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Autore: Saritac1987    03/07/2015    1 recensioni
«Non voglio più vederti.»
Uscì, senza nemmeno sbattere la porta.
Chris si stese sul proprio letto, cercando di fermare le proprie braccia che tremavano, di comportarsi normalmente, ma era troppo tardi: sentiva che i suoi occhi stavano diventando vermigli.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Ginny
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo 4
 
Ciao Paige,
scusa se per una settimana non ho risposto alla tua lettera, ma ho avuto dei problemi con mio padre e mamma mi ha consigliato di non fargli vedere che ero così in stretto contatto con te o avrebbe potuto pensare che stessimo confabulando qualcosa.
Ho letto tante volte la tua lettera. Vedo che stai bene e che a scuola finalmente riesci a sentirti meglio. Non ti preoccupare per i Malfoy, probabilmente sono solo dei ragazzi boriosi che hanno tutto dalla vita. Devi imparare a lasciare perdere, altrimenti non vivi più. Resisti solo un altro anno, poi arriverò io e vedrai che andrà tutto per il meglio. Dobbiamo restare unite, ricordatelo.
Per la lezione di Volo stai tranquilla, vedrai che non andrà male come quando eri piccola. È stata colpa di Altair, che ha voluto farti volare senza insegnarti come si faceva. E la settimana scorsa è stato solo un caso, probabilmente eri agitata e non sei riuscita a combinare niente, per me la prossima volta ce la farai! Sei brava in tutte le materie, è impossibile che tu non riesca a volare!
Qui a casa va tutto come al solito. Stamattina mi hanno fatto conoscere il fratello di Altair, ed è brutto e antipatico come lui. A questo punto è meglio Dolohov, almeno con noi si comporta bene.
Comunque ti saluta anche la mamma, è felice anche lei che tu stia bene.
Ci sentiamo presto, spero.
Un bacio
Sam
 
Paige aveva appena riletto la lettera che le era arrivata quella mattina; sorrideva, finalmente le aveva scritto qualcuno che le voleva bene veramente.
Era un po’ preoccupata per Sam: conosceva Zephyr Lestrange da anni. Aveva un anno in più di lei, ma era altissimo e molto grosso, anche se era un po’ stupido. Frequentava Durmstrang come il fratello, perciò lei lo vedeva al massimo due volte all’anno. Paige ne aveva paura, e temeva che avrebbe fatto del male alla cuginetta, prima o poi. Maxim Dolohov, invece, aveva l’età di Altair ed era al quarto anno di Serpeverde; era innocuo. Durante i primi dieci giorni trascorsi a Hogwarts, Paige l’aveva trovato spesso in biblioteca a studiare con una ragazza; una volta l’aveva notata, e l’aveva guardata come per chiederle di non farne parola a casa. Lei aveva annuito, complice.
Per Sam, comunque, era tutto facile: Paige sapeva che quel pomeriggio avrebbe fatto un’altra figuraccia di fronte a tutti i suoi compagni. Cercando di non pensarci, si alzò dal proprio posto in Sala Grande e si avviò verso l’uscita, diretta verso l’aula di Storia della Magia.
Non ne aveva molta voglia: per quanto cercasse di toglierselo dalla testa, il pensiero delle lezioni di volo tornava sempre, come un chiodo fisso. Odiava volare, lo detestava!
 
