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Autore: cuffiette    10/07/2015    2 recensioni
Irene ha sedici anni, il sorriso sempre sulle labbra e un caratterino tutto pepe. Ma Irene ha anche un “F.R.P.” (fratello rompi palle ) e due amiche completamente folli, ha uno spiccato senso dell’umorismo e tanta voglia di vivere.
Tra i banchi di scuola, nei corridoi di un vecchio palazzo e per le vie di Firenze, Irene cerca di venire a capo di una storia destinata a non durare, di una storia destinata a non incominciare per niente: quella con il migliore amico di suo fratello
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO 1: L’INIZIO DELLA FINE

 

-IO faccio quello che mi pare- 

Una porta che sbatte e delle urla incessanti seguono la scoppiettante uscita di scena di Andrea.

Mia madre tutta accaldata urla a mio padre la sua inutilità, mentre lui di rimando non fa che imprecare a bassa voce….quando mio fratello non ottiene quello che vuole al primo colpo questi sono i risultati, anche se molto probabilmente quello sbruffone tornerà a leccare il culo ai suoi cari genitori nel giro di qualche ora.

Tutti sanno che per chiedere un fottuto permesso non è con le maniere forti che devi corrompere quei due, devi solo slecchinarteli ben bene. Anche io voglio andare a quella festa, e se Andrea mi rovina il sabato sera saprò come vendicarmi. 

La discussione è iniziata con un innocente “Domani dovete pulire tutta casa” e si è conclusa con le forchette che quasi volavano. 

Che incompetente.

 

Ovviamente alle nove di sera di quello stesso sabato mi sto già preparando per andare nel locale più figo di Firenze con le mie amiche, perché gli occhioni dolci che Irene Barbieri riesce a fare al suo papino adorato non falliscono mai. 

Giorgio Conti, anche conosciuto come il fottuto migliore amico del mio fottutissimo fratellino, senza fare tanti complimenti irrompe nella mia camera.

- Non si usa più bussare? Se fossi stata nuda?-, lo aggredisco inviperita, sbattendo con foga l’anta dell’armadio.

-Vieni in macchina con noi stasera? -, domanda invece lui, come se io non avessi affatto parlato.

La faccia da schiaffi di Giorgio, spiega come mai si senta perfettamente a proprio agio nel girare in casa d’altri senza maglietta e nell’aprire porte a suo piacimento, senza prendersi la remora di bussare. 

lo guardo di sfuggita, senza staccare realmente gli occhi dal mio armadio, per poi sbuffare scocciata.

-No, non serve. Mi vengono a prendere… -

La voce bassa, il tono vago e il fatto che non lo stia minimamente calcolando dovrebbero indurlo a mollare la presa e invece niente da fare. 

-Ancora lo stesso idiota del mese scorso?-

-No, vado con le mie amiche razza di ficcanaso-, rispondo guardandolo di sottecchi ,- E finiscila con questa storia…. io davvero non vi sopporto più, sto per raggiungere il limite massimo di sopportazione -, specifico accaldata, mentre la sua risata contagiosa riecheggia per la stanza.

Urtata più che mai, mi volto di scatto verso di lui con le guance rosse per la rabbia e il cipiglio serio.

-Giò non sto scherzando… -, cerco di sembrare il più autoritaria possibile arrivando a toccare il suo petto con l’indice alzato, - … Basta e avanza quella testa bacata di Andrea a torturarmi… Ti prego, ti scongiuro! Non alimentare le sue stupide fantasie-

Ovviamente non vengo presa affatto sul serio e il mio interlocutore invece di starmi ad ascoltare o perlomeno, invece di degnarmi di un minimo di serietà, mi afferra per le spalle e inizia a darmi piccoli colpetti sulla schiena, come farebbe con un bimbetto a cui hanno appena rubato la bicicletta.

