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Autore: Light Clary    07/07/2015    1 recensioni
☠ Harry è un ragazzo che sogna di diventare il Re dei Pirati. L'impresa è ardua. Dovrà affrontare i mille pericoli del mare, scontrarsi con corsari assetati di sangue e soprattutto trovare i compagni ideali che lo accompagneranno in quest'avventura.
Louis: E' un celebre spadaccino che sconfigge qualsiasi nemico non con una, non con due, ma con tre spade. 
Viola: Ragazza esperta di navigazione con l'obbiettivo di raccogliere piu' soldi possibili. Nasconde un segreto.
Zayn :Cecchino imbranato e un pò fifone, col desiderio di seguire le orme del padre e diventare un vero pirata.
Niall: Eccellente cuoco che per combattere non ricorre alle mani, ma alla potenza delle sue gambe. Non resiste al fascino di una bella ragazza.
TRA I MILLE PERICOLI DEL MARE E LE CONTINUE SFUGGITE ALLA MARINA MILITARE, CAPIRANNO DI ESSERE DESTINATI A DIVENTARE I PADRONI DEL GRANDE BLU. 
L'OCEANO PIU' VASTO DEL MONDO.
Spero di avervi incuriositi. In tal caso aspetto i vostri commenti ;) ;) ; ) ;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Viola cercò di assumere l’espressione più calma che le riuscì.
Fece un ghigno malizioso e provò a nascondere lo sgomento e la tensione.
-Bene, bene – disse rivolta agli uomini che le stavano davanti – Che persone devote al potere! Non avete il fegato per battervi con dei pirati e quindi vi accanite contro i pesci più piccoli per mantenere la vostra reputazione. Molto nobile da parte vostra! – incrociò entrambe le braccia – Lasciate che vi dica una cosa: In paese mi conoscono come un’Ufficiale della Ciurma di Arlong. Quindi alzate un solo dito su di me e il mio Capitano non ve la farà passare liscia.
Smek ricambiò il sorriso restando tranquillo: - E’ così che vuoi minacciarmi, ragazzina? Non sei abbastanza idonea – si rivolse ai suoi uomini – Trovate i Tesori!
I Marinai iniziarono a sparpagliarsi per l’agrumeto di mandarini.
Viola ne aggredì qualcuno colpendoli con l’elsa del suo fedele pugnale: - FERMI!- urlò.
Coloro che colpì, finirono a terra indolenziti. Tutti si fermarono per andare a soccorrerli.
La ragazza si voltò di nuovo verso il loro Capo. Stavolta con occhi collerici: - E’ così che agisce la marina adesso? – gridò – La Ciurma di Arlong se ne va in giro ad ammazzare la gente e a distruggere villaggi! E voi lo sapete! Ma fate finta di niente e vi preoccupate per una ladruncola da niente! E’ QUESTO IL VOSTRO LAVORO?
Smek continuò a sorridere in modo odioso, noncurante delle parole che gli erano appena state sputate in faccia: - Non è il nostro principio – disse – Continuate a cercare, voi! – i suoi uomini ripresero a setacciare la coltivazione.
-La gente di quest’isola ha aspettato un vostro aiuto da tantissimo tempo! – continuò Viola sempre più furente – Come potete ignorare il loro grido d’aiuto e preoccuparvi solo per me? Luridi Bastardi!
-Scavate nei punti più sospetti di quell’orto di mandarini – la ignorò Smek.
Un uomo si chinò sotto una delle piante e affondò le mani nella terra.
Viola ringhiò e gli impedì di scavare saltandogli addosso e premendogli la lama del pugnale sul collo: - Non osate toccare l’agrumeto di mia madre, maledetti!
Erano troppi. Alcuni avevano già scavato una buca abbastanza profonda. Né atterrò quanti poté, ma questi subito si rimettevano in piedi: - Fermi! Non vi darò mai i miei soldi! – strepitava sempre più in preda alla rabbia e al disgusto.
A quel punto anche Javier, che da quando era giunto sulla cima della collina scortando i marinai, esplose buttando fuori tutto quello che si era tenuto dentro.
Da anni.
