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Autore: Fantasy25    04/07/2015    2 recensioni
[Pernico AU]
Sette ragazzi difficili, uno psicologo ed un gruppo di sostegno decisamente fuori dal comune.
Un piromane estroverso, una ragazza in sedia a rotelle, un autolesionista con istinti suicidi, un ragazzo violento, una che crede di essere morta, un ragazzo iperattivo pieno di sensi di colpa ed infine un asociale claustrofobico.
Ed è proprio lui il nostro protagonista: Nico di Angelo, un problematico diciannovenne che si guadagna da vivere lavorando come commesso in un negozio di dischi.
Ma come può un ragazzo vivere una vita normale se è circondato da un tale gruppo di psicopatici? Non può, semplicemente. Anche perché, detto fra noi, un po’ pazzo lo è anche lui.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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"Percy, non serve che vieni sempre a prendermi..." dico imbarazzato al ragazzo che mi aspetta sulla soglia del negozio.
"Non ti preoccupare, per me è un piacere." risponde sorridendo "E poi stacchiamo più o meno alla stessa ora il lunedì e il mercoledì, quindi non c'è problema."
"Ma ieri hai aspettato più di un'ora qui fuori..." 
"Se ho potuto incontrarti ne è valsa la pena, no?"
Ma si rende mai conto di quanto le sue frasi possano essere fraintendibili? Dicendo così sembra interessato a me... Non capisce che in questo modo non fa altro che accrescere inutilmente le mie speranze? 
Come fa a non sentire il mio cuore che batte? Sembra che stia per uscire fuori dal petto per quanto va veloce!
"Allora, pronto per il colloquio?" continua lui, ignaro dei miei ragionamenti "Il capo ci aspetta tra quaranta minuti al ristorante."
Annuisco e ci incamminiamo, fino a quando Percy non si ferma. 
"Sali" dice tirando fuori un mazzo di chiavi.
"Eh? Ma non andavamo a piedi?" chiedo confuso.
"Certo che no! Il ristorante è dall'altra parte della città!"
"E io che non ho l'auto come ci arrivo? Non ho abbastanza soldi neanche per l'abbonamento ai mezzi pubblici..."
"Oh, non c'è problema! Ci facciamo dare gli stessi turni e ti ci porto io, tanto sei di strada!" mi sorride mentre apre la portiera di un'auto non troppo nuova, ma comunque in buone condizioni.
Salgo sospirando. Questo ragazzo non capisce proprio quando è il momento di fermarsi e smettere di aiutare chiunque...
 
"Ha i capelli troppo lunghi. Ha un bel visino, lo ammetto, ma forse è un po' troppo basso. Perseus, sai che qui abbiamo uno standard che non può calare, vero?"
"Certo, signora Snow. Ma Nico sarebbe un ottimo acquisto per il ristorante, ne sono convinto."
"Ti ho detto di chiamarmi semplicemente Chione quando non stiamo lavorando, capito? E non me ne frega nulla se Sally si incazza, io ti sbatto fuori a calci in culo se mi richiami "signora". Ho trentacinque anni e sono divorziata, non mi far sembrare più vecchia di quanto io sia."
La donna torna a squadrarmi da capo a piedi, poi continua la sua lista dei miei difetti, che dura da circa cinque minuti. Non sono ancora riuscito a pronunciare una parola da quando sono entrato.
"Sembra tu non sappia sorridere. Devi farlo. Qui i clienti pretendono il massimo, quindi un cameriere deve essere servizievole e deve dare sempre ragione al cliente, anche se è lui ad avere torto." 
"Certo signorina." rispondo prontamente "Ho già lavorato in un ristorante, anche se non era certo a questi livelli... D'altronde questo è uno dei più rinomati locali di tutta la città. Stimo molto la sua professionalità nel dirigere questo posto."
Lei mi guarda per qualche altro secondo, poi riprende a parlare.
"Sai portare tre piatti contemporaneamente?"
Annuisco. Nella tavola calda in cui ho lavorato in nero nell'estate dei miei sedici anni ho imparato diverse cose che ora potrebbero risultarmi utili.
"Sei assunto. Mi piaci ragazzino. Come hai detto che ti chiamavi?"
"Nico di Angelo." a dire il vero non l'avevo proprio detto, alle presentazioni aveva pensato Percy.
Lei mi sorride fredda porgendomi la mano, e io rispondo col mio sorriso distaccato di circostanza.
"Benvenuto al Golden Owl."
 
