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Autore: ToscaSam    10/07/2015    1 recensioni
importantissimo!
Come il precedente Nate Babbane e i Blasoni Familiari, questa storia seguirà la trama di uno dei libri della saga di Harry Potter, solo da un punto di vista diverso. Stavolta sarà Harry Potter e il Principe Mezzosangue a fare da sfondo alla vicenda che mi accingo a narrare.
Si tratta del terzo capitolo di quella che vuole essere una gigantesca fanfiction, regalo per le mie più care amiche.[...]. In secondo luogo, sarà un percorso attraverso i libri di Harry Potter, solo da un’altra prospettiva, un po’ meno in luce. Il punto di vista sarà quello di studentesse “normali”, che non hanno a che fare niente con le vicende eclatanti che gravitano attorno al trio protagonista della serie.
Vorrei specificare che cercherò di essere più fedele possibile ai romanzi, nel senso che leggerò accuratamente e riporterò in chiave personalizzata tutti i momenti “generali” presenti nei libri. Voglio dire che quando si nominerà “la Sala Grande gremita di studenti”, probabilmente i miei personaggi saranno lì presenti, o che quando si parlerà di “partite di Quidditch” le mie protagoniste si uniranno al resto della scuola per fare il tifo. [...]
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nate Babbane (OLD VERSION)'
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L’eco della rinascita
 
« Che cosa è successo a chi
Irene, ancora spettinata e sprofondata su un pouf giallo della Sala Comune, stava ad ascoltare Dario – pimpante come non mai – che la strattonava per un braccio.
Tegamina aveva appena fatto lo scivolo dalla manica del ragazzo e ora solleticava il collo della padrona, che iniziò un riso incontrollato.
« Allora. Mi sono informato. Si chiama Katie Bell. È di Grifondoro e gioca anche nella squadra di Quidditch. È stata stregata, ma non ho capito se è stato qualcuno o se ha toccato qualcosa di maledetto! Insomma! L’hanno spedita al San Mungo!».
Dario l’aveva detto tutto d’un fiato e il suo tono di voce era decisamente più euforico che preoccupato.
« Mamma mia … io non mi sono accorta di niente. Tirava un vento da far paura. Ma ora come sta?»
« Questo non lo so. Però sai un’altra cosa? Ho visto Alice con un tizio, da soli, in giro!»
Questo convinse Irene a svegliarsi un pochino, anche se per ora non trovava la forza di alzarsi.
« Davvero? E chi?»
« Ma che ne so! Sarà uno di Corvonero!»
Irene  alzò le spalle e, tendendo una mano a Dario, si decise a tirarsi su.
« Quand’è la prima partita di Quidditch?» chiese, assonnata.
« La prossima settimana. Credo che i Serpeverde abbiano preso Laura in squadra!»
« Ah si? Eppure i suoi amici hanno finito la scuola, quest’anno!».
Sempre chiacchierando del più e del meno, con leggerezza, i ragazzi di Tassorosso si avviarono verso la Sala Grande per la colazione.
Si misero a sedere poco distanti da un irritante Zacharias Smith che leggeva la Gazzetta del Profeta ad alta voce, cercando di ammaliare un gruppetto del primo anno.
Dando una sbirciata all’orario di Dario, Irene esultò:
« Hai divinazione, oggi!»
« Già»
« Com’è? Ti piace?»
ora mi sembra « Per solo di essere al bar, sinceramente …»
Irene sorseggiò la tazza di latte, pensando con nostalgia alla sua prima lezione con la Cooman. Erano volati più tè e zuccherini quel giorno, che nel diluvio universale.
A quelli del quinto anno era stato assegnato Fiorenzo il Centauro, quindi per Boris e Moris erano finiti i tempi delle grandi risate a Divinazione.
« Quanto pagherei per poter essere a lezione con te, Dario. Io devo andare da Caciocavallo …».
Dario attese che Zacharias finisse di urlare una frase particolarmente significativa – riguardante altri casi di Mangiamorte, come se ne verificavano tutti i giorni – poi rispose:
« Senti, almeno te sei con Valentina. Io mi sorbisco quelle due simpaticone di Laura e Bianca. Si mettono a sedere sul tavolino più lontano da me e mi guardano male. Di certo sparlano tantissimo».
 Irene si stava mettendo la borsa in spalla, pronta a cominciare la giornata di lezioni:
« Secondo me è la tua immaginazione, Dario. Anzi, mi sa che sei più te quello che parla male!»
Sorridendo all’amico, si caricò Tegamina su una spalla – prima di lasciarsi prendere, la Puffola andò a strofinare una carezza sulla guancia di Dario – e raggiunse Valentina che la stava aspettando nella Sala d’Ingresso.
Mentre appunto le due ragazze si avviavano insieme verso l’aula al pian terreno dove Fiorenzo teneva le sue lezioni, Laura e Bianca non poterono fare a meno di notarle.
 