-I SOLDI DI QUELLA RAGAZZA SERVONO PER COMPRARE COCONOUT VILLAGE! Questo le autorizza a pensare che voi abbiate il diritto di portarglieli via, Smek??
Smek gli rivolse soltanto una breve occhiata: - Non osare più rivolgerti ad un Capitano della Marina in questo modo, misero cittadino!
Viola si alzò da terra e guardò lo sceriffo stupita: - Javier … - gemette in dei sospiri- ma come fai a sapere … che io …
L’uomo si abbassò di più il cappello con la girandola sul viso:- L’ho sempre saputo, Viola – confessò, finalmente.
La ragazza ebbe un tonfo al cuore.
Ripensò con sofferenza al giorno in cui, otto anni fa, era stato proprio Javier a cacciarla via dal villaggio dopo che aveva scoperto l’alleanza con Arlong. Da quel giorno aveva sempre pensato che la odiasse. Che la ritenesse una persona orribile per aver disonorato in quel modo la memoria di Marian. Invece ora che ascoltava le sue rivelazioni, percepiva un dolore acuto crescerle dentro.
-Da allora non potevo credere a quello che avevi fatto – disse lo sceriffo – così chiesi a Paulina e tutti venimmo a sapere la verità: che ti eri unita a loro solo per salvarci. Ma abbiamo finto di non saperlo. Di disprezzarti. In questo modo se mai avessi voluto fuggire dalle grinfie di Arlong, non sarebbero state le nostre speranze a convincerti a restare.
-Non può essere … - proferì la ragazza con voce spenta. Non seppe se correre tra le braccia di Javier o mettersi a piangere o continuare a bloccare i marinai mostrandosi pericolosa. Quindi non c’era più bisogno di fingere. Ognuno sapeva ogni cosa.
-Ma guarda, guarda – sorrise invece Smek – State forse dicendo che in questo furto è coinvolto tutto il villaggio e quindi deve essere arrestato? Non c’è problema.
-Stanno dicendo – irruppe una voce acuta – che stiamo lottando per le nostre stesse vite! Visto che non possiamo più fare affidamento su di voi!
Il Comandante si voltò.
Vide una ragazza giungere di fronte il cortile della casa, davanti a tutti. Paulina.
-Se non avete intenzione di salvarci – continuò la ragazza a denti stretti – Allora sparite!
Ma Smek non cedette.
-Non l’avete ancora trovato? – continuava a urlare– Qui non si tratta di un chicco di riso! – rivelò improvvisamente – Stiamo parlando di 100.000.000 di Berry!
Javier sobbalzò accigliato: - Ei, bastardo! – urlò al comandante – Come fai a sapere di quanto è la somma?
Smek esitò un momento, poi rispose sorridendo: - Avevo un certo presentimento.
Paulina strinse di più i denti, Javier i pugni.
A Viola invece sembrò che il cuore le si fermasse.
Iniziò a respirare sempre più piano. Gli occhi le si fecero vitrei in modo inquietante. Non sentì più il polso. Finì in uno stato di morte apparente, mentre la sua mente realizzava dubbi, evidenze e responsi.
-Non … dirmi che …
La sua risata le riecheggiò nelle orecchie. La risata dell’essere che da otto anni la teneva sotto il suo controllo. Che da otto anni era stata costretta a servire solo per liberare la sua casa. La risata che da quando era bambina era sempre stata nei suoi incubi peggiori.
Strinse i pugni senza sentire più il sangue nel polso dove si era pugnalata per salvare Zayn.
-Non dirmi – latrò come un cane inferocito – che è stato Arlong a mandarvi qui?!?
Smek ghignò ancora facendo frizzare i baffi da topo: - Chissà – fece spallucce – Siamo ufficiali del Governo. Stiamo solo facendo il nostro dovere di dare la caccia ai ladri.
-Bastardi Corrotti!! – urlò Javier.
-Come può la Marina lasciarsi angariare in questo modo da pirati? – fece eco Paulina.
Viola avvertì i nervi crescerle sempre di più. Le vene pulsare. Il cuore battere.
-Arlong …
-E’ qui! –strillò un uomo all’improvviso da un punto dell’agrumeto.
