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Autore: Soe Mame    11/07/2015    3 recensioni
Se solo non avessi seguito lui...
Se solo non mi fossi ostinata a voler oltrepassare quella porta...
Se solo fossi tornata indietro quando ne ho avuta l'occasione...
...
... nah.
Genere: Demenziale, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Miku Hatsune | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incest, Incompiuta
Capitoli:
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Per quanto diventi inquietante, bisogna andare avanti ancora e ancora
~

- Il numero crescente di casi portò al ritiro delle cartucce. - Yuki abbassò appena le palpebre, la voce ferma: - Per questo ascoltare quella musica da una cartuccia più recente o comunque occidentale non comporta rischi. -
Miku deglutì.
Al suo fianco, Ryuuto si fece ancora più piccolo, le ginocchia al petto, gli occhi spalancati.
- Ma... - provò a dire Miku, uno strano freddo lungo le vene: - Quelle cartucce vecchie sono state distrutte, no...? -
Yuki piegò la testa di lato. Piano.
Le sue labbra si curvarono in un sorriso: - Chissà. -.
Miku deglutì di nuovo. Le sembrava di aver ingoiato una noce con tutto il guscio, e di non riuscire a mandarla giù neppure per sbaglio.
- E' solo una leggenda! - pigolò Ryuuto, palesemente più per convincere se stesso che per contraddire Yuki: - Se fosse successo davvero, ne avrebbero parlato i giornali di tutto il mondo per anni! -
- In effetti, sì. - la bambina battè le mani: - Anche se i pezzi grossi sono bravissimi ad insabbiare le cose! -
Un brivido lungo la schiena.
A giudicare da come Ryuuto era sobbalzato, forse l'aveva sentito anche lui.
- Ma potrebbe benissimo essere una semplice leggenda metropolitana, certo. - Yuki mise mano al suo zainetto: - Potremmo fare una prova! Guarda caso, ho giusto dietro una versione di Pokémon Rosso in giapponese, anche se non so di che anno sia- -
- NO! -
La bambina sgranò gli occhioni. Ora sembravano fanali.
Miku guardò Ryuuto, buttatosi in avanti come per impedire a Yuki di aprire lo zainetto.
Ryuuto guardò Miku, buttatasi in avanti come per impedire a Yuki di aprire lo zainetto.
Yuki guardò Miku e Ryuuto, spalmati sul pavimento della mela, le braccia verso di lei.
- Ehm... - Miku si rimise seduta in ginocchio, come se nulla fosse: - Ora dovrebbe essere il turno di Ryuuto, giusto...? -
- Sì! - la bambina sorrise, lo sguardo di colpo interessato al compare: - Dai, dai, racconta una bella storia! -
Anche il bambino tornò seduto. Dalla lentezza con cui lo fece, doveva ancora starsi riprendendo.
Ryuuto parlò soltanto quando le sue guance ritornarono ad avere un colorito umano: - Uhm, allora... - alzò lo sguardo. Tornò a rivolgersi a lei e a Yuki: - C'era una volta- -
- Ma non "c'era una volta", Ryuuto! - Yuki gonfiò le guance: - Così nessuno potrà mai prenderti seriamente! Devi raccontare cose che sono successe a te, ad un tuo amico, ad un tuo parente, o al cugino di tuo cugino! -
- Uhm, sì, hai ragione... - il tripudio della convinzione tutto in una vocina nasale: - Dicevo... qualche anno fa, il cugino di mio cugino e sua moglie non avevano figli. Un bel giorno, il cugino di mio cugino, che fa l'affettatore di bambù- -
"Cos'è un affettatore di bambù...?" sì, poteva intuire con una certa acutezza cosa facesse a livello pratico, ma le sfuggiva la sua utilità.
- -mentre affettava il bambù, trovò una bambina. -
- Nel bambù? -
- Sì, nel bambù. -
Yuki aggrottò la fronte. Miku si sentì di imitarla.
- E decisero di adottarla, e le diedero nome- -
- Bambù. -
- -Kaguya. Kaguya crebbe e divenne una bellissima donna, la più bella donna che fosse mai esistita. -
Miku ascoltò, interessata.
- Era così bella che aveva un sacco di pretendenti. Ma lei li rifiutò tutti. -
- Ovviamente. - annuì Yuki, con fare sapiente.
- E' sempre così. - le diede ragione Miku, con un sospiro.
- Alcuni insistettero, e lei li sottopose a delle prove. Ma nessuno riuscì a superarne neanche una. -
- Ovviamente. - annuì Yuki, con fare sapiente.
- E' sempre così. - le diede ragione Miku, con un sospiro.
- Alla fine, Kaguya, stanca di tutto questo stress, decise di rivelare ai suoi genitori adottivi la verità: lei era un'abitante della Luna. -
- E' un'aliena! - sussurrò Yuki, gli occhi accesi di interesse. Un po' inquietante, a guardare bene.
- Uhm, sì, tipo. Così, Kaguya ringraziò i suoi genitori e se ne tornò sulla Luna, per andare a vivere insieme ai suoi simili. - Ryuuto abbassò la testa, segnando la conclusione.
Miku inarcò le sopracciglia. Yuki si portò le mani alle guance: - Wow! Il cugino di tuo cugino ha allevato un'aliena! -
- Uhm, sì... -
- Ma quindi... - la voce della bambina si abbassò, lo sguardo si assottigliò: - ... gli alieni non arrivano con le astronavi, ma passano attraverso i bambù! -
- Ecco a cosa servono gli affettatori di bambù! - capì Miku, il cuore che batteva forte: - A trovare gli alieni nel bambù! -
"Ora sì che la cosa ha un senso!"
Per tutta risposta, Ryuuto trasse un profondo respiro. Poi la guardò negli occhi: - Direi che tocca a te, ora. -
- Sì, sì, racconta una bella storia, Miku! - Yuki si sedette a gambe incrociate, le mani alle ginocchia, dondolandosi: - Mi raccomando, però! Di musiche ne ho parlato io, e di alieni Ryuuto! Raccontaci di qualcos'altro! - sorrise e, anche se non stava ghignando e non c'era alcuna luce strana nel suo sguardo, risultò più inquietante che tenera.
- Sì, giusto, tocca a me... - "Non ho idea di cosa dire."
Intrecciò le dita, si guardò intorno, in cerca di ispirazione. Ma c'erano solo le pareti della mela. E un intenso odore di mela ovunque. E il leggero ronzìo dello scaldabagno. C'era un caldo davvero piacevole, in effetti.
Sentì l'improvvisa voglia di una torta di mele.
