Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: lady hawke    17/01/2009    2 recensioni
Scritta per la sfida del Fice grazie alla traccia proposta da Rowena.
Teddy Lupin alle prese con qualche problema di cuore e una nonna molto, molto acuta che vuole indagare sullo strano comportamento del nipote. Riuscirà il nostro metamorfomago a farla franca?
Vincitrice della quarta edizione del Ficexchange
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Grazie a chi mi ha fatto penare per scrivere questa storia XD


Ted Lupin tentò di aprire l’ormai vecchia porta laccata di rosso senza far rumore; impresa quasi impossibile, contando della sua genetica imbranataggine e delle sue povere dita intirizzite dal freddo. Maledisse i cardini quando questi cigolarono, e si morse la lingua quando, mentre con passo silenziosissimo e felpato si intrufolava in casa, trovò Andromeda Tonks in piedi davanti alla porta. Lo stava osservando con aria impaziente e le braccia incrociate: non sembrava particolarmente felice di rivedere il suo unico nipote, considerò il metamorfomago, afflitto.
- Ciao nonna. – biascicò, mentre richiudeva la porta dietro di sé, ora perfettamente oliata e muta.
- Nonna mi fa sembrare molto più vecchia di quello che non sono già, te l’ho detto mille volte, Teddy.
Il giovane fece per replicare che nemmeno a lui faceva piacere sentirsi chiamare come il giocattolo preferito di metà dei bambini inglesi e forse del mondo, ma gli bastò aprire la bocca e vedere lo sguardo di fuoco di sua nonna come silenziosa risposta, per desistere.
- I Potter hanno cambiato abitudini, Teddy? Mi avevi detto che andavi da loro per pranzo.
- Così è stato…
- Sono le cinque, però. – commentò la strega, con un sopracciglio sollevato. A darle manforte la teiera cominciò a fischiare in quel preciso istante; Andromeda dunque, dopo aver fatto un cenno al ragazzo si mosse verso la cucina, e con un colpo secco di bacchetta fece spegnere il fuoco. Ted trovò quel movimento assai rigido: pessimo segno.
- I casi sono due: o i pranzi a casa Potter sono diventati incredibilmente lunghi, e quindi suppongo anche indigesti o menti spudoratamente alla donna che ti ha cresciuto da sola.
Andromeda non amava i toni melodrammatici; la sua vita lo era stata a sufficienza perché lei incrementasse il tutto con l’aria da madonnina infilzata, ma sapeva bene di avere un nipote incline ai sensi di colpa, tale e quale al padre. Se Ted avesse conosciuto personalmente dei Black, avrebbe saputo che la nonna ora li ricordava tremendamente.
- Non ho mentito. – ribattè lui, a conoscenza della tattica della nonna, ovvero farlo sentire una misera nullità ingrata. Il saperlo non lo faceva sentire senza colpe, ma gli dava la forza di dissentire. – Sono stato dai Potter fino a poco fa, poi ho fatto un giretto venendo a casa.
- Con questo freddo e su una scopa volante? – chiese la donna, perplessa. – Strano, visto che l’altra notte mi hai implorato di aggiungerti altre due coperte al letto.
- Puoi chiedere se non ti fidi, sai? – la sfidò il ragazzo, mentre prendeva le due tazze dai pensili per il tè. In effetti era stato un suo errore, nonna gli permetteva di andare dovunque e quando voleva, a patto che fosse presente per il tè delle cinque.
- Chiederò, non temere. – sorrise Andromeda, riempiendo le tazze. – Chiedo sempre quando ho qualche dubbio sulla la tua condotta, Harry e Ginny sono molto disponibili.
- Ma nonna! – sbottò il giovane, dimentico delle direttive su come chiamare Andromeda. – Ho diritto alla mia privacy, ho diciassette anni!
- E un’insufficienza in Erbologia di cui non mi hai parlato; intendi questo, per privacy? – chiese distrattamente la signora Tonks, mescolando la sua scurissima bevanda.
