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Autore: MillyMalfoy    18/01/2009    4 recensioni
“Ma tu saresti?” le chiese. “Hinata, la maestra di Minaku!”rispose lei timida come al suo solito, ma lui le afferrò la mano e la scosse energicamente. “Piacere io sono Naruto..” incominciò a dire lui, ma Hinata lo interruppe In un asilo due anime sole, ma complementari s'incontrano, ma per imparare ad amare ci vorranno i colori giusti. Scritta per celebrare la giornata di oggi, per rendere onore al NaruHina Day! NaruHina is love! Pubblicato l'ultimo capitolo!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Le dita di lei scorrevano veloci lungo il bordo della scatola, una delle decine che era riuscita a chiudere quel giorno, il suo ultimo giorno

Il bacio. Francesco Hayez

 

 

Le dita di lei scorrevano veloci lungo il bordo della scatola, una delle decine che era riuscita a chiudere quel giorno, il suo ultimo giorno.

Sollevò lo sguardo e incontrò le fredde mura bianche dell’appartamento: non era rimasto molto, mancavano solo gli ultimi scatoloni da impacchettare. Quelli già pronti giacevano immobili in camera da letto.

Avrebbe dormito sul divano, quell’ultima sera, e avrebbe atteso l’alba. Che sarebbe giunta in fretta, in compagnia di un aiuto per caricare la macchina. Prima di ripartire alla volta di casa, prima di abbandonare la sua tanto agognata libertà, e ritornare a vivere nella prigione dorata che era sempre stata la sua casa natia.

Si strinse la mano al petto, come a cercare di toccare quel dolore che le pesava sul cuore: forzandole il respiro e comprimendole il torace.

In quell’ istante il campanello suonò.

Il sole era tramontato da un paio di ore e Hinata si avvicinò alla porta titubante e curiosa; strizzò l’occhio di sinistra e osservò il suo ospite dallo spioncino.

Appena si accorse di chi si trovava davanti alla sua porta, aprì rapidamente ed esclamò sorpresa: “Minaku!”.

Il piccolo bambino era infagottato in un piumino rosso, con un caldo cappello di lana a coprirgli il capo.

Le lacrime lungo il volto gli colavano dalle guance.

“Minaku, cosa ci fai qui?” chiese istintivamente lei, ma i singhiozzi del bambino incominciarono a farsi sempre più prepotenti, fino a diventare continui.

Allora Hinata si lanciò in ginocchio di fronte a Minaku e lo strinse a sé. Le mani gelate del bambino le sfiorarono la pelle e un sussulto la scosse.

“Entriamo” disse Hinata, sollevando Minaku dal terreno, entrando in casa e richiudendosi la porta dietro le spalle.

Minaku continuò a piangere disperatamente per alcuni minuti, ma una volta calmatosi, Hinata riuscì a fargli togliere il giubbotto e il cappello, a farlo accomodare sul divano e a tentare nuovamente di chiedergli: “Minaku come mai sei qui?” .

“Sono scappato” disse innocentemente il bambino.

“Da dove?” chiese incuriosita Hinata.

“Dalla scuola” spiegò lui.

“Perché avresti mai fatto una cosa del genere?” domando lei.

“Perché io devo venire con te” rispose Minaku per poi scendere dal divano e avvicinarsi alla televisione e alle decine di cassette di cartoni animati che Hinata possedeva, una delle ultime cose da inscatolare.

“Posso vederne uno?” chiese Minaku come se nulla fosse successo, come se volesse dimenticare ogni problema.

“Dove devi venire con me Minaku?” continuò curiosa e imperterrita Hinata.

“Dovunque devi andare, io e Naruto veniamo con te” esclamò lui innocentemente, un fattore ovvio ai suoi giovani occhi, per poi aggiungere: “Allora ora posso vedere un cartone?”.

“Sì, certamente” rispose Hinata sorpresa e sempre più confusa, mentre accendeva la televisione e inseriva la cassetta nel videoregistratore.

