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Autore: papavero radioattivo    08/07/2015    6 recensioni
― DAL CAPITOLO PRIMO. ―
«Sascake?» ripeté Itachi, quasi confuso.
«Sascake» gli fece eco Asami, «Sasuke è un piccolo cupcake, non vedi?» continuò, indicando il più giovane, «ha la faccia da cupcake. Non esistono i cupcake in Giappone?» continuò.
«E tu dai nomignoli alle persone appena le conosci?» domandò Itachi, particolarmente divertito
.

Itachi ha ottenuto l'affido di suo fratello minore e si è trasferito a Londra per lavoro. In questa nuova città, completamente diversa da Konoha, Sasuke si porta dietro i suoi quindici anni appena compiuti ed una grande rabbia nei confronti del maggiore, che lo ha costretto a lasciare i suoi amici e la sua vita senza dargli nemmeno tante spiegazioni in merito.
Frustrato e spaesato, Itachi dovrà fare i conti con Sasuke e con una città che non conosce. Il mutismo del fratello, inoltre, non aiuta la situazione, facendo diventare il clima in casa pesante ed invivibile.
È nel marasma quotidiano che Itachi incontra Asami, una ragazza dai tratti orientali che non conosce una sola parola di giapponese ma si definisce inglese al cento per cento.
Senza volervo, il più grande degli Uchiha è finito sulla strada che lo condurrà al suo Ikigai, alla sua ragione per vivere.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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capitolo

O T T A V O

 

Le cose belle.

 

 

 

Itachi entrò in casa dopo una giornata di lavoro, sfilandosi il cappotto e poggiando le chiavi dell’auto nel contenitore che avevano all’entrata.

«Sas’ke, sono a casa!» affermò cercando di capire dove fosse suo fratello – solitamente lo trovava sul divano a studiare, o al tavolo della cucina, ma non era in nessuno dei due posti.

Attraversò il corridoio legandosi meglio i capelli dietro la nuca, e quando arrivò davanti alla porta della sua stanza finalmente lo vide, intento a trafficare con le valige che aveva messo in un ripiano dell’armadio.

«Che stai facendo?» gli chiese, osservandolo mentre faceva cadere una ad una le grosse borse impolverate sul suo materasso. Naturalmente non era un problema di Sasuke se lui avesse dormito nella polvere, gli sembrava ovvio.

Il più piccolo si bloccò per un istante, lanciando sul pavimento un’altra borsa, «Sto cercando una cosa» si limitò a rispondergli, scaraventando fuori dall’armadio anche l’ultima borsa, «Che non è qui, e non è nemmeno in camera mia».

Itachi sospirò passandosi la mano sul viso, era stanco, e francamente non gli andava di stare dietro ai raptus di suo fratello, ma dal momento che stava distruggendo la casa, e in particolare la sua camera, forse era il caso d’intervenire.

«Se mi dici che cosa stai cercando forse ti posso aiutare» gli fece notare recuperando le valige, incominciando a rimetterle al posto mentre Sasuke saltava giù dal materasso, sul pavimento, stendendosi a terra.

Lo vide infilarsi sotto il letto senza dire niente, e qualche secondo dopo riemerge stringendo qualcosa fra il pollice e l’indice, qualcosa che non sarebbe dovuto essere lì. Itachi arrossì chiudendo gli occhi, cercando di trovare qualcosa d’intelligente da dire mentre suo fratello lo guardava con quel reggiseno in mano, altrettanto rosso in viso. Era una situazione decisamente imbarazzante, ma oramai Sasuke era grande, e prima o poi – in un modo o nell’altro – l’argomento sarebbe saltato fuori.

«Non è quello che pensi» gli disse, cercando di spiegarsi, «Asami ha dormito qui quand-».

«Non voglio saperlo» la faccia di Sasuke era qualcosa di comico e indescrivibile, lasciò cadere l’intimo sul pavimento e poi uscì dalla stanza in silenzio. Itachi si massaggiò le tempie cercando di tornare ad un colorito quanto meno umano, ripensando alla sera in cui Asami aveva cenato da loro.

Si era fermata a dormire, ma non avevano fatto sesso, forse lei lo aveva tolto per dormire, ma in qualsiasi caso non era importante.

Raggiunse Sasuke steso sul divano, con il naso dietro un libro che probabilmente non stava leggendo, e poi si sedette accanto a lui.