- E come lo sanno loro? – chiese, rosso d’imbarazzo, sentendosi tradito dal suo padrino.
- Sono molto amici del professor Paciock, erano compagni di scuola, lo sai bene. – spiegò Andromeda. – Quello che mi scoccia, Teddy, a parte il fatto che un’insufficienza nell’anno dei M.A.G.O. non è proprio il massimo, è che tu non me l’abbia detto.
- E’ tutta colpa di quelle stupide Mandragole! – sbuffò Ted, zuccherando il suo tè. Stupide, inutili mandragole! Alla faccia dei loro poteri curativi quasi miracolosi erano uno strazio. Ancora bene che non era svenuto per quelle urla, ecco. Non che lui non avesse messo il paraorecchie, ad essere sincero, è che probabilmente non l’aveva messo bene. Le rassicurazioni del professor Paciock sul fatto che in gioventù era successo anche a lui non l’avevano tirato granchè su di morale, considerando che anche il mite professore era leggermente imbranato.
- Sì, mi hanno riferito dell’incidente. – sogghignò Andromeda con fare quasi diabolico.
- Sapevo che ne avresti riso…
- Ed è per questo che non mi hai detto nulla? – chiese la strega, sorpresa. Il virare verso un mirabolante rosso dei capelli turchesi di Ted bastarono a dare conferma al suo dubbio. – Sei proprio uno sciocchino. – Riprese, allora, prima di svuotare la sua tazza.
- Perché? – chiese il ragazzo, disturbato dal repentino cambiamento d’umore della nonna, che ora lo guardava quasi con tenerezza.
- Perché non c’è motivo di fare il timido per una cosa come quella. Che dovrebbero dire tutti quegli studenti, me inclusa, che hanno fuso il loro calderone almeno una volta nella vita? E poi Teddy sono sempre qui in attesa di godere della compagnia del mio unico nipote. – insistette ancora sul senso di colpa. – Devi darmi i miei svaghi.
- Mi spiace di aver fatto così tardi, mi sono distratto e il tempo è volato. – si giustificò, mentre le sue dita, a contatto con la porcellana bollente della tazza riprendevano vita, finalmente. - Placcato dai piccoli Potter? – rise la strega.
Ted ci pensò un po’ su, prima di rispondere. Mentire a sua nonna si era rivelata un’impresa controproducente e inutile, dato che riusciva comunque a scoprire tutto di lui. Morgana, tutto poteva essere troppo. Un’insufficienza a scuola poteva passare, ma sperava che Ginny si sarebbe trattenuta dal parlare di quello che stava avvenendo tra lui e Victoire Weasley. Per quanto fosse ridicolo e imbarazzante rivolgersi ad un adulto per questioni così… intime, era stato un balsamo al cuore, parlarne con lei. Gli aveva assicurato che Bill Weasley non l’avrebbe ucciso, ed era già qualcosa. Non che avesse avuto scelta, francamente. Ginny Potter li aveva facilmente colti in flagrante non più di qualche giorno prima. Victoire aveva detto ai genitori che sarebbe andata a fare quattro passi nei dintorni di casa, e be’… lui era i “dintorni di casa”. Sfortunatamente il posto dove avevano scelto di passeggiare romanticamente era anche il luogo dove la signora Potter si era Materializzata per andare a trovare il fratello e la cognata. Aveva dovuto mantenere un contegno per fare bella figura con la sua ragazza, ma quel pomeriggio aveva approfittato della solitudine di Ginny mentre lavava i piatti per andare ad implorare pietà e chiedere di non farne parola con Bill. Non che lo spaventasse, lo conosceva e gli piaceva, come persona; ma aveva saputo che non aveva trattato troppo bene i primi “amici” di Vic. Con Harry non aveva osato parlarne di persona, perché più ci ripensava, più l’episodio era ridicolo in sé: meno sapevano meglio sarebbe stato. Dunque Andromeda stessa ne sarebbe rimasta all’oscuro.
