportarlo.
Fubuki sbatte le palpebre, ma rimane serio. Appena lo schiavo lo lascia andare esce dalla porta silenziosamente, non una parola, sparendo al piano di sopra. C-117 lo segue con lo sguardo, poi quando scompare alla sua vista riporta lentamente l’attenzione alla superficie della tavolata, percorrendo le sue macchie e le vene scure del legno. Segue il loro percorso con un dito, descrivendo cerchi concentrici che si perdono distrattamente nella sua mente vacua, offuscata dai pensieri.
Il suo sguardo si sposta meccanicamente sulla borsa nell’angolo della stanza, come se rispondesse a un richiamo. È sempre rimasta lì, nessuno l’ha toccata dal sua arrivo, quasi fosse un oggetto temibile e inviolabile. Si alza lentamente dalla sedia ignorando il dolore, si avvicina piano, una carezza. Sa che le risposte che cerca sono riposte lì dentro. Non sa perché sente il desiderio di ricordare. Un’immagine di donna, il fiore rosso tra il bianco e il nero, la luce e l’ombra… Reize sa che non può aspettare, e anche se sapere e ricordare faranno terribilmente male, lo uccideranno, lo dilanieranno completamente… non può rimanere senza conoscere, senza capire.
Febbrilmente spezza la cinghia di cuoio e rovescia il contenuto sul tavolo, gli occhi che cercano indizi, il cuore che batte, quel nome sussurrato nel riflesso di un ricordo.
Niente.
Una spilla e un libro polveroso, del cibo rancido si è appiccicato sulla copertina e Reize non riesce a coglierne il titolo. Ma in fondo non avrebbe importanza, lui non sa leggere.
Scruta la spilla, un oggetto di scarso valore: lo porta ai raggi del sole come una perla rara; è malridotto, sporcato dalla fuliggine del carbone, rovinato dal tempo, il pizzo è strappato e consumato. Eppure è la cosa più speciale che C-117 abbia mai visto: è così bello ammirarla alla luce del mattino…
Se la gira tra le mani, notando la scritta a caratteri eleganti incisa sul metallo nel retro. Al centro c’è una piccola pietra nera dalle sfumature azzurre, e Reize sente che c’è qualcosa di vagamente familiare in quell’oggetto apparentemente sconosciuto.
Sobbalza quando dalla porta che dà sul giardino entra Natsumi, la cesta piena di biancheria stesa e asciugata al sole, il cappello di paglia che non riesce a nascondere gli occhi castani cerchiati di nero. Gli sorride candida, appoggiando la cesta accanto alla credenza e asciugandosi la fronte dal sudore. Quando si accorge delle sue ferite il suo sguardo cambia, corruga la fronte con apprensione. Reize le fa un gesto calmo, come a rassicurarla, ma Natsumi non muta atteggiamento. Poi nota gli oggetti sul tavolo e si avvicina, vinta dalla curiosità: - Che stai facendo?
C-117 non risponde, si limita a mordersi il labbro inferiore, a scrutare la spilla. Il solo pensiero che quegli oggetti siano suoi lo fa impazzire. – Tu sai leggere?
- Mi dispiace, no… - mormora un po’ risentita la donna, prendendo la spilla dalle mani dello schiavo e guardando il libro. – So solo alcune lettere: qui deve esserci una “m”.
- Oh. – sussurra quello in risposta, ma non dice altro. È deluso e a tratti triste che non possa capire di più delle sue origini, ma del resto forse è meglio così. Abbassa lo sguardo sul libro e sta per togliere la poltiglia che ricopre la copertina quando la proposta della serva lo fa rabbrividire: - Potresti chiedere al Lord di leggere per te.
Reize la guarda fisso, prima di abbassare ancora lo sguardo su quegli oggetti… i suoi oggetti. – Se sapesse che possiedo queste cose non me le farebbe tenere, non è un mio diritto… - mormora affranto, e si lascia andare in un sospiro di commiserazione.
- In compenso potresti conoscere qualcosa di più sul tuo passato.
- Non voglio sapere.
- Perché?
- Non posso.