***
 
Chris fissava il piatto del pranzo, come se desiderasse che si consumasse da solo: non aveva fame.
Odiava il lunedì, perché ogni ora che trascorreva si avvicinava di più a mezzanotte, quando sarebbe cominciata l’ora di Astronomia. Chris detestava tutto di quella materia, soprattutto il fatto che l’ora si svolgesse in cima a una torre altissima dal cornicione molto basso. Tutti i suoi compagni si sedevano lì per seguire ciò che diceva l’insegnante, mentre lui cercava di stare il più possibile vicino alla porta, così da poter correre dentro non appena la lezione fosse finita. In quella maniera, poi, non sarebbe stato costretto a stare vicino al bordo, a molti metri d’altezza, rischiando di cadere e di morire. Dopo la prima lezione, al primo anno, aveva mandato una lettera ai propri genitori in cui li implorava di esonerarlo dall’ora di Astronomia, poiché non gli sarebbe servita a nulla nella vita. I genitori gli risposero che non potevano farlo e che nessuno nella storia di Hogwarts era mai stato esonerato da qualche lezione; in fondo, sostenevano, l’Astronomia poteva essere interessante e lui non avrebbe avuto problemi a ricordare costellazioni e galassie, perché molti dei suoi parenti avevano un nome che derivava da quelli. La sua zia preferita, Andromeda, era una di essi.
Ma ogni lezione per lui era una tortura: le vertigini si facevano sempre più forti ogni volta che si avvicinava al telescopio dell’insegnante per guardare qualcosa, e lei sembrava chiamarlo apposta, solo perché lo trovava sempre in disparte.
Chris non sapeva quanto avrebbe resistito.
«Non mangi, oggi? Guarda che il pollo è buonissimo.»
Il ragazzo guardò Dan, cercando di fargli capire il proprio disagio.
«Ancora per Astronomia?» Chris annuì. «Datti malato! Lo dico io alla professoressa.»
«Non posso darmi malato. Siamo con i Grifondoro.»
Tra i Grifondoro del loro anno c’era Fred, uno dei suoi cugini. Sentiva che, se avesse saltato qualche lezione di Astronomia, subito lui avrebbe scritto a sua madre per avvisarla, e l’ultima cosa di cui il ragazzo aveva bisogno era di una ramanzina.
Decise che, per quel giorno, avrebbe saltato il pranzo; si alzò dal proprio posto e si avviò verso l’aula di Divinazione, con l’amico che gli trotterellava dietro.
«Posso dire del tuo problema. Nessuno fa mai domande quando parlo del tuo problema.»
«Non voglio usare il mio problema come scusa per non fare Astronomia.» Rispose lui, secco. «Possiamo andare, per favore?»
 
***
 
Paige guardava il manico di scopa che si trovava a terra di fronte a lei; continuava a pensare alla figuraccia fatta solo la settimana prima: tutti i suoi compagni, anche i Nati Babbani, presto o tardi erano riusciti a sollevare la scopa da terra dicendo solamente «Su», mentre lei non ce l’aveva fatta; ma, soprattutto, tutti gli altri erano riusciti a fare un volo molto corto intorno al cortile, mentre lei no. Probabilmente, quell’aggeggio aveva avvertito tutto il suo terrore; per questo, nonostante la ragazzina ce l’avesse messa tutta, non era riuscita a spiccare il volo. Sicuramente, dopo quell’episodio tutti i suoi compagni avevano passato la serata a prenderla in giro… soprattutto la Malfoy.