- Anche, Lily ha insistito a regalarmi questo. Dice che secondo lei la Befana si è sbagliata nel portarlo a loro. – disse, più per prendere tempo che altro, sfilando dalla tasca un mucchietto di stoffa che, una volta aperto, si rivelò essere un enorme, tremendo cappello a forma di zucca. – Harry ha riso tutto il tempo dicendo che era proprio il genere di cose che avrebbe fatto Luna Scamandro, quella loro amica naturalista che ha dato il secondo nome a Lily, e James ha insistito per farmi una foto a tradimento mentre lo provavo.
- Direi che mi merito anche io di vedere come ti sta, no? – disse dolcemente la strega, facendo sparire tazze e piattini dal tavolo. Sorridendo, Teddy ubbidì, ornandosi la testa di quella mostruosità arancione.
- Molto elegante, in effetti. – convenne Andromeda, - Mi ricorda di quando eri un buffo bambino che mi gattonava per il salotto, non chiedermi perché. – disse poi, baciandolo sulla guancia. Il giovane mago tentò di sottrarsi a quell’attacco affettuoso, ma sua nonna aveva una presa d’acciaio.
La tenerezza del momento fu disturbata da un piccolo gufo che cominciò a bussare alla finestra della cucina con insistenza. Ted ne approfittò per scappare via, quasi correndo verso il povero animaletto intirizzito, che fu grato di ritrovarsi in un ambiente non sottozero.
- E’ per me, vado a rispondere. – fece poi il ragazzo tutto eccitato, uscendo dalla stanza e infilandosi su per le scale. Andromeda inarcò un sopracciglio, insospettita, e seguì con calma il nipote, per un tratto. Che tipo di lettera poteva spingere quella testa turchese ad affrettarsi tanto? Ma c’era qualcosa di più grave da risolvere, prima che il nipote si chiudesse a doppia mandata nella sua stanza, come quando tramava qualcosa.
- E vedi di cominciare fare quel baule, Teddy! Sono entrata in camera tua e sembrava la strage degli Innocenti. Ti avverto, non ti darò una mano a mezzanotte perché ti sei dimenticato di farla, ti mando a scuola senza bagaglio! Hai tre giorni di tempo, sfruttali!
- Ti avevo detto di non entrarci, nonna! – sbottò Ted, riaprendo precipitosamente la porta e affacciandosi sul ballatoio.
- Andromeda, per te! – strillò la strega.
- Te l’avevo detto comunque!
- E correre il rischio di trovare nuove forme di vita per casa? No, grazie! – tuonò la donna, a gran voce. Merlino, Teddy aveva ripreso il possesso della sua stanza solo per le vacanze di Natale e l’aveva resa pari ad un porcile con tutto quel disordine.
Un attimo dopo il giovane Lupin si era trincerato in camera sua, pronto a leggere con trasporto la lettera della sua Vic. La rilesse quattro volte con aria estasiata, ancora appoggiato alla porta, prima di pensare a cosa risponderle. Risposta che lo impegnò per le successive due ore, durante le quali consumò una decina di pergamene, rovesciò una boccetta di inchiostro blu oltremare che lasciò meravigliose macchie decorative sui pantaloni e si maledisse più o meno una cinquantina di volte. Dopodiché si considerò pronto per scendere per cena e rispedire la misteriosa missiva.
Ringraziò che sua nonna fosse molto meno distratta e dispersiva di lui: Andromeda si era premurata di rifocillare e scaldare il piccolo gufo a dovere, cosicché non fece troppe storie quando dovette legargli alla zampa la sua lettera e rispedirlo al freddo.
Nei tre giorni che seguirono Andromeda continuò ad osservare il curioso e intenso scambio di lettere, e i sognanti sguardi di Ted rivolti alla finestra, almeno dieci volte al giorno.