Smek lo raggiunse. Smosse la terra già scavata dai suoi subalterni e finalmente intravide una superfice piana di legno, sbucare dal terreno.
Sotto gli occhi agonizzati di Viola, Paulina e Javier, scoprì quel baule lasciando tutti senza fiato. Al suo interno, si trovavano decine, no, milioni di monete, gioielli, lingotti d’oro, centinaia di banconote e altri sacchi ancora da aprire contenenti altrettante ricchezze.
-Ma è stupefacente! – gioì Smek meravigliato toccando il denaro come per assicurarsi che non fosse un’allucinazione – Incredibile come una stupida ragazzina abbia razziato tale splendore!
-Sono tutti sporchi e rovinati dal tempo – giudicò uno degli uomini indicando le banconote più ingiallite.
-Che importa? Sono sempre soldi – sorrise il suo Comandante.
-Non toccarli – urlò Viola brandendo nuovamente il suo pugnale – NON TOCCARLI! – si lanciò verso gli uomini, stavolta con intenzioni serie.
Smek la individuò correre soprattutto nella sua direzione. Ghignò un’altra volta. Estrasse la pistola dalla cintura e mirò a colpire la ragazza.
-VIOLA, NO! – strepitò all’improvviso Paulina, comparendole di fianco e parandosi davanti a lei di schiena, facendole da scudo.
Il proiettile partì.
La furia che impestava dentro Viola si dissolse quando la ragazza vide sua sorella venire trapassata alla spalla da una pallottola e finire a terra in uno schizzo di sangue.
-Paulina! – gridò insieme a Javier che accorse.
La ragazza non si mosse.
-PAULINA!
 
 
Harry aveva percorso una buona parte dell’isola a piedi da quando aveva lasciato quella ragazza che sosteneva essere la sorella di Viola con gli altri.
Chissà cosa si stavano dicendo.
Non gli importava molto conoscere il passato della sua amica. Anzi non le importava nemmeno chi fosse, da dove venisse o se stesse dalla parte dei cattivi. Ormai aveva deciso che lei sarebbe stata la sua navigatrice e non avrebbe lasciato quel posto senza prima essere riuscito a convincerla.
Non appena fece la sua entrata tra le strade di un paesino che sembrava abbandonato, le sue orecchie furono oltrepassate da un grido d’aiuto.
-Dottore, presto!
Vide tre sagome scendere giù da un sentiero in salita e varie persone uscire dalle case e radunarsi nella piazza principale.
Un uomo con un camice bianco si fece avanti.
-Che succede, Javier?
-Un’emergenza! Hanno sparato a Paulina!
Il corpo della ragazza venne fatto sdraiare su una panca e il medico controllò subito le sue condizioni. La pallottola aveva percosso la spalla ma a parte il sangue che fuoriusciva da questa, non riportava altre ferite gravi.
-Chi è stato? – chiese il dottore mentre apriva la sua cassetta di emergenza e prendeva un disinfettante e del cotone.
Piano, piano, mezzo villaggio uscì a vedere cosa stesse succedendo.
-Chi è stato? – chiese un uomo.
-La Marina – rispose lo sceriffo ripugnato.
-La Marina? Ma com’è possibile?
Harry si fece spazio tra la folla, curioso di assistere.
Non si accorse che la ragazza ferita era quella che aveva lasciato qualche ora prima a chiacchierare con i suoi amici, però riconobbe quella che le stava affianco e le teneva la mano con lo sguardo basso. Si aprì in un grande sorriso e avanzò.
-Arlong stava collaborando con la Marina! – spiegò Javier ai suoi villici.
-Che cosa osa? – esclamarono all’unisono alcuni.
-Ha voltato le spalle a Viola otto anni fa. Non ha mai avuto intenzione di mantenere la sua promessa.
-E’ vero quello che dici?
-Sì, purtroppo.
-Quel bastardo!
-Razza di farabutto!
-Come ha potuto?!
Viola guardò il viso privo di sensi ma per fortuna ancora roseo di sua sorella e tremò dalla rabbia. Lentamente si alzò senza guardare nessuno e lasciò intravedere le vene sui polsi.