«Puoi ascoltarmi un secondo?» gli chiese poggiando la mano sul libro, cercando di abbassarlo per guardarlo in faccia, ma lui non ne voleva sapere.

«Tu e Asami state assieme, ed era ora, quindi non credo ci sia niente da dire» borbottò con il suo solito fare piatto e sbrigativo, senza alzare gli occhi dalle pagine.

Itachi lo guardò espirando a fondo, e poi allungò una mano a scompigliarmi i capelli, osservandolo mentre si stringeva nelle spalle e storceva gli occhi infastidito, prendendogli il polso per farlo smettere.

«Comunque cercavo le mie scarpe» gli disse, cambiando argomento, e Itachi sorrise alzandosi dal divano.

«Ti ho detto che le avrei messe sul balcone» gli ricordò, andando verso la portafinestra per recuperargliele.

Sasuke lo guardò allontanarsi, domandandosi come avrebbe fatto a guardare in faccia Asami alla lezione di quel pomeriggio senza pensare al suo reggiseno blu, sotto il letto di suo fratello.

 

  -――-

 

Itachi inspirò profondamente. Il riscaldamento dell’auto era così alto che faceva fatica a respirare.

Non sapeva perché era così agitato. L’idea di essere fidanzato da più di due mesi gli piaceva – a Sasuke, inoltre, sembrava non dare fastidio. Certo, la storia del reggiseno blu di Asami non sembrava essere dimenticata del tutto, ma almeno non ne parlavano più e Sasuke non lo guardava più con quella faccia di disgusto misto disapprovazione.

Certo, come se lui non avesse mai… iniziò a pensare, bloccandosi subito dopo. No. Non voleva entrare nella sfera privatissima di suo fratello. Erano fatti suoi. Se avesse avuto problemi e avesse voluto dei consigli, sapeva dove trovarlo.

Aprì il finestrino, spegnendo il riscaldamento per inspirare profondamente un po’ di aria fresca. Era esattamente quello di cui aveva bisogno: respirare. Non gli sembrava così difficile… lo faceva continuamente da quando era nato. L’idea di non riuscire più a farlo perché era in imbarazzo lo tormentava… imbarazzo di cosa?

Ridacchiò, passandosi una mano sugli occhi, controllando il volante con la mancina. «Devo smetterla di farmi tutti questi problemi senza senso…» borbottò a sé stesso, rallentando per parcheggiare.

Aveva promesso ad Asami che sarebbe andata a prenderla dopo il lavoro al Dojo. Sasuke era a casa con alcuni suoi compagni di scuola per studiare, e Itachi non voleva di certo disturbarli – inoltre, se c’era la possibilità di rimanere un po’ con Asami senza sentirsi gli occhi del più piccolo addosso avrebbe colto l’occasione al balzo. Chiuse la macchina, infilando le mani in tasca per sopravvivere al congelamento mentre aspettava che i bambini uscissero dalla palestra, accompagnati dai genitori che erano andati a prenderli.

«È permesso?» chiese, scherzando, osservando Asami togliersi la tunica bianca per sostituirla con un maglione verde militare. Un colore che, a dire il vero, le donava molto.

La ragazza si voltò e gli sorrise, ritornando a piegare le proprie cose per infilarle in borsa, «Ha preso appuntamento, signore?» domandò sarcastica, sfilandosi i pantaloni per rimanere in leggings. «Se ha qualcosa da chiedere deve rivolgersi direttamente al mio superiore» continuò, cercando il paio di jeans da mettersi. C’erano un paio di sue amiche che, se avessero visto quella sua abitudine dei pantaloni sopra i leggings, probabilmente l’avrebbero uccisa seduta stante. Ma l’importante era stare caldi.

«Veramente volevo scambiare due parole con lei, signorina Miyagi…»  continuò lui, tenendole il gioco.

Asami estrasse i calzini e gli anfibi dalla borsa, chiudendola poi con un gesto secco. Si girò completamente verso di lui slegandosi i capelli, «Mi dispiace, anche io ricevo solo su appuntamento» disse, pettinandosi con le dita.

