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Autore: Malvagiuo    07/07/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NUOVO CAPITOLO! Annuncio ufficialmente che restano pochi capitoli da pubblicare, in quanto ho terminato di scrivere la storia pochi giorni fa. Spero che la storia vi stia piacendo e che non vi deluda proprio adesso. Grazie a chi mi ha seguito fin qui, dedico il capitolo a tutti voi!




Volgrim era seduto sulla spiaggia. La risacca delle onde lambiva i suoi piedi, una sottile spuma bianca ribolliva in mezzo ai ciottoli della battigia. Era da più di un anno che sentiva quel rumore. Rimase a lungo in silenzio, ad ascoltare.

Ovunque, nei dintorni, l’aria era calda e odorava di fumo. Qua e là, sulle superficie del mare, macchie di fuoco bruciavano sulle lastre di ghiaccio spezzate. Le fiammelle danzavano sempre più deboli, ma una densa coltre di fumo continuava ad aleggiare sulle onde. Le fiamme baluginavano, crepitanti e solitarie, circondate da un alone nerastro. Volgrim ebbe l’impressione di osservare anime di fuoco, emerse dal mare per scrutarlo. Forse per giudicarlo.

Un’onda più lunga delle altre arrivò a bagnargli i calzoni fino alla cintola. Volgrim non vi badò.

Aveva ottenuto ciò che voleva. Eppure, non si era mai sentito così lontano dal suo obiettivo. Il ghiaccio era rotto, ma la sua gente era scomparsa. L’avevano abbandonato, avevano fatto di lui un signore del nulla, un askarl senza popolo.

Che cosa avrebbe fatto, ora?

Chiuse gli occhi, lasciò che il buio ottenebrasse ogni cosa. La risposta rimase nascosta.

Un rumore lontano lo riportò alla realtà. L’acqua gorgogliava, al largo della costa. Un suono udibile anche in lontananza, accompagnato dal crepitio del ghiaccio ancora intatto che andava rompendosi. Quello che rimaneva della banchisa si incrinò, disgregandosi a poco a poco in tutta la sua immensa vastità, proseguendo la sua distruzione ben oltre lo sguardo di Volgrim, in direzione sud.

Dalla superficie increspata dell’acqua cominciava a emergere qualcosa.

Volgrim, dapprima, non riuscì a comprendere ciò che i suoi occhi vedevano. Dall’acqua emerse una lunga colonna opaca, bianca come neve, gigantesca, più alta di qualsiasi cosa gli uomini avessero mai costruito. Apparvero molti altri oggetti simili, Volgrim ne contò una decina. Alcuni erano perfettamente verticali, altri spuntavano obliqui, come pali acuminati di un recinto. Nel cingerli con le braccia, erano larghi a sufficienza da impedire a Volgrim di toccarsi le dita. Osservò quello spettacolo a lungo, senza sforzarsi di capire, guardando e basta.

Altre cose spuntavano dall’acqua. Forme bizzarre, tutte accomunate dal colore bianco smagliante e dalla consistenza opaca e porosa.

Dopo averli osservati per lungo tempo, Volgrim capì.

Erano ossa.

Le ossa di una creatura titanica, grande quanto la baia stessa.

L’acqua colmava a metà un’orbita vuota, in grado di contenere Volgrim per intero.

Stava contemplando i resti di Grijndir, la Bestia del Mare.

 
***
 
Il corno risvegliò Iorig dagli incubi.

La fronte era imperlata di sudore, la vista appannata. Non si era mai sentito così debole, così inerme. Fece appello a tutte le forze che gli restavano per alzarsi a sedere. Non fu una buona idea. Il giramento di testa per poco non lo fece precipitare di nuovo in uno stato di incoscienza. Il fianco pulsava come la tela di un tamburo, riusciva a percepire il sangue pompato in ogni singola arteria di quella parte del corpo. I muscoli delle braccia gli tremavano leggermente. Stava male, ma era vivo. Per il momento, gli bastava.

Inspirò a fondo l’aria gelida che filtrava attraverso l’entrata della tenda. Non era la sua, lo riconobbe subito. Dove si trovava? I ricordi erano sbiaditi, che cos’era successo dopo lo scontro con Holf?

Sentì degli uomini parlare appena fuori della tenda. Un dialetto del sud. Era nell’accampamento di Syrri.

“Sono arrivato fin qui, dunque” pensò, abbozzando un sorriso. “Non è così facile togliermi di mezzo. C’era un motivo, Roig, se mandavi me nelle incursioni a sud.”