"Ragazzi, mancate solo voi due... Uno di voi due vuole parlare oppure devo tirare fuori la bottiglia da far girare per scegliere il fortunato?" dice Leo agli ultimi rimasti, Hazel e Percy.
"Se non te la senti posso iniziare io Hazel..." inizia il moro, ma viene subito interrotto dalla ragazza.
"No Percy. Voglio parlare io oggi."
Vedo tutti fare un'espressione addolorata, quasi colpevole.
Lei abbassa gli occhi sulle sue mani, prende un respiro profondo e inizia a raccontare.
 
"Avevo compiuto da poco diciassette anni quando è successo. Prima... Era tutto normale. Io ero normale. Prima, quando ero ancora viva.
Ero andata in vacanza in montagna con i miei. Sapevo sciare da dio a quanto dicono. Forse è per questo che ho fatto quel fuoripista. Certo non avevo calcolato che mi sarei schiantata.
A quanto dicono i medici ho avuto un trauma cranico. Sono rimasta in un letto d'ospedale per circa due mesi.
Quando mi sono svegliata i miei hanno gridato al miracolo ma non è stato così... Io sono rimasta lì, lo so. 
Sono morta... Io sono morta..."
Le lacrime hanno iniziato a solcare le sue guance e sta stringendo talmente forte i pugni da conficcarsi le unghie nei palmi.
"Io sono morta quel giorno!" è l'ultimo urlo che lancia prima di correre via, chiudendosi dentro lo stanzino delle scope. 
Nella sala regna il silenzio, e si sentono distintamente i singhiozzi della ragazza dall'altra parte della porta.
Tutti quanti evitano lo sguardo altrui, e ognuno si limita a fissare il pavimento o a sospirare rumorosamente con le mani tra i capelli.
"Si può sapere che cazzo di problemi avete?" grido ai ragazzi, immobili come statue di sale.
"È sempre così Nico..." a parlare è Leo, che ha in volto uno sguardo distrutto che non gli ho mai visto prima "Noi le vogliamo bene, ma non riusciamo ad aiutarla..."
"Potete uscire tutti, per favore? Vorrei parlarle in privato."
Il gruppo si alza silenziosamente e l'ultima cosa che vedo prima di girarmi verso lo stanzino è lo sguardo di Percy. Triste ma... speranzoso? Non saprei come descriverlo sinceramente.
Mi avvicino alla porta della piccola stanza e busso piano.
"Andate via! Andate via! Andate via!" è l'unica frase che continua a ripetere la ragazza.
"Hazel, sono Nico... Posso entrare?"
"Sei solo tu? Non c'è nessun altro?" risponde la voce ovattata.
"Solo io, giuro." dico piano, cercando di essere il più rassicurante possibile.
La porta si apre lentamente, lasciandomi intravedere nel buio la figura della ragazza rannicchiata per terra.
La stanza è piccola. Troppo piccola. Mi manca l'aria solo a guardarla, ma mi faccio coraggio. È per Hazel, lo faccio per lei.
Entro a piccoli passi e chiudo la porta dietro di me. Sono circondato dal buio, sento le pareti stringersi intorno a me, come quel giorno di tanti anni fa.
Solo che questa volta non c'è Bianca a farmi coraggio. Anzi, sono io a dover aiutare la ragazza al mio fianco.
Respiro a piani polmoni e mi siedo davanti a lei.
"Hazel..." le sussurro "Dammi la tua mano."
Lei timidamente allunga la piccola mano delicata e la poggia sulla mia, che sembra così grande al confronto.
Prendo il suo palmo e oa avvicino al mio petto, posandolo sopra dolcemente, ma con fermezza. 
"Cosa senti?" chiedo alla ragazza.
"Il tuo cuore che batte?" risponde lei dubbiosa, e io annuisco nel buio.
Non sono sicuro che possa vedermi, ma lo faccio lo stesso, come a dare sicurezza anche a me stesso. Sarò io a vincere. Non verrò inghiottito dalla paura, non di nuovo.
Poi porto la sua mano sul suo petto e faccio nuovamente la stessa domanda.
"Questo è... Il mio cuore?" 
"Proprio così. Il tuo cuore batte proprio come il mio."
"Ma allora... Perché non sento niente? Nico, perché non provo niente?"
"Questo non lo so, ma posso assicurarti che un giorno tornerà tutto come prima. Te lo prometto." sussurro, e lei emette un altro singhiozzo tirando su col naso.
"Me lo giuri?" chiede ancora, con la voce tremula.
"Te lo giuro, Hazel." 
Stringo forte le sue mani tra le mie, cercando di imprimergli tutta la sicurezza che ostento. 
Eppure l'oscurità che ci circonda continua a spaventarmi, chiudendomi il petto in una morsa gelata. Questo posto è stretto, troppo stretto.
"Posso abbracciarti?" pigola lei dopo qualche secondo, e io la avvicino al mio petto senza farmi problemi.
La stringo forte, passando una mano in mezzo ai suoi riccioli scuri e lasciando che le sue braccia circondino il mio bacino. Nasconde timidamente la fronte nell'incavo del mio collo, e sento che ha smesso di piangere.
È strano come in questi ultimi tempi riesca a essere più sciolto col contatto fisico. Un tempo anche solo sfiorare per strada un passante mi dava un fastidio immenso, mentre ora abbraccio senza troppi problemi delle persone che conosco relativamente da poco.
"Che dici, scendiamo? Gli altri saranno preoccupati..." 
Lei si stacca da me e sussurra piano un assenso. 
Apro velocemente la porta, ma aspetto che lei si alzi prima di uscire. 
D'altronde lei mi sta stringendo ancora la mano.
 