Come la settimana precedente, Paige si era messa a cavalcioni su quella scopa e, mentre tutti i suoi compagni ridacchiavano tra di loro aspettando che il professor Davies avesse controllato la loro postura, la ragazzina si sentiva il cuore in gola, come se non ci fosse nulla attorno a lei: era terrorizzata.
«Tutto a posto, Avery?» Le chiese l’insegnante, raddrizzandole la schiena.
Lei annuì, timorosa di sentire storie se solo avesse detto qualcosa di male sul Volo; anni prima, il professor Davies aveva giocato a Quidditch nella squadra di Corvonero, perciò doveva essere uno che amava veramente volare.
Aspettò che lui desse il segnale; poi, sospirò e, tenendo gli occhi spalancati, diede una spintarella a terra. Mentre tutti gli altri si alzavano, lei si ritrovò ancorata al terreno. Nervosa, diede un colpo un po’ più forte, ritrovandosi sollevata.
Era fatta.
Senza guardare in basso, cercando di non farsi tornare alla mente l’episodio della propria infanzia, Paige cercò di fare ciò che facevano i propri compagni, senza risultato: sembrava che quell’aggeggio volasse senza seguire i suoi ordini, come se avesse un suo cervello. Tutti gli altri, invece, riuscivano a comandare il proprio manico di scopa.
Senza capire come, né perché, poco dopo Paige si ritrovò con la schiena a terra, e tutti i suoi compagni e il professor Davies intorno a lei.
“Per fortuna non ero tanto in alto…”
Scocciata, si alzò in piedi, senza rispondere alle domande di nessuno, e si sedette accanto al muro del castello. Non sarebbe più salita su un manico di scopa in vita propria, nemmeno morta.
Non sembrava che a nessuno dei suoi compagni fosse importato qualcosa di quello che era successo; l’unica persona che si avvicinò a lei fu il professor Davies.
«Stai bene?» Le chiese, sedendosi accanto a lei.
Paige mugugnò; non le andava di parlare.
«Non sei la prima ad avere difficoltà con il volo.» Continuò. «Ci sono stati molti studenti che non riuscivano a volare al primo colpo, ci vuole solo un po’ di pra…»
«Di pratica?» Lo interruppe Paige. «E se io non volessi fare pratica? E se io non volessi imparare a volare? Non giocherò mai a Quidditch, e quando sarò maggiorenne potrò Smaterializzarmi. Non mi serve imparare a volare!»
L’uomo non rispose, fingendo attenzione verso gli altri. Paige non riusciva a capire se le desse ragione o no. Si rannicchiò appoggiata al muro, senza più dire né fare niente. Non notava nemmeno cosa stessero facendo gli altri; non le importava del volo, o dei manici di scopa, o di tutte quelle cavolate. Voleva solo andare in biblioteca a studiare. E le faceva male la schiena; non voleva dirlo a nessuno: ne aveva avuti parecchi durante la propria vita, ed era sempre guarita.
Appena la lezione finì, Paige si incamminò velocemente verso il proprio dormitorio: voleva prendere i suoi libri e andare a studiare, era l’unica cosa che importava.
«Paige…» Era una voce che conosceva; la ragazzina si girò verso la proprietaria, ritrovandosi davanti alla piccola Malfoy.
«Cosa vuoi?» Rispose, fredda. Se voleva prenderla in giro, non ci sarebbe riuscita.
«Volevo solo… sapere come stai.»
 