-Ei, Vivy! – si sentì chiamare alle spalle da una voce allegra – Tutto bene? Posso aiutarti in qualche modo?
Si voltò verso Harry guardandolo con fare omicida. Uno sguardo così infuriato non glielo aveva mai rivolto. Lo afferrò per la maglietta.
-Che ci fai ancora qui? – urlò stringendo di più la presa – Quello che succede su quest’isola non è affar tuo, capito? Vattene subito! – non lo trattenne a lungo. Lo spinse con violenza da un lato e poi prese a correre all’impazzata verso il bosco.
Mentre percorreva i sentieri che conducevano dall’altra parte dell’isola, nella sua mente risentì le parole che Arlong gli aveva garantito otto anni fa. Dopo l’assassinio di sua madre.
“Se ci sono dei soldi in balio, morirei piuttosto che infrangere una promessa. Non importa quanti anni ci vorranno. Tu portami quella cifra e io manterrò la parola”
-ARLONG! – ruggì come una belva mentre accelerava di più il passo.
Non passarono neanche cinque minuti, che si ritrovo di fronte Arlong Park.
 
Harry si sedette imbronciato e confuso sotto una palma.
-Ma che diavolo le prende?
Notò una presenza alle sue spalle.
L’uomo di prima, quello che tutti chiamavano sceriffo, gli si era avvicinato.
Ora che lo guardava da vicino, Harry si fermò soltanto sulla strana girandola che portava sul cappello, osservandola rapito. Non fece caso alle tante cicatrici che ricoprivano il suo corpo.
-Wow! Che figata – commentò indicandola – Perché hai una girandola sulla testa?
-Sei un amico di Viola? – gli chiese Javier.
Lui annuì senza esitare: -Tu per caso sai che cosa le è preso prima?
-Sì. Lo so, ragazzo. Ma non sono affari tuoi. Quindi ti prego di ascoltarla e di fare come ti dice. Vattene da quest’isola.
-Io non vado da nessuna parte.
-Si può sapere cosa cerchi di ottenere?
-Voglio che Viola venga con me. Siamo compagni.
-Compagni? Sta a sentire ragazzo, quella di Viola è stata finora la vita più cruenta che una ragazzina come lei potesse sopportare. Non lascerò che lei soffra ancora.
-Ma perché tutti quanti continuate a ripetere, che considerarla una mia compagna è un male?
-Tu non capisci. Non sai cosa ha patito – Javier gli diede le spalle – Se vuoi un consiglio, vattene da qui. Ma ti avverto. Se vedrò ancora dolore sul volto di Viola per causa tua, la pagherai – e se ne andò.
Harry fece spallucce: - Continuo a non capire.
 
-ARLONG!
Tutti gli Uomini-Pesce si voltarono verso l’ingresso.
Videro Viola entrare e avanzare verso il piedistallo di Arlong a passi piccoli e con sguardo acceso.
-Che succede, mia preziosa cartografa? – le chiese Arlong sorridendo – Come mai quella faccia?
-L’ufficiale della Marina che hai mandato – sibilò lei – si è portato via tutti i miei soldi! – allungò le mani verso l’Uomo-Pesce e gli afferrò la tunica giallastra che portava: - Non avevi detto che saresti morto anziché infrangere un affare che tratta di soldi?! Perché l’hai fatto?!?!
Arlong sogghignò: -Quand’è che ho infranto la promessa?
-Non fare il finto tonto! Hai usato la Marina per … - ma Viola non poté continuare perché Arlong le cinse la bocca con la mano palmata, agguantandole l’intera faccia.
-Ti ho chiesto quand’è che ho infranto la promessa – ripeté guardandola fissa negli occhi.
A Viola mancò il respiro. L’odore penetrante della mano che le teneva afferrato il viso, s’insinuò nelle sue narici. Sentì gli occhi inumidirsi dalla rabbia.
Vide Arlong sghignazzare beato, imitato da tutti gli altri Uomini-Pesce.
“Maledetto…” pensò nella sua mente, incapace di urlarglielo in faccia.