« Lo vedi? Te lo dicevo che non le piacciamo più. Saremo diventate troppo estremiste per i suoi gusti, bah. Lei e i suoi nonni buonisti».
Bianca allungò il passo, affiancata da una Laura taciturna.
« Saranno anche buonisti …» disse poi, cercando di mantenere la velocità della marcia, lungo la prima rampa di scale: « però almeno lei non ha da tenere il muso a nessuno».
« Mi sembri Adrian» sbottò Bianca, raggiungendo lo sciame di Serpeverde che avevano scelto Divinazione: « Sempre a scrivermi che dovrei smetterla, che dovrei lasciar perdere, … ma che siamo diventati?».
Laura sembrò stupita:
« Adrian?»
« Quanti Adrian conosci?»
« Adrian Pucey ti scrive di lasciar perdere?» Laura alzò un sopracciglio e seguì l’amica lungo l’ultima scala a chiocciola di pietra prima dell’aula.
« Si, ha detto che non gli piace come si stanno mettendo le cose. So che Warrington è andato all’estero coi suoi genitori, perché avevano qualche intrigo con Tu-Sai-Chi ed erano spaventati. Credo che anche Montague si sia dileguato. Ah comunque Adrian ti fa i complimenti per il tuo ingresso nella squadra. Dice che non sapeva che tu fossi brava anche come Portiere»
Laura divenne vermiglio:
« Come diavolo lo sa?»
« Gliel’ho detto io in una lettera».
Erano giunte al pianerottolo con la botola, oltre la quale la professoressa Cooman teneva le sue lezioni.
Bianca salì la scaletta di legno con un po’ troppa velocità e Laura la seguì, poco dopo.
C’era un forte odore di sherry, anche se la professoressa non era ancora seduta sulla sua abituale poltrona.
Bianca e Laura presero posto a un tavolino circolare, lontano da quello che di solito occupava Dario.
Visto che Bianca pareva decisa a rovistare cose inesistenti dentro la sua borsa, Laura capì che voleva parlare d’altro (o non parlare affatto).
 
« Sono preoccupata per Anton» sospirò, d’un tratto, appoggiandosi sui gomiti.
Bianca capì che l’argomento pericoloso era chiuso e ringraziò il tatto dell’amica con tutta la premura possibile per la questione tirata in ballo.
« Perché?».
Laura emise un altro lungo sospiro.
« È passato più di un mese dall’ultima volta che l’ho sentito. Siamo a ottobre inoltrato. Fra poco arriverà novembre e se lui non mi risponde io sarò ancora più in tensione».
« Ma non ti ha detto che è impegnato in una missione top secret? Non avrà tempo per mettersi a scrivere …»
« E se fosse successo qualcosa come lo saprei?»
Bianca ci pensò su, decisa a non far cadere Laura nello sconforto.
« Beh … mi pare di aver capito che c’è anche quel Joe, lì con lui, no? Senti Valentina se ha notizie».
Laura parve sorridere un poco a quella prospettiva.
Non ci aveva pensato ed era una buona idea.
I loro discorsi furono però interrotti dalla teatrale entrata della Cooman, che iniziò la lezione con voce mistica, anche se l’alito le puzzava sentitamente di liquore.
 
**
 
Una luce bianca e accecante gli fece aprire gli occhi.
Era una tortura terrificante cui era sottoposto ogni giorno, tanto che riusciva a distinguere lo scorrere del tempo solo grazie a quel doloroso rituale.
Per quanto si era sforzato, le gambe e le braccia non si muovevano e anzi, preferiva mantenerle ferme perché ogni tentativo di divincolarsi pareva aprirgli profonde piaghe nella carne.
Doveva essersi mosso troppo, quella mattina, anche senza accorgersene: gli avambracci frizzavano come se mille zanzare l’avessero appena punto.
 
« Allora, oggi siamo in vena di parlare, ragazzo?»
Sempre la stessa voce, incalzante e sprezzante.
Se fosse stato in condizioni normali, Anton l’avrebbe preso a botte anche senza bacchetta.
« Anche stamani siamo un po’ duri d’orecchi, eh?»
Un’altra voce, dal buio, urlò: «Crucio!».
Dalle labbra di Anton uscì un grido straziante.
Si era mosso e oltre al dolore della Maledizione doveva di nuovo fare i conti con le ferite che gli legavano braccia e gambe.
 
