Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Kalyma P Jackson    10/07/2015    0 recensioni
[Titolo provvisorio]
"Mancavano solo pochi metri quando la corda iniziò a cedere. Melissa sapeva che non era molto resistente. Aveva accumulato, rubandole dalla lavanderia, lenzuola per giorni e giorni, poi le aveva intrecciate strettamente. Dopo ore e ore passate a spremersi le meningi, aveva ritenuto che la finestra fosse l’ unica via di fuga. La porta di notte veniva chiusa, e sapeva che tentare di procurarsi le chiavi era inutile, e di giorno non era permesso uscire, se non accompagnati. Ed erano molto ligi al dovere, nella sua Casa- Famiglia.
[...]
"Zaccarias Costello..." aveva sibilato il rettile, strisciandogli intorno sospettosa.[...] "Ascoltami bene, perché non ho voglia di perdere tempo. Tu sei un Figlio della Natura. No, non vuol dire hippie. Ti sarai sicuramente accorto del piccolo particolare di, che so, tu parli con gli animali e gli altri no, giusto? Benissimo. Sono i primi sintomi, ed è un abilità naturale che non richiede nessuno sforzo. Gli altri poteri (il pezzo grosso, per intenderci) si manifestano più tardi. Si tratta del dominio di alcuni elementi naturali, ovvero, acqua, fuoco, terra e aria. Ora, c’è questo posto dove si... “addestrano” quelli come te. E dove siete al sicuro, tra parentesi."
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Zac aveva avuto una giornata pessima. Zandra l’ aveva svegliato all’ alba, dicendo che sentiva odore di ferax, qualunque cosa significasse. Togliendo il fatto che aveva dormito malissimo, rannicchiato su una panchina di metallo. Poi avevano allegramente corso per la città, e la serpe l’ aveva costretto a cospargersi di profumo (da donna, tra l’ altro), dopodiché l’intelligentissimo animale aveva avuto la geniale idea di dividersi, e Zac aveva finito per ritrovarsi da solo con un pastore tedesco assetato di sangue che aveva contribuito nel fargli fare una figuraccia con una sua coetanea.
Poi aveva dovuto subire gli insulti di quest’ ultima, l’ umiliazione pubblica di Zandra e, quasi dimenticava, aveva rischiato di morire. Peccato che a salvarlo fosse stata quella ragazzina. Si chiese se dovesse ringraziarla o considerarsi in debito, ma decise che ci avrebbe riflettuto più tardi.
Soprattutto perché Zandra l’ aveva appena richiamato con un: << Piccoletto, guarda che questa parte interessa anche a te. Io ascolterei, al posto tuo.>>
La biscia, dopo essersi girata verso Melissa, a cui negli ultimi dieci minuti non aveva fatto che parlare ininterrottamente, continuò: << Allora, i ferax. La prima cosa da sapere su di loro è che in pratica sono dei meravigliosi piccoli robot programmati da Caos. Caos... beh, è lo spirito del caos, come Fuoco è lo spirito del fuoco. Ve l’ ho già spiegato prima, il concetto. Solo che lui... ha, come dire, grandi aspirazioni megalomani. Voglio essere il re di tutto, bla bla bla. Niente equilibrio.
Secondo i racconti, che ora non ricordo in dettaglio, gli esseri umani sono stati creati in una specie di incidente da Caos e Terra, come molte altre creature. Che per questo hanno una grande capacità di scelta e di veduta, e a volte quest’ unione porta a conflitti interiori o cose simili. Non mi sono mai interessate molto queste cose, però.
Il punto è che ci sono stati tantissimi conflitti tra noi e Caos, anche se non succede niente di veramente serio dai tempi del diluvio universale.
E i ferax sono le sue “armi” più comuni. Sapevate che i servi devoti di Caos possono infettarti e prosciugarti l’ anima lentamente? Sapete, è questo che succede ai ferax. La loro anima, le loro emozioni, persino i loro colori, vengono lentamente risucchiati via, finché non si riducono a robot programmati per uccidere chiunque profumi un po’ troppo di Natura. Bello, vero?>>
Zac mormorò, agghiacciato: << Meglio la morte...>> Melissa, poco lontano, era sbiancata.
<< Bene, allora non contestarmi mentre strozzo qualcuno che ormai non ha più speranza.>> replicò la serpe, che aveva un udito fine.