- Mh... - la vocina di Yuki, dubbiosa: - ... certo, se conosci solo storie su musiche e alieni puoi raccontarle... -
- No, no! - sventolò le mani, come a scacciare quelle parole: - Stavo solo pensando a come impostare il racconto! Ce l'ho bello in mente! Chiarissimo! Cristallino! -
"Non mi viene in mente niente. Solo torte di mele." inspirò - e la voglia di torta di mele aumentò a dismisura: "Allora. Ragiona. Anche se mi rendo conto che sia complicato, ma provaci. Una storia. Con qualcosa di inquietante o strano. Magari che sia capitata a me o a qualcuno che conosco. Mh-"
Una stanza bianca. E un corridoio, bianco.
E tante persone, della sua età, vestiti allo stesso modo.
E pochi adulti, che giravano loro intorno.
Miku rabbrividì.
"Trovata."
- E' una cosa che è successa a me. Pochi anni fa. - tenne la voce bassa, ferma. Yuki e Ryuuto si avvicinarono appena. Sembravano incuriositi.
- Mi trovavo in un luogo completamente bianco. Muri, soffitto, pavimento... ogni cosa era bianco. Insieme a me, c'erano altre persone. Eravamo vestiti tutti allo stesso modo. -
- E perché? -
Miku rivolse lo sguardo verso Yuki, lentamente: - Perché era una delle regole fondamentali di quel posto. Erano stati loro a darci dei vestiti. Il giorno stesso in cui abbiamo varcato quella soglia. - le labbra della bambina si schiusero appena, la curiosità ormai evidente.
- Ogni giorno, qualcuno veniva chiamato da loro. "Chissà quando toccherà a me!", mi dicevo. Volevo assolutamente andare. Volevo andare da loro. Ma il mio turno sembrava non arrivare mai. - abbassò lo sguardo, lasciò che la frangetta le coprisse gli occhi: - Aspettavo. Aspettavo. Ero sempre più desiderosa di andare. "Ehi, tocca a me!", dicevo. Ma nessuno mi ascoltava. Parlavo con gli altri miei coetanei. Tuttavia, giungeva il momento in cui erano loro ad essere chiamati, e io rimanevo da sola. Ad aspettare. - sentiva gli sguardi dei due bambini trafiggerla: - Poi... - abbassò ancora di più la voce: - ... giunse il mio turno. - sentì il fruscìo dei loro vestiti, li notò farsi più vicini: - Finalmente, andai da loro. - non sentiva più il loro respiro: - E, una volta davanti a loro, io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io- -
- AH! - Yuki e Ryuuto ricaddero all'indietro, la mela oscillò.
Forse non avrebbe dovuto rialzare la testa di scatto. Né afferrarli di colpo.
Fu solo quando si accorse di quanto tirassero le guance che notò di star sorridendo. A denti scoperti. O qualcosa del genere.
- Cosa successe? - fece Yuki, tornando seduta, lo sguardo fisso su di lei: - Cos'hai fatto? Cos'hai visto? -
- Temo di non potervelo dire. - sorrise. In modo normale. Forse: - Non posso certo svelarvi tutto. -
"Non posso certo svelarvi del mio disastroso esame scolastico. Me l'avevano anche detto di non essere così ansiosa, che poi avrei scordato tutto! E comunque quelle divise erano orribili."
- Ma così non è che si capisca molto... - pigolò Ryuuto, guardando altrove.
- Non è detto che tutte le storie vengano spiegate. - si affrettò a tornare a guardare Yuki: - E' di nuovo il tuo turno! - sperò davvero di riuscire a distogliere l'attenzione di entrambi da se stessa.
Parve riuscirci, almeno in parte. Guardando gli occhi della bambina, le parve quasi di riuscire a leggerle nel pensiero: da un lato, voleva sapere nel dettaglio cosa fosse successo, dall'altro smaniava di raccontare un'altra storia. Delle sue.
"Pensandoci meglio, è un bene che non riesca davvero a leggerle nella mente.".
- Conoscete i Rugrats? - evidentemente, aveva vinto "l'altro lato".
- Il cartone, dici? -
Yuki annuì: - C'è una teoria interessante circa la sua vera trama. -
- Ah, sì? - non che ne fosse una grande appassionata, non aveva seguito tutti gli episodi ed era passato svariato tempo da quando li aveva visti, ma non le risultava che quel cartone animato avesse chissà quale trama complessa o simbolica.
- Sì. - di nuovo quel sorriso innocente e disturbante: - Pare sia tutto un sogno di Angelica. Sotto l'influsso della droga. - decisamente più disturbante che innocente: - Sembra che Angelica avesse iniziato a drogarsi per la disperazione, dopo aver perso in modi atroci tutte le persone a lei care. Il cartone non è altro che il mondo immaginario costruito da Angelica uscita fuori di testa. - abbassò la voce, lo sguardo si fece serio: - Ma, del resto... gli effetti della droga non durano per sempre. Tuttavia, quando se ne abusa- -
- Oh, sì, che stupida, conosco questa teoria! - Miku scoppiò in una risata falsissima, i brividi lungo le braccia: - Me l'avevano pure raccontata! Neanche troppo tempo fa, tra l'altro! - si lisciò la gonna, inspirò a fondo: - Una teoria davvero molto orrorifica, sì, senza dubbio. - sorrise, un sorriso tiratissimo: - Ma, appunto, è solo una teoria! E' carino pensare ai Rugrats come la banda di bimbetti scalmanati che sono! - un'altra risata forzata. Yuki la guardava con gli occhi a mezz'asta. Lo sguardo di Ryuuto era la pura gratitudine.
- Tocca a te, no? -
Il bambino annuì e iniziò a parlare quasi contemporaneamente. Si era preparato la storia in anticipo. Forse ci si era concentrato proprio per non dover ascoltare neppure una parola del racconto di Yuki.
- Questa è una cosa successa a mia cugina. Io non ci credevo, ma lei mi ha fatto sentire... -
Lo sguardo della bambina si era fatto perplesso: - Ma è anche questa sulle canzoni? -
- Qualcosa del genere. - rispose Ryuuto: - Però non è come la tua. -
- Oh. - ora Yuki pareva incuriosita.
- Sembra che nel computer di mia cugina ci sia un... programma? Di quelli per creare le canzoni. Mia cugina compone tante canzoni, soprattutto d'amore. Un giorno... - abbassò la voce: - ... trovò sul desktop una canzone finita. Ma non l'aveva composta lei. E il suo computer ha la password, nessuno può accedervi liberamente. Ecco, sta di fatto che mia cugina, dopo un attimo di indecisione, ha deciso di finire di ascoltare la canzone. - silenzio.
- E cosa sentì? - sussurrò Yuki.
