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Autore: Tabychan    07/07/2015    0 recensioni
Storia incompleta sulla scoperta degli affetti da parte di una giovane e ingenua ragazzina e del suo angioletto custode.
Poichè sono presenti personaggi miei e di un'amica con un background anche complesso, all'inizio di ogni capitolo verranno inserite delle brevi annotazioni riguardo i personaggi presenti.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Personaggi di questo capitolo:
Dorcas e Ultima.
Maurice: ragazzo alieno della compagine avversaria rispetto a quella di Ferris, ha aspetto umano e controlla i fulmini.
Koa: altra creatura aliena compagna di Maurice, è un mutaforma. Solitamente mantiene anche lui l’aspetto di un ragazzo umano.
 
 
Sotto l’ombrello rosso stava prendendo forma l’itinerario della giornata della giovane maga, l’elenco delle persone con cui avrebbe voluto parlare e tutto un elenco di domande che si era preparata per l’occasione. Per prima cosa aveva intenzione di conoscere l’opinione di qualcuno che avesse a che fare con Ferris il quale, lo sapeva, più che dell’amore aveva fatto esperienza di altri aspetti della questione.
Tuttavia sapeva anche che l’irrequietudine non era solo prerogativa del ragazzo: anche i suoi compagni- i quali in verità teoricamente sarebbero suoi avversari, ma lei li vedeva molto meglio come amici- avevano l’abitudine di non stare mai tranquilli nello stesso posto, il che rendeva più complicato andare a discutere con loro, poiché non aveva idea di dove trovarli. Oltretutto, pioveva. Tracciare formulari magici sul terreno sarebbe quindi diventato più rischioso, poiché la pioggia avrebbe potuto modificare la complessa e precisa simbologia che costituiva il cerchio di teletrasporto.
Il marciapiede sul quale camminava in quel momento era asciutto, poiché coperto dalle tende dei negozi che affiancavano quel lato della strada, ma ovviamente la pavimentazione di cemento rendeva impossibile incidervi sopra. Si guardò attorno, tentando di trovare un luogo con un terreno il più morbido e asciutto possibile, e l’occhio le cadde sul parchetto pubblico a pochi metri di distanza. Il parco era piuttosto ampio, la fitta vegetazione veniva soltanto occasionalmente interrotta da un piccolo sentiero ciottolato affiancato da qualche panchina in pietra e, nella zona centrale, da uno spiazzo circolare culminante nel centro con una fontana ritraente una ninfa floreale.
Fortunatamente per la ragazza i pini, le querce e le betulle che costituivano il parco erano sufficientemente alti e folti da proteggere la terra dalla pioggia per spiazzi sufficientemente ampi per lo scopo. Trovato un riparo all’apparenza adatto, Dorcas impugnò Ultima, mutata nella sua forma di bastone, e cominciò a tracciare nella terra umida i simboli necessari all’incantesimo: un rombo inscritto in una doppia circonferenza, le rune degli elementi, dello spazio e del tempo, e infine le rune di uomo, di spirito e del luogo che aveva intenzione di raggiungere.
Batté il bastone per terra.
Una goccia cadde dalla punta di un ago di pino.
Nel parco, dove prima vi erano la ragazza e la sua arma, ora solo terra bruciata.
 
L’ambiente era talmente umido che la ragazza di accorse di avere difficoltà ad aprire gli occhi: l’acqua scrosciante la stava soffocando e il denso vapore le impediva di respirare normalmente. In preda al panico annaspava, deglutiva, tossiva e nel caos soltanto una rosacea ombra sfocata che le pareva di scorgere in lontananza sembrava offrirle un appiglio di salvezza. Doveva provarci: allungò la mano, appesantita dalla veste ricolma d’acqua, ancora poco e l’avrebbe raggiunta, ancora poco e…
Ultima si precipitò sulla sua testa coprendole completamente il volto con il cappuccio del mantello. Prima che la ragazza potesse o riuscisse a chiedere qualcosa, si ritrovò distesa su ciò che senza alcun dubbio era un pavimento. Con gli occhi ancora arrossati dall’acqua- calda, notò solo in quel momento- tentò di guardarsi attorno: si trovava in un corridoio, all’apparenza perlomeno, e dietro di lei da una porta semichiusa una scia d’acqua si estendeva fino ai suoi piedi. Mentre stava tentando di associare luoghi, fatti e cause il suo angioletto, con il volto rosso quanto un rubino, poggiò le piccole mani sulle sua guance.