“Hinata!” la dolce voce di Minaku la scosse, richiamandola nuovamente all’attenzione.

“Hinata” ripeté Minaku ora che lo sguardo della ragazza era su di lui “posso avere un bicchiere d’acqua per piacere?” chiese cortesemente.

“Sì, certamente” annuì vigorosamente la ragazza, mentre una dolce melodia incominciava ad irradiarsi dalla stanza attraverso il televisore.

Versato il bicchiere d’acqua e porto a Minaku, Hinata incominciò a farsi cogliere dal panico.

Cosa dirà questa volta, cosa devo fare? Perché non riesco proprio a non combinare danni!

Sì maledì Hinata afferrando la cornetta.

“Pronto, Ino?” chiese insicura.

“Volevo avvisarti che Minaku è qui da me” disse.

“Non so, ha suonato il campanello, ho aperto e me lo sono ritrovato davanti!” spiegò.

“Va bene, avviso io Naruto!” disse mordendosi il labbro inferiore ferocemente.

“Grazie, Ciao a domani” salutò Hinata per poi posare la cornetta del telefono.

Sospirò, le mani le sudavano e le tremavano, la testa le sembrava volteggiare vorticosamente e non essere più incollata al suo corpo, e le sue membra erano così pesanti, che si accostò al tavolo della cucina, afferrò una sedia e vi si accomodò sopra.

Le mani congiunte, la fronte appoggiata ai polsi, e il respiro sempre più veloce e superficiale.

Forza e coraggio si continuava a ripetere sottovoce Hinata mentre afferrava la sua borsa affianco a lei, mentre cercava il cellulare e incominciava a scorrere la rubrica per trovare il numero di Naruto e effettuare la chiamata.

Uno squillo, poi un altro. Il suo cuore batteva fortissimo, con  la mano libera andò a coprirsi il petto come a volerlo calmare.

“Pronto” disse.

“Naruto sei tu?” chiese debolmente

“Sì sono Hinata” confermò lei.

“vo… volevo di…dirti c..che Minaku è qui…qui.. a casa m…mia e sta b…bene” disse lei balbettando, tremolante e insicura, azzittendosi e attendendo una feroce risposta che però mai avvenne.

“Ok” sussurrò prima di chiudere la conversazione e allontanare da lei il cellulare.

 

Un altro rintocco del campanello e le sue mani tremanti lasciarono cadere sul tavolo il coltello, che raggiunse poi la pace riverso esanime sul pavimento.

“Hinata” un urlo da dietro il portone, una voce stanca e disperata.

La ragazza dai lunghi cappelli neri si avvicina a passi svelti verso la maniglia per girarla e aprire la porta, permettendo così a quella voce così spaventata di gettarsi come una furia all’interno del suo appartamento e di stringere fra le braccia Minaku.

“Naruto” disse il bambino con un filo di voce “mi fai male”.

“Scusami” rispose il ragazzo allentando la presa, le lacrime lungo le guance a rigare e spezzare il rosso delle gote.

“Cosa hai combinato? Perché sei scappato? Non lo sai che mi hai fatto impazzire di paura?” incominciò a dire Naruto, per poi fermarsi all’improvviso davanti allo sguardo tanto innocente e sorpreso di Minaku, lo strinse ancora a sé per poi incominciare a cullarlo, sperando che almeno in quel modo la paura e lo spavento lo abbandonassero.

Hinata richiuse silenziosamente la porta di casa e ritornò nella sua cucina, dove afferrò un altro coltello e riprese a cucinare.

Le lacrime che le cadevano dal volto, a bagnare le mani e il coltello.

“Non lo fare mai più, promesso” continuava a ripetere Naruto impaurito, senza abbandonare nemmeno per un secondo la presa sul bambino.

“Non potevo lasciare andare via Hinata, io devo andare via con lei” spiegò allora Minaku, in modo che anche Naruto potesse capire quello che per lui era così elementare.