***
 
Alyssa adorava le lezioni di Volo; le piaceva sentirsi libera in aria, senza nessun pensiero se non quello di riuscire a mantenersi in equilibrio. James aveva ragione: volare a cavalcioni di una scopa era davvero un’esperienza bellissima. In quel momento, il compagno stava sfrecciando nel cortile, come se fosse un giocatore di Quidditch professionista. Le aveva detto che l’anno seguente avrebbe voluto fare il provino come cacciatore, perciò forse si stava già allenando.
Non tutti, però, erano del loro parere. Già la settimana precedente, la Avery aveva mostrato che volare non era tra le sue capacità. “Menomale,” aveva pensato Alyssa, “c’è qualcosa che non è in grado di fare.”
In una settimana di scuola, la compagna si era rivelata saccente e capace di fare praticamente tutto. Studiava ogni volta e se il professore spiegava, lei capiva al volo. Quella mattina, durante l’ora di Trasfigurazione, avevano fatto un test per vedere se riuscivano a trasformare un fiammifero in un ago di legno in dieci minuti. Alla fine di quel tempo, Alyssa era solo riuscita a far diventare l’oggetto appuntito, prendendo un sei. Lei, invece, aveva preso otto, perché era stata l’unica a riuscire a trasfigurare la punta del fiammifero nella capocchia di uno spillo. Era stata bravissima, la migliore del corso. Eppure, era sempre triste, giù di morale, come se ci fosse qualcosa che non andava.
E, ogni volta che prendeva in mano un manico di scopa, sembrava che preferisse essere ovunque piuttosto che a quelle lezioni: era strana.
Alyssa continuava a volare, pensando solo a stare attenta a non perdere l’equilibrio. Era abbastanza in alto, non voleva rischiare di farsi seriamente del male. A un certo punto, però, una figuretta cadde improvvisamente a terra: sembrava che uno dei suoi compagni si fosse fatto male.
Non si stupì quando si trovò davanti la Avery; le sarebbe servita solo un po’ di pratica, in fondo non era così difficile volare. Comunque, era più semplice di trasfigurare qualcosa.
Alyssa decise di lasciarla nel proprio brodo, per non rischiare di disturbarla mentre rimuginava su quello che era successo. Aspettò la fine della lezione: la Avery si era messa a camminare velocemente verso l’ingresso del castello; sembrava sconsolata e un po’ dolorante. Alyssa le si avvicinò di corsa.
«Paige…» La chiamò, dolcemente. Anche se le stava antipatica, le dispiaceva vederla soffrire in quel modo e stare così male. Nonostante Chris affermasse che era una persona felice, ad Alyssa non lo sembrava per niente, soprattutto in quei momenti.
«Cosa vuoi?» La compagna si girò di scatto, aggressiva come sempre. Ma Alyssa non voleva desistere.
«Volevo solo… sapere come stai.»
La Avery iniziò a camminare, senza nemmeno rivolgerle lo sguardo. Alyssa la seguì fino al loro dormitorio, dove, forse, Paige dava l’aria di essere più tranquilla.
«Non ti arrendi mai, vero Malfoy?»
«Forse sono più tenace di te.» Alyssa le sorrise, timida. «Stavi zoppicando. Sei sicura che vada tutto bene?»
La compagna non rispose. Prese un pezzo di pergamena, si sedette alla scrivania e iniziò a scrivere velocemente. Ad Alyssa non sembrava scocciata, ma solo che non avesse voglia di parlare.
Lei restò seduta sul letto a osservarla; non poteva averle lasciato concludere il discorso in quella maniera, non era il tipo per farlo. Ormai aveva imparato a conoscerla, voleva sempre avere l’ultima parola.
Dopo poco tempo, la Avery alzò la testa dalla scrivania e chiuse una busta. Doveva avere scritto una lettera per casa.
Si alzò lentamente, facendo una smorfia di dolore.
“Lo sapevo…”
«Paige… per caso vuoi che ti accompagni in infermeria? Non mi dà fastidio, si vede che stai poco bene.»
 
***
 
Sto bene.
Oggi ho preso otto in Trasfigurazione. La professoressa Bell ha detto che sono stata la migliore, sembrava fiera di me.
Sì, ho sentito Altair, sta bene anche lui.
Ci sentiamo.
Paige
 
La ragazzina rilesse velocemente la lettera da spedire a casa. Sperava che fossero orgogliosi di lei, per la prima volta era riuscita a essere la migliore in qualcosa. Aveva preferito evitare di raccontare le figuracce delle lezioni di Volo.
La piccola Malfoy era rimasta seduta sul letto a fissarla: forse si aspettava che le rispondesse, ma lei non sapeva cosa fare. Non le dispiaceva che qualcuno si preoccupasse per lei, anzi, ne era felice; solo non capiva tutta la gentilezza nascosta di quella ragazzina: Paige aveva passato una settimana a risponderle in malo modo, eppure lei c’era sempre. Una persona non poteva essere così educata.
Decise di spedire subito la lettera e poi dirigersi in biblioteca: si alzò per preparare la borsa, quando sentì una fitta improvvisa alla schiena.
“Ci mancava… che giornataccia.”
Sembrava che la compagna se ne fosse accorta.
«Paige… per caso vuoi che ti accompagni in infermeria? Non mi dà fastidio, si vede che stai poco bene.»
La guardò per qualche secondo, a metà tra lo scocciato e il riconoscente. Era combattuta, perché non era infastidita dal fatto che si fosse preoccupata, ma non aveva davvero bisogno dell’aiuto di nessuno.
«No, sto bene. Vorrà dire che passerò più tardi in guferia.» Disse, preparando la borsa per andare in biblioteca. «Ci vediamo più tardi.» Continuò, facendole un sorrisino, ma cercando di non farle capire quanto le fosse grata.
Aveva bisogno di stare sui libri. Doveva ancora terminare un tema per Difesa Contro le Arti oscure che doveva consegnare il giorno seguente, ed era tutta colpa di quelle stupide lezioni di Volo. Se non fosse stata costretta ad andarci, a quell’ora lo avrebbe già terminato e avrebbe potuto rilassarsi leggendo.
 