-Oh, ma noi lo facciamo per il tuo bene… tutti sanno che non sei in grado di sceglierti un idiota degno di allacciarti le scarpe… -

-Giorgio, credevo fossi una persona intelligente e invece ti sei fatto rammollire da quel deficiente di Andrea-

-Sbaglio o sei stata tu a telefonarci il lacrime pregandoci di venire a riprenderti? Quanto tempo è passato? Un mese?-,chiede retoricamente.

Dio quanto odio la sua faccia da schiaffi e il suo sorrisetto impertinente.

-Se vuoi continuare a rinfacciarmi uno stupido favore per tutta la vita, fai pure!-,ribatto piccata, alzando le braccia al cielo.

-Ire e dai, lo abbiamo fatto volentieri…-,aggiunge lui un po più dolce anche se il suo sorriso soddisfatto non se ne è andato,-Però … ammettilo! Hai bisogno di qualcuno che ti tenga alla larga da ragazzi come Daniele Rocchi-

Solo a sentire il nome di quel bastardo mi vengono i brividi, e mio malgrado sorrido riconoscente a Giorgio.

-Va bene… Ma non dovete esagerare lo sai!-, specifico velocemente.

 

Tali Andrea Barbieri, ergo mio fratello, e Giorgio Conti sono sempre stati inseparabili. 

Sempre.

Abitiamo ad un “tiro di schioppo” come si suol dire da queste parti e a dividerci ci sono solo una manciata si scale di un vecchio palazzo vicino all’Arno, a Firenze. 

Fino all’età di tre anni, il mio adorato fratellino si è accontentato di passare il suo tempo con me. Insomma, si divertiva a spezzare la testa alle mie bambole e io glielo lasciavo fare per puro amore fraterno, o più probabilmente perché mi piaceva vedere le mie bambole senza testa.

Beata gioventù. 

Passata la veneranda età dei quattro anni però, la compagnia di una “femmina” non sembrò più essere di suo gradimento e mi mollò per la testa bacata del nostro vicino di casa. 

Fine della storia. 

Non piansi ininterrottamente elemosinando la sua attenzione, non mi disperai ne covai un odio profondo verso colui che mi aveva rubato mio fratello, semplicemente mi unii a loro.

Ovviamente, finite le elementari, i miei compagni di giochi diventarono troppo fighi per passare il fine settimana insieme a una sfigata femminuccia come me, quindi cominciò la fase dell’indifferenza.

Indifferenza vera e propria.

Io feci amicizia con Sara e Nicole che decretarono la mia rovina, almeno scolasticamente parlando, e finii con il passare tutto il mio tempo libero insieme a loro, mentre i due “fidanzatini” inserirono nel loro stupido gruppo esclusivo Francesco Toscani. 

Il fatto che fossero appetibili al gentil sesso, li rese schifosamente popolari alle medie, e di conseguenza al liceo, dove furono ovviamente smistati nella stessa classe.

C’è da aggiungere però, che mio fratello, nonostante i diciassette anni suonati, è ancora morbosamente accecato dalla gelosia nei miei confronti, perché … vuoi o non vuoi i ragazzi mi … cercano. 

E lui questa cosa la detesta.  

Alle medie c’era un certo Alessandro che mi piaceva tanto, e io piacevo a lui a giudicare da tutti i messaggini che mi mandava. Non era certo l’amore della mia vita, ma mi vestivo carina per andare a scuola, mi nascondevo ogni volta che passava per i corridoi e diventavo tutta rossa quando incrociavo il suo sguardo.

Inevitabilmente questo Alessandro, mi invitò a vedere una sua partita di calcio; all’epoca mi sembrò l’atto d’amore più romantico del mondo, così andai in quel posto pieno di gente che urlava e si dimenava dietro a un pallone solo per amore, portandomi dietro le mie strampalate amiche. 

Tornata a casa, ad attendermi ci fu il terzo grado di mio fratello e ovviamente a dargli manforte c’era Giorgio, anzi probabilmente fu insieme a lui che picchiò Alessandro il giorno dopo a scuola. 

Fine della mia breve “relazione”.

