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Autore: Lost on Mars    06/07/2015    3 recensioni
SEQUEL DI "INDACO" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2746316&i=1), è consigliabile la lettura.
C’è stato un momento in cui Amelia e Ashton sono rimasti intrappolati in una vecchia istantanea in bianco e in nero: nessun colore a determinare la loro gioia, felicità, paura o tristezza. Nedlands sembra aver congelato la loro esistenza, li ha tagliati fuori dal mondo e non c’è stato niente se non pace e tranquillità. Dall’altra parte dello Stato, però, Luke è a piede libero e va cercando la propria vendetta. Responsabilità e pericoli di duplicano e il mondo li poterà a schierarsi: bianco da una parte e nero dall’altra, in perenne lotta tra di loro. Chi vincerà?
Dalla storia:
«Non ho altra scelta. La mia vita e quella di mio figlio contro la felicità della mia famiglia, so benissimo che li farò soffrire, ma se fossi io a morire sarebbe peggio, non credi?»
«Se non fermiamo Luke passeremo la vita a fuggire da lui. Anche se riuscissimo a cavarcela per i prossimi mesi, spostarsi con un bambino sarebbe impossibile.»
«Fermarlo? Ci abbiamo provato e lui è fuggito dal carcere. Non possiamo fermarlo, è inarrestabile.»
«Ma non è immortale.»
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14 – INNOCENTE

 

 
Amelia sapeva con certezza che, a lungo andare, tutto si sarebbe risolto, ma mentre camminava, nel buio della notte con la testa piena di dubbi e gli occhi che non vedevano davvero, non fu più tanto sicura di quello che sarebbe successo in un futuro prossimo.
I suoi passi erano silenziosissimi sull’asfalto duro e grigio dei marciapiedi, ogni edificio era uguale e tutte le vie che prendeva per andare a casa erano vuote. Uscire era stata una pazzia, lo sapeva bene, ma non avrebbe mai potuto perdonare se stessa se non avesse almeno provato a cercare Ashton. Non l’aveva trovato, e forse questo aveva fatto male, ma sapeva di aver posto rimedio al suo sbaglio, almeno in parte.
Inutile nascondere che non sapeva più cosa aspettarsi della vita, inutile nascondere che avesse paura. Nelle ultime settimane tutto era cambiato così repentinamente, così profondamente. I suoi pensieri la portavano ogni notte in posti sconosciuti, posti che svanivano non appena realizzava che Ashton era lì al suo fianco, allora le bastava ascoltare il ritmo dei suoi respiri per tranquillizzarsi. Sapere che quella notte il letto sarebbe rimasto parzialmente vuoto faceva male da morire.
Camminare sembrava non bastarle mai, più metteva un piede dietro l’altro, più perdeva la voglia ti tornare a casa ed infilarsi sotto le coperte, consapevole che la mattina seguente si sarebbe svegliata solamente tra le braccia della tristezza.
Ma ad un tratto, riconobbe un suono estraneo a quello dei propri passi e a quello del proprio respiro, sospettava di non essere più sola tra le strade del quartiere. Ignorò quel presentimento, che andava ad aggiungersi alla lista di catastrofi successe in sole ventiquattro ore, ma man mano che camminava, il sospetto si faceva reale.
Faceva bene a sospettare. Si fermò all’improvviso ed ogni rumore cessò. L’aria era immobile, non si udì niente.
All’improvviso, il mondo sembrò capovolgersi, ma non lo fece davvero. La visuale di Amelia cambiò, non vedeva più la strada di fronte a sé, non vedeva niente, perché l’impatto contro il muro le aveva fatto chiudere gli occhi dalla paura.