<< E... dove stiamo andando di preciso, Zandra?>> chiese subito Melissa, approfittando del momento di silenzio. Zac l’ assecondò immediatamente, felicissimo di cambiare argomento. << Già, Zandra... non mi ricordo neanche il nome...>>
<< Lo aggiungiamo alle centinaia di cose che non ricordi?>> replicò la serpe, gioviale. Ma prima che uno dei due proferisse verbo, continuò: << La nostra meta è l’ Insula Naturiam, che in latino significa Isola della Natura. Esiste da molto tempo, e furono i romani ad assegnarle questo nome. Tipi fantasiosi, vero? Comunque, lì vivono i Figli della Natura italiani. Prima che uno di voi me lo chieda, sì, siamo in tutto il mondo. Pensavate che l’ Italia avesse l’ esclusiva?>> Zandra, come al solito, non attese i loro commenti, e si fermò solo mezzo secondo prima di riprendere. << In questo meraviglioso posto, le creature del Caos non si avventurano quasi mai, e, pensate, ci vivono anche dei civili! Figli della Natura vecchi e scorbutici e mocciosi invasati che tentano di gelarti la coda. Il Paradiso. Ma nella parte di isola dove finirete voi, c’è la Scuola. Quella vera, intendo, con l’ utilizzo dei poteri e le tecniche di combattimento. La maggior parte dei figli della Natura, dopo le medie, inizia ad affinare i suoi poteri. Alcuni, se particolarmente bravi, anche prima. L’età minima per frequentare questi corsi, però, è tredici anni. C’è un gruppo che studia in casa, ma sono in pochi. Pochissimi.>>
Zandra si lanciò ben presto in una filippica su quanto fossero stupidi quei genitori che non spedivano i loro pargoli a scuola a calci, che nessuno insegnava combattimento meglio di Non-ho-capito-chi e che quei poveretti sarebbero stati sbranati da un ferax.
Zac, annoiato, smise ben presto di ascoltarla. Combattere, combattere, combattere. Sembrava essere la parola preferita della serpe. Ma chi aveva per madre, un’ Amazzone?
Madre. Zac aveva un groppo in gola. Quella era la parola che ultimamente ossessionava i suoi, di pensieri. Doveva essere preoccupata. Molto preoccupata. Ma, dopo aver visto il ferax, Zac era sicurissimo di non voler tornare indietro. Non poteva rischiare di mettere nei guai la sua intera città. Forse, una volta arrivati a quest’ Insula Naturiam, avrebbe potuto avvisarla. Con un telefono, magari. Ma intanto, immaginarsi sua madre singhiozzante e tormentata, in pena per il figlio che non tornava...
Doveva distrarsi. Pensare a qualcosa. Qualsiasi cosa... I suoi occhi, quasi per caso, si soffermarono sulla sua nuova compagna di viaggio. Precisamente, sui suoi capelli. Erano un ottimo elemento di distrazione, perché non ne aveva mai visti di simili.
Erano rossi, ricci, e piuttosto gonfi. Ricordavano in modo incredibile una di quelle bizzarre parrucche da clown, solo che erano un po’ più lunghi (le arrivavano alle scapole). Considerando la loro condizione, era probabile che non venissero pettinati decentemente da un paio di giorni.
Seguì con gli occhi i suoi lineamenti, non trovando di meglio da fare. Melissa aveva un viso magro, dai lineamenti sottili e affilati, col naso all’ insù spruzzato di lentiggini e le labbra rosa e carnose. I suoi occhi erano una perfetta mescolanza di azzurro e di grigio, come un cielo poco prima della pioggia, e sicuramente non le davano un espressione dolce. Aveva provato sulla pelle l’ effetto delle sue occhiatacce.
Anche ora, a ben guardare, poteva notare che non aveva un’aria rilassata o felice. Non del tutto.
Era anche un po’ più alta di lui, come aveva avuto modo di notare anche prima, e il suo fisico ricordava quello di un ghepardo: magro, agile e veloce.
Si accorse che la stava fissando da fin troppo tempo, e si affrettò a girarsi, arrossendo al solo pensiero di quello che avrebbero pensato le altre due se lo avessero beccato. Per fortuna, Zandra sembrava infervorata di qualunque cosa stesse parlando e Melissa altrettanto interessata alle sue parole.
Poi, accadde qualcosa. Il profumo di salsedine, che era persistente già da un po’, si fece più acuto. Il rumore del mare, prima un debole eco, si fece più intenso, forte. Gli strilli dei gabbiani gli giunsero alle orecchie. E all’ improvviso, svoltata una curva, lo videro. Il mare. Una scintillante distesa blu, solcata da varie navi (dalle imponenti navi da crociera alle panciute mercantili), dirette tutte al molo.