 

 

Andrea 

 - Andrè guarda che viene anche tua sorella stasera al Sundec…-,butta lì Fra, il mio migliore amico. 

Grugnisco una mezza risposta, mentre mi volto dall’altra parte;

l’ho sempre saputo che Irene avrebbe convinto i nostri genitori a mandarla….è incredibile come quella ragazza riesca sempre ad abbindolare quel rincretinito di nostro padre. 

Purtroppo per me, questa sera ho troppi grilli per la testa, ho troppi problemi già di mio e non posso tenere sotto controllo anche lei;

per fortuna su questo fronte so su chi posso riporre la mia fiducia. 

-Giò guarda… c’è pure la Fanfani..-,indico all’altro mio migliore amico, Giorgio. Lui è l’unico su cui posso far sempre affidamento, l’unico che non tradirebbe mai la mia fiducia e l’unico a cui affiderei la sicurezza di mia sorella.

-Stasera ti voglio carico amico mio…-,continuo a spronarlo.

-Andrè non come sabato scorso però, mia madre se trova altro vomito in bagno mi caccia di casa-,puntualizza Giorgio quasi schifato da se stesso,- Oggi non bevo-,conclude convinto.

-Non ci credo neanche se ti giochi la play nuova che non ti fai una bella birra-,lo apostrofa Fra.

Che la sfida abbia inizio.

-Andata. Il primo che fuori dal Sundec barcolla paga da bere per una settimana-

-Ehi frena Giò, non ho tutti questi soldi-,lo blocca Fra.

-Sei il solito fifone! Ci state?-

Ormai Giorgio è irremovibile, quindi tanto vale afferrare saldamente la sua mano in un patto solenne. So già che i miei amici a fine serata saranno talmente fuori da non ricordare questa stupida scommessa.

-Approposito Giò, per mia sorella posso contare su di te giusto? -,chiedo al mio amico.

Cicco distrattamente fuori dal posacenere mentre il mio sguardo vaga per tutto il locale alla ricerca di quel corpo capace di farmi impazzire e di farmi andare il sangue al cervello. Cazzo Andrè quanto ti sei fatto rincretinire da una stupida ragazzina?!?  “Comando, tu devi avere il comando della situazione” è il mantra che continuo a ripetermi, ma proprio non riesco a fare a meno di lanciare rapide occhiate in direzione dell’uscita del bar.

Non noto che il mio amico ci mette più del solito a rispondermi, sono troppo distratto da tutta questa gente che non fa che ostruirmi la visuale.

-Certo, certo. Ma scusa, anche se va con qualcuno, cosa te ne fotte a te?-

-Stai scherzando? Io lo so cosa vuole la gente da una come Irene. Vuole scoparsela Giò! E io non lascerò che venga trattata da puttana -

Sono sicuro di quello che le succederebbe se non ci fossi io … bè se non ci fossimo io e Giò. So cosa vogliono i ragazzi a questa età, so cosa voglio io d’altronde, e non ho intenzione di avere una sorella che viene apostrofata come una poco di buono. 

La mia non è gelosia, è senso di responsabilità e è timore di vederla soffrire, tutto qua.

-Convinto te. Per me non ci sono problemi lo sai -, mi rassicura il mio amico lanciandomi una pacca sulla spalla. 

 

 

Irene 

 

Non è stato difficile trovare qualcuno che ci accompagnasse al locale, è bastato presentarsi al nostro solito bar, il Mastro, e aspettare che arrivassero i poveretti che Sara ha stregato con il suo fascino neanche qualche sera fà. Una volta arrivate e liquidato i due accompagnatori, tra tutte le persone presenti, impieghiamo solo pochi minuti per trovare volti noti e compagnie … diciamo… interessanti!. 

Per compagnie interessanti, intendo determinati nomi e cognomi:

Michele Andreoli è Il più figo atleta della storia degli atleti,è il più affascinante rappresentante di istituto da che se ne abbia memoria, e oltretutto, cosa non da trascurare, non fa che girare con la sua moto da figo, con quella sua aria da figo, con quel suo corpo…. figo.