Itachi le sorrise, e quel gesto gli illuminò il volto. Le prese il gomito con delicatezza, tirandosela vicino per stringersela e si chinò a lasciarle un bacio sulle labbra, «Volevo dirti che Sas’ke ha dei compagni di scuola a casa…» la informò, accarezzandole la schiena prima di lasciarla libera di finirsi di preparasi, «Non mi va di stare lì e fare l’avvoltoio, ormai sono grandi» già, si consolò, non aveva senso continuare a trattarlo come un bambino piccolo. Quindici anni erano tanti e bisognava consentire una certa autonomia. «Ho pensato che potevamo fare un giro, magari» propose, sedendosi sulla panchina che costeggiava la sala, aspettando che lei finisse di mettersi le scarpe, «Se hai bisogno con la spesa…» disse, provocatorio.

«Non ci sperare, Uchiha» rise lei, «La spesa la farò da sola fino alla fine dei miei giorni». Asami sbadigliò, scompigliandosi i capelli prima di mettersi in piedi e caricarsi sulla spalla la borsa, «Ma se vuoi puoi venire a casa mia… Ormai Neko non ha più bisogno di stare con la mamma» lo informò, facendogli intendere dove voleva andare a parare, «Magari portarlo a casa sarebbe una bella sorpresa per Sascake, non credi?» chiese sorridendo.

Itachi annuì, tendendole la mano per stringerla ed accompagnarla alla propria macchina.

Il sorriso di Asami faceva sembrare tutto più bello.

 

  -――-

 

Quando Asami aprì la porta, Gandalf, Guinness e Paprika andarono a strusciarsi sui loro piedi. Addirittura Severus, che doveva essere il meno socievole tra i gatti, si era avvicinato e gettato a pancia all’aria, come a richiedere le coccole.

«Che hanno i tuoi gatti?» domandò Itachi, chinandosi a grattare Severus che, in tutta risposta, iniziò a strusciarsi sul pavimento.

«Vogliono da mangiare, questi delinquenti» rispose l’altra, abbandonando la sacca sul pavimento prima di afferrare Gandalf, il più vecchio, tra le braccia, lasciandogli una cascata di bacini sulle guance, «Yin e Yang lo avranno finito» commentò poi, come a voler giustificare l’assenza degli altri due.

«E i cuccioli di Guinness?» s’interessò Itachi, allontanandosi da Severus quando questo iniziò ad arpionargli la mano per giocare. Severus che giocava era un po’ come sentire Sasuke ridere: un’occasione più unica che rara.

«Saranno di là a giocare, figurati!» ribatté Asami, «Non fanno altro che mangiare, giocare, vomitare, cadere e distruggermi la casa!» gli disse, indicandogli sul tavolo una serie di cocci che, una volta, dovevano comporre un vaso, «Per la cronaca, non è stato Neko» lo rassicurò. Sapeva che Itachi non avrebbe gradito più di tanto avere una piccola bestiola che distruggeva tutto – escluso Sasuke, s’intende.

«Qualcosa mi dice che sarà come avere un altro fratello…» borbottò lui, appoggiandosi sul muro della cucina mentre osservava la fidanzata aprire tre bustine di cibo umido per gatti e versarle nelle ciotole completamente vuote. Si avvicinò per guardare i pacchetti vuoti, leggendone il sapore. «”Tonno al naturale e gamberi in un delicato e raffinato brodo”…» iniziò, cambiando poi la confezione, «”Tonno al naturale con alici e surimi”», ridacchiò e buttò tutto nella spazzatura, «Certo che li tratti bene…».

Asami sorrise, cercando di scavalcare i gatti per arrivare alla porta sana e salva, «Più che un fratello, ti sembrerà di avere un figlio» rispose, facendolo sorridere. Gli prese la mano e lo condusse in sala, sedendosi sul divano e trascinandolo con lui.

«Sei stanca?» le domandò Itachi, mettendosi comodo vicino a lei, lasciando che Asami si appoggiasse alla sua spalla. A forza di stare con i gatti, quella ragazza stava diventando esattamente come loro. Si appoggiava e strusciava sugli altri con quella delicatezza e quella innocenza dei cuccioli di Guinness che gli facevano sempre tenerezza.

«Il gruppo dei bimbi è tremendo» rispose lei, alzando il viso per mostrargli il proprio sorriso. Aveva un viso che gli sembrava minuscolo e fragile, e lui aveva l’obbligo di tenerlo tra le mani e proteggerlo da tutto ciò che potesse romperlo.