Zac si precipitò alla ringhiera di metallo nero che lo separava dalla spiaggia, alcuni metri più sotto. Fu quasi più veloce di Zandra, che si attorcigliò immediatamente a una sbarra. Erano della stessa tonalità di nero. Un occhio disattento poteva facilmente scambiarla per parte integrante della ringhiera.
Zac sorrise divertito: quando ci si metteva, quella serpe era peggio di un ninja.
Con la coda dell’ occhio, scorse la loro nuova compagna di viaggio appoggiarsi alla ringhiera e sporgersi in avanti, neanche volesse buttarsi. Sembrava eccitata, anche più di lui, che più che altro era sollevato. Non vedeva l’ ora di poter stare con persone come lui, poter usare il suo potere senza essere classificato come pazzo, conoscere l’ elemento a cui era affine (Zandra era sicura al 99,9% che fosse un Figlio della Terra, ma chissà...), frequentare quelle lezioni speciali fatte a posta per chi era come lui... ma, davanti al sollievo per la fine di quel folle viaggio, le sue aspettative e curiosità erano momentaneamente passate in secondo piano.
Non che avesse tempo di rimuginarci sopra, anche perché la voce piena di aspettativa di Melissa era difficile da ignorare. << Che facciamo? Dobbiamo tuffarci? O i Figli della Natura hanno un traghetto privato?>>
Zandra li guardò sogghignando. << Una specie. Vedrete...>> Il ghigno lasciò quasi subito il posto a un espressione più seria.
<< Dobbiamo trovare un tratto di spiaggia calmo, poco frequentato...>> La serpe si agitò un po’ sulla sua sbarra.
<< Tu! Abbassati e renditi utile!>> decretò, girandosi verso Zac. Lui obbedì, chiedendosi cosa diavolo dovesse fare adesso.
 << Stendi il braccio e sta fermo e zitto!>> ordinò Zandra. Non appena ebbe eseguito, gli risalì lungo il braccio a velocità super. Quando il ragazzino riuscì a reagire con un sussulto sorpreso, si stava già infilando nel suo zaino.
Zac la sentì cercare di farsi largo tra la sua roba, per poi sibilare: << Certo che sei un tipo ordinato, tu! Anche le mutande e le magliette in due bustine separate!>>
Si limitò ad arrossire vagamente, mentre Melissa ridacchiava. Aveva un sorriso di scherno stampato in faccia, mentre chiedeva alla biscia quale sarebbe stata la prossima mossa. E Zac era sicuro che non fosse solo per via delle battutine di Zandra. Quella ragazza lo schifava. E tanto.
Infastidito (Zandra era Zandra, che non aveva paroline dolci per nessuno, ma Melissa... cosa le aveva fatto?) ascoltò la serpe dirgli di iniziare a scendere in spiaggia e camminare.
Il ragazzino eseguì, tallonato da Melissa, che, anche se non a parole, lo esortava ad andare più veloce, spazientita.
In spiaggia non ebbero molta fortuna. Poco lontano c’era il porto. Zac sentiva le grida e qualche stralcio di discorso provenienti da quest’ ultimo e poté effettivamente constatare che quando qualcuno era volgare e veniva chiamato “ scaricatore di porto”... beh, era un nomignolo corretto.
Il punto in cui erano scesi era più o meno pulito ma, addentrandosi, i due ragazzi iniziarono a notare i primi rifiuti, fino ad arrivare al punto in cui dalla sabbia spuntavano cumoli di spazzatura alti un metro. Con l’ odore di pesce marcio penetrante e persistente, poi, il posto era quasi peggio della vecchia discarica che Zac e Zandra avevano attraversato durante il loro viaggio.
Anzi, era la discarica, solo con lo sciabordio delle onde in sottofondo. Zac non vedeva l’ ora di fermarsi e sparire, ma dappertutto c’erano lidi, gente che faceva il bagno (in quell’ acqua schiumosa e puzzolente, poi...) o che prendeva il sole. E non erano neanche in estate...
<< Quanto credi che dovremo camminare ancora?>> chiese rivolto alla serpe, comodamente “seduta” nel suo zaino.
<< E che ne so? Potrebbero essere dieci metri come dieci chilometri...>>
<< Molto incoraggiante.>> ribatté Melissa sbuffando. Nessuno dei due fece altri commenti.