***
 
«Scacco.» Disse Dan, rivolto a Connor Ackerman, uno studente del quarto anno.
Chris alzò un sopracciglio: l’amico non si era accorto della traiettoria dell’alfiere del rivale.
«Alfiere in A5» Ghignò l’altro.
«Dan, credo che dovresti arrenderti. Sei negato per gli scacchi.» Lo prese in giro, sapendo che non se la sarebbe presa.
Mentre l’amico perdeva miseramente, Alyssa si avvicinò al tavolo. Sembrava che qualcosa la turbasse. Chris le fece segno di non dirgli niente, perché era curioso di sapere dove andava a parare con la partita e quando si sarebbe arreso.
Ci volle almeno un’ora; Chris era così annoiato dalla partita che aveva ricominciato a pensare al fatto che mancassero solo sei ore a mezzanotte, a quella lezione che tanto odiava e alla quale avrebbe dovuto partecipare fino ai G.U.F.O.
Il suo stomaco iniziò a brontolare all’improvviso. Del resto, aveva saltato il pranzo.
«Dan, hai perso. Andiamo a mangiare.» Gli disse, facendo cenno alla sorella di alzarsi. Sperava che quella sera, dalle cucine avessero offerto qualcosa di buono; stava morendo di fame, e non gli importava che fossero tra i primi a entrare nella Sala Grande.
Si sedette al solito posto e, mentre appariva della zuppa, guardò la sorella.
«È successo qualcosa?»
«Oggi la Avery si è fatta male durante la lezione di Volo.»
«Poverina.» Borbottò Dan, iniziando a mangiare.
«Poverina?» Disse lui. «Ci sta facendo impazzire da una settimana e tu dici…»
«Beh, comunque.» Lo interruppe sua sorella. «Mi dispiaceva per lei, quindi l’ho seguita nel dormitorio. Nemmeno la sua amica l’aveva…»
«Per forza, da quanto è insopportabile.»
«L’aveva fatto. E le ho chiesto se aveva bisogno di aiuto, e lei mi ha detto di no, e… mi ha sorriso.»
I due ragazzi si voltarono a guardarla, increduli.
«È capace di sorridere?» Disse Dan, con gli occhi sgranati. «Sei sicura?»
Alyssa annuì.
«Lo so, è incredibile, ma… sembrava così dolce.»
Chris era sempre più scettico: non aveva ancora dimenticato la cena di Lumacorno della settimana prima, in cui la ragazzina non aveva toccato cibo. Aveva sicuramente qualcosa che non andava.
 