Gli ho puntato gli occhi addosso da quando ho messo piede nel mio liceo ed ora che finalmente mi caga, anche se solo per chiedermi una sigaretta, ho tutta l’intenzione di approfondire il nostro rapporto, e so per certo che stasera sarà presente.

Dopotutto il ragazzo più figo della scuola deve per forza di cose presentarsi alla festa più figa della sopracitata scuola.

 

 

—————

-Sai vero che quello che stiamo per fare è sbagliato ?-, sussurro.

Credo stia sorridendo, anche se non posso esserne sicura dato il buio profondo del vicoletto.

Lo sento avvicinarsi impercettibilmente a me, sento chiaramente il suo odore che si mischia con il mio e non posso fare a meno di sorridere a mia volta. 

Dio, quanto lo voglio.

-Che si fottano tutti -,digrigna a mezza bocca, avventandosi sulle mie labbra.

E’ bastato abbassare la guardia per un solo dannatissimo secondo che mi ritrovo le sue labbra prepotenti sulle mie e le sue mani dappertutto. 

-No … Andre - ,balbetto senza sapere realmente cosa dire.

Vorrei allontanarlo, lo vorrei davvero, ma non ci riesco. 

Più lo assaporo, più lo guardo, più non riesco a fare a meno di lui. 

Le sue mani esperte, che sanno come muoversi, che conoscono perfettamente i ritmi del mio corpo, sanno quando osare, quando oltrepassare l’elastico delle mie mutandine per violare la mia intimità. Oddio, violare si fa per dire, visto che dai miei gemiti strozzati chiunque potrebbe notare quanto io sia consensiente. Con un pizzico di audacia e con gli ormoni in subbuglio, mi avvicino alla cintura dei suoi jeans e la slaccio velocemente, impaziente di sentirlo ancora più mio. 

Lo sento trattenere a stento un sospiro mentre infilo la mano nei suoi pantaloni, e per impedire alle mie labbra di urlare il suo nome mordicchio avidamente la sua spalla.

Il suo respiro caldo, le sue mani che sono ovunque, che non si concentrano mai su una parte del mio corpo, ma che si lasciano la libertà di toccare, sfiorare, violare ogni cosa.

-Quanto mi è mancato tutto questo… quanto mi è mancato toccarti -,continua a sussurrarmi all’orecchio, mentre con una mano cerca di sollevare la mia maglietta.

-Ti… ti sono mancata?-,riesco a chiedere a bruciapelo, sopprimendo un gemito quando arriva a sfiorare i miei seni.

-Mi…mi sei mancata!-,dice come se gli costasse una fatica immensa ammetterlo,-mi è mancato da morire il tuo corpo-, specifica immediatamente.

Mi blocco. Mi pietrifico.

Il mio corpo, a lui è mancato solo e soltanto il mio corpo.

Quello che mi ferisce ogni volta è proprio questo, è la consapevolezza di sapere che a lui di me non importerà mai nulla, a lui importerà sempre e solo del mio corpo, lui vorrà sempre e solo scoparmi. Ho bisogno di allontanarmi immediatamente da lui, prima che la mia emotività abbia la meglio su tutto il resto.

-No basta…. Andrea … Andrea …BASTA -, urlo e con tutta la forza che neanche credevo di avere, lo spingo via, lontano da me e lontano dal mio corpo che sembra essere la sola cosa a cui è interessato.

—————

 

-Questo è alla faccia di Andrea e della sua stupidità -

Sono io questa volta a sollevare il bicchierino pieno di gin in un chiaro invito a brindare. 

Alzando il braccio mi sento pericolosamente instabile sul mio tacco 12,  insomma sono sempre la stessa persona che storce il naso davanti a una bottiglia di varnelli… non si può proprio dire che io tenga l’alcol. 