I ragazzi ci aspettano fuori dal locale, nel fresco della serata estiva. 
Percy è il primo a notarci e quando mi vede tenere la mano alla ragazza si apre in uno splendido sorriso.
Colpo al cuore.
Faccio in tempo a ringraziare la ragazza dietro al bancone, che mi pare si chiamasse Rachel, per la disponibilità della sala superiore, che tutti quanti, chi prima e chi dopo, si voltano a guardarci.
È così imbarazzante essere al centro dell'attenzione che quasi vorrei sprofondare.
Eppure, quando la porta si apre e io e Hazel usciamo per strada, sento di stare bene.
Annabeth mi sorride, poi da un pugno a Percy e gli dice qualcosa sul fatto che ha scelto bene il numero sette del gruppo.
Leo mi passa un braccio dietro al collo e inizia a ridere, mentre Jason posa bonariamente una mano sulla mia testa e su quella di Hazel, e Luke si limita a mostrarmi il pollice alzato con un'espressione soddisfatta.
 
La madre di Hazel è venuta a prenderla poco dopo, e vedendo le nostre mani unite mi ha sorriso e ringraziato, chiamandomi per nome, anche se non mi ero presentato.
Il gruppo si è sciolto dopo qualche minuto, ognuno andando per la propria strada.
E io continua a ripensare a quello che mi ha detto Percy poco prima che ci separassimo.
"Ti andrebbe di uscire, questo sabato?"
Chiunque ci sia lassù deve aver capito come funziona il karma.
Perché sì, anche se sembra completamente folle, questo sabato avrò un appuntamento con Percy Jackson.
 
 
 
 
Cioè, wow. 
Ce l'ho fatta. 
Ho scritto un intero capitolo sul tablet senza smadonnare né cancellare tutto in preda a un raptus omicida.
Well, che dire? Hazel per me era una delle più difficili da scrivere.
E no, questo suo "credere di essere morta" non è una mia invenzione... 
Hazel è affetta dalla sindrome di Cotard, una malattia rarissima di cui attualmente circa cento persone al mondo sono affette, provocata solitamente da traumi cranici o shock molto potenti.
Chi ne soffre pensa di essere una specie di "morto che cammina", e solitamente crede di aver perso il proprio sangue, i propri organi o anche i propri stimoli e sentimenti.
Spero di essere stata il più chiara possibile, e spero che vogliate lasciarmi un vostro commentino... bhè, a presto!
-Fantasy25-
   
 
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