- Non vedi l’ora di tornare a scuola, Teddy? – gli chiese una sera, mentre lo osservava guardare fuori, trasognato.
- Già. – fu la mugugnata risposta. Andromeda sorrise, non si era offeso per il nomigliolo, significava che aveva la testa altrove.
- Non vedi l’ora di buttarti sui libri e di dannarti l’anima per i tuoi esami, vero? – domandò, trattenendosi dal ridere.
- Già.
Oh, Ted Lupin non era di questo mondo, di certo.
- Mi stai ascoltando? – chiese ancora, senza ottenere risposta. - Guarda che mi accorgo se non mi dai retta. Mi hai appena detto che non vedi l’ora di tornare a scuola per sputare sangue sui tuoi libri. – sillabò pazientemente la strega, fissando il nipote nelle palle degli occhi.
- Niente affatto! – sbottò l’interessato, inorridendo. Davvero sua nonna aveva fatto questo?
- Sì tesoro mio, ogni singola sillaba. È grave che tu abbia questi vuoti di memoria. – lo prese in giro, ridacchiando.
- Perché di solito sono sintomo dell’età… - tentò Ted in un disperato tentativo di autodifesa. Distrarla funzionava, in genere.
- Non prenderti gioco di me, sbarbatello. – disse lei colpendolo in testa col giornale. – Ho avuto a che fare con tua madre per più di vent’anni, tu sei una sfida insignificante, a confronto.
Già, era in quel modo che Ted aveva sempre immaginato sua madre come una tenera ragazza, ma anche un’adolescente scapestrata della peggior specie.
- Mi hai fatto male.
- Per un giornale in testa? Allora ti sta davvero andando in pappa il cervello, nipote. – replicò lei, algida, non prima di aver massaggiato la testa della sua creatura.
Decisa a non darsi per vinta Andromeda continuò a stuzzicare Ted senza tregua, ma questi più per il rimbambimento dovuto all’amore che per effettiva scaltrezza, non diede risposte soddisfacenti.
- Il tuo baule come sta? – chiese la strega ironicamente, la sera dopo,mentre serviva la cena.
- Lo farò, promesso. Tanto non devo partire domani, ho anche altro da fare…
- Ripassare Erbologia, immagino. – buttò lì Andromeda.
- Esatto! – rispose frettolosamente Ted, intuendo che nonna era pronta a indagare a fondo. Di nuovo.
- Quindi non c’entra nulla il continuo e fastidioso via vai di gufi di questi giorni?
- Mi mancherà il tuo arrosto, a Hogwarts. – rispose il ragazzo con la bocca piena. Non che fosse una menzogna, dopotutto. Per quanto buona la cucina della scuola casa era sempre casa.
- Il tuo disordine invece no, Teddy. – rispose la donna – E magari deglutisci, prima di aprire bocca.
Seguì un breve silenzio. Andromeda non era disposta a cedere. – E allora, queste lettere?
- Cose di scuola, amici… sai… cose così.
- Certo, certo. – annuì la strega, - E’ che di solito non corri di sopra con aria stralunata.
- E’ che, insomma, la privacy, nonn... Andromeda! – sbottò nuovamente il ragazzo, facendo tutto il ritroso.
Nonna Andromeda decise che l’aveva pungolato abbastanza, per il momento. Il giorno dopo gli diede l’illusione che l’inquisizione fosse finita, e Ted continuò la sua corrispondenza indisturbato. Andromeda contò dodici lettere, prima che quel lavativo del nipote, dopo le sue insistenze, cominciasse a preparare i bagagli.
Come previsione, Ted Lupin finì di preparare le cose per la scuola proprio verso la mezzanotte, infilando a caso oggetti vari nel baule con una disorganizzazione che avrebbe fatto inorridire suo padre, se fosse stato presente all’avvenimento. Andromeda rimase immobile accanto alla porta chiusa della stanza di Ted, soffocando ogni sua risata, quando lo sentiva maledire tutto quello che non voleva collaborare all’opera di riordino e pulizia.