- ... una canzone d'amore. - rivelò Ryuuto: - Il programma con cui aveva sempre composto canzoni d'amore aveva scritto una canzone d'amore per lei. Il programma si era innamorato di lei. -
- Che cosa romantica... - mormorò Miku, incantata.
- Posso assicurarvi che è vero: l'ho sentita! -
- Wow... - Yuki giunse le mani: - Un'intelligenza artificiale che prende coscienza di sé e dei propri sentimenti! E' così fantascientifico e cyberpunk! - un sorriso le illuminò il viso: - Sei davvero bravissimo a raccontare storie di fantascienza! -
La faccia del bambino divenne fucsia e lui abbassò lo sguardo.
- Finisce così? - chiese Miku.
Senza alzare la testa, Ryuuto annuì.
- Oh... - "Pensavo finisse con qualcosa tipo che la cugina rifiutava il programma e lui la uccideva. Qualcosa di ameno del genere..." le sfuggì un sorriso: "Però, se è solo questo... a suo modo, sembra quasi una fiaba..." ci riflettè: "... una fiaba...?"
- Tocca di nuovo a Miku! - la voce di Yuki la riportò nella mela: - Però, stavolta... - agitò l'indice: - Niente storie misteriose! Spiega tutto! -
- D'accordo. - ridacchiò. Aveva una mezza idea circa la storia da raccontare.
"Una fiaba..."
- Qualche anno fa... - esordì. Sentì il cuore farsi più grande e leggero, al ricordo: - ... facevo una serie di sogni strani. Abitavo da sola, in un paesino rurale, dove tutti erano gentili. Non ho mai avuto problemi di nessun genere. Avevo cibo, tutti i vestiti carini che volevo. Bastava che lo desiderassi. - sorrise, un calore piacevole s'irradiò nel petto: - I vicini erano davvero simpatici. E c'era la panettiera, che sfornava il pane proprio lì dietro la sua bancarella. E il proprietario della locanda più grande del paese, che urlava tanto, ma in fondo era buono. E una ragazza che aveva un giardino pieno di fiori stupendi. Non voleva che li cogliessimo: dovevamo chiedere a lei e lei si occupava di tagliarne alcuni. Era davvero gelosa del suo giardino. E un ragazzo che mi aiutava a portare la spesa, quando avevo voglia di fare compere. Anche i soldi... bastava desiderarlo, e loro apparivano. Avevo tutto. Ero felice. Era tutto perfetto. Come una fiaba. - sentì le guance calde. Probabilmente, lo scaldabagno non c'entrava niente: - E, come ogni fiaba, aveva il suo castello. Un invito al ballo. Ci andai, desiderai di avere un abito bellissimo e di essere bellissima io stessa. Quando mi guardai allo specchio, fui felice: ero diventata davvero bellissima. Come non sono mai stata da sveglia. -
- Ma tu sei carina, Miku! - la voce di Yuki le ricordò della presenza sua e di Ryuuto.
Dopo un momento di disorientamento, sorrise: - Grazie. -. Non si riteneva brutta, ma non pensava neppure di essere la ragazza più bella del mondo. In realtà, neppure nel sogno era Miss Universo; tuttavia, le era piaciuta tanto l'immagine che aveva visto riflessa.
- Andai al ballo, appunto. - proseguì: - Era tutto magnifico. La sala, gli invitati, i loro abiti, il cibo... - soprattutto il cibo: - ... sembrava davvero di essere caduti in una fiaba. - il cuore si fece piano piano più pesante: - Era tutto perfetto, ma mancava una cosa. Una cosa che non sarebbe apparsa soltanto perché la desideravo. -
- Cosa? - le due vocine, all'unisono.
Miku esitò. Intrecciò le dita, il ronzìo dello scaldabagno coperto dal battito del cuore contro i timpani: - Era un ballo. Tutti, lì, erano in coppia. Io, invece... - non seppe come continuare.
La vedeva ancora davanti a sé, quella sala traboccante d'oro, colorata dalle vesti delle dame; sentiva ancora tutti i profumi mischiati, del cibo e delle fragranze; le sembrava di sentire la stoffa soffice del suo abito lungo le braccia, di udire il chiacchiericcio, la musica, i suoi stessi tacchi sul pavimento lucido.
E osservava uomini e donne danzare, davanti ai suoi occhi, che passavano a pochi metri dalla sedia morbida su cui era seduta. Se abbassava lo sguardo, riusciva a vedere tutte le persone che danzavano a testa in giù. Ma non c'erano gonne che si sollevavano di botto o capelli fluttuanti.
- Avevo tutto ciò che avrei potuto desiderare. Ero al ballo, come in una fiaba. Ma nessun mio desiderio avrebbe mai potuto comandare la mente di un'altra persona. - strinse i pugni: - Però... non volevo andarmene. Volevo rimanere lì. Fino alla fine della serata. Andarmene da sola, dopo essere stata da sola per tutta la sera, sarebbe stato troppo... - non riuscì a finire la frase.
Aveva stretto i pugni anche quella sera. Aveva avuto paura. Paura di svegliarsi, di far finire tutto prima del momento giusto.
Non aveva provato tristezza, e neppure delusione. Non aveva mai capito cosa fosse. Forse era stato qualcosa che si avvicinava all'ansia, forse all'angoscia.
Il cuore trasalì.
Distese le dita sulla gonna. Sorrise.
- Qualcuno mi ha teso la mano. Non c'era nessun altro, lì dov'ero io. Stava tendendo la mano a me. Aveva i guanti. Bianchi. Lui era tutto vestito di bianco. Era un ragazzo. Ricordo ogni singolo dettaglio di quella sera, ma... - inspirò: - ... non ricordo affatto il suo volto. Anche se l'ho guardato, e ho continuato a guardarlo per molto. Ricordo le sue parole, ma non la sua voce. Mi ha invitata a danzare. E io ho accettato. -
Ricordava come, in quel momento, si era dovuta trattenere dal portarsi entrambe le mani al petto. Il cuore aveva dato un colpo particolarmente violento.
Forse le aveva incrinato le ossa. Se avesse dato un altro colpo del genere, forse sarebbe riuscito a buttare giù la gabbia toracica e a spiccare il volo verso lidi lontani.
Non sarebbe stato carino.
- Io non so danzare. Ma ho desiderato di saperlo fare. E abbiamo danzato, insieme a tutte le altre coppie. - espirò.
- Per tutta la notte? - chiese Yuki. Si era sdraiata a pancia in giù, il viso tenuto tra le mani. Ryuuto era rimasto immobile, lo sguardo fisso su di lei.