 Alla fine, dopo l’ ennesimo lido rumoroso, Zandra sussurrò: << Alt! Vedi quegli scogli davanti a te? Ma certo, anche un piccoletto come te li nota, sono enormi! Comunque, infilati lì in mezzo, dovrebbe esserci una grossa spaccatura da qualche parte con uno straccetto di sabbia che da sul mare. E adesso, passa parola!>>
Mentre riferiva le parole della serpe a Melissa, Zac dette un occhiata agli scogli. Erano una imponente massa di roccia rossastra erosa dal tempo, e, sul lato più alto, si infrangevano enormi cavalloni. Sperò solo di non doverla scalare e che il tutto sarebbe avvenuto via terra.
Melissa, intanto, stava già tastando e scrutando la roccia alla ricerca di un possibile passaggio. Zac poggiò una mano sulla roccia, quasi accarezzandola. Il suo sguardo fu come attirato da uno spacco sul lato opposto dello scoglio: era piccolo e stretto, ma  era sicuro che fosse l’ unico ingresso.
<< Trovato!>> esclamò, rivolto alla sua compagna di viaggio.
<< Bene Fido, eccoti un biscotto.>> commentò lei, lanciandogli una manciata di sabbia.
<< Ehi!>> sbuffò Zac irritato, spazzolandosi maglietta e pantalone.
Melissa non gli badò, troppo impegnata a scrutare l’ apertura come se fosse un serpente a sonagli in procinto di morderla.
<< Sicuro sia l’ unica strada?>> chiese lei, alzando un sopracciglio, scettica.
<< Credo che l’ unica alternativa sia scalare la scogliera, ed è troppo pericoloso. Questo passaggio è un po’ scomodo, ma rapido e relativamente sicuro.>>
<< Definisci relativamente...>> obiettò sospettosa lei.
<< Beh, non vedo grandi osta...>>
<< Oh, basta, filate dentro o vi ci porto a calci!>> sbottò infine Zandra, uscendo dallo zaino e calandosi giù. Tempo cinque secondi ed era già a metà sentiero.
Zac la seguì senza indugi, anche se molto più lentamente. La spaccatura era davvero stretta, difficile da attraversare se non si camminava lateralmente. Melissa li osservò truce e borbottò qualcosa di poco lusinghiero su rocce e stupidi serpenti, ma poi li seguì, seppur con malavoglia.
Camminava lentamente, centimetro dopo centimetro, tanto che Zac le chiese: << Tutto bene?>>, mentre lei strisciava faticosamente poco lontano da lui.
<< Tutto bene, non ho certo bisogno di un pivello come te.>> ringhiò lei a denti stetti.
Zac si strinse nelle spalle, decisissimo a non chiederle mai più niente in vita sua, e ingoiò a forza la rispostaccia che aveva in mente, che comprendeva una parte in cui l’ orgoglio l’ avrebbe uccisa in modo atroce.
Poco dopo, lui era già fuori, mentre lei gli arrancava dietro. Non si premurò di aspettarla e raggiunse Zandra, che aveva la testa sott’ acqua e soffiava in quella che sembrava una grossa conchiglia attorcigliata.
Come aveva profetizzato la serpe, infatti, lì non c’ era che uno spoglio fazzoletto di sabbia, che probabilmente con l’ alta marea veniva sommerso quasi del tutto.
Melissa sbucò accanto a lui nel momento esatto in cui la serpe tirava su la testa. << Allora?>> si informò, impaziente.
<< Arrivano.>> rispose la serpe, serafica, accomodandosi sul bagnasciuga.
<< Arrivano chi?>> domandò Zac, inquieto. Prima cha Zandra potesse rispondere (probabilmente con qualche odioso “ora vedrai”), Melissa esclamò, con tono allarmato: << Cos’è quello?>>
Zac seguì il suo sguardo, ma all’ inizio non vide niente di che. Solo le onde che andavano a infrangersi sul bagnasciuga. Poi si accorse che nel movimento dell’ acqua c’ era qualcosa di anomalo.
 Cioè, lui non si intendeva di queste cose, non era un esperto lupo di mare e non aveva mai guidato una barca (a meno che quella di plastica che metteva a galleggiare nel lavandino da bambino non contasse qualcosa) ma era abbastanza sicuro che nessuna corrente, vento o tantomeno tipo di pesce sollevasse una così marcata linea di spuma bianca a pelo d’ acqua,  un po’ come la versione marina della striscia di fumo lasciata in cielo da un aereo.