Miracolosamente tutto fu pronto in orario il giorno seguente, quindi nonna Andromeda non potè nemmeno punzecchiarlo più di tanto, mentre l’accompagnava a King’s Cross.
- Non è necessario che tu mi accompagni fino alla banchina, davvero. – mormorò Ted imbarazzato, mentre passeggiavano dentro all’affollata stazione, piena di gente che ritornava dalle vacanze e dalle visite ai parenti. Conosceva sua nonna, la conosceva bene: avrebbe simulato un addio strappalacrime e se lo sarebbe spupazzata come un orsetto di peluche, chiamandolo Teddy, appunto. Non poteva farsi vedere in quello stato da Victoire, no?
- E tu lasceresti una povera, anziana signora dall’altra parte della banchina mentre tu te ne vai via per mesi? Niente affatto. – ribattè la strega, convinta, mentre attraversava la barriera del binario 9 e ¾ sotto lo sguardo affranto di Ted, che la seguì poco dopo. Aveva come la sensazione che guardandosi bene intorno avrebbe potuto trovare una spiegazione per il curioso comportamento di Ted. Quella mattina si era preparato velocemente, quando di solito era lento come una ragazza, e non aveva preso su niente all’ultimo momento, altro classico pre-partenza: sommato al ritardo e alla misteriosa missiva erano ben più che vaghe coincidenza.
- Bene. – esordì Andromeda, soddisfatta. – Non temere, ti lascerò libero subito…
E chi ci crede, pensò Ted fra sé e sé, affranto, cominciando a guardarsi attorno alla ricerca di una testa biondo-rossiccia di sua conoscenza.
- Cerchi qualcuno? – chiese, mentre lo osservava affannarsi in giro come un cucciolo in cerca della mamma.
- Io? No, niente, solo i miei amici… - tentennò Ted, con aria vaga, mentre guardava in giro. Vide in lontananza un nugolo di teste rosse, tra cui il terrificante Bill Weasley, ma di Vic nessuna traccia. Forse era sul treno…
- Andromeda, io andrei… - cominciò a dire Ted, ben attento a non sbagliarsi. Se l’avesse chiamata nonna in pubblico non avrebbe visto sorgere il sole di nuovo, lo sapeva bene.
- Così presto? Non devi dirmi niente, ancora? – pungolò la strega, con un sorrisetto.
- Non mi pare. – mentì Ted, e al diavolo l’idea di essere sinceri per quanto possibile.
- Allora ciao piccolo, tenero nipotino mio. – chiocciò la strega prima di stritolarlo con un abbraccio letale che fece girare parecchi presenti e fece venire a Teddy voglia di morire. – Così impari a startene a zonzo durante le vacanze, e ora vai, così posso scoprire in pace il tuo piccolo segreto. – bisbigliò, prima di dargli un sonoro bacio sulla guancia, con tanto di schiocco. Barcollante e in stato confusionale, il giovane Lupin sparì sul treno con l’aria di un fuggiasco, anche se non resistette poi alla tentazione di affacciarsi al finestrino per salutare di nuovo nonna Andromeda. Era tranquillo in fondo: Ginny gli aveva giurato che non avrebbe parlato di Vic e della figuraccia, e si fidava di lei.
- Fai il bravo, sai che verrò a sapere tutto di te! – lo salutò un’ultima volta la strega, con fare per niente incoraggiante.
Be’, tutto proprio no. Si ripetè Lupin, mentre richiudeva il finestrino.
- Ciao Ted!

Il ragazzo si voltò, e la sua faccia divenne l’espressione della gioia: Victoire Weasley era di fronte a lui.