- No, solo un ballo. - Miku sorrise: - Poi ci siamo salutati. Dopo un po', mi sono svegliata. Ma ero felice. -
Era raro svegliarsi al momento giusto. Chissà se, quella sera, svegliarsi al momento giusto era stato un caso o l'avverarsi del suo desiderio. Era sempre un sogno, in fondo.
- Cosa ti ha detto, lui? - domandò Yuki, curiosa. Era quasi bizzarro vederla tanto interessata ad una cosa del genere.
- Niente di eclatante. - rise: - Soltanto se stessi aspettando qualcuno. Quando gli ho risposto di no, mi ha invitata. Poi ci siamo semplicemente salutati. -
- Oh... -
- Ora non fai più questi sogni? - intervenne Ryuuto, riprendendo vita di colpo.
Miku scosse la testa: - No. Non ho più sognato quel paese da quando mi hanno uccisa. -
- ... eh? - i due bambini sbatterono le palpebre. Yuki si tirò su.
- Beh, sì. - alzò le spalle: - Un giorno, mentre passeggiavo per il bosco, ho sentito qualcuno avvicinarsi alle mie spalle. Quando mi sono girata, mi hanno pugnalata. Ha fatto discretamente male. - d'istinto, si massaggiò la zona tra il petto e i fianchi: - Sono rimasta sdraiata non so quanto. E sentivo sempre più freddo, e avevo sempre più sonno. Poi mi sono svegliata. - si ravviò le lunghe ciocche verde acqua: - Direi che qualcuno mi abbia uccisa, nel sogno. -.
- ... oh. -.
Il silenzio che calò rese più nitido il rumore dello scaldabagno. Ad ascoltare bene, le sembrava di udire un altro suono, in lontananza.
- Hai vissuto tante cose incredibili, Miku! - il sorriso di Yuki quasi illuminò l'interno della mela.
- A parte per il finale... - borbottò Ryuuto, bilanciando la luce irradiata con un po' di buio depressivo.
- Oh, beh... - Miku sventolò una mano: - ... è acqua passata, in fondo! -
- A proposito di acqua... - Yuki si mise in piedi: - ... credo sia tornato tutto più o meno normale, là fuori. -
- Oh! -
- Quindi dobbiamo già tornare...? - pigolò il bambino, la bocca curvata verso il basso.
La bambina le rivolse uno sguardo identico: - Temo di sì... e prima che il maestro ci scopra. - Miku incontrò i suoi occhi: - Dobbiamo lasciarti in un luogo in particolare? -
- No, va bene un posto qualsiasi... -
- D'accordo! - Yuki tirò fuori dallo zainetto il binocolo, andò sul bordo della mela, alzò appena il coperchio e sbirciò all'esterno: - Bene, la porta si è rotta. Possiamo lasciarti a- -
- La porta si è rotta? - si alzò di colpo, ma fu subito bloccata da un leggero dolore alla testa. Di nuovo.
Si riaccucciò, massaggiandosi il punto colpito dal coperchio della mela.
- Beh, sì. - la bambina la guardò, quasi si stupisse del fatto che non sapesse una cosa tanto ovvia: - Di solito, quando le tubature si rompono, riempiono tutta la sala d'ingresso e l'acqua finisce con lo sfondare la porta. E' così che poi defluisce- - calcò la parola, come orgogliosa di conoscerne una tanto difficile (?): - -nei campi! -
- Oooh... - era sicura di avere gli occhi che brillavano.
- Anche se il duca non è mai molto felice di questa cosa... - sospirò Ryuuto.
- A ragione, direi... - era più che lieta di come stessero andando le cose, ma non poteva non pensare a quanto dovesse essere frustrante per un portinaio vedere distrutta la porta così spesso.
Lentamente, Miku si alzò, sbirciando nello spiraglio del coperchio della mela: la porta - almeno, il buco dove prima si trovava la porta - si stava avvicinando con straordinaria rapidità.
- Dicevo. - riprese la parola Yuki, spostandosi al suo fianco: - Possiamo lasciarti a Camino. Ti va bene? -
- Ehm, sì, certo! - "Non ho idea di dove o cosa sia Camino, ma d'accordo." L'importante era riuscire ad entrare. E trovare lo Shota Usamimi.

Portati dalla corrente, attraversarono il buco un tempo porta - la porta che aveva tanto desiderato aprire - e Miku si ritrovò dall'altra parte.
Il coperchio era ancora chiuso, quindi non vedeva granché: soltanto quelli che sembravano mattoni rossi. Pareti di mattoni rossi. Era tentata dal sollevare il coperchio, ma preferiva rimanere immobile e lasciare che fossero Yuki e Ryuuto a fare tutto. Erano sicuramente più esperti di lei in materia di mele.
- Stiamo per attraccare! - annunciò Yuki, ad un certo punto: - Non ti muovere finché non saremo completamente fermi, o rischiamo di capovolgerci! -.
Miku annuì: "Allora ho fatto bene...".
Dopo qualche secondo, forse un minuto, la mela si fermò. Prima non si era accorta del movimento, ma adesso, sentendola ferma, riuscì a percepirne la differenza. Si era lasciata cullare dal leggero dondolìo della mela senza neppure rendersene conto.
Ryuuto si alzò e il coperchio, finalmente, fu alzato del tutto.
Miku guardò in alto: un soffitto ocra. "Speravo in qualcosa di più..."
- Stai attenta quando scendi! -
Si voltò a guardare Yuki appena in tempo per vederla issarsi sul bordo con un unico movimento delle braccia, per poi lanciarsi fuori. Ryuuto fece lo stesso.
"... atletici i bambini, qui..."
Non osò fare altrettanto. Adottò lo stesso metodo con cui era entrata: si lanciò a peso morto con tutta la non-grazia che possedeva.
Ovviamente, la mela franò a terra. E lei evitò di spaccarsi qualcosa soltanto perché il bordo era spesso e aveva ottenuto solo un contraccolpo sullo stomaco che le aveva mozzato il fiato.
- Appunto. - era sicura Ryuuto avesse alzato gli occhi al soffitto.
- Beh, tanto dovevamo comunque metterla in orizzontale, o non saremmo mai riusciti a farla rotolare! - Yuki le tese una mano, e Miku accettò volentieri.
Una volta in piedi, si riassettò il vestito e i capelli, e si guardò intorno: era effettivamente una stanza con le pareti di mattoni rossi e il soffitto ocra. Una grossa stanza con le pareti di mattoni rossi e il soffitto ocra. Si era pur sempre rimpicciolita tanto da poter navigare dentro una mela - una grossa mela, senz'altro, ma comunque una mela.
Guardò a terra: il pavimento era identico al soffitto. Soltanto, più scuro. Forse era sporco.
C'erano due finestre enormi - anche se fosse stata della sua misura, le avrebbe trovate gigantesche: dovevano essere alte almeno due metri.