Arlong tornò a fissarla: - E così ti hanno portato via tutto il malloppo? Che sfortuna! Ma comunque una promessa è una promessa. Finché non mi presenti 100.000.000 Berry, non posso liberare il tuo villaggio.
Lei si divincolò dalla sua presa e riuscì a sputare fuori: - Bastardo!!
Lui rise ancora: - Dopotutto sono soltanto 100.000.000 di Berry! Basta metterli da parte di nuovo! – strinse di più la presa e avvicinò il viso della ragazza la suo– Non dirmi che stai pensando di fuggire via? Perché ti avverto dolcezza, se lo farai ammazzerò tutti gli abitanti di Coconout Village!
Viola s’impietrì davanti a quella minaccia. Nella sua mente ritornarono le parole di Javier.
“Abbiamo finto di non saperlo in modo che se mai avessi voluto fuggire da Arlong, non sarebbero state le nostre speranze a impedirtelo”
Gli occhi si riempirono di lacrime. Li strinse per non mostrarle a quegli esseri spregevoli. Con uno strattone si liberò dalla morsa di Arlong e corse via, sparendo dal cortile.
Lui non si mosse.
-Capitano – chiese Elaphus – Non dovremmo inseguirla?
-Perché mai? – rispose Arlong ridendo – Non oserebbe mai scappare, sapendo di abbandonare la sua gente nelle mie mani.
Anche Fiskur sorrise: - Davvero ingegnoso, Capitano.
-Già! Non posso lasciarmi scappare una cartografa raffinata come Viola. Ma, nonostante tutto io non sono il diavolo – garantì malizioso– Quando avrà disegnato per me tutte le mappe del mondo, sicuramente la lascerò libera.
I suoi uomini risero divertiti da quella battuta assurda.
-E quanti decenni le ci vorranno? Ha ha ha!
-Morirà cento volte prima di riuscirci! Ha ha ha!
 
 
Nel frattempo, ancora seduti sotto quell’albero, Zayn, Niall e Louis, decisero finalmente di fare la prossima mossa. Avevano trascorso l’ultima mezz’ora a riflettere sul racconto di Paulina ed erano tutti e tre giunti ad un'unica conclusione.
-Su, coraggio – li esortò Zayn alzandosi per primo – Cerchiamo di riunirci con Harry il prima possibile! Ei … che stai facendo Niall? – chiese vedendo che l’amico non toglieva gli occhi dal cielo un secondo.
-Mi godo questo momento – rispose il cuoco facendo una tirata di sigaretta.
-Eh? Di che parli?
-Violetta ha sofferto molto. Più di chiunque altro. E io sono qui per spazzarle via tutta questa sofferenza di dosso. C’è niente di meglio di questo? – spiegò Niall.
-Le tue motivazioni sono ovvie “Cuoco dell’Amore” – lo sfotté Zayn – Non c’è niente di sbagliato combattere per una ragazza tanto bella. Ma ricordati che lo stiamo facendo anche per tutti gli abitanti di Coconout Village.
-Certo che me ne ricordo. Solo che per me lei è la cosa più importante da difendere – replicò l’amico alzandosi, finalmente.
Anche Louis si rimise in piedi brandendo la sua spada: - Basta parlare – interruppe la discussione tra i due – Andiamo.
 
 
La piazza di Coconout Village era radunata dai suoi abitanti. Uomini, donne e alcuni vecchi, muniti di pale, forconi, fucili, spade e altre milizie.
I più anziani, insieme ai bambini, erano rimasti invece nelle case.
Nella folla c’era anche Paulina, che dopo essersi ripresa aveva affermato che il dolore proveniente dalla spalla fasciata era tollerabile.
-Questa è stata l’ultima goccia!- sbraitò Javier davanti a tutti – Stavolta combatteremo!
-SI’!- approvarono tutti.
-Otto anni fa – continuò lo sceriffo – abbiamo promesso che non avremmo gettato via le nostre vite. Per quanto fossero crudeli i loro soprusi, ci bastava sapere che Viola stava bene e avremmo sopportato tutto in silenzio. Ma ecco come veniamo ripagati! Calpestati anche dalla Marina stessa! Ormai non c’è più alcuna speranza di libertà per questo villaggio. Se non interveniamo personalmente non avremo più motivo di vivere. Inoltre – ringhiò con tono furibondo – Non potremo mai perdonarli per aver illuso Viola tutto questo tempo! Ci sono obiezioni?