«Meno male che Sas’ke non è così piccolo, allora» ridacchiò lui.

«Oh no! Sasuke ha talento… sai?» disse, quasi si illuminasse parlando del proprio lavoro, «Ha dei riflessi pazzeschi. Magari è nel sangue» continuò, ritornando appoggiata alla sua spalla.

«Ha fatto kendo per un po’» confessò lui, «Gli piacciono le katane».

«Che ragazzo violento!» commentò Asami, ridendo, «Addirittura affettare la gente…».

Il suo commento rimase sospeso nel nulla, mentre gli occhi scuri di lei si specchiavano nei pozzi neri di Itachi che, inconsciamente, le sorrideva. Aveva ancora quella sensazione di doverla proteggere, che fosse piccola e fragile come un soprammobile di vetro o di ceramica – esattamente come quello rotto dal vaso. Tutte le volte che pensava a lei, cercava di ricordarsi ogni dettaglio di Asami: le labbra sottili, il naso piccolo e dritto, il taglio degli occhi insolitamente orientale. Ricordava anche le unghie tagliate corte e le clavicole leggermente sporgenti.

«Sas’ke mi guarda ancora male per la storia del reggiseno…» disse lui, quasi senza pensarci, spostandole un ciuffo di capelli dal viso.

«Evidentemente è geloso perché non ne ha mai visto uno su una persona dal vivo in vita sua» ridacchiò lei, mettendosi sulle ginocchia per poterlo baciare sulle labbra senza farlo abbassare.

Itachi voleva farle notare che lui non l’ha vista in reggiseno, e che non avevano combinato nulla di quello che Sasuke pensava fosse successo quella notte. Ma non importava. Le sfiorò le spalle, scendendo sulla schiena, sentendo la sua colonna vertebrale incurvarsi sotto il suo tocco. Il respiro di Asami gli sfiorò le labbra e le guance come una carezza, con gli occhi socchiusi, lei sembrava ancora più bella.

«Forse possiamo rimediare a quella sera…» commentò, facendo scorrere le mani sul petto di Itachi, sfiorando i bottoni del maglione, arrivando alla cintura dei jeans. Lo vide arrossire appena e sorrise. Da una parte, non se l’aspettava minimante – dall’altra invece… beh, era plausibile che reagisse in questo modo.

Itachi non voleva forzarla. Ed era esattamente il genere di ragazzo che non fondava una relazione sull’aspetto fisico o faceva sesso al primo appuntamento. Era così diverso dai fidanzati che Asami aveva avuto! Gli sorrise, spostando una mano verso la sua guancia, lasciandogli una carezza affettuosa prima di allungarsi per avere un altro bacio.

Rimase in silenzio, tenendo le mani sui suoi fianchi mentre la baciava ancora, scendendo poi sul suo collo. Le spostò i capelli con un gesto delicato, di quelli che si riservano ai fiori e ai bambini. E si sentì una bambina quando lui la prese in braccio, stando attento a non calpestare i gatti o inciampare nei tappeti. Asami sorrideva e ridacchiava contro la sua spalla, sentendosi dopo tanto tempo amata da qualcuno. Il letto sembrò più morbido del solito e lo sentì sprofondare quanto Itachi la coprì con il suo corpo, ritornando a battezzare ogni centimetro di pelle del suo viso e del suo collo con le sue labbra.

Asami gli sciolse i capelli, scoprendoli improvvisamente morbidi quanto fastidiosi. Li tenne con una mano mentre Itachi ridacchiava e le faceva notare che era stata una pessima idea.

«Non è stata una pessima idea» ribatté lei, tirandoglieli appena mentre il ragazzo le accarezzava il fianco sotto i vestiti, «È stata un’idea messa in pratica senza ragionarci» rispose poi, gonfiando appena le guance.

E lui sorrise ancora. Sembrava fatto di sole, portava dentro casa quel tepore che ricorda le giornate di giugno, quando il brutto tempo di Londra lasciava spazio al fresco e alla brezza estiva. Gli sfilò il maglione, sbottonandogli piano la camicia, scoprendo i muscoli appena accennati e quel cuore un po’ malandato battere ancora sotto la pelle di neve. Asami si sentiva esplodere ogni volta che le dita di Itachi toccavano una parte di lei che non aveva mai conosciuto, e sorrise nel pensare che, forse, un giorno le avrebbe contato tutti quei minuscoli nei che le ricoprivano la schiena e il ventre.