Per un attimo pensò che Zandra avesse chiamato il sottomarino privato dei Figli della Natura. Poi il presunto sottomarino uscì allo scoperto, e Zac temette di avere un colpo.
Era un essere grande come una macchina, dal corpo snello e flessuoso, il davanti di un magnifico cavallo pezzato di bianco e nocciola (con tanto di criniera marrone- dorata) e il posteriore che sembrava un misto tra quello di un delfino e quello di una foca, tranne per il lucente bianco perla. Ma, soprattutto, era una creatura che Zac aveva visto raffigurata solo in qualche vecchio e polveroso libro di mitologia: un ippocampo.
Un ippocampo che aveva appena raggiunto la riva, annunciandosi con un lungo fischio da delfino. Il ragazzino indietreggiò, incespicando nei suoi stessi passi, con la bocca semi aperta e gli occhi fuori dalle orbite. Non avrebbe saputo dire se fosse più spaventato, stupito o confuso, ma di sicuro era in un momentaneo stato di shock.
 Anche Melissa, come notò poco dopo, sembrava parecchio scossa. Si era schiacciata contro lo scoglio, afferrandone la parete con entrambe le mani, e si guardava intorno come se cercasse un arma o una via di fuga.
L’ ippocampo li guardò a metà tra lo sconcertato e l’ incuriosito, poi emise un leggero sbuffo divertito. Intanto, di fianco a lui emerse un'altra figura, più snella e del colore di un anguilla. L’altro ippocampo si limitò a degnarli di un’ occhiata di disinteresse, con due occhi color castagna che si intravedevano appena sotto la cortina di pece che era la sua criniera.
<< Salve, Figli della Natura!>> nitrì il primo, sbattendo energicamente la coda per sottolineare le sue parole. Rivolse un rispettoso cenno a Zandra, che ricambiò con un rapido guizzo delle lingua e un movimento del capo.
<< Che c’è?>> domandò, non ottenendo risposte. << Non avrete mica paura di me, eh? Ho la criniera in disordine, vero?>>
<< Non hanno mai visto un ippocampo. Poveri novellini.>> lo informò Zandra con un ghigno.
<< Oh, questo cambia tutto.>> L’ippocampo annuì piano con la testa, senza badare al tono della serpe. Il suo compagno puntò invece  lo sguardo su Melissa, sbuffando.
<< Sento su di voi l’ odore di ferax. Come gli siete sfuggiti se davanti a me, che sono una creatura amica, avete questa reazione?>> chiese. Non aveva un tono beffardo o di scherno. Anzi, il suo tono era serio, forse fin troppo per parole come quelle.
Melissa non gli rispose. Era troppo impegnata a scuotere la testa, come se si stesse risvegliando da un lungo sonno.
<< Voi non... non potete esistere.>> balbettò, incredula. Zac si trovava d’accordissimo.
Ricordava vagamente che, quand’ era molto piccolo, desiderava cavalcare un ippocampo. Questo prima che si rendesse conto che per farlo avrebbe dovuto entrare in acqua, in mare, e lui odiava le distese d’ acqua più grandi della sua vasca da bagno. Per non parlare del suo mal di mare.
E poi, prima che arrivasse a queste conclusioni, sua madre aveva spento i suoi ardori spiegando che “gli ippocampi non esistono”. Cosa che da piccolo si era sentito ripetere spesso: non esistono persone che parlano agli animali, non esistono draghi, non esistono unicorni e nemmeno il mitico Pegaso, non esistono i mostri dell’ armadio, non esistono portali nell’ armadio...
Alla fine quei non esistono si erano radicati così tanto in lui... forse era per questo che quell’ ippocampo lo aveva sconvolto tanto. Era come infrangere un tabù.
“Invece esistono. Esistono e io oggi avrò il piacere di vomitare quel poco che ho mangiato addosso a uno di loro.” pensò, forse rivolgendosi inconsciamente a sua madre.
<< Non credi di essere un po’ maleducata? Non potete esistere non è una cosa molto carina da dire.>> replicò intanto uno dei diretti interessati, rivolto a Melissa (precisamente il primo, quello pezzato).