«Che cosa diavolo hai combinato?!» urlò, in preda all’imbarazzo più totale. Dorcas nel frattempo ancora ansimava, cominciando a comprendere l’ambigua situazione solo quando vide uscire dalla stanza dalla quale era stata spinta via un ragazzo, dal collo tatuato e i capelli biondi e bagnati, coperto dalla vita fino alle ginocchia unicamente da un asciugamano. Maurice.
La formula era stata evidentemente modificata, facendola arrivare nel luogo sbagliato al momento sbagliato e soprattutto con la persona sbagliata. Pensò che prima forse sarebbe stato meglio annegare- in una vasca da bagno- piuttosto che ritrovarsi nel mezzo di quella ridicola situazione da romanzetto rosa, costretta a fornire una spiegazione che in ogni caso non sarebbe stata creduta. Il ragazzo, dal canto suo non meno turbato di lei nel vedersi improvvisamente apparire una persona sotto la doccia, dopo aver in qualche maniera compreso l’andamento dei fatti non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata; prima di conoscere Ferris probabilmente Dorcas si sarebbe sciolta per quella risata, ma in quel momento era davvero troppo intenta a cercare di non morire dall’imbarazzo. Tentò di pronunciare qualche timidissima e capricciosa, poiché per quanto lei si sforzasse le frasi non volevano saperne di uscire, parola di scusa, ma la mano che il ragazzo e porse per permetterle di rialzarsi le fece intuire che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata superflua.
«Non avrei mai pensato che fossi in grado di trasportarti in modo così preciso!» disse Maurice, sorridendo.
«Non è stato affatto preciso direi: la runa di “pranzo” dev'essersi modifica in “bagno”, così l’indicazione del luogo d’arrivo è diventata… “sala del bagno”.» Il biondo rise nuovamente e le diede un leggero colpetto sulla schiena.
«Non ti preoccupare, ho solo preso un po’ paura sul momento, sai com’è, pensavo fosse un ragno gigante o qualche altro essere che qua sulla Terra ogni tanto esce fuori dai buchi degli scarichi…»
Se non avesse saputo della sincera (e adorabile, avrebbe aggiunto lei) ingenuità del ragazzo, Dorcas si sarebbe chiesta se non la stesse prendendo in giro, nonostante fosse davvero plausibile che l’avesse scambiata per un ragno.
«Scusami, davvero, ero venuta solo per parlare e non pens-»
«Ah, sei venuta qua apposta per noi allora!» la interruppe Maurice, spalancando con stupore gli allegri occhi color nocciola «e di cosa ti va di parlare?»
La maga assunse un’espressione decisa: non aveva fatto tutta quella figura barbina solo per esordire con qualche frase sciocca e infantile, per poi andarsene così come era venuta.
«Vorrei sapere cos’è per voi l’amore.»
Il ragazzo ne rimase nuovamente sorpreso: non aveva certo immaginato che Dorcas gli avrebbe rivolto una domanda di questo genere, lei che era sempre così timida e schiva, e che comunque non li conosceva abbastanza da poterle considerare persona alle quali porre questioni talmente filosofiche. Ad ogni modo, era curioso di vedere dove e come quel bizzarro discorso sarebbe concluso.
«È una domanda piuttosto particolare, direi.»
« Le rispondo io.» Maurice, Dorcas e Ultima si voltarono contemporaneamente nella direzione dalla quale era provenuta quella voce pungente, maliziosa, astuta e pericolosa nel medesimo tempo. A Dorcas quel ragazzo non piaceva affatto:
Koa aveva uno sguardo troppo ipnotico perché potesse dire di fidarsi di lui. Il fatto che si trattasse del nemico principale di Ferris era di poca importanza, mentre ciò che realmente la turbava era il suo modo di agire troppo ambiguo, mutevole quanto il suo aspetto, che in quell’istante era quella di un provocante ragazzo, e in quello successivo sarebbe potuto divenire un serpente pronto ad avvelenare senza rimorso. Tra i suoi compagni, così come tra gli Elric pareva godere di una certa fiducia e considerazione, che tuttavia lei davvero non riusciva a concedergli.
E proprio per tale motivo la sua opinione era così importante. Non si può avere una chiara visione dei propri pensieri se non si comprendono quelli a loro opposti.
Il ragazzo si avvicinò a lei con passo deciso, le sollevò delicatamente il viso afferrandola per il mento e la avvicinò a sé fino a quando non furono separati soltanto da un respiro.
«Come mai vuoi conoscere l’amore, tu? Ferris non te ne da abbastanza?» chiese, trapassandola con i suoi occhi dorati e facendo lentamente scorrere una mano sul fianco della ragazza. «Se ti va, posso sempre rimediare io.»