Rettangolari, con la parte superiore a semicerchio, che sicuramente avevano un nome, ma gran parte delle lezioni di storia dell'arte le aveva passate a fare i baffi ai signori e alle signore sul libro di testo. Erano del tutto azzurre, e le cose potevano essere due: o erano dipinte, o fuori il cielo era limpido come di rado l'aveva visto.
Dietro di loro, contro una parete - proprio sopra il buco - c'era un tavolo gigante, di legno. E tre sedie di legno, sui tre lati liberi. C'era del legno anche dal lato opposto della stanza, dei colossali ceppi accatastati gli uni sugli altri.
Guardò: una cosa di pietra gigantesca. Pietra scura, sporca di roba nera. A guardare bene, c'era un sacco di roba nera pure subito sotto la cosa di pietra. Piegò la testa all'indietro, sentì la nuca contro il collo, ma non riuscì a capire cosa accidenti fosse.
"... aspetta."
- Spero che il viaggio sia stato di tuo gradimento! -
Si voltò a guardare Yuki, sempre sorridente. Annuì: - Sì! Vi ringrazio molto per avermi portati fin... qui. - "... Camino..."
- Di nulla! - la bambina sventolò la mano: - Arrivederci, Miku! -
- Arrivederci! - pigolò Ryuuto, timidamente.
- Arrivederci! - cercò di non far spegnere la voce quando vide i due piccoli mettersi a spingere la mela e a farla rotolare come se niente fosse, verso chissà dove.
Guardò dal lato opposto del camino gigante: c'era una porticina, simile a quella sfondata dall'acqua; solo, era grande almeno il triplo e i due non ebbero alcun problema ad aprirla e a far passare la mela. Poi, sempre tranquilli, la richiusero alle loro spalle.
E cadde il silenzio.

"... voglio vedere cosa c'è qui intorno!" non c'erano altre porte, lì. Solo quella sfondata e quella da cui se n'erano andati Yuki e Ryuuto. Che erano piccole. Mentre lì era tutto grande.
"Che senso ha...?" si era allontanata tanto quanto bastava per poter finalmente avere la visuale più o meno completa della cosa di pietra: sì, era un camino. Un camino sporco di fuliggine.
"Forse la gente entra dal camino...?" si riavvicinò, quasi correndo: "Entrano dal camino, se ne stanno qui per un po', e poi riescono sempre dal camino?" Gli abitanti di quel luogo erano decisamente bizzarri. Ma, senz'altro, quello doveva essere il rifugio ideale per una persona che voleva starsene da sola e in tranquillità.
"Uh?" guardò a lato, sotto il tavolo: guardando con attenzione, si accorse di uno scarico. Ecco dov'era finita l'acqua.
"... ed è entrata tutta subito...?" rinunciò ad indagare, riportando lo sguardo al camino. Ormai era vicinissima. Non si era mai accorta di quanto odore avessero la cenere e la fuliggine; non sapeva dire se fosse puzza o profumo, sapeva soltanto che le narici e i polmoni ne sarebbero stati pieni di lì a poco.
Quando fu a pochi passi dal camino stesso, si accorse che anche la pietra aveva un odore. Era sicura fosse pietra, perché non avrebbe saputo descrivere quell'odore in modo diverso da "odore di pietra".
"Forse l'hanno usato da poco...?" magari qualcuno era lì ed era stato messo in fuga dall'improvvisa inondazione da sotto il tavolo. O, se quello scarico aveva un potenza di risucchio tanto incalcolabile, forse era stato infastidito dal rumore o dall'umidità e aveva deciso di andarsene. O-
- Non l'avete ancora trovata? -
Una voce femminile, disperata.
Miku si mise in ascolto: le sembrava arrivasse dall'alto. Era giovane, sembrava stesse piangendo.
- No. - altra voce femminile. Secca e atona.
- Ma... ma... - dei singhiozzi. Stava decisamente piangendo: - ... la mia piccola! La mia bambina! Si sarà fatta male? Starà bene? Dove sarà? Cosa starà facendo? -
- Ma va' che starà benissimo. - l'altra voce sembrava voler essere da una qualsiasi altra parte insieme alla fantomatica bambina, possibilmente lontano dalla donna in lacrime: - Sei sempre così esagerata! -
- Ma ormai sono passati trenta minuti! - una forte soffiata di naso: - E se si fosse persa? E se non riuscisse più a trovare la strada di casa? E se le avessero fatto del male? - un pianto, di botto, tanto che Miku sobbalzò: - Avrei dovuto tenerla d'occhio! Non avrei dovuto lasciarla andare! Sono un fallimento, come madre! -
- No, sei solo una madre ansiosa, ansiogena, piagnucolosa e appiccicosa. -
Un'altra ondata di pianto.
Ora era davvero curiosa. Si guardò intorno, in cerca di un qualsiasi modo per salire. Percorse il perimetro di pietra, fino alla fine del bordo sporgente sopra di lei; lì, trovò una scala a pioli.
"Oh, beh." salì, stupendosi di come non traballasse, e arrivò nel camino.
Lì sopra, era praticamente tutto nero; soltanto le estremità del bordo sporgente erano ancora grigio pietra. All'interno, c'erano ancora dei pezzi di legno e cumuli di cenere. Non vi vedeva nessuna lucina, però - forse qualcuno era stato lì, ma non tanto prima quanto prima prima.
Riportò lo sguardo davanti a sé: in lontananza, due figure. Si avvicinò, con una camminata normale - forse si sarebbe dovuta mettere a correre e fingere di averle sentite e- "Posso farlo, in effetti."
Scattò, il rumore delle scarpette rimbombò nel camino, facendosi quasi assordante. Si bloccò e si portò le mani alle orecchie, infastidita. "D'accordo, magari cammino piano."
Fece per riavvicinarsi, ma si accorse di due cose: si era avvicinata abbastanza e le due donne stavano guardando nella sua direzione; una delle due aveva una mano premuta contro l'orecchio e aveva la faccia alquanto irritata.
"Ehm..."
Erano due donne ed erano completamente vestite di bianco. Una delle due - quella in lacrime - aveva persino i capelli bianchi; l'altra - quella che la stava guardando malissimo - era bionda.
Entrambe avevano i capelli lunghi, legati in entrambi i casi - una coda bianca lungo la schiena e una singola coda bionda a lato della testa - ed entrambe avevano gli occhi di colori particolari: la bianca doveva essere albina, visti gli occhioni rossi - e non per il troppo piangere, visto che era l'iride stessa ad essere di un bel rosso cupo -, la bionda faceva pendant con i capelli con un paio di occhi gialli.