-Nessuna!- disse una voce a caso dalla folla – Andiamo!
-Siamo pronti a combattere!
-Non permetteremo più a quei mostri di dominarci!
-ANDIAMO!
-NO! ASPETTATE! ASPETTATE!
Gridò una voce proveniente dalle porte del paese.
Tutti si voltarono a vedere di chi si trattasse.
-Viola! – esclamarono in coro.
La ragazza si avvicinò con il fiatone e la fronte sudata. Doveva aver corso molto.
Però … sorrideva.
-Vi prego – disse serenamente – vi chiedo solo un altro po’ di tempo. Ci proverò ancora! - provò a garantire – Raccoglierò di nuovo il denaro necessario. Sarà più facile stavolta – fece una lieve risatina – ormai ho più esperienza. Posso farcela. Voi … non dovete preoccuparvi. Rispetto all’altra volta – la sua testa ebbe un lieve flashback dello sparo che portò sua madre lontano da lei per sempre – non succederà niente – si fermò a poca distanza – Io starò bene. Credetemi, sono pronta a rifarlo. Per me non è un problema. Quindi …
Non disse altro. Si zittì quando vide Javier andarle vicino e stringerla in un abbraccio.
-Basta così, piccola mia – disse parlandole con fare paterno – sai meglio di me che sarebbe tutto inutile. Finora hai combattuto da sola per il nostro bene e noi l’abbiamo apprezzato. Sappiamo quanto sia stato doloroso per te unirti a quella ciurma. Più doloroso di qualsiasi ferita. Hai fatto un ottimo lavoro. Ma ora devi farti da parte.
Lei prese a piangere silenziosamente sulla sua spalla: -Javier …
Lo sceriffo si allontanò da lei tenendole però una mano sulla spalla: - Ora lascia questo villaggio – le intimò.
-Ma cosa dici …?
-Ha ragione lui, Viola – disse Paulina.
-E’ per il tuo bene – disse una donna.
-Scappa, Viola – fece eco un uomo.
Tutti sorridevano.
-Sei furba – continuò Paulina – e hai un sogno da realizzare. Qui hai già fatto fin troppo.
-No! – sbraitò la sorella-  Paulina! Tutti voi! – allargò le braccia davanti a tutti – Non ve lo lascerò fare! Vi prego! – prese dalla tasca il suo pugnale e lo puntò verso di loro con le mani tremanti – Non andate! – li pregò – Non voglio più vedere morti innocenti! Vi prego! – nascose altre lacrime – Vi uccideranno.
-Lo sappiamo – disse Javier allungando una mano verso di lei e sfilandole il coltello dalle mani.
-E’ inutile – dichiarò il dottore – Abbiamo già deciso.
-E ora – concluse Javier- Spostati!
Lei indietreggiò spaventata da quel grido improvviso.
Lo sceriffo sollevò la sua sciabola rivolto ai cittadini: - Andiamo gente! Anche se non vinceremo, mostreremo loro il nostro orgoglio!
-Sì!!!
E tutti quanti si lanciarono verso l’uscita del villaggio, passando davanti alla ragazza senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Poco dopo in piazza era rimasta solo lei.
 
Viola cadde sulle ginocchia gemendo.  Il respiro le diventò affannoso. Gli occhi le si dilatarono. Per un attimo cadde in uno stato di trance dove riaffiorarono i suoi ricordi più amari.
Nelle sue orecchie iniziò a echeggiare la risata di Arlong. Il volto del mostro che sghignazzava.
Si sentì un essere inutile al mondo.
Le persone per le quali aveva fatto tanti sacrifici, inganni e sopportato otto anni di prigionia, stavano andando incontro a morte certa per vendicarla. E lei non poteva fare niente, se non commiserarsi di averle deluse per non aver mantenuto la promessa di libertà.
Da tanto aveva sognato di poter essere finalmente libera un giorno.
Ma era un’illusione.
Una stupida illusione.