“Lei è venuta a scuola per stare solo con me e ora siamo amici e io non posso lasciarla sola, devo andare con lei e tu verrai con noi, ti avrei chiamato, non devi preoccuparti” continuò a spiegare Minaku, liberandosi della presa e ritornando al suo cartone animato e al suo disegno abbandonato sul pavimento.

Naruto paralizzato con le ginocchia a terra, le braccia lungo il corpo, e il nome di Hinata nella mente.

Le mani di Hinata continuavano a bagnarsi e a tagliare imperterrite, senza sosta, senza tregua.

“Hinata” pronunciò una voce dall’ingresso della cucina.

Lei non sollevò gli occhi non avrebbe mai osato.

“Hinata” ripetè lui avvicinandosi e poi bloccandosi.

Allora lei si portò una mano agli occhi e si asciugò il viso

“Perché piangi?” le chiese lui istintivamente.

“Non sto piangendo” mentì lei.

“Ah!” sospirò lui.

“Cosa stai preparando?” chiese lui.

“La cena per noi tre” rispose lei, girandosi e accendendo il fuoco.

“No, non possiamo accettare, ti abbiamo disturbato anche fin troppo, poi immagino che tu abbia anche inscatolato tutto oramai” disse Naruto

“Ho già preparato tutto il necessario per la cena, e non è un disturbo mi farebbe piacere poter salutare Minaku” cercò di spiegare lei

“No, ma grazie…” incominciò nuovamente Naruto che venne però interrotto da Minaku che gridò dall’altra stanza: “ Devo finire di vedere il cartone e non posso andare a casa fino a quando non ho finito il disegno per Hinata, quindi ceniamo qui”.

“Va bene allora” concluse Naruto sorridendo a Hinata che per la prima volta nella serata incontrò lo sguardo del ragazzo, e quando avvenne il mondo si congelò per un breve attimo, così breve che un osservatore inesperto non avrebbe notato nulla di sospetto, ma al contrario un osservatore attento ha letto i loro sentimenti così puri ed evidenti dipinti nei loro occhi.

“Perfetto” riprese lei sorridendo, e passando nelle mani di Naruto i piatti.

“La tavola è pronta per essere apparecchiata, la tovaglia è sulla sedia e queste sono le stoviglie, grazie” illustrò Hinata sempre sorridente.

Naruto si diresse nuovamente in sala e incominciò a preparare la tavola per la cena. Gli bastarono pochi minuti per sistemare tutto il necessario, fu così che allora si fermò ad osservare la familiarità di quella scena e la nostalgia che albergava nel suo cuore.

Alla sua sinistra un piccolo bambino innocente rapito da qualche animale parlante in un mondo pieno di sogni e promesse, l’unica famiglia rimastagli sulla terra, l’ultimo legame con il suo passato.

Alle sue spalle una grande finestra, una sottile lastra di vetro a separarlo, a separargli dal mondo, dalla realtà, dal presente .

Alla sua destra una dolce ragazza, dal candido viso e dall’anima pura.

Una ragazza con cui si era concesso il lusso di sognare un futuro, una donna che desiderava ardentemente poter amare.

Ma quasi mai quello che vogliamo, è quello che possiamo permetterci.

Questo fu l’ultimo pensiero che sfiorò Naruto prima di riemergere in cucina per aiutare Hinata.

“Hai bisogno di aiuto” chiese casualmente lui.

“No grazie, ho quasi finito!” rispose lei, destreggiandosi fra una pentola e l’altra.

“C’è davvero un profumino delizioso” notò lui.

“Grazie” rispose lei, arrossendo deliziosamente e con un veloce gesto della mano portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Poi il silenzio: quello impegnato di Hinata e quello sognatore di Naruto, che si lasciò trasportare in un'altra realtà. In una di quelle impossibili realtà alternative, una felice però.

Lui rientrato dal lavoro dopo una lunga giornata, la sua dolce moglie ai fornelli intenta a preparargli il suo piatto preferito, e Minaku al tavolo mentre fa i suoi compiti.

Una famiglia moderna e bizzarra, ma pur sempre un armonia di anime, una  sinergia di sentimenti.