« Io pensa che faremmo meglio a sbarazzarcene e basta. A cosa lui serve, se non parla?»
« Sai? Tu ha proprio ragione» concordò il mago che stava puntando la bacchetta illuminata negli occhi di Anton.
« Sono decisioni importanti, da prendere. Io do te un altro mese, ragazzo. Se non avrai vuotato il sacco entro un mese, ti ucciderò. Il tempo è ancora più lungo, al buio. Vero? Chissà chela tua salute mentale non crolli prima e decida di fare me risparmiare tempo. Chissà che tu non sputi il rospo nel giro di una settimana.
« D’altra parte, la paura che il mese sia scaduto ti attanaglierà d’ora in avanti … no?».
Anton ebbe un piccolo scossone.
« Voi dite me che cosa è accaduto al resto di miei compagni»
Disse con voce fioca, debolmente.
Quello che aveva lanciato la Maledizione Cruciatus rise forte:
« È proprio per questo che noi deve tenere in vita almeno te. Abbiamo ucciso tutti gli altri. Chi ci dirà quello che Ministero Inglese sa, se non tu? Tu tradisci nostro Paese, ti sei venduto agli inglesi. E ora noi vogliamo darti la possibilità di te redimere …»
« Quando la paura di essere ucciso ti avrà consumato, facci un fischio. Noi non aspettiamo altro …».
Anton sentì un rumore di schiocchi e capì che i suoi rapitori si erano Smaterializzati.
Una goccia di sudore gli scivolò lungo la tempia.
Era tutto così tremendamente buio.
No, pensò d’un tratto. Era lui quello col coltello dalla parte del manico.
Loro venivano tutti i giorni, con quelle stupide bacchette puntate negli occhi, ad interrogarlo. Avrebbe potuto tenere il conto dei giorni che passavano.
Ma era proprio sicuro che arrivassero sempre, ogni ventiquattr’ore?
E poi per “mese” intendevano trenta giorni, trentuno o meno? Oppure avrebbero aspettato la fine del mese già in corso? In che mese si trovava adesso?
Fai il conto, si diceva Anton. Quanto tempo è che sono qui?
Doveva essere pieno autunno, perché il freddo si era progressivamente intensificato.
Poi si ricordò anche del rumore di schiocchi …
Qualcuno si era Smaterializzato anche quel giorno, durante l’agguato, nei pressi di Pllovka.
Non erano tutti morti.
E di certo, pensò, Joe Blusvich era abbastanza codardo da far parte dei fuggitivi.
Joe poteva andare a dare l’allarme a qualcuno, poteva avvisare il Ministero Inglese … si sarebbero interessati a cercare tutti i membri della squadra. E, una volta ritrovati i corpi dei deceduti, avrebbero visto che il suo mancava all’appello.
Si, si, di certo lo stavano cercando.
Ce l’avrebbero fatta entro un mese?
Anton si era inventato finora le peggiori storielle per mantenersi in vita: gli avevano chiesto se lavorava per gli inglesi; aveva risposto di si. Gli avevano chiesto se era un Auror al servizio del Ministero inglese e aveva detto di si. Gli avevano chiesto se possedeva informazioni importanti e aveva detto di si.
Che altro avrebbe dovuto fare? Erano stati ben chiari nel riferirgli che, nel caso le risposte fossero state negative, non era di alcuna utilità per loro.
Erano un gruppo di invasati, quelli.
Anton non credeva che ci fossero cose del genere, in Bulgaria.
Aveva sottovalutato l’eco della rinascita del Signore Oscuro, senza pensare che avrebbe potuto fomentare la ricomparsa di piccoli gruppi di sostenitori dell’ “altro” Signore Oscuro.
Dalle sue parti, infatti, la gente si vestiva di nero in onore di Grindelwald e, come nel caso di questi criminali rapitori, si dichiaravano solidali all’attività dei Mangiamorte.
La guerra stava mettendo radici in ogni parte magica del mondo, pronta ad esplodere in pompa magna.
Anton adesso riusciva a pensare a veramente poche cose … o magari troppe, che si fondevano in un unico marasma confuso.
Suo padre, il lampo verde, lo schianto a terra … la gente che si Smaterializzava, un gran dolore, poi il buio e quella periodica luce, puntata negli occhi.
Joe è fuggito e ha dato l’allarme, si diceva.
Devo solo aspettare.
 
  
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