- Non ti ho vista sulla banchina, ero dell’idea di venire a cercarti…
- Ti ho preceduto io. – sorrise la ragazza. – Sarebbe stato difficile non sentire tua nonna mentre ti salutava.
- Oh, be’… sì… è molto… - Grazie nonna, ora ho fatto pure la figura del rammollito! – Calorosa, ecco.
- Mi sei mancato tanto. – disse lei a bruciapelo, mentre lo abbracciava.
- Anche tu Vic. – rispose Ted, baciandola giusto per dimostrare a lei e a se stesso che non era un batuffoloso orsacchiotto di peluche, nonostante la performance di Andromeda. – Lo scompartimento è al completo! – annunciò poi ad un paio di ragazzi che passavano di lì; dopodiché chiuse la porta e si apprestò a passare un lungo viaggio in dolce compagnia.

In una situazione normale, a quel punto, Andromeda se ne sarebbe andata verso casa, come aveva sempre fatto. Invece attese che il treno partisse e che il parentame del binario 9 e ¾ cominciasse ad andarsene.
Puntò con lo sguardo la famiglia Potter, che aveva appena lasciato il suo primogenito a bordo dell’Espresso per Hogwarts, e la raggiunse agilmente.
- Ciao Andromeda, non ho visto né te né Teddy; strano, di solito passa a salutarci. – disse Harry, felice di vederla.
- Si è dimenticato di noi? – chiese Lily, già preoccupata.
- No, niente affatto Lily, è solo un po’ distratto in questo periodo.
- Oh a proposito, mi dispiace per l’altro giorno, ti abbiamo monopolizzato il nipote, ho visto dopo che si era fatto davvero tardi. – si scusò Ginny.
- Non ti preoccupare, mi sono spiegata con lui e la cosa è finita lì. E poi è arrivato appena in tempo per il tè, quindi poco male. – proseguì la donna. – Mi ha detto che si era perso in chiacchiere. – aggiunse, fissando intensamente la signora Potter, che annuì lievemente impensierita.
- Mi piacerebbe che tu venissi a trovarmi, uno di questi giorni. È un po’ che non sento tua madre e temo di non essere aggiornata con le novità. – buttò lì poi, senza alcuna malizia.
- Be’, domani penso di essere libera, se per te non è un problema.
- Nonostante tutti gli sforzi di Teddy per creare il caos casa mia sarà in perfetto ordine, per allora. – assicurò Andromeda, mentre, tra le risate, si accompagnava con gli altri verso la barriera magica.

Dopo il piacevole viaggio, Ted riassaporò la gioia di ritrovarsi nella sua accogliente Sala Comune, nel suo comodo letto, e tra le famigliari aule. Si mise subito d’impegno con lo studio, deciso a non ricevere rimproveri e rimbrotti da sua nonna, che in fondo aveva ragione, coi M.A.G.O. non si scherzava. Certo, il tardo pomeriggio, come molte sessioni di studio erano vissute in compagnia di Victoire, ma non era una distrazione così totale come poteva sembrare. La sua routine, insomma, ripartì tranquilla. Ricevette una lettera da sua nonna circa una settimana dopo, e non si preoccupò poi tanto del fatto che fosse più breve del solito: dopotutto anche lei aveva una vita e degli impegni. Rimandò la lettura della missiva di ora in ora, riducendosi, con un lievissimo senso di colpa, ad aprirla solo a tarda sera, quando era già sotto le sue calde e confortevoli coperte. Forse, fu un bene.

Caro Teddy,
spero che il tuo rientro sia andato come previsto e che il mio arrosto non ti manchi poi così tanto; l’entusiasmo dell’ultima volta mi ha assai sorpreso. Non ho avuto tue notizie, come da copione, ma sappiamo entrambi che non attendi poi così spesso ai tuoi doveri di nipote. Volevo informarti che non mi sono accorta delle tue manie di persecuzione e della tua eccessiva richiesta di privacy, in questi giorni, perciò non stare in ansia, piccolo mio. Qualche giorno fa è venuta a trovarmi Ginny, per darmi qualche notizia sul clan Weasley, dato che fino a ieri non ho avuto possibilità di sentirmi con Molly e mi ha dato un paio di dritte che hanno confermato certi miei sospetti latenti.