Quando ebbe il coraggio di riaprirli, due iridi azzurre, che nell’oscurità della notte sembravano nere come la morte, la fissavano come avessero voluto spogliarla di ogni dignità. Amelia sentì il bisogno di urlare, come quella notte di un anno prima, quando a farla tremare di paura c’era Michael. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di avere lui, in quel momento, pur di tornare in quel momento, perché realizzò solo qualche secondo dopo che si trovava faccia a faccia nientemeno con l’uomo che nutriva un profondo odio per lei e per tutto loro, i loro visi vicinissimi, il suo respiro era asfissiante. Amelia non sapeva cosa fare, si ritrovò a pensare al peggio e si rese conto dell’indiscutibile e cruda verità: quella notte, in quel momento, Luke Hemmings, con lo sguardo pieno di puri e ciechi odio e ribrezzo, aveva il potere di porre fine al battito del suo cuore.
Quale motivo avrebbe avuto per lasciarla andare? Nessuno. Era tra le sue mani, in balia della sua follia. Lui l’avrebbe uccisa, l’avrebbe uccisa… ma Amelia non poteva permettersi di morire, non poteva permettere a Luke di fare del male a suo figlio.
Ricordava le parole che aveva detto a Calum, ricordava di aver detto di essere più forte di Luke Hemmings, ma improvvisamente, si rese cono che non era vero. Non era forte, nemmeno un po’. Era un ramoscello secco tra le mani di un bambino annoiato, si sarebbe spezzata da un momento all’altro e non c’era modo per impedirlo.
Non voleva morire, non poteva morire! Il bambino aveva bisogno di lei, anche Ashton aveva bisogno di lei, nonostante tutti i litigi del mondo, nonostante le lacrime, il dolore, la paura, nonostante le avversità e il fatto che se ne fosse andato… anche lui aveva bisogno di lei. Si sentì male al solo pensiero di Ashton che piangeva la sua morte, si sentì venir meno quando capì che la sua scomparsa gli avrebbe fatto male, gli avrebbe inflitto delle ferite che lei e soltanto lei sarebbe mai stata capace di curare. Ma lei non ci sarebbe stata.
Amelia non voleva morire e non sarebbe morta, doveva solo trovare un modo per attuare la sua volontà.
«Cosa ci fa una signorina in un posto del genere a quest’ora?» sibilò Luke. Aveva una voce agghiacciante, aveva congelato l’aria e mozzato il respiro di lei per un paio di secondi.
Amelia non rispose. Avrebbe voluto, ma non ci riuscì. Qualcosa le impediva di muovere le labbra, strettamente serrate.
«Ti ho fatto una domanda» disse ancora il ragazzo, indurendo il tono di voce. «Gradirei una risposta.»
Ma la risposta non arrivò, al suo posto, un flebile lamento, una supplica, parole piene di paura: «Voglio andare a casa.»
«Ma certo… potevi essere diretta solo a casa. Una casa che non è nemmeno tua» ribatté Luke.
«Lasciami» disse Amelia. «Per favore.»
«Nelle ultime settimane ho escogitato mille piani per annientarvi tutti quanti, ma ognuno di essi si è rivelato imperfetto. Ho bisogno di un piano senza falle e senza intoppi, da concludere nel giro di una notte. Ma se adesso tu dovessi accidentalmente scomparire dalla scena, nulla mi vieterebbe di tendere una trappola a tutti i tuoi amici e averli in pugno, non credi?» disse il ragazzo, la sua voce adesso era piena di calma, non c’era aggressività o durezza. Il che, se possibile, terrorizzò la povera ragazza ancora di più. «Effettivamente, non ho alcuna scusa per non ucciderti adesso.»
«Non puoi farlo, ti prego. Lasciami andare, ti prometto quello che vuoi» piagnucolò Amelia. Era vicina alla fine, forse, nemmeno le suppliche e i patteggiamenti l’avrebbero salvata.
«Adesso le cose si fanno più ragionevoli, ma so che non potrai mai esaudire il desiderio che sto per esprimere» continuò il ragazzo.
«Quale?» domandò Amelia.
«Voglio la ragazza. Nola. Lo so che la nascondete» rispose Luke. «Non dovrai fare nulla di complicato. Fai amicizia con lei, anzi no, immagino che siate già amiche per la pelle! Invitala a fare due passi con te, portala da me e allora avrai salva la vita.»