“Quando partirai?” chiese a bruciapelo Naruto, uccidendo il sorriso di Hinata, rovinando il silenzio.

“Domani” rispose lei, per poi aggiungere: “Pronto”.

Sollevò la pentola e uscì dalla cucina.

“Minaku vieni a cena, spegni la tv e vai a lavarti le mani” disse Naruto.

Il bambino seguì contento Hinata che gli mostrò il bagno e lo aiutò a lavarsi le mani, mentre Naruto continuava ad osservare la complicità fra le due persone che si dividevano il suo cuore e il suo affetto, come ipnotizzato, rapito in un sogno continuo.

“Buon appetito!” esclamò Minaku una volta che tutti e tre furono seduti a tavola, pronti per la cena.

Minaku incominciò a raccontare della sua giornata e dei disastri combinati da lui e dai suoi compagni. Naruto sorridente, osservava Hinata ridere di cuore, cercando di nascondere il suo sorriso luminoso dietro le sue ossute mani, un gesto così semplice che risvegliava in lui sentimenti, così proibiti e conturbanti.

“Davvero buonissimo tutto quello che hai cucinato, sei davvero una cuoca eccezionale” disse Naruto. Hinata arrossì e abbassando il voltò abbozzò una risposta: “Non è vero, cerco solo di non avvelenare i miei ospiti”.

“Hinata c’è la torta?” chiese impertinentemente il bambino.

“Minaku” lo rimproverò Naruto.

“Sì, ovviamente” rispose Hinata sorridendogli e strizzandogli l’occhio.

Hinata si alzò e si diresse in  cucina per uscirvi con una bellissima torta di cioccolato fra le mani.

Minaku eccitato applaudiva, Naruto divertito e affascinato dalla bravura in cucina di Hinata.

Continuarono a mangiare e a conversare, le risate continuavano a riecheggiare fra le pareti dell’appartamento, fino a che non accadde l’incidente.

Fino a quando Hinata non sporse la sua mano per afferrare un piatto e incontrò quella di Naruto, fino a quando le scintille non si dispersero nell’aria, fino a quando il mondo non si fermò e la realtà distrusse la fantasia.

Naruto si paralizzò, un semplice tocco aveva messo in controluce ogni sua decisione, aveva messo in crisi ogni suo buon proposito, aveva compromesso ogni sua inibizione.

“Minaku andiamo” disse scattando in piedi.

“Naruto” cercò di protestare Minaku, ma la fermezza nello sguardo di Naruto e la serietà del suo tono, fecero desistere ogni protesta.

Hinata sorpresa e ferita, si alzò cercando di mascherare la delusione dal suo volto e di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere, aiutò Minaku a vestirsi e lo abbracciò forte, gli baciò il capo e gli sussurrò: “Ti voglio bene, te ne vorrò sempre Minaku. Stai sempre vicino a tuo fratello che ti adora, e mi raccomando non cambiare”.

Minaku uscì dalla porta, con la mano in quella di suo fratello, un espressione triste sul volto e lo sguardo fisso in quello di Hinata.

Nemmeno un arrivederci da parte di Naruto, perché mai addio sarebbe stato più doloroso.

Hinata chiuse la porta e si lasciò cadere sul divano in lacrime.

 

 

“Sei stato cattivo” affermò seccato Minaku, arrotolando le labbra e infilandosi sotto le coperte, coprendosi oltre la testa.

“Minaku, devi capire che era già tardi” cercò d’incominciare Naruto, posandogli una mano sulla schiena, l’unica cosa che s’intravedeva del bambino.

“Lei mi vuole bene” sentenziò Minaku, “lei mi vuole bene?” chiese questa volta titubante Minaku.

“Sì, certo che ti vuole bene, e anche io te ne voglio” cercò di spiegare Naruto.

Fu allora che Minaku decise di scoprirsi, voltarsi e di mostrare gli occhi bagnati al suo fratello maggiore.

“Perché allora mi vuole abbandonare?” chiese con un filo di voce Minaku.