Tossì, si appoggiò alla mano destra e si sollevò in piedi, con molta lentezza. Il minimo movimento scatenava dolori lancinanti che si irradiavano dappertutto. Iorig emise un gemito. Con molta fatica, rimase eretto per alcuni minuti, sorreggendosi con una mano la ferita cauterizzata. Espirò, osservando la nuvoletta di respiro esalata dalla sua bocca. Sbatté le palpebre più volte, nel tentativo di far tornare nitida la vista. Afferrò un lembo della pelliccia, la indossò e uscì all’aperto.

Il gelo lo aiutò a mantenersi vigile. Nevicava.

Iorig avanzò tra i falò accesi. Barcollò, urtando alcune armi dimenticate a terra. Si avvicinò al bordo dell’accampamento, dove un gruppo di individui scrutava in direzione nord, pressappoco dove avrebbe dovuto trovarsi il popolo di Grijndir.

Syrri era davanti a loro. I suoi capelli neri erano scompigliati dalla brezza che portava la neve, ricoperti da decine di puntini bianchi. Iorig si fece strada in mezzo ai cavalieri del sud per raggiungerla. Quando lo videro, si scostarono immediatamente. I loro sguardi erano sorpresi. La maggior parte di loro non si sarebbe aspettata di rivederlo vivo.

Quando Syrri si voltò, l’espressione nei suoi occhi non era quella che Iorig si era aspettato. Non c’era sollievo in lei. Tutto quello che poteva leggere in lei era una rabbia furiosa, il risentimento di chi si vede soffiare sotto il naso una preda già conquistata. Per questo l’amava: era sempre imprevedibile.

«Che cosa è successo?»

Iorig incespicò, procedendo verso di lei. Syrri era di fronte a lui, più bassa di tutta la testa, eppure sembrava un gigante al suo cospetto, malridotto com’era.

«Alcuni dei miei hanno covato dei sospetti. Hanno tentato di uccidermi, ma non ce l’hanno fatta» disse Iorig, con un debole sogghigno. «Ma temo che i sospetti abbiano messo radici. Non riusciremo a portarli a sud con le buone.»

Syrri socchiuse gli occhi. Era delusa. E furiosa. Per un istante, Iorig pensò che l’avrebbe ucciso. Non gli sarebbe dispiaciuto morire per mano di Syrri. Era la migliore morte che potesse desiderare.

«Capisco. Faremo questa cosa in un altro modo» Syrri si rivolse ai suoi cavalieri. «Sellate i cavalli e foderate gli zoccoli.»

Skilden guardò Syrri. Iorig vide l’indecisione nel suo volto. Non voleva contestare la sua signora, ma sentiva di doverlo fare.

«Vuoi attaccarli?»

«Abbiamo scelta?»

«Il ghiaccio...»

«Il ghiaccio reggerà. L’hai sentito sotto i piedi. Questo non è ghiaccio comune, è il cristallo del nord. Solo le Bestie del Mare hanno la forza di distruggerlo. Quindi, sella il tuo cavallo e fodera i suoi zoccoli. Non voglio vederti scivolare durante l’assalto.»

Skilden e altri venti uomini si diressero verso i propri destrieri, obbedendo agli ordini.

Iorig prese posto accanto a Syrri.

«Sei sicura di riuscirci?»

«Sei stato tu a mettermi in questa situazione. Come hanno fatto a capire?»

Gli occhi nocciola di Syrri bruciavano di ardore. Erano gli stessi occhi che aveva visto brillare il giorno in cui si erano affrontati.

«Non sono degli stupidi. Ho cercato di rassicurarli, ma non è bastato. Hanno scelto di non fidarsi.»

Syrri sbuffò.

«Adesso dovremo ucciderne la metà. Sperando di riuscirci.»

«Li ucciderò io stesso, se necessario.»

«Tu?» Syrri lo guardò, sprezzante. «Stai in piedi a malapena, Iorig. Saresti il primo a cadere.»

«Non mi importa.»

«Importa a me. Prendi un cavallo e osserva la scena da quel promontorio laggiù» Iorig seguì il braccio di Syrri, l’indice che puntava uno sperone roccioso al di sopra della baia congelata.

Iorig tentò di replicare, ma Syrri lo zittì.

«Ti mostrerò come uccidono i cavalieri di Valigen.»

Il tono della donna troncò la conversazione. Iorig non aveva la forza per combattere, tanto meno per contrastare il volere di Syrri.

Inerme e allontanato dallo scontro, Iorig provò una fitta più lancinante di qualsiasi taglio nella carne. L’orgoglio messo a dura prova, procedette – sotto lo sguardo severo di Syrri – in direzione dei cavalli, pronto a obbedire anch’egli ai suoi ordini, esattamente come i suoi uomini. Montando in groppa, comprese che non sarebbe mai stato askarl, né a nord né a sud. Era il suo destino, e non aveva altra scelta che accettarlo.



 
   
 
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