La signora Potter è rimasta fedele alla promessa che ti ha fatto e che ho rispettato, perciò non mi ha rivelato l’identità della bella donzella con cui ti ha sorpreso non più di qualche settimana fa. Per fortuna di entrambi hai fatto sparire le prove della tua corrispondenza, così io non avrò spiacevoli sorprese durante le pulizie e tu vivrai sereno.
Sappi comunque che non vedo l’ora di conoscere la fortunata signorina per la quale mi è stato riferito sembri molto, molto preso. Non potrai sfuggirmi, piccolo mio, ti attendo per ammirare il diploma che di certo otterrai con ottimi voti e per avere l’onore di una presentazione ufficiale. Per intanto cerca di divertirti.
Con grandissimo affetto
Andromeda.

Ted rimase con la bocca spalancata per un buon quarto d’ora, sconvolto. Nonna Andromeda sapeva, e a fine giugno sarebbe stato costretto a presentargli Victoire, come se non la conoscesse già, fra l’altro. Conoscendola l’avrebbe punzecchiato fino all’inverosimile, come solo una Serpeverde vecchio stampo avrebbe saputo fare: quel “cerca di divertirti” sembrava una condanna a morte. Certo, doveva divertirsi ora, perché a casa se la sarebbe spassata lei, lui no di certo! Era un mago finito.
- Che hai, Ted? È tutto il giorno che mi sembri strano. – gli sussurrò dolcemente Victoire il pomeriggio dopo, mentre gli accarezzava la testa.
- Niente, figurati.
- Sicuro? Con me ne puoi parlare… - disse, mentre gli appoggiava la testa sulla spalla. E come resistere ad una richiesta sussurrata così soavemente? La cosa dopotutto la riguardava, era giusto parlarne.
- Niente, mia nonna ha scoperto che ho una ragazza con i suoi sordidi mezzucci e interrogatori.
– disse, sconvolgendo Victoire per il modo in cui parlava di Andromeda.
- Ed è così terribile?
- Be’, vuole che gliela presenti, visto che non sa che sei tu e che ti conosce già. Quando lo saprà credo che mi punzecchierà fino alla fine dei tempi. Si diverte un sacco, lei. – sospirò lui, prendendole la mano.
- La cosa ti preoccupa più o meno di mio padre?
- Grazie, questo si che mi fa sentire meglio. È bello sapere quando si dovrà morire… - si lamentò lui.
- Oh, – ridacchiò lei – non essere esagerato. Papà non morde, non uccide…
- Questo me l’ha giurato anche Ginny.
- Ottimo, allora. – disse Vic, incoraggiante. – Sai, sono la sua primogenita, si preoccupa, è anche normale, e poi quello che lui racconta in giro è volutamente esagerato. I suoi aneddoti sono un po’ gonfiati, ecco.
- Cioè?
- Certe voci servono a scoraggiare gli smidollati. – spiegò Victoire, baciandogli la guancia.
- Non credo che la cosa mi faccia sentire meglio. – balbettò Ted, pur assaporando il piacere di quelle attenzioni.
- Questo funziona di più? – chiese la giovane strega, prima di baciarlo sulle labbra. Lupin se la strinse forte al petto; sì, andava decisamente meglio.
Probabilmente con la fine della scuola si sarebbe ritrovato nel bel mezzo del fuoco incrociato di Andromeda e di Bill Weasley, il che non faceva ben sperare per la sua incolumità. Eppure, nonostante questo pensiero, ora era il ragazzo più felice del mondo.
- Quanto esagerate? – chiese poi, colto dal dubbio.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: lady hawke