Natsumi resta a lungo in silenzio, si siede accanto a lui e si limita a guardarlo. Reize a un certo punto si rende conto che non comprende: lo  sguardo della donna è vacuo e risentito, sulle labbra una domanda implicita. Lei non sa cosa significa ricordare per persone come lui: del resto è probabile che lei abbia una famiglia. Dei figli, magari. E poi… lei è libera.
- Natsumi… tu hai figli?
La donna sussulta, continua a guardarlo assente. Poi un sussurro, qualche parola: - Sì, due gemelli. È stato un parto difficile, dicevano che non sarei sopravvissuta. Eppure eccomi qui.
Lo schiavo porta lo sguardo oltre la porta che dà sul giardino, resta in silenzio per numerosi attimi. Quanto sarebbe bello avere una famiglia, pensa, come sarebbe bello poter averla veramente. Giocherella con la spilla, si ferisce con l’ago acuminato, ma non si muove. Le parole quasi escono da sole, come in un sogno: – Deve essere molto bello…
Natsumi a quel punto gli sorride, gli prende entrambe le mani e le stringe nelle sue. – Domani sarà il loro compleanno. Mi piacerebbe se tu festeggiassi con noi!
Lo sguardo di C-117 è vacuo, quasi si vergogna di rispondere. Sì, piacerebbe molto anche a lui, ma non può e non sa. – Cos’è un compleanno? – chiede cauto, mordendosi nervosamente le labbra: festeggiare? Lui non ha mai festeggiato in vita sua. Cosa vuol dire festeggiare? E poi, Kira lo lascerà andare?  
- Vedi, ora hanno sei anni. È una festicciola per loro, ma nulla di speciale, te l’assicuro. Viene anche Atsuya. Torneremo prima che il Lord ritorni, non si accorgerà della tua assenza.
Passano numerosi secondi, durante i quali Reize non risponde subito. Poi un sorriso un po’ forzato, mite, incerto: - Sarebbe davvero un piacere.

Lo sguardo indagatore del Lord si posa su di lui appena apre la porta. Quando glieli porge, scruta il libro sudicio e la spilla, poi aggrotta le sopracciglia come invaso da un senso d’inquietudine e chiude il libro al quale si è dedicato per tutti quei giorni: ormai è quasi alla fine, mancano poche pagine.
Reize intanto si avvicina, lo sguardo che vaga su tutti gli angoli della stanza, i passi incerti e cauti. Quando arriva davanti al letto del Lord una bolla d’ansia gli scoppia nel petto, come se il mondo avesse iniziato a girare troppo velocemente per lui.
- Che succede Reize-chan? Qualche problema? – sussurra piano il Lord, accomodandosi tra i cuscini: i capelli si spargono sul loro candore come rivoli di sangue.
C-117 lo guarda vacuo, poi gli porge la spilla un po’ tremando e un po’ agonizzando nel terrore di una nuova punizione. Non riesce a parlare, ma Kira sembra intuire comunque: osserva la scritta argentata con perplessità, poi corruga le sopracciglia e rimane in una sorta di mutismo, anche se Reize non riesce a capirne il motivo. Quasi si morde la lingua pesante mentre glielo domanda: - Può leggere per me?
Il Lord si è sistemato gli occhiali da lettura, come se la leggera miopia gli impedisse davvero di vedere. Poi il suo sguardo si posa su di lui, quasi accusandolo: - Come sei entrato in possesso di questi oggetti?
C-117 abbassa la testa colpevole, ma non può mentirgli. – Sono miei.
Dà un senso strano pronunciare queste parole: del resto, nulla può essere suo veramente. Eppure quegli oggetti sono sempre stati nella sua borsa, nascosti dagli sguardi di tutti.
- Li hai rubati da Natsumi, di’ la verità.
Reize alza la testa di scatto, sbarra gli occhi e quasi si sorprende della sua idiozia: - Non è vero, sono miei! Glielo posso giurare!