La sua vita era tutta una falsa.
Udì ancora quella risata e digrignò i denti risvegliandosi dal trance.
La faccia era rigata di calde lacrime che ancora sgorgavano dai suoi occhi.
Il suo sguardo si posò sul simbolo che si era fatta tatuare sul braccio destro.
Il marchio di Arlong, che si era tenuta da quando era bambina per dimostrare la loro alleanza.
Ci portò una mano sopra. Ringhiò e lo strinse con forza.
-Arlong … - sibilò.
Non fu più in sé. La rabbia la invase a tal punto da non farla più ragionare.
Afferrò il pugnale che Javier aveva lasciato a terra prima di andarsene e con foga se lo conficcò nel braccio.
-ARLONG! – ruggì sentendo un fremito in tutto il corpo.
Staccò la lama dalla sua pelle e la riaffondò, pugnalandola ripetutamente.
-ARLONG! ARLONG! ARLONG!
Continuava a urlare come se stesse colpendo lui e non sé stessa.
Il sangue le tinse tutto il braccio di rosso e si servì delle fitte dolorose per gridare più forte.
Ruggiva e ringhiava come un animale rabbioso. Non controllava più le sue azioni.
Era una furia.
Ma prima di potersi infliggere la decima coltellata, sentì qualcuno bloccarle il polso a mezz’aria, prendere il pugnale insanguinato e lasciarlo cadere ai suoi piedi.
Viola smise di gridare il nome di Arlong e voltò di poco la testa giusto per vedere di chi si trattasse.
-Harry … - sussurrò.
Il ragazzo era in piedi dietro di lei e la guardava con sguardo spento.
Lei chiuse gli occhi girando la testa dall’altra parte.
-Cosa vuoi? – singhiozzò – Tu non sai niente … di quello che è successo su quest’isola otto anni fa!
-No. Non lo so– confermò lui restando serio.
Viola tremò di novo: - Ti avevo detto di andartene – strinse i pugni – questa storia non ti riguarda!
-Sì. Me l’hai detto.
-E ALLORA VATTENE! – gridò lei mettendosi le mani tra i capelli e agitandosi come se nelle orecchie le rimbombasse un suono insopportabile – VATTENE VIA! SPARISCI! VATTENE VIA! VATTENE VIA! VATTENE!
Ma Harry non si mosse. Restò lì fermo a guardarla.
Lei, avvertendo ancora la sua presenza, smise del tutto di urlare e si tolse le mani dalla testa per portarle sul viso e continuare a piangere in silenzio.
Il ragazzo si fece ancora più serio.
Tra i singhiozzi, Viola ritrovò la calma. Sentì il dolore lancinante provenire dal braccio ferito, ma non fu quello a farle male. Fu qualcos’altro.
Era debole. Impotente. Aveva bisogno di qualcosa su cui aggrapparsi per rimettersi in piedi e ritornare la ragazza determinata di sempre. Ma al momento era solo indifesa.
Alzò per questo lo sguardo e guardò Harry con occhi pieni di lacrime e la voce rotta. Lui era qualcuno che non cadeva mai a terra, come lei.
-HarryAiutami!
Lui chiuse gli occhi e non si mosse ancora per qualche secondo.
Poi però prese con una mano il suo immancabile Cappello di Feltro e lo appoggiò sulla testa di Viola. Poi si voltò allontanandosi di poco.
Strinse i pugni e li sollevò, inspirò profondamente e lanciò un intenso grido.
-CERTO CHE TI AIUTO!!!!
 
Viola si toccò il cappello che aveva in testa.
Ricordò quanto Harry fosse protettivo su quell’oggetto. Lo definiva il suo tesoro più grande e nessuno doveva toccarlo.
-Oh, Harry … - gemette lacrimando.
Si girò di poco verso il ragazzo, accorgendosi finalmente che non era del tutto solo.
Lo vide avanzare verso tre ragazzi che lo stavano aspettando all’uscita del villaggio.
-Andiamo – disse loro.
-Sì! – risposero seri, Louis, Niall e Zayn.
Viola li osservò sparire nel bosco, allineati e con lo sguardo minaccioso.