Per il resto, non avevano niente in comune.
La ragazza bionda non doveva avere neppure diciotto anni; in una delle mani inguantate aveva un... cellulare, o un qualcosa che ci somigliava, senz'altro qualcosa con tanti tasti; aveva gli stivali, dei pantaloni, una camicia, un panciotto, una giacca lunga fino ai polpacci e una corona di quelle che sembravano cuscini in una gabbia ingioiellata.
La ragazza albina i diciotto li aveva ampiamente superati; nelle mani aveva un fazzoletto bianco, di quelli che sembravano ipercostosi solo ad intravederli da lontano; aveva un'ampia gonna fino a terra, dall'aspetto morbido, dei guanti fino agli avambracci e un bustino prossimo all'esplosione a causa della sua settima abbondante; la corona sulla sua testa era nettamente più piccola di quella della ragazza bionda, senza pseudocuscini di mezzo.
- Che vuoi? - l'apostrofò la ragazza bionda.
- Vi ho sentite da sotto! - disse subito Miku, le mani dietro la schiena. Sentiva un po' di caldo sulle guance.
- E allora? -
- Ecco... - cercò di sostenere lo sguardo irritato della ragazza: - ... mi chiedevo se ci fossero problemi... -
- Se davvero ci hai sentito, allora non faresti domande così stupide! - tornò al suo coso pieno di tasti: - Sparisci. -
- Scusatemi, signorina... - la donna bianca si avvicinò, ignorando del tutto le parole della compare: - ... avete per caso visto la mia piccola? -
"... mi sento in colpa a dirle di no..." e la donna era sul punto di rimettersi a piangere: "... però non..."
- Ehm, com'è fatta? - chiese, cercando di guadagnare tempo: "Magari è Yuki..."
Quegli occhi rossi divennero due sfere perfette.
Al fianco della donna bianca apparve la ragazza bionda, una mano al fianco, l'altra con lo pseudocellulare lasciata pendere: - Ah? Ma sei fuori? -
- Dai, dai, Neru... - la donna abbozzò un sorriso timido, la voce ancora spezzata: - Magari viene da lontano... -
- In effetti sì! - Miku ne approfittò: "Ho come l'impressione che questa tizia bionda sarebbe capace di buttarmi fuori, se le dicessi che vengo dalla stanza qui accanto..." era una sensazione alquanto forte.
- Ma proprio tanto lontano, da un posto tanto nascosto, se non conosci la principessa! -
"La principessa?" in effetti, le corone sarebbero potute essere un discreto indizio.
- Neru! - la riprese la donna, la voce soffocata.
- Comunque. - la ragazza bionda, Neru, alzò le spalle e incenerì Miku con un'occhiataccia: - Puoi pure andartene. Nostra figlia starà qui in giro, non dar retta a quello che dice Haku. -
- Smettila! - un'altra ondata di pianto e il volto di Haku sparì nel fazzoletto.
- Ma-ma magari l'ho vista! - riprese parola Miku, riportando le mani davanti e intrecciando le dita: - E non sapevo fosse la principessa! Potete dirmi com'è fatta? -
- Ma che palle... -
- E' piccola e innocente! - gli occhioni rossi di Haku riapparvero dal fazzoletto: - E' bionda, con gli occhi azzurri, e dolce, e carina, e tenera, e... e... - tirò su col naso: - Come ho potuto lasciarla sola? E' così giovane, così ingenua, così indifesa, così- -
- Madre! -
D'istinto, Miku abbassò lo sguardo: una voce femminile, dal basso. Proprio dove c'era più fuliggine. Montagnole di fuliggine e cenere, per la precisione.
Su una delle cime, apparve una figura.
Senz'altro era bionda. Gli occhi non riusciva a vederli.
Piccola non le pareva.
E, a giudicare dall'armatura e dalla lancia stretta in un pugno, dubitava fosse indifesa.
- LILY! -
E Miku perse un timpano. Chissà se era una cosa definitiva. Sperava proprio di no.
Da come anche Neru si era premuta - di nuovo - una mano contro un orecchio, probabilmente doveva averne perso uno pure lei.
- PICCOLINA MIA! - Haku quasi si gettò a terra, in lacrime: - MA ALLORA STAI BENE! -
La principessa Lily alzò gli occhi al soffitto, senza rispondere. Poi si lasciò scivolare lungo il fianco della montagnola e corse in direzione della scala a pioli.
Miku riuscì a sentire distintamente il rumore dei pezzi dell'armatura che cozzavano l'uno contro l'altro; s'interruppero per un istante, per poi riprendere e farsi sempre più vicini, insieme al boato dei passi nel camino. Neru si tappò anche l'altro orecchio e Miku decise di imitarla.
E la piccola e indifesa principessa Lily apparve davanti ai suoi occhi: se Haku era più alta di Neru di tutta la testa, Lily avrebbe potuto usare quella testa bionda per poggiarci un gomito. A Miku bastò abbassare lo sguardo per notare il tacco dieci dei calzari. Ma non era sicura che la principessa non fosse alta anche da scalza.
L'armatura bianca non era esattamente di quelle medievali raffigurate nei libri: sembrava più un'armatura femminile uscita da qualche videogioco, ma senza lasciarla troppo scoperta - a conti fatti, le uniche parti scoperte erano gli avambracci e la parte tra gonna e ginocchio, ma erano entrambe coperte dalla maglia. Una lancia lunga almeno mezzo metro più di lei in una mano, l'altra al fianco a reggere l'elmo. Riusciva a vedere le incisioni di un giglio ai lati, e sotto il collo dell'armatura; sugli schinieri e sui dorsi dei guanti, dei cuori rossi.
E mezza maschera bianca a coprire il viso.
Eppure, nonostante questo, bastava la metà scoperta per rendersi conto che non era "carina", era bellissima. E aveva preso il fisico da Haku - soltanto che, almeno, la corazza non sembrava sul punto di esplodere. Forse perché la principessa aveva solo una quarta.
- Ero solo scivolata, madre! - sospirò Lily, paziente - o forse no.
"... scivolata?" Miku guardò di nuovo di sotto: "... è stato un bel volo...".
- Quel che le ho detto. - disse Neru, scocciata: - Ma lei mi ha forse dato retta? No, come al solito. Si è messa a frignare a dar fastidio a gente venuta a darci fastidio! -
- Prego? - aveva la vaga impressione stesse parlando di lei.
Mentre Haku correva a stritolare la piccola e indifesa Lily, Neru le si avvicinò, gli occhi ridotti a fessure: - Se hai qualcosa da dirci, dilla subito. Oppure sparisci. Te l'ho detto pure prima. E ringrazia che non sei un mio suddito. -
"Per fortuna..."