No, non le piaceva proprio. Le ricordava troppo il carattere di Ferris, così com’era quando lo aveva appena conosciuto.
Impassibile, sfiorò con le dita la fronte di Koa, facendole scivolare fino a poggiarle sulle labbra del ragazzo; e dove lo aveva lambito, la pelle del ragazzo mutò. Un’ orripilante pelliccia metallica sporse da ciò che prima era candida pelle, deformate protuberanze aguzze attraversarono il volto di ciò che quella creatura stava dimostrando di essere.
Koa spalancò gli occhi aurei in un’espressione di terrore.
Con uno scatto si allontanò dalla ragazza e, portandosi una mano sulla guancia, riprese il suo aspetto umano, controllando che non fossero rimasti residui di ciò che prima era apparso. Dopo essersi accertato delle sue condizioni proruppe in un sardonico, affascinante sorriso demoniaco: canini appuntiti rilucevano agli angoli della bocca.
Maurice osservava alternativamente i due ragazzi visibilmente turbato, poiché sapeva che molto meno di una decina di persone erano riuscite a sopravvivere dopo aver visto anche solo una parte della vera forma del compagno.
«…Ferris non ti ha scelta per niente a quanto pare. Sei un giocattolo interessante, ragazzina umana.» Sospirò beffardo.
«Tu  vuoi sapere cos’è l’amore per noi, no? Beh, dal mio punto di vista è l’ennesima, inutile invenzione umana. Non ha valore pratico, non porta profitto, indebolisce la gente e la rende stupida, serve solo come scusa per divertirsi quando se ne ha voglia.»
“Questo ragazzo si vanta tanto della sua sovrumanità, ma non è meno umano di noi” pensò Dorcas.
«Perché menti…?»
Di nuovo, un’espressione di stupore: due volte in venti minuti era una media piuttosto rara per Koa. Maurice non riuscì a non ridacchiare fra sé, mentre Dorcas abbassò lo sguardo sul pavimento, sconsolata, delusa da ciò che aveva appena sentito. Con un sospiro riprese a scrutare lo sguardo del ragazzo- o qualsiasi cosa esso fosse- che nel frattempo aveva riacquisito la sua consueta espressione tronfia.
«Capisco di suscitare un certo interesse in te, ma credi davvero di conoscermi tanto bene d-»
Dorcas sollevò improvvisamente la mano portandola davanti alla bocca del ragazzo, interrompendo il suo senza dubbio commovente discorso e intimandogli di tacere.
«Non importa, ho già sentito ciò che mi interessava. L’amore è vergogna per te… questo mi basta. Ti auguro comunque di mutare la tua opinione, poiché avresti un grande potenziale. Non mi piace il tuo modo di fare, te lo dico chiaramente, ma mi trovo costretta a riconoscere che hai testa e, se solo volessi, Dio sa quante persone potresti proteggere, invece che uccidere.»
Congiunse le mani e le poggiò a terra: una foglia cristallina, con riflessi iridescenti, candida quanto un batuffolo di cotone nacque tra le piastrelle del pavimento e nell’arco di pochi istanti crebbe e crebbe, fino a formare un busto, un tronco, rami, foglie e gemme, interamente di cristallo, seppur vivo.
«Questo è il mio ringraziamento per il tempo che mi avete dedicato. I frutti che presto produrrà nutrono sia corpo che spirito, soddisfacendo ciò che per noi è fame o sete. Non essendo voi nativi della Terra immagino abbiate difficoltà a reperire del cibo, ma con questo non avrete più problemi.» Si voltò verso Maurice e si inchinò profondamente.
«Ti ringrazio davvero per la pazienza e scusami ancora per l’incidente di prima.»
Il ragazzo sorrise, accarezzandole la testa.
«Stai tranquilla e non badare troppo a ciò che dice Koa, lui è fatto così: un rude guerriero, un mietitore di donne che però cade nel panico quando si tratta di parlare di sentimenti.»
Dorcas rispose al suo sorriso, colorandosi lievemente di un rosso delicato e si voltò verso Koa, in quel momento intento a esaminare con fare piuttosto scettico le foglie della pianta che lì era appena cresciuta; mosse il viso anche lui, incrociando lo sguardo con quello della ragazza. Lei abbassò il volto e socchiuse gli occhi in segno di muto saluto. Lui rispose riportando la sua attenzione al piccolo albero.
Non appena udì la porta chiudersi, staccò da un ramo la foglia che fino ad un momento prima stava controllando e se la portò alle labbra:
«Questa pianta…» disse, rivolto a Maurice «ha distrutto la mia stanza.»
   
 
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