La prima volta che ho assaggiato un qualcosa di alcolico ero stata soggiogata dalla strampalata figura di Andrea. 

Anche se è più grande di me appena qualche ora, fin da piccolo si è sempre sentito il fratello maggiore, quello più figo e in grado di fare cose da grandi, come ovviamente prendersi una sbornia alle quattro di pomeriggio, dentro casa per giunta. L’ho già detto che è un idiota giusto?

 

Ormai è più di mezzora che io e Nicole ce ne stiamo sedute al bancone, cercando di accaparrarci il consenso del barista con ogni mezzo a nostra disposizione.

Di Sara abbiamo perso le tracce da tempo immemore, o almeno a me sembra così, ma so bene che la mia amica è furba, non si lascerebbe mai abbordare da un elemento anche minimamente pericoloso, e poi abbiamo i nostri metodi per ritrovarci a fine serata.

Nicole è più audacie di me, lo ammetto, ma non ho intenzione di farmi battere e il moretto mi piace molto. Al terzo cicchetto che siamo riuscite a farci offrire la mia amica mi tira sotto al bancone con fare cospiratorio.

-Se melo lasci, giuro su tutte le mie scarpe che non farò più allusioni su te e Giorgio in un letto -, dichiara Nicole solennemente.

La mia risata esce sgraziata e decisamente troppo acuta, non sembra neanche la mia.

Non so come riesco ad afferrare la sua mano tesa per stringerla in un solenne patto; quando “risaliamo” il tipo ci guarda esterrefatto, e prima di congedarmi butto giù l’ultimo goccio di una roba verdognola.

In altre circostanze fisiche e psicologiche, non avrei mai lasciato la mia amica con il superdotato, ma l’alcol su di me ha brutti effetti, l’ho sempre saputo, fin dalla famosa sbornia delle quattro del pomeriggio, così giro i tacchi e alzando le mani al celo vado a ballare.

 

La musica è assordante, è invadente. Invade il mio cervello che in questo momento è in grado di ragionare tanto quanto un branco di galline sono in grado di fare la pipì.

Senza vergogna, spinta da tutto l’alcol che mi circola nelle vene inizio a muovermi e a ballare in un modo che a me sembra sexy, ma che visto da fuori potrebbe tranquillamente essere scambiato per il ballo della scopa.

Un tipo alto e decisamente sbronzo, a giudicare dalla fiatella che si ritrova, si avvicina a me senza tanti complimenti e sentendosi libero di fare ciò che vuole, allunga la mano umidiccia e mi tocca il sedere, anzi probabilmente neanche riesce a farlo, dato che faccio appena in tempo ad alzare gli occhi per lanciargli un ceffone, che vengo malamente strattonata da due braccia forti e sicure.

-Cosa diavolo stai facendo? -, chiede una voce profonda alle mie spalle.

Andrea? o forse è Giorgio?  No…  direi proprio che dalla consistenza dei muscoli che mi intrappolano al suo petto deve essere per forza Giorgio, quel rammollito di mio fratello non ha, ne riuscirà mai ad avere questo fisico statuario. 

Cerco di voltarmi verso il mio interlocutore, che continua a tenermi stretta a se e a sorreggermi per i fianchi. Sento i suoi addominali guizzare sulla mia schiena mentre si avvicina al mio orecchio.

-Cosa ti passa per la testa eh? -

Mi allontano il minimo indispensabile da lui, giusto per riuscire a guardarlo bene negli occhi senza correre il rischio di cadere. 

Data la mia precaria stabilità potrebbe anche succedere.

-Cosa fai, mi controlli? -, domando sulla difensiva, biascicando accidentalmente.

Lo sento rilassarsi appena mentre gli scappa un sorriso.

-Qualcuno deve pur farlo. Infondo te lo dico sempre…tu non sei in grado di sceglierti gli idioti con cui passare il tempo… -,conclude ghignando.

Per quanto mi da sui nervi il suo tono, vorrei prenderlo a pugni, ma probabilmente se lo facessi invece del suo viso colpirei le lucciole. 