«Lei non vuole avere nulla a che fare con te.» Amelia scosse la testa, non poteva consegnargli Nola.
«Vedi? Te l’ho detto che avresti detto di no» disse ancora lui, sorridendo.
«Io…»
Lei. Amelia aveva milioni di cose da dire, ma improvvisamente non ne uscì nemmeno una. Ecco come finiva. Di notte, in una strada buia e senza testimoni, dopo Ashton. Le ultime parole che gli aveva rivolto ancora brutalmente stampate nella mente.
Sai dov’è la porta.
«Ciao, ciao, Amy.»
«No! Non puoi. Io… sono incinta!» gridò la ragazza. Sapeva che non sarebbe servito a fermare Luke, che una notizia del genere non gli avrebbe fatto in alcun modo cambiare idea, ma tanto valeva provare, nelle migliori delle ipotesi, avrebbe vissuto un altro giorno. Attese, ma la morte non sopraggiunse mai e le parole continuavano a scorrere, dettate solamente dal terrore e dall’istinto di sopravvivenza. «Se hai un cuore dietro la tua pistola e i tuoi coltelli, se non è completamente impietrito, se una piccola parte di te ancora vive e ancora possiede dei sentimenti, Luke, non uccidermi. Stai condannando un innocente, se non fosse stato per lui, avrei accettato la mia morte, avrei accettato tutto, non ti avrei pregato. Ma sto solo proteggendo mio figlio… abbi pietà per una volta, almeno per lui, la cui unica colpa è essere figlio mio.»
E fu strano a dirsi, ma si udì il rumore di una lama che urtava il suolo. Un tintinnio che fece tirare ad Amelia un sospiro di sollievo e che non fu sufficiente per risvegliare Luke. Quelle parole l’aveva mandato indietro nel tempo, l’avevano paralizzato. Le aveva già udite una volta, come dimenticarle? Come dimenticare quel sorriso, spento poi dalla delusione che lui stesso aveva causato? No, non poteva lasciarsi andare, non in quel momento.
Amelia non riuscì a contare i minuti in cui nessuno dei due si mosse. Lei, ancora ferma e immobile, contro il muro; lui, poco distante dal corpo della ragazza, con il palmo della mano sinistra premuto sui mattoni gelidi, vicinissimo alla testa di lei, e l’altra mano che penzolava nel vuoto, aperta, che si era appena lasciata sfuggire l’arma con cui i respiri di Amelia avrebbero cessato, scomparendo nell’oblio, soffocati dal sangue.
E con il capo chino su quello di Amelia, Luke pensò. Voleva ucciderla, rientrava nei suoi piani, ma che diritto aveva di uccidere anche un innocente, come lei stessa l’aveva chiamato? Che diritto aveva di privare un figlio della madre, quando il destino stesso aveva privato lui dell’unica donna che gli aveva mai mostrato un po’ d’amore?
Dopo un momento interminabile, alzò finalmente la testa e puntò di nuovo i suoi occhi in quelli della ragazza. La guardò, ma questa volta non c’era disprezzo o rabbia. Le lesse nello sguardo paura, terrore, tristezza, ma soprattutto, speranza. Ecco cos’era quel barlume, quella fiammella che in fondo alla sua anima, cercava di farsi strada. Speranza.
Che sentimento bizzarro, la speranza. Immortale, anche se debole; perennemente in bilico, perennemente vincitrice, perennemente ingannatrice. Bruciava, ma non abbastanza da riscaldare. A volte gelava, ma mai abbastanza da spegnersi del tutto.
«Vattene via, immediatamente» disse. Lo disse lentamente, la sua voce sprezzante non rifletteva i suoi pensieri. «Prima che cambi nuovamente idea.»
Luke chiuse gli occhi, quando li riaprì, persino il suono dei passi di Amelia sembrava lontano anni luce. Appoggiò la testa al muro e strinse i pugni, fino a conficcarsi le unghia nei palmi delle mani.