Lo sguardo di Kira è uno dei più cattivi e gelidi che gli abbia mai rivolto: C-117 se ne rende conto e rabbrividisce. Nonostante ami i suoi occhi, ora vorrebbe non averli mai incrociati. – Ciò che è tuo è solo ed esclusivamente mio. – mormora il nobile tagliente, giocherellando con la spilla. – Dovresti saperlo.
C-117 deglutisce, non osando guardarlo negli occhi. Odia questo silenzio, improvvisamente vorrebbe che il Lord lo picchiasse per la sua imprudenza, che lo sbattesse ferocemente sul letto e… e…
No…
Reize si accarezza nervosamente un braccio abbandonato lungo il fianco come se sentisse freddo: ma forse è l’imbarazzo che lo spinge ad avvicinarsi e a stendersi accanto al Lord tra le lenzuola immacolate. Si limita a fissarlo negli occhi e poi, a un suo segnale di permesso, si accoccola appoggiando la testa sul suo petto coperto dalla camicia da notte.
- C’è scritto Midorikawa. – mormora piano Kira, sembra essersi fatto più dolce, quasi le attenzioni dello schiavo lo avessero tranquillizzato. Gli accarezza distrattamente i capelli e scioglie la coda come soprappensiero, per poi scostare senza riguardi la mantellina. Reize dal canto suo non può far altro che sgranare gli occhi, assente, sentendo un altro nome sconosciuto farsi spazio nella sua mente.
È una sensazione strana avere le sue mani addosso, ma ormai non più spiacevole. In un certo senso è come se quelle mani facessero parte del suo corpo, una parte che ormai è diventata quasi indispensabile. C-117 sa di essere solo suo, e ciò che è gli appartiene completamente: non c’è posto a cui appartenga più di quel luogo orribile..
– Mi può leggere anche il libro? – chiede a un certo punto, socchiudendo gli occhi con fare aggraziato: lo sa, con lui basta solo giocare. E infatti non passa troppo tempo che il Lord prenda il libro facendo ben attenzione a non sporcarsi la mano, mentre con l’altra si perde in carezze audaci. – Si tratta di un libro di fiabe. Per bambini. – mormora. – C’è anche una piega, chiunque l’abbia letto è arrivato a questo punto qui. – aggiunge poi aprendo il libro sulla pagina, e la scruta piano. 
- Che fiaba è? – chiede C-117 nel modo più suadente e sensuale che conosce: ormai ha capito che per ottenere qualcosa da lui basta tentarlo, per quanto imbarazzante possa sembrare.
Kira non lo guarda, si limita a scendere sulle cosce magre e a leggere lentamente senza una parola. – Il Principe e il Povero. – mormora poi, quasi assente, e dopo aver chiuso il libro sposta meccanicamente lo sguardo sul suo schiavo, steso accanto a lui e inevitabilmente alla sua portata. Si accorge però che i lividi e le ferite che gli ha lasciato quella mattina sanguinano ancora, e il senso di riluttanza gli opprime il petto.
Si stupisce quando una mano ambrata dello schiavo scivola sul suo volto, gli occhi color ossidiana si riflettono nella luce diurna prendendo sfumature metalliche. Ha uno sguardo tanto suadente quanto impossibile, quasi innaturale… sbagliato. Non può far altro che chiedersi, a questo punto, quali siano le sue intenzioni.
- Me lo leggi, allora? – sussurra piano lo schiavo accoccolandosi sul suo petto. – No. – risponde automaticamente, e quasi gli fa male mentre lo graffia. Reize mugola, affonda il viso sulla sua spalla e gli posa le labbra sul collo: - Un riassunto?
Kira sospira. Inizia a raccontare affidandosi alla sua memoria, ma improvvisamente si blocca di colpo proprio a metà. C-117 alza lo sguardo su di lui e corruga la fronte: il Lord ha preso un’espressione pensierosa, gli occhi fissi sul soffitto. Poi chiude gli occhi e si lascia andare ad un sospiro, Reize sussulta nel vedere le lacrime scendere per le gote. Allunga una mano e le asciuga, accarezzandogli la pelle bianchissima, come a confortarlo.
La voce di Kira si fa sempre più debole, fino a ridursi in un sussurro. La fine della fiaba è quasi un sibilo.

   
 
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