***
 
Paige aveva saltato la cena: dopo la figuraccia del pomeriggio, aveva solo voglia di distrarsi e leggere, e la riva del Lago Nero, sotto il suo salice, era il luogo ideale.
Paige si distrasse dalla lettura per fissare la distesa d’acqua davanti a sé: a occhio, sembrava profondissima. Per essere abitata da un calamaro gigante, doveva esserlo di almeno venti metri. Lei non sapeva nuotare, se fosse caduta per caso lì dentro sarebbe annegata senza nemmeno avere avuto il tempo di chiedere aiuto.
Tornò al proprio libro, fino a quando due voci non la distrassero. Non capiva bene cosa si stessero dicendo, ma i proprietari si stavano avvicinando a lei.
«No, lo sai, Lottie… non posso presentarti ai miei.»
«Ma prima o poi lo capiranno, insomma… non puoi dire loro che vuoi vivere la tua vita?»
«Senti… è complicato, ok?»
Paige si voltò per dire loro di lasciarla in pace, quando si ritrovò davanti Maxim Dolohov e la ragazza con cui l’aveva visto in biblioteca. Lui sbiancò, prima di dire qualcosa alla ragazza, che si allontanò da lui guardandola male.
«Ciao, Paige.» Mormorò lui, sedendosi accanto a lei.
«Ciao.»
«Ascolta.» Il ragazzo sospirò. «Conosco il motivo per cui… beh, mi hanno fatto conoscere tua cugina.»
«Senti, Maxim, non mi interessa quello che fai. Non sono tua madre.»
«Ti prego… non dire nulla.» Insisté lui. «Farò qualunque cosa.»
«Ti ho detto che non mi interessa quello che fai a scuola. Non sto scherzando, non mi interessa davvero. Sei libero di fare quello che vuoi.»
Lui la guardò sorpreso.
«Grazie, Paige. Sei una a posto.» Le sorrise mentre si alzava.
La ragazzina lo lasciò andare, tornando a fissare l’acqua del lago e tremando dal freddo. Paige avrebbe voluto comprendere cosa avesse portato Maxim a chiederle di non dire a nessuno che l’aveva visto con quella ragazza.
Ne era innamorato. Doveva essere quello. Era anche per quel motivo che Paige rispondeva male a tutti: come poteva permettersi di innamorarsi? Non voleva rischiare di finire come lui, costretto a chiedere a persone che conosceva appena di mantenere un segreto enorme.
L’amore era qualcosa che Paige non avrebbe mai provato e nessuno l’avrebbe provato per lei: lo sapeva. L’aveva sempre saputo, e ormai per lei era una cosa naturale. Le bastava leggere di quelle meravigliose storie in cui due persone affrontavano ogni avversità solamente per stare insieme; di quegli amori così forti che superavano anche la morte.
Come negarlo? Aveva sempre desiderato essere la protagonista di uno dei libri che leggeva; innamorarsi di un principe che l’avrebbe salvata e portata via dalla sua famiglia.
Paige tornò a guardare il Lago Nero, chiedendosi nuovamente quanto potesse essere profondo; forse, i metri erano trenta, e non venti come aveva ipotizzato prima. Del resto, come faceva il calamaro gigante a vivere in soli venti metri d’acqua?
La ragazzina tremava come una foglia: quella sera era rimasta più a lungo in giardino, e quello era il risultato. A breve, non sarebbe più riuscita a rifugiarsi nel suo angoletto.
Scocciata, si diresse verso la Sala Comune. In giro per la scuola c’erano solo alcuni studenti che si erano attardati a cena, doveva essere veramente tardi.
Nel dormitorio, Emma non era ancora arrivata, mentre la piccola Malfoy stava sfogliando il libro di Difesa Contro le Arti Oscure cercando di scrivere qualcosa, probabilmente quel tema che lei aveva terminato durante il pomeriggio.
Sentendo che aveva chiuso la porta, Alyssa si girò a osservarla.
«Tutto bene?» Le chiese. Era una domanda stupida, come poteva anche solo pensare che tutto andasse bene?
Paige mugugnò, cercando di farle capire che non aveva voglia di parlare. Ma l’altra non si arrese.
«Non ti fa bene non parlare, lo sai Paige?»
«Malfoy.» La ragazzina si voltò di scatto verso di lei. «In che lingua te lo devo dire? Io e te non siamo amiche! E mai lo saremo! Quindi non cercare di fare la carina e di parlare con me, perché io non ho bisogno di te!»
Dicendo questo, prese la camicia da notte. Non bastava che le toccasse dormire con quella. Era pure costretta a parlarci.
La compagna si arrese e tornò al proprio tema.
Ci fu qualche attimo di silenzio, come se la tensione che si era creata fosse talmente pesante che si potesse quasi percepire.
«Comunque, sei stata carina.» Disse, dirigendosi verso il bagno per prepararsi per la notte.
«Scusa?» Chiese l’altra, incredula.
«Sei stata carina… a preoccuparti per me. Ora non credere che io ti voglia essere amica solo per questo. Però non sono neanche una che non si accorge come si comporta la gente con lei.»
Paige le sorrise nuovamente entrando nel bagno. Menomale che Emma era in giro, altrimenti sarebbe stata nei guai. Erano poco più che conoscenti, ma la ragazzina sapeva benissimo che quella si era messa d’accordo con sua madre. Al primo sgarro, Rebecca l’avrebbe saputo.

 
   
 
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