Vedendo che non otteneva reazioni, alzò gli occhi al cielo e esclamò, in tono più o meno allegro: << Ok, partiamo da capo. Io sono Aaron, e il tipetto scuro accanto a me si chiama Momo. Siamo entrambi ippocampi, penso l’ unica cosa che ci accomuna, e siamo alcuni dei diversi Trasportatori della zona. Come molte altre specie animali, abbiamo fatto un patto con i Figli della Natura. Questo da non so quanti millenni. Va bene, come presentazione?>>
Zac deglutì. Perché non rispondergli? In fondo erano... “alleati”. Anche se continuavano a metterlo un tantino in soggezione, Momo in particolare. Li scrutava attentamente dal suo angolo, quasi fosse un predatore che studia la preda.
<< Ehm... ciao. Io mi chiamo Zac...>> tentennò, non sapendo che altro aggiungere.
<< Grazie per la disponibilità. Anche da parte di Melissa... penso.>> aggiunse poi, guadagnandosi un occhiataccia da quest’ ultima. Sembrava si fosse completamente ripresa dallo shock, mentre bofonchiava un << Salve.>> a denti stretti.
<< Bene, i convenevoli sono durati anche troppo. Voglio tornare a casa e stare in pace per un po’ a godermi la fine di questo ingrato compito, se non vi dispiace.>> intervenne Zandra.
<< La novellina su Aaron e io e il piccoletto su Momo.>> ordinò poi.
<< Grazie per avercelo chiesto, despota.>> borbottò Aaron scuotendo il capo. Sorrise rassegnato e porse il dorso alla ragazzina, che non esitò un istante. Come se non avesse fatto altro nella vita, si sistemò più o meno elegantemente sull’ animale. O forse era solo una suggestione di Zac. Magari sarebbe salito esattamente allo stesso modo.
Deglutì, osservando l’ ippocampo che, con movimenti lenti e misurati, si avvicinava alla riva e gli porgeva il dorso. Il suo sguardo, però, sembrava dire maligno: “ Vediamo se hai il coraggio di salire, piccoletto!”
Zac scosse la testa. “ Sarà l’ influenza di Zandra che si allea col mio solito mal di mare...” cercò di auto convincersi, inquieto. Intanto la serpe, al contrario di lui, si era già sistemata, e lo fissava come per dire: “ Ce la vogliamo dare una mossa?!”
E persino il pacifico Aaron pareva dare segni d’ impazienza. Annoiato, sbatteva energicamente la coda avanti e indietro a pelo d’ acqua. L’unica del tutto tranquilla era (quell’ idiota di) Melissa, che lo guardava rilassata, un arrogante sorriso sornione in volto.
Fu più o meno in quel momento che Zac iniziò a classificarla come presuntuosa bulletta attaccabrighe e decise che non vedeva l’ ora di liberarsene.
Raddrizzandosi, si incamminò a passo svelto verso la sua cavalcatura. Non si preoccupò di togliersi le scarpe perché aveva intuito subito che, alla fine del viaggio, sarebbe stato zuppo in ogni caso. Cercando di sistemarsi nel miglior modo possibile, salì in groppa.
Per un secondo, credette che il viaggio sarebbe andato bene. Si stava piuttosto comodi sull’ ippocampo (come sul più morbido dei cuscini) nonostante l’ acqua che gli lambiva i polpacci.
Poi, proprio mentre si diceva “Dai, non è così male”, Aaron fischiò, annunciando la partenza.
L’ ippocampo scattò, andando a tutta birra, e Momo non poté far altro che seguirlo. Zac strinse le gambe attorno ai suoi fianchi in modo quasi spastico, piegandosi in avanti e afferrando la criniera con le dita.
“ Ti prego, fa che sia un viaggio breve!”  
 
 
 

Angolo Autrice:
Hola ragazzi! Vi sono mancata? Ok, lo so che non aggiorno da mesi, ma in questo lasso di tempo ho scritto due captoli. Almeno, non rimarrete a bocca asciutta troppo a lungo, stavolta (credo). E poi, cercate di capirmi, avevo gli esami! E il primo luglio sono andata in vacanza. E fra poco ci ritorno anche. Yeeeh!
Mi dispiace che questo capitolo (Lungherrimo, tra l' altro) sia solo di passaggio, ma purtroppo ci voleva! :(
Se vi fa schifo, lasciatemi una recensione. Se vi piace, lasciatemi una recensione. Insomma, per favore, sarebbe gradito un parere.
Comunque, ci tenevo a ringraziare appunto Cygnus_X1, che è stata tanto gentile da recensire :D. E anche nadine5, che ha messo la storia tra le seguite. Vado finalmente via. Baci,
                                                                                                                   Kalyma
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Kalyma P Jackson