- Che roba. - Neru tornò a pigiare tasti a caso del coso pieno di tasti: - Con che sfacciataggine poi si rivolgono ad un sovrano! Ma il delirio, proprio... -
- Direi che posso andar- -
- Signorina. - la principessa si era liberata dalla regina, e le si era avvicinata. Parlava con voce gentile, ma il modo in cui la guardava era di palese sospetto: - Vi scorterò per un tratto. Fino alla porta. -
- Oh... - qualcosa le diceva che non avrebbe potuto rifiutare: - Ehm, grazie, principessa... -
- Ehi! - Neru alzò lo sguardo, le sopracciglia talmente basse da farle ombra sugli occhi: - Perché lei la tratti bene e io non vengo chiamata neppure "re", "sovrano", "mio signore", o- -
- Torni già al lavoro, cara? - sussurrò Haku, tamponandosi le guance con il fazzoletto.
- Temo di sì, madre. -
Con grande sorpresa di Miku, la regina si limitò a sospirare, senza scoppiare di nuovo in lacrime.
- Andiamo, signorina. - sentì la mano d'acciaio di Lily contro la schiena e non se la sentì di rimanere ferma.
Incredibile la velocità con cui scesero - accompagnate dai saluti di Haku, che sventolava il fazzoletto, e dalle proteste di Neru.
Dopo qualche passo, Lily parlò: - Qual è il vostro nome? -
Il sospetto con cui la guardava faceva sospettare anche lei. Non sapeva di cosa, ma sentiva che sarebbe arrivata qualche domanda o affermazione scomoda da un momento all'altro.
Si fermò e fece una piccola riverenza: - Mi chiamo Michelyne Alice Lydia Fairsound. O solo Michelyne. -
Lily chinò appena la testa: - Come avrete già intuito, io sono Lily, Principessa Bianca e Fante di Cuori. - parve pensarci un attimo: - ... anzi, Fante di Cuori e Principessa Bianca. -
- Cosa cambia? -
- Tante cose. - la principessa la scrutò. Sì, aveva gli occhi azzurri: - Voi non siete di qui, vero? -
"Ecco, appunto."
- Venite da oltre quella porta. - accennò con la testa al buco. E non era una domanda.
- Mi hanno fatta entrare. - rispose Miku. Era vero, in fondo. Yuki e Ryuuto l'avevano fatta entrare.
- Non Gakupo. - continuava a guardarla.
Cercò di non abbassare lo sguardo, anche se iniziava a sentirsi un po' inquieta - soprattutto perché la principessa era armata: - Perché ne siete così sicura? -
- Perché Gakupo fa entrare soltanto le persone con invito. - piegò appena la testa di lato: - Se aveste avuto un invito, me l'avreste detto subito. -
"... mi ero dimenticata della faccenda dell'invito."
- Tuttavia... - Lily sospirò e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, ogni traccia di sospetto era scomparsa. Sembrava quasi stesse... ridendo?: - ... se aveste cattive intenzioni, vi sareste costruita qualche scusa. Voi mi sembrate solo spaesata. -
- All'incirca... - confessò Miku, piano: "In realtà, so che questo è Camino. E' un punto di riferimento!"
- E avreste cercato di ingraziarvi il Re e la Regina. O ucciderli. -
- Siete un po' estremi... -
- E' quello che tendono a fare i rivoltosi. - Lily alzò le spalle: - Siete diretta al Paese delle Meraviglie o al Paese dello Specchio? -
"... eh?" - Ehm... - indicò la porta da cui erano usciti Yuki e Ryuuto: - Lì. -
- Il Paese dello Specchio, allora. Ma voi... - sembrava sinceramente stupita: - ... non avete neppure idea di dove vi trovate? -
"..."
- Siamo a Camino! - rispose, tranquilla. Era sicura di non stare sbagliando.
- Questo sì... - si portò la mano al mento: - ... beh, direi che, per evitare che facciate disastri, sia il caso di dirvi un paio di cose. -
Miku si limitò ad annuire: "Un inforigurgito. Ora mi serve, in effetti.".
- Le mie madri sono il Re e la Regina del Paese delle Meraviglie. L'entrata è lassù. - indicò una delle finestre: - C'è un piccolo specchio, da qualche parte. Quella è l'entrata. Quella, invece... - e indicò la porticina: - ... è l'entrata per il Paese dello Specchio. -
- Non avrebbe più senso al contrario? -
Lily aggrottò la fronte: - Sarebbe alquanto noioso avere il Paese dello Specchio dietro uno specchio e il Paese delle Meraviglie dietro una porta. -
- Anche voi avete ragione, principessa. -
- Se mai ci reincontreremo nel Paese dello Specchio, vi prego di rivolgervi a me come "Fante di Cuori". Lì, il mio ruolo è solo e soltanto quello. - la voce si era fatta fredda.
- D'accordo... -
- Proteggo il palazzo della Regina. - proseguì Lily: - Quindi, gradirei molto voi non foste una rivoltosa. In caso contrario, saremmo costrette a scontrarci. -
- Tranquilla. - "Non ho voglia di..." fissò la lancia, trattenendosi dal fare un passo indietro.
- E prestate molta attenzione. Anche la cosa più innocente può rivelarsi pericolosa. -
Miku annuì. Solite raccomandazioni.
Lily schiuse le labbra. Ma le richiuse subito. Scosse appena la testa e sorrise: - Per il resto, siete libera di andare dove volete. Soltanto, non create problemi. -
- Sì, Fante di Cuori! -
- Una volta attraversata la porta, io tornerò al mio compito. Quindi, non potrò scortarvi in giro. -
- Non vi preoccupate. -
- La Regina ci tiene agli ospiti. - sospirò: - Ma ci tiene anche che il palazzo sia protetto. -
"... e una persona basta a proteggere un palazzo intero...?".
- Andiamo. -
- Sì! -
E si avviarono verso la porticina.

- Wow... - Miku non riuscì a non dirlo: davanti a lei c'era un enorme giardino. "Enorme" anche per la sua altezza originale.
C'era un vialetto di sassolini bianchi subito all'uscita, e portava chissà dove; tutto intorno, fiori. Tanti fiori. Tanti, tanti fiori.
- E'- - si bloccò. Lily era sparita.
"... è proprio tornata al suo compito subito subito. Che velocità!".
Inspirò a fondo: solo in quel momento si rese conto di quanto tempo fosse stata al chiuso. In una stanza o in una mela. Era bello sentire un odore tanto fresco e tanti profumi insieme dopo acqua, frutta e cenere. E pietra.
Si stiracchiò e si lanciò sul vialetto, quasi saltellando.