Erano arrabbiati da far paura, anche se non lo dimostravano.
 
Quando i cittadini di Coconout Village arrivarono di fronte i cancelli di Arlong Park, li trovarono serrati. Davanti ad essi c’erano due uomini immobili. Jonathan e Sauk.
Avevano varie ferite in tutto il corpo. Alcune ancora aperte. Avevano un’espressione ferma e decisa.
-Ei voi! – disse Javier a capo della fila – Che cosa vi è successo?
-Spostatevi! – ordinò loro invece un uomo – Siamo venuti a combattere gli Uomini-Pesce.
-Dopo aver scoperto la vera identità di Viola – raccontò Jonathan ignorando l’assetto – avevamo deciso di batterci con Arlong. Così siamo venuti qui, ma abbiamo perso miseramente. Ci ha risparmiati per miracolo.
-Senza offesa – continuò Sauk – ma non vi lasceremo passare. Non avete nessuna chance di vincere.
-Cosa? – esclamarono alcuni.
-State a sentire – disse poi Jonathan – abbiate pazienza. A breve arriveranno qui delle persone molto in gamba.
-Delle persone? – chiese Javier.
-Sì. Sono sicuro che stanno per arrivare.
Non l’avesse mai detto.
All’improvviso dagli alberi sbucarono delle sagome che avanzarono lentamente verso le porte della pagoda degli Uomini-Pesce.
Jonathan e Sauk furono i primi a scorgerli. Sorrisero: - Eccoli là!
Javier, Paulina e gli altri abitanti si voltarono.
Videro quattro ragazzi che camminavano uno vicino all’altro, avvicinarsi.
Il primo era un ragazzo che brandiva una spada.
Il secondo un ragazzo biondo con le mani in tasca.
Il terzo aveva il ciuffo e brandiva una fionda.
Il quarto teneva soltanto i pugni chiusi.
Tutti e quattro avevano uno sguardo che incuteva timore. Fermo ma allo stesso tempo irato.
Paulina li riconobbe: - Sono loro …
-Cos’hanno di speciale quei ragazzini? – chiese Javier caotico – Non sono nemmeno robusti.
-Sono i soli in grado di battere Arlong. Altrimenti non solo per quest’isola ma per tutto il Mare Orientale non ci sarà più futuro – sostené Sauk.
-Quei quattro ragazzi cambieranno il vostro destino. Ricordatevi bene i loro volti – affermò Jonathan.
Tutti sembrarono confusi, ma non fiatarono. All’inizio alcuni pensavano di deridere chi credeva che quei ragazzini fossero più forti di tutti loro messi insieme. Ma quando scorsero meglio i loro sguardi, capirono che non avevano nessuna voglia di scherzare.
 
Quando i quattro furono a poca distanza da loro, Harry impose ai cittadini: - Fateci passare.
 
Intanto tra le mura di Arlong Park, gli Uomini-Pesce se la ridevano alla grande.
-Ei, Capitano – chiese Morsky – dite che quei due rammolliti di prima, facessero parte della Banda di Louis?
-Non può essere – rise Arlong – erano troppo deboli. E comunque li ho risparmiati soltanto perché al momento non ho fame. Più tardi vedrò.
Ad un certo punto, le loro risa si interruppero, perché furono troppo occupati a udire un urlo straziante, provenire dall’esterno.
-GOM GOM PISTOL!
Scioccati, videro il portone principale tremare e perdere pezzi mentre si riempiva di crepe. Ci fu un tonfo simile a una martellata violenta.
-Ma cosa … - provò a dire Arlong.
Ci fu lo stesso suono ripetuto una seconda volta.
-GOM GOM PISTOL!
E stavolta, con un altro botto più carico, l’estremità centrale dei cancelli crollò, creando un varco tra i residui di cemento che si sbriciolava o cadeva in tanti minuscoli pezzi.
Gli Uomini-Pesce si pietrificarono.
Videro un ragazzino sbucare fuori dal varco, con il pugno ricoperto di polvere sgrassata dalle porte cadute.
Harry guardò quei mostri uno a uno.
-Chi è Arlong?



TO BE CONTINUED
  
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