Fu allora che Naruto si vergognò di molte delle sue ultime azioni.

“Credo che sia per colpa… credo che le manchi la sua famiglia” mentì Naruto. Gli occhi chiusi e il viso di lei in mente.

La sua immagine distrutta dall’ennesimo rifiuto, dall’ennesimo imprevedibile cambiamento di umore e di decisione di Naruto.

“Io le voglio bene” disse Minaku.

“Anche io” sussurrò Naruto, stringendo a sé il corpicino di quel bambino così indifeso e così dolce.

“Lo so” rispose Minaku, sorprendendo Naruto, lasciandolo senza ulteriori parole, senza fiato.

“So anche che se tu e Hinata vi sposaste, tu non saresti comunque mio padre, e lei non sarebbe mai mia madre. I nostri genitori sono in cielo e da lì ci proteggono. Tu sei solo il mio fratellone” disse molto semplicemente Minaku, e quelle parole risvegliarono qualcosa in Naruto.

Sempre troppo preoccupato di fare la cosa giusta, e sempre troppo ingenuo per fare la cosa migliore.

“Allora perché insisti sempre con quei disegni di una mamma e di un papà?” chiese confuso, disperato ed estremamente stanco Naruto.

“Perché voglio vederti ridere. E’ da molto che non lo fai, prima io e te lo facevamo sempre” osservò innocentemente Minaku prima di sdraiarsi nuovamente, coprirsi, stringere a sé il suo peluche e attendere il bacio della buona notte, che non tardò ad arrivare.

“Ti voglio bene” sussurrò Naruto accarezzandogli i capelli prima di spegnere la luce, restando però poi ad osservare nella penombra il suo adorato fratellino prendere sonno.

Uscito dalla camera del bambino, prese il telefono e chiamò.

“So che è tardi, ma ho davvero bisogno di te, potresti venire da me” disse

“Grazie” poi chiuse il telefono e aspettò.

Un gentile tocco sulla porta lo destò dai suoi pensieri, andò ad aprire la porta e un affascinante donna bionda entrò in casa.

“Tsunade” incominciò lui, invitandola a sedersi sul divano.

“Credo di aver combinato un gran casino” incominciò a spiegare lui, raccontandole nei minimi dettagli il suo problema, quei sentimenti così puri e così pericolosi che il giovane ragazzo provava per quella maestra così diversa da ogni altra ragazza, così particolare da aver conquistato la sua attenzione, la sua mente e il suo cuore.

“Corri da lei” furono le uniche parole di risposta che la donna offrì all’amico.

“Ma Minaku?” chiese ancora una volta lui.

“Smettila di mentirti e di mentirmi, non usare quell’adorabile bambino per nascondere le tue mancanze. Tu hai paura che possa finire tutto, tu hai paura che anche lei un giorno potrebbe andarsene lasciandoti ancora una volta solo! Svegliati Naruto! Non sei solo, tanto per cominciare, ci sarà sempre tuo fratello e ci saranno sempre i tuoi amici quelli veri! Oltre al fatto che lei se ne andrà via comunque che tu stia con lei o meno, l’unica differenza è che senza di te andrà via di sicuro domani, mentre insieme a te, potrebbe correre il rischio di non andarsene via mai più”.

Naruto non disse null’altro, scattò in piedi e si diresse verso la porta, sì fermò un solo secondo prima di uscire, voltandosi verso l’amica.

“Penserò io a Minaku” disse lei e questo era tutto quello che doveva e voleva sentire, sparì così dietro la porta.

 

 

 

Erano le tre del mattino e lei ancora in piedi, a riordinare casa, a finire di impacchettare la sua libertà, a cercare di calmare il suo cuore e di dimenticare la sua delusione.

Il campanello suonò e lei si avvicinò esitante allo spioncino della porta, spiò e lo vide. Agitato e nervoso, con la mano si grattava la testa, ondeggiando continuamente sulle sue gambe.

Aprì e lui entrò, le corse incontro e l’abbracciò, la strinse a sé e lei si sentì rinascere.