Maledetta Amelia e maledette le sue parole! Maledetti i ricordi, l’argine si era rotto e il fiume delle sue memorie aveva ricominciato a scorrere, più inesorabile che mai. Era riuscito a bloccarlo, tanto tempo fa. Cominciò a fare dei respiri profondi, quanto tempo era passato da quando quelle parole erano suonate così strane? Due anni e mezzo, forse di più. Ricordava solo che andava ancora a scuola, aveva sedici anni. No, ne aveva diciassette, compiuti da soli tre giorni.
Respirò ancora. Non l’aveva più vista, dopo quel momento. Aveva commesso un’azione imperdonabile. E si odiava!
Si passò le mani tra i capelli, come avrebbe potuto vivere, adesso che la sua mente aveva ricominciato a subire i tormenti del suo passato? Avrebbe voluto gridare, urlare, gettarsi a terra e infine punirsi, ma sapeva che da tempo ormai si precludeva questi sentimenti così vili.
Si limitò a chinarsi per raccogliere il coltello, se lo rinfilò in tasca. Tornò a casa, ma sapeva già che non era quello, il posto di cui aveva veramente bisogno.
Casa era da un’altra parte, ma dove fosse, questo Luke lo ignorava.
E mentre camminava, improvvisamente capì. Capì qual era il posto che lo stava attendendo in quel momento, capì che non poteva più aspettare e non gli importava che fosse tardi, che fosse notte. Le sue azioni erano guidate dal solo bisogno di sentirsi vivo e innocente, anche solo per un attimo, di ritornare ad avere diciassette anni ed essere solamente un ragazzo con già troppi errori sulle spalle.
Ma Luke lo sapeva, di tutti quegli sbagli che lo avevano oppresso all’epoca, lui ne aveva commesso solo uno.
 

 
 

 
Marianne's corner
Ehm... sono passati tipo dieci giorni dall'ultimo aggiornamento. E non ho scusanti. Se non il fatto che per una settimana ho quasi avuto una vita sociale, che tornavo a casa e non avevo la forza di fare niente. Tipo scrivere. O aggiornare. Pensate che una volta ho chiesto a mia sorella di mettermi a caricare PLL perché non volevo accendere il computer... ma che vogliamo farci? Uscire è faticoso ouo.
Comunque, da circa due giorni mi sono fidanzata con il condizionatore, quindi non lo mollo più (e tuttavia, non trovo ancora il tempo di fare nulla) ed eccomi qui a postare :D Spero possiate perdonarmi.
Dicevamo... Lukey trova Amelia a girovagare per strada e... TRAGEDIA: cerca di ucciderla. Lei prova a smuovere il suo cuore di non-pietra dicendogli che è incinta e miracolo della settimana: Lucas si ferma e le dice di filarsela. Ovviamente la nostra eroina non se lo fa ripetere due volte, maaaa cos'è il ricordo che Amy ha scatenato esattamente?
Cos'è successo al nostro Luke quando aveva diciassette anni da segnarlo così profondamente? Lo scoprirete nel prossimo capitolo (che, ve lo giuro, riuscirò a postarlo entro sabato!).
Detto questo, mi odio per non riuscire a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo, ma davvero non so quando farlo çç quindi, lo dicò qui e faccio prima.
Vi ringrazio con tutto il mio cuore, soprattutto McPaola, Hazel_, DarkAngel1 e genesisandapocalypse che recensiscono SEMPRE. Grazie di tutto, seriously! ♥
(C'è anche un dizionario di greco che mi ricorda che ho avuto 7 per un pelo, che l'anno prossimo ho un esame di stato e che la seconda prova sarà quasi sicuramente greco e che devo esercitarmi perché quando inizierà la scuola non avrò tempo per fare versioni! E vado al classico, sì... T____T pregate per me).
Un bacio grande grande,
Marianne


 
   
 
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