La musica alta, la gente che spinge e il caldo che inizia ad essere insopportabile, non fanno che peggiorare la mia già precaria situazione su queste scarpe troppo alte.

Sento l’orlo del vestito salire pericolosamente e mentre cerco di sistemarlo finisco inevitabilmente spalmata su Giorgio; i miei polpastrelli che sfiorano i suoi addominali nascosti dalla camicia, il suo profumo, il suo respiro caldo sul mio collo. Mi avvicino, senza remore, senza titubanze e gli allaccio le braccia al collo.

-Andiamo Giò non rompere sempre le scatole… dai balla insieme a me! -, la mia sembra tanto una supplica, e mentre cerco di non farlo scappare dalla mia presa non posso fare a meno di fissare le sue labbra carnose, e di pensare a come sarebbe bello baci…. Irene! Santo cielo, ma cosa cavolo vai a pensare ? 

Devo allontanarmi il prima possibile da lui, l’alcol fa si che io non sia completamente responsabile delle mie azioni, altrimenti non andrei a fare questi pensieri sul… sul migliore amico di mio fratello

Santo cielo!

Persa nei miei pensieri poco casti, non mi rendo conto del fatto che Giorgio ha abbassato le “barriere”; lo sento chiaramente trattenere il respiro mentre appoggia le sue mani sui miei fianchi, per assecondare i miei movimenti lenti e completamente fuori musica. Per quanto mi riguarda potrei trovarmi anche in un casale abbandonato. 

Oddio!

Come farò a trovare le mie amiche in mezzo a tutti questa gente? Il solo pensiero di dovermi mettere a camminare, o peggio a ragionare mi fa salire la nausea. La testa pulsa e credo di aver bisogno di sedermi, o di stendermi, o di restare aggrappata a questo fisico statuario. 

Per me fa lo stesso.

-Ma quanto hai bevuto, eh? -,sussurra rilassandosi un pò, anche se a schiena è ancora rigida. Sembra voler mantenere per forza una certa distanza tra i nostri corpi, quasi non volesse toccarmi troppo.

-Lo sai che se tuo fratello ci vede così…mi fa fuori ? Mi vuoi morto … di la verità? -

Lo sento sghignazzare sommessamente, ma contro ogni mia aspettativa non si allontana ulteriormente, anzi quando faccio per alzare gli occhi lui è ancora li, a pochi centimetri dal mio viso. Poi è un secondo … un secondo di troppo forse, ma la leggo nei suoi occhi la voglia di stringermi a se, la voglia di sentirmi più vicina. Probabilmente sono trascinata dalla poca lucidità, dai piedi che fanno male e dalla testa che gira, ma non ci penso due volte; mi alzo sulle punte dei piedi e prima che mene possa anche solo pentire le mie labbra si posano sopra le sue.

 

 

 

 

 

Alloraaaaa….. che dire dopo questo finale così azzardato ?

Prima di tutto salve a tutti e grazie per essere arrivati fino alla fine di questo strampalato primo capitolo.

Inoltre vorrei chiarire un po di cose, come il piccolo flash in corsivo, che non riguarda la protagonista della storia, ma un altro personaggio che verrà svelato più avanti.

Ci sono dei piccoli pov, in giro per la storia; in questo capitolo c’è quello di Andrea, ma è volutamente molto corto perché voglio che tutta la storia resti sotto il punto di vista di Irene.

I personaggi più o meno sono stati tutti inseriti.

La storia è strutturata come una multi-capitolo, e in previsione cene sono circa dieci, ma mi prendo la libertà di allungare o accorciare a seconda di come vengono fuori gli ultimi capitoli.

In conclusione spero vi sia piaciuto e vi saluto con la promessa di aggiornare con costanza, anche perché i capitoli sono quasi tutti scritti, o comunque nella mia testa, quindi non ci vorrà molto per gli aggiornamenti.

Baci 

Cuffiette

  
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