“Scusami” iniziò a ripetere lui, mentre le baciava i capelli, le guance, le mani e infine la bocca. Un delicato contatto, un piacevole brivido, una gioia improvvisa, e poi lei che lo allontanò e gli sussurrò: “Ti prego smettila di farmi del male”. Gli occhi colmi di lacrime, lei che si accomoda sul divano e lui pietrificato dalla più semplice delle verità, dalla richiesta più genuina e legittima di tutte.

 

 

 

 

“Grazie” disse lui prendendo in mano la tazza di te, che lei gli porgeva. Lui seduto sulla poltrona esattamente di fronte a dove lei si sedette sul divano.

“Credo che abbiamo bisogno di parlare!” incominciò lui.

“Sono venuto qui a chiederti scusa, per come mi sono comportato prima, l’altro giorno qui, il giorno ancora prima in ospedale e tutte le altre volte che sono scappato o ti ho confuso”.

“Non ti devi scusare” incominciò lei, lo sguardo basso rivolto alle sue scarpe.

“Forse no, ma credo di doverti spiegare qualcosa di molto importante” riprese lui “sono sempre fuggito per paura, perché nella mia mente noi non potevamo stare insieme, noi non potevamo essere felici, e io non potevo dare nessuna sicurezza a Minaku, e nemmeno a te”.

“Capisco” disse lei, il volto triste e le mani congiunte a reggere la tazza di te che si stava raffreddando lentamente.

“No, non capisci” disse lui improvvisamente animato da un energia sconosciuta.

“Scusa” disse lei sempre più timidamente.

“Maledizione, sono io che dovrei strisciare ai tuoi piedi chiedendoti di perdonarmi, invece sono io che non faccio altro che riversarti parole inutili addosso e ora mi chiedi perfino scusa!” disse lui disperato, si sollevò in piedi e si avvicinò alla finestra.

“L’altro giorno sono scappato perché ho visto quei dipinti, quelle tele cosa significano?” chiese lui.

Lei arrossì e posò la tazza di te.

“Niente” cercò di dire lei, ma lui le fu addosso, i loro visi a pochi millimetri di distanza.

“Dimmelo ti prego” il tono di lui non era altro che una supplica.

“Avevo promesso a Minaku che gli avrei mostrato che cos’è l’amore” rispose lei, gli occhi chiusi, il respiro veloce, il volto rosso dalla vergogna.

“Io ti amo” le disse Naruto.

Lei non riusciva a muoversi, pietrificata.

“Ma avevo paura di dirtelo, avevo paura che tu potessi rifiutarmi. Sono stato un codardo.” continuò lui, accarezzandole i capelli.

Lei incominciò a piangere.

“Avevo così tanta paura che anche tu potessi andartene e lasciarmi ancora una volta solo” disse Naruto anche lui fra le lacrime.

Lei allora si voltò e lui riuscì a stringerla fra le sue braccia, la schiena di lei contro il petto di lui. Le loro mani congiunte.
“Hinata, prometto che io non ti lascerò mai più. Che cercherò in te il mio coraggio” disse lui.

“Prometto che starò sempre al tuo fianco. Cercherò di essere la tua possibilità di felicità. Ti amo” rispose lei.

Lei si voltò e i loro sguardi si trovarono e le loro bocche s’incontrarono per un lungo bacio dolce e appassionato.

Per poi essere stretta fra le braccia di lui, e lasciarsi abbandonare al sonno più sereno che avesse mai potuto sperimentare.

 

The End

 

 

 

Finita, finita, finita!! Dopo mesi di attesa e di lavoro!!

Spero che non deluda le attese e aspettative di nessuno!!

 

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno commentato e letto, ma soprattutto quelli che leggeranno e commenteranno.

 

Spero che il lieto fine abbia messo d’accordo tutti e che potrete perdonare
Naruto per essere stato così insicuro durante il corso di questa storia, ma poverino è così tenero!!

 

 

Ayumi: questa fanfics è tutta per te!!

 

Perché ogni giorno possa essere un NaruHina day!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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