Continuò a gettare occhiate in giro: giallo, arancione, rosso, rosa, azzurro, celeste, viola - e verde, tanto verde.
"Chissà se esistono fiori verdi." si chiese: "E, se esistono, dovrebbero davvero essere più famosi.".
Si fermò.
Guardò il vialetto, di cui ancora non vedeva la fine.
Guardò i fiori, alti almeno tre metri - dalla sua minuscola prospettiva. Probabilmente, erano normalissimi fiori.
Tornò a guardare il vialetto.
Tornò a guardare i fiori.
Lasciò il vialetto e s'infilò tra gli steli giganti.
Com'era ovvio, lì il profumo dei fiori era più intenso. Ad annusare bene, c'era anche un retrogusto di terra umida.
"... forse usano l'acqua della stanza accanto per annaffiare anche il giardino, oltre ai campi...?" avrebbe avuto un suo senso.
Non aveva idea di dove stesse andando. Andava e basta. Si faceva largo tra gli steli più vicini, li aggirava, camminava tranquillamente. Era come camminare sotto tanti ombrelloni: il sole illuminava il terreno solo in piccoli quadratini con i bordi irregolari, lasciando tutto il resto in una piacevole ombra.
Non faceva né caldo né freddo; quando Miku guardò in uno degli spazi lasciati liberi dai petali giganti, notò come effettivamente il cielo fosse terso.
"Chissà che ore sono..."
Continuò a camminare: "Se vado sempre dritta, prima o poi arriverò alla fine del giardino, no...?".
E si ritrovò con la faccia nel terreno.
- Puah! - si rialzò in fretta, togliendosi la terra dalla faccia e dai vestiti. Battè le mani per levare gli ultimi residui e si voltò: - Dannato sass- -
Era sicura di essere inciampata su un sasso.
Ma era anche sicura che i sassi non fossero rettangolari, né rossi né tantomeno con le pagine.
Si avvicinò e raccolse il non-sasso: un quadernino. Lo aprì, per cercare il nome del proprietario, ma non c'era nessun nome. C'erano appunti, in compenso: scritte sia in stampatello che in corsivo, accomunate da una calligrafia allungata.
Guardò la prima pagina: una serie di disegnini di quella che sembrava una spada stilizzata, con cinque salsicciotti che presumibilmente simboleggiavano delle dita; tutti i disegni, tranne un paio, avevano una X sopra, gli altri recavano la scritta "Giusto!".
- Sono... - inarcò un sopracciglio nel notare come i salsicciotti fossero sempre in posizioni diverse, alcune delle quali fisicamente impossibili: - ... metodi per impugnare una spada...? -
Aprì una pagina a caso: a sinistra, in stampatello e sottolineato una quindicina di volte, c'era un "Assaggia prima di usare il sale o lo zucchero" che copriva quasi tutto lo spazio disponibile; a destra, due linee, una più lunga e una nettamente più corta. Quella più lunga aveva un triangolino in cima. Fu solo grazie alle didascalie che comprese di avere davanti una lancia e uno stuzzicadenti. Notevoli le note a margine e le freccette su una o sull'altro: "Grossa" e "Fa male anche questo, se lo sai usare bene".
Andò all'ultima pagina: vuota. Tornò indietro, fino all'ultima pagina scritta: "Se la Cuoca ha detto che una bustina di lievito può bastare, non metterne cinque solo perché una bustina per una torta intera ti sembra poco.".
"Uhm..." girò le pagine successive. Notò qualcosa. Sfogliò di nuovo le pagine e trovò quel che aveva intravisto: una pagina a caso tra quelle bianche era scritta in corsivo, con straordinaria cura in confronto agli altri appunti. Tuttavia, la calligrafia era decisamente la stessa.
Andava a capo spesso: "... un poemetto...?". Provò a leggere.
'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.
Beware the Jabberwock, my son!
The jaws that bite, the claws that catch!
Beware the Jubjub bird, and shun
The frumious Bandersnatch!
He took his vorpal sword in hand:
Long time the manxome foe he sought
So rested he by the Tumtum tree,
And stood awhile in thought.
And as in uffish thought he stood,
The Jabberwock, with eyes of flame,
Came whiffling through the tulgey wood,
And burbled as it came!
One, two! One, two! And through and through
The vorpal blade went snicker-snack!
He left it dead, and with its head
He went galumphing back.
And hast thou slain the Jabberwock?
Come to my arms, my beamish boy!
O frabjous day! Callooh! Callay!
He chortled in his joy.
'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

"..."
Rimise il quadernino dove l'aveva trovato.
Riprese a camminare tra i fiori giganti.
"Ho capito solo che c'è un coso chiamato Jabberwock, che ha gli occhi di fuoco, e che è meglio starci lontani." si fece largo tra due steli: "Forse era tra i pericoli che nominava Lily...?".
Scosse la testa e sospirò: "Beh, mi basterà stare lontana dall'uccello Jubjub, dall'albero Tumtum e dal Bandersnatch. Qualsiasi cosa sia. Sono sicura che, se starò lontana da robe del genere, non incontrerò neppure il Jabberwock!".
Sì, era un buon piano.
Chiuse gli occhi e inspirò l'aria fresca di profumi mischiati. Quando li riaprì, guardò le corolle sopra la sua testa: giallo, rosso, rosa, arancione...
"Ci sono così tanti colori..." le metteva allegria, quel posto.
- Un quadro miracoloso! - canticchiò: - L'ora dello spettacolo miracoloso! -
- Chi è? -
- Non ho mai sentito questa voce! -
- Uh? Chi? -
Il vento mosse le corolle sopra di lei. Un istante dopo, Miku notò come non ci fosse un alito di vento.
Gli steli si curvarono, rientrarono dalla parte opposta alla sua, lasciarono che le corolle si avvicinassero a lei; e, quando vide cosa nascondevano i petali, Miku schiuse le labbra, incantata e intimorita al tempo stesso: dei volti umani. E dei capelli.
Fece un giro su se stessa: non aveva idea di quanti fossero, ovunque il suo sguardo si posasse incontrava un paio di occhi incuriositi.
- E' questo strano fiore ad aver cantato? - chiese una dalia rosa, dai morbidi capelli castano chiaro.
- Ehi, tu! - una rosa dai lunghissimi capelli arancioni mosse una delle sue foglie - una mano? - nella sua direzione: - Sì, proprio tu! Canta qualcosa! -
E calò il silenzio. Ora gli sguardi erano quasi insistenti. Li sentiva trafiggerla da ogni parte - forse solo da sotto non arrivavano occhiate tanto intense.
"... ehm... d'accordo..." inspirò e cantò di nuovo: - Un quadro miracoloso! L'ora dello spettacolo miracoