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Autore: Lely1441    19/01/2009    6 recensioni
Eva ha diciannove anni, è giovane, ha una vita normale. Eva rimane incinta. Terrà o no il bambino? E il feto, cosa ne penserà del suo comportamento?
Prima Classificata al contest "Legami di Sangue" indetto da Writers Arena
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Shut me up
Autore: Lely1441
Rating: 14 anni.
Tipologia: One-Shot.
Lunghezza: 2080 parole, 4 pagine, un unico capitolo.
Avvertimenti: Character Death.
Genere: Drammatico, Introspettivo.
Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits: Il titolo l'ho preso da una canzone dei Mindless Self Indulgence, “Shut me up” appunto, che significa “Fammi stare zitto”.
Inoltre ho utilizzato anche questi due siti per una breve revisione su ciò che sapevo sull'aborto:
http://www.vitadidonna.it
http://it.wikipedia.org/wiki
Introduzione alla Storia: Eva ha diciannove anni, è giovane, ha una vita normale. Eva rimane incinta. Terrà o no il bambino? E il feto, cosa ne penserà del suo comportamento?
Note dell'Autore a fine pagina.




Shut me up

[24/10/08] Legami di Sangue






Quando Eva scopre di essere incinta, il mondo le cade addosso.
È troppo giovane, continua a ripetersi fissando l'ecografia che tiene in mano, ha solo diciannove anni, cazzo!
Il consulto con il medico è stato veloce, il dottore le ha comunicato le solite informazioni con aria annoiata, come se fosse normale per lui vedere giovani donne fissarlo con quell'aria sconvolta e spaesata.
Ha sette giorni per decidere se tenermi oppure abortire.
Ed Eva ci penserà, sì. Non è così ovvio il fatto che mi tenga con sé, a quanto pare. E questo fa male, fa veramente male, perché sento il suo rifiuto ribollire nel sangue, in quello stesso sangue che ora scorre anche dentro di me. Ho paura, ho paura di quella donna, una dannata paura. Paura della sua scelta, paura di quello che potrebbe fare. Di quello che non farà.
Dentro di me, temo la sua scelta.
Perché ora sono nelle sue mani. Non solo metaforicamente. E tutto ciò mi provoca una grande rabbia: venire respinto ancor prima di essere messo al mondo, non sarebbe giusto, non sarebbe affatto giusto.
Mi conosce, lei? Può veramente prendere una decisione quando ancora non mi ha mai visto, non ha parlato con me, non si è data modo di conoscermi?
Secondo me è impossibile. Ed è questa debole, debolissima speranza che mi sostiene, che mi permette di non odiare l'essere che mi deve dare alle luce.
Almeno per il momento.

Non ne parlerà con il suo ragazzo, Eva. Non si confiderà con sua madre.
Il padre se n'è andato di casa da anni, su di lui non può fare affidamento.
Le amiche? No, è una cosa troppo personale.
E quindi?
Dimmi, cosa farai?
Mi terrai con te, rischiando di farti mollare dall'uomo che ogni sera giura di amarti sopra ogni cosa al mondo?
Perché lui ama te. Non è detto che debba per forza amare anche me.
Mi terrai con te, rischiando di farti scacciare di casa per sempre da tua madre?
Perché anche lei ti ripete sempre di volerti bene, ma potrebbe pensare che sei una svergognata...
Mi terrai con te, rischiando di venire esclusa per sempre dai tuoi amici? Da quella stupida società di cui sei tanto contenta di far parte?
Perché sì, siete amici, appunto. Ma ricordi benissimo cosa successe quando a rimanere incinta fu Marta... E tu eri parte di quel circolo per lei ormai chiuso per sempre.
E per quel suo “bambino”, ovvio.

Cosa farai?
Mi getterai via, per tornare a quella vita tranquilla che non hai mai avuto, a quella beata ignoranza di cui tu ti puoi vantare sui sentimenti di coloro che consideri gli oggetti del tuo affetto? Bella vita, non c'è che dire.
Sarai abbastanza forte per riuscire a far fronte a tutto e a tutti, e a tenere la testa alta in ogni caso? Chi darà più peso al piatto della bilancia? Tu od io?
Sto aspettando una risposta, di fronte ad una realtà tanto assurda. E preferirei non avere tanta paura, paura di ciò che un altro essere umano possa essere in grado di farmi.
Essere umano.
Sì, perché cosa sono io, se non un essere umano? Troppo comodo definirmi un ammasso di cellule come tanti altri... Ciò che sono tutti gli uomini, poi.
Però l'eliminazione fisica di un cosiddetto uomo, questa voi la considerate omicidio.
Io lo diventerò presto, sono già sulla via per farlo. Eppure, eliminare me ti appare normale.
Ma non si tratta pur sempre di un assassinio?
Spero che tu lo capisca, donna. Spero che tu mi dia la possibilità di nascere, fosse anche per condurre una vita di sole sofferenze. Perché almeno potrei direi di aver vissuto, di esserci stato anch'io. Ci spero, ci spero sul serio.

La settimana di riflessione che si prende Eva sembra non finire mai. Il tempo pare dilatarsi a suo piacimento, mentre mi sembra di vivere insieme a lei in una bolla dove tutto scorre normalmente, ma al di fuori ciò che riusciamo a vedere è la gente che si muove a rallentatore, con le loro voci grossolanamente distorte e i loro movimenti stranamente impacciati. Credo che invece per quella donna tutto stia andando troppo veloce, come se il tempo non le bastasse mai. Forse è per questo che la notte non dorme, continuando a piangere e a singhiozzare avvolta nelle sue lenzuola.
Mi odia. Mi odia e mi teme, con una logica assurda ed agghiacciante. Mi odia, perché l'ho posta davanti ad un bivio orrendo, ad una scelta che, volente o nolente, ricorderà per tutta la sua esistenza.
Mi teme, perché sono il frutto di un fenomeno a cui lei non può che sottostare, di certo non dominare. Un fenomeno naturale, come lo sono anch'io.
Eppure, vengo trattato come se fossi un oggetto, un vecchio soprammobile da buttare, un vestito ormai fuori moda che non potrebbe più essere indossato.
Continuando a sentire quest'odio, mi verrebbe quasi da ricordarle che io sono solo la conseguenza, non certo la causa delle sue azioni.
Le sue, le sue azioni!
Ma dubito che, ponessimo pure il caso che potessi farlo, mi presterebbe attenzione.
Quello che mi lascia sconcertato è che io non riesca a sentire tracce di amore, nei suoi sentimenti. Mi sta nutrendo di odio ed angoscia, rancore e paura.
E pian piano, mi sto assuefacendo di queste emozioni così forti, io, che di emozioni potrei non provarne mai, al di fuori di questo corpo.
La sua indecisione, la sua rabbia...
Bizzarro che ne provi lei, quando l'unico a dover essere chiamato in causa al massimo sarei proprio io.
Nessuno chiede di essere concepito. Non è colpa mia, non lo è.
E neanche i tuoi stupidi tentativi per convincertene funzioneranno, io lo so bene.
Magari lo potrai credere tu, per sentirti la coscienza più pulita.
Magari lo potrà credere quell'unica anima che troverai a giustificarti in questo mondo, sempre che tu ne incontri una.
Ma non io.
Non. Io.

“Si tratta di un'operazione molto semplice... Sei ancora alla sesta settimana, basterà un'isterosuzione. Vedi, verrai sottoposta ad una piccola anestesia locale; dopodiché, sarà inserito un tubo di plastica, ed il feto verrà aspirato via, insieme a tutto ciò che rimane...”
Eva cerca di porre attenzione a quanto il dottore le sta dicendo, ma non ci riesce.
Come farlo, quando ancora non riesce a capacitarsi di ciò che sta mettendo in atto?
“Non ci sono rischi per il mio corpo, vero?”
“Assolutamente no cara, immaginalo come se ci fosse un virus... L'operazione sarà un po' l'antibiotico che porterà a distruggerlo, e tu tornerai più sana di prima. Tutto questo in soli cinque minuti, senza alcun rischio per te. E tranquilla, se in un futuro vorrai avere un bimbo, potrai concepirlo senza problemi. Ovviamente, questa è una spiegazione grossolana, solo per farti tranquillizzare”.
Sono appena stato paragonato ad un virus da eliminare, che simpatico accostamento. Azzeccato, non c'è che dire.
Quella donna annuisce angosciata, con gli occhi gonfi.
“Se sei d'accordo, basta firmare questi fogli...”
Firmerai? Firmerai sul serio?
Ne hai davvero il coraggio, mamma?
Però lei prende in mano la penna offertale, e comincia a siglare piano, uno ad uno, tutti gli spazi vuoti.
“Perfetto... Ripresentati dopodomani, ti prepariamo una camera e dopo l'intervento potrai tornare tranquillamente a casa”.
Odio questo dottore. Non sa usare altro che termini quali tranquilla, tranquillamente... Ma è mai stato madre, lui? Certe cose le sa?
Di sicuro, non ricorda com'è stare nella mia situazione. Chissà come si comporterebbe se ci fosse lui qui dentro, e io dall'altra parte.
Secondo me si toglierebbe immediatamente quell'orribile sorriso dalla faccia.
Ci alziamo, io e questa donna, una delle ultime cose che faremo insieme. Porge la mano al medico e se ne va, richiudendosi velocemente la porta dietro le spalle e tenendo il capo chino, evitando di fissare in faccia lo sguardo severo della segretaria del dottore.
Lei sì che ha avuto figli, si vede da come se ne sta seduta su quella sedia, come se l'avessero costretta. Chissà, magari per mantenere i suoi, aiuta ad eliminare gli altri...
O magari sono troppo crudele anch'io.
Mentre torniamo in strada, quella strada piena di smog e rumori tremendi, quella donna sembra sentirsi male. Si siede sul marciapiede, infischiandosi di tutto e tutti, e si prende la testa fra le mani.
Il mio destino è stato appena deciso, sono stato condizionato ancora prima di nascere.