Lo allontanò appena, quel che bastava per sedersi e togliersi il maglione. Il freddo le penetrò fin dentro le ossa e Itachi sembrò desideroso di provvedere immediatamente, facendola stendere ancora, seguendo le clavicole con le labbra umide, accarezzandole le spalle con le dita lunghe e morbide, intrecciandole poi alle sue.

«Sei la cosa più bella che mi potesse mai capitare…» commentò  lui, baciandola di nuovo sulle labbra mentre afferrava i lembi della canottiera. La osservò mentre sorrideva e arrossiva per quei complimenti che, evidentemente, non aveva mai sentito. La pelle d’oca la impreziosiva come una trama raffinatissima fatta sulla porcellana bianca.

«Evidentemente ti accontenti di poco» scherzò lei, la mano dietro al collo di Itachi per avvicinarlo di nuovo, sentendo il calore della pelle contro la propria, la sensazione di un cuore battere sul proprio. Gli tolse la camicia, lasciandola cadere da qualche parte sul letto, mentre il respiro di Itachi le riempiva le orecchie e annebbiava il cervello. Ebbe l’impressione che quello che aveva visto negli ultimi mesi fosse solo il fantasma di Itachi, un ologramma ben costruito che lei potesse addirittura toccare, ma che fosse freddo. Scoprì che dentro di lui, dentro quel giapponese dagli occhi scuri e la pelle chiarissima, c’era il calore di una persona innamorata che aveva la necessità di essere donato a qualcuno. E si sentì bene quando le sue mani le strinsero i fianchi, ed il suo viso si nascose nell’incavo del suo collo, chiamandola piano mentre tutto il dolore e il freddo della vita andavano via, lasciando il posto a loro due e nient’altro.

Itachi sembrava fatto di aria, quando si muoveva, volteggiava tra le persone senza mai toccarle davvero. Era lontano nella sua gentilezza e pacatezza, come se avesse sempre un segreto da nascondere. Asami lo aveva sentito, mentre gli stringeva le spalle e gli lasciava minuscoli graffi rossi sulla sua pelle, e gli chiedeva scusa perché sembrava che lo avesse attaccato una banda di gatti randagi.

Lui le spostò i capelli dal viso arrossato e le baciò ancora le labbra, osservandola scompigliata tra i cuscini. «Non fa niente» le disse, e Asami pensò che la primavera fosse arrivata davvero, in quella Londra fredda e buia.

              

 

 

 

 

 

 

NOTE D’AUTRICI → «Aschente!, giuro sui comandamenti».

 

Ebbene, anche questo capitolo in ritardo

Lo sappiamo, lo sappiamo che abbiamo giurato e spergiurato che saremo arrivate puntuali dopo la nostra assenza, ma oh, che ci volete fare! Speriamo solamente che l’attesa sia valsa dopo questo capitolo, e che voi abbiate vomitato un sacco di cuoricini come abbiamo fatto noi ♥♥

Chiariamo subito che no, Itachi e Asami non hanno fatto nulla quella sera in cui Sasuke era fuori con la scuola, ma, come aveva chiesto Asami, hanno recuperato tutto quello che c’era da recuperare.

Dopo i sette capitoli, il fermo di un mese e il ritardo nella pubblicazione, speriamo davvero che la piega che Ikigai sta prendendo sia di vostro gradimento ^^ Il prossimo capitolo sarà quello finale e, per chiudere il tutto, pubblicheremo un epilogo. Insomma, ad ogni settimana questo breve viaggio si avvicina al termine! Ci mancherà Asami, ma faremo in modo che compaia anche in Colla, non preoccupatevi! :*

In più ci teniamo a comunicare che i gusti del cibo per gatti sono rigorosamente autobiografici dei nostri gatti viziati che distruggono cucine quando non gli dai da mangiare.

Per ora è tutto, sperando di non arrivare in ritardo, dovremo sentirci mercoledì 15 luglio! Se dovesse succedere che siamo ancora in ritardo, vi assicuriamo che pubblicheremo entro la fine settimana.

Ringraziamo anche le nuove stelline che si sono aggiunte e mandiamo loro un cuoricino!

 

papavero radioattivo

 

 





   
 
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