Poi, arriva il fatidico mercoledì. La clinica è terribilmente inospitale, almeno secondo il mio parere.
La definirei ipocrita.
Ipocriti i sorrisi, ipocriti i fiori nelle camere. Ipocriti i pareri delle donne ricoverate.
“È giusto così... Non puoi farti rovinare la vita in questo modo, sei troppo giovane... Io l'ho già fatto un anno fa, non c'è niente di cui preoccuparsi...”
Certamente, non possono rovinarsi la vita, loro. Però si sentono perfettamente nel giusto, a decretare le fini delle nostre.
Non credo sia soltanto egoismo. Non la definirei neppure superficialità.
Credo sia proprio crudeltà allo stato puro.
Capirei se noi, questi maledetti parassiti, mettessimo a rischio le loro vite. Se ci avessero concepito in seguito a violenze carnali.
Ma così?
Ed è quasi divertente, vedere come questa donna si lasci condizionare facilmente. Alla fine, riesce perfino ad entrare in quella saletta bianca con una punta di serenità.
Serenità... Ci penseranno i dolori fisici delle prossime settimane a fargliene provare, di serenità. Il sangue che continuerà a perdere...
E di colpo, vengo strappato a ciò a cui ero saldamente ancorato ormai da giorni.
Improvvisamente, non esisto più.
È finita più veloce di com'è iniziata.
In un attimo, io non ci sono più.
Lo strano “virus” è stato estirpato alla radice, il suo minuscolo corpo gettato via.

Quando una persona muore, il corpo si annienta, la mente si distrugge.
Ma l'anima?
Cosa ne rimane, dell'anima?
Cosa rimane a me, se non un'anima?
Il corpo è materia, l'anima è pensiero.
La mente è ricordo.
Ma che ricordi può avere lo spirito di un bimbo mai esistito? O per meglio dire, mai divenuto.
Un essere costretto a vivere dei ricordi di una donna che non l'ha voluto, a tornare ad essere il parassita virtuale di un corpo che l'ha rigettato.
Quale divinità crudele ha voluto questo? Quale mente malata ha permesso che tutto ciò accadesse?
Persino i miei sentimenti sono corrotti, lo so. Non sono stati svezzati dal mondo, non sono stati modellati dal mio rapporto con le altre persone. E mai lo saranno.
Felicità, amore, speranza... Ne sento parlare ogni giorno, e ogni giorno la rabbia nei confronti di quella donna non può far altro che crescere implacabile, senza possibilità di scemata, senza possibilità di perdono.
Perdono.
Che parola assurda.
Mi viene quasi da ridere al pensiero di quegli idioti che pensano sul serio di aver perdonato i loro accusatori.
Ovviamente, se potessi ridere, lo farei.
Quindi me ne rimango qui, ad osservare con rancore ed odio la vita di quella donna che continuerà ad andare avanti, a differenza della mia.
Per tormentarla con il mio, di ricordo.
Sono condannato a passare il resto della sua vita con lei, perché morirò veramente solo il giorno in cui anche lei non apparterrà più a questo mondo.
E dopo?
Dopo chissà.

Quella donna se ne va, esce dalla clinica con la sua borsa in mano, senza fare caso alla gente che le passa intorno, senza notare le occhiate che le persone le lanciano. L'unica cosa che vuole fare in questo momento è tornare a casa, dico bene, donna?
Ignorando tutto e tutti, magari persino me...
Ed è solo quando apre la porta di casa e getta il borsone contro un muro, che si lascia cadere a terra e si nasconde il volto fra le mani.
Ridicolo.
E ora che fai, assurda donna?
Piangi?
Perché? Quale bizzarro motivo ti porta a soffrire ora?
Sei incoerente. E profondamente ingiusta. Prima mi elimini, e poi te ne penti? Hai forse dei rimorsi?
Vorresti avermi tenuto con te?
Non voglio saperlo. Non voglio, perché questo mi porterebbe ad odiarti in un modo che forse decreterebbe la mia distruzione totale, e non solo fisica. Il mio annientamento completo.
Mi dispiace, è troppo tardi. Avresti dovuto pensarci prima.
Ai miei occhi, sei e rimani comunque un'assassina. La mia assassina.
Perdonare è impossibile. Mi piace pensare che potrò portarti rancore in eterno con il ricordo della mia esistenza che è stata tanto effimera. Per quello che avrei potuto essere.
Per quello che tu avresti potuto avere.
Piangi, piangi pure.
Spero che nessuno raccolga le tue lacrime.
Perché nessuno è venuto a raccogliere le mie.







Note dell'Autore: Vorrei precisare che ciò che ho scritto non è necessariamente in linea con ciò che penso, non ho voluto fare generalizzazioni di sorta. Ho preso in causa un feto ben distinto e sua madre, unicamente loro due. Ho reso volutamente “implacabile” il bimbo, perché non avendo cognizione di sentimento, ciò che prova è più grezzo di quello che potrebbe provare un'altra persona, ad esempio. In più l'ho reso una specie di contrappasso vivente al peccato di sua madre: ella infatti è condannata a portare il peso di questa scelta sulle sue spalle per sempre, mentre il bambino, proprio per questa forzata convivenza con la persona che odia e che non riesce a perdonare, non può far altro che detestarla ancora di più, e provocare altro dolore inconsapevolmente alla madre, in una sorta di circolo vizioso.
Un aborto è un trauma, nel vero senso della parola. Credo che non ci siano parole per descrivere un dolore del genere, quindi ho cercato di soffermarmici il meno possibile e concentrarmi sull'altra parte dell'aborto, il bimbo appunto.
Ovviamente, ho dato una certa maturità di pensiero al feto che non potrebbe provare in via naturale, per ovvie ragioni.
Il passaggio da seconda a terza persona continuo, in riferimento ad Eva, è voluto. Come è voluto il non riuscire a chiamarla “mamma”, tranne che in qualche raro caso, da parte del feto.
La parola-chiave utilizzata è “Rancore”.




Prima Qualificata
:
Shut me up di Lely1441
Punteggio: 9.3


image

Il legame che viene scelto di trattare in questa storia è quello tra una madre e il suo bambino mai nato, un feto abortito. L’autrice ha optato per un tema delicatissimo e lo ha affrontato, a mio avviso, con grande coraggio, intelligenza e sensibilità. Narrare proprio dal punto di vista del feto è stata un’ottima idea, così come sottolineare il fatto che i suoi sentimenti, i sentimenti di una “creatura” che non ha mai davvero avuto possibilità di confronto con i propri simili, sono distorti e non necessariamente ci possono dare una visione reale della vicenda. Infatti, nonostante il rancore provato dal bambino mai nato permei la storia, riusciamo comunque ad intravedere il senso di colpa della madre, di una ragazza di diciannove anni che si è chiaramente pentita della propria scelta, anche se probabilmente si comporterebbe di nuovo nello stesso modo se avesse la possibilità di tornare indietro, questo non possiamo saperlo.
Si tratta di un racconto davvero molto originale, scritto e impostato in maniera tale da catturare completamente l’attenzione. Ogni parola del bambino non nato, ogni sua considerazione, è affilata, pungente, fa male. E fa riflettere.
Da l punto di vista della forma la storia è ottima.
Il bando di concorso è stato reinterpretato dall’autrice in modo personale e originale.


Grammatica e sintassi: 9.5
Capacità espressiva: 9.5
Capacità argomentativa: 9
Capacità critico-rielaborative: 9.5
Originalità e creatività: 9



Un grazie a Sonsimo e alle altre partecipanti, oltre a chi passerà di qui ^^ Ecco dove potete trovare il bando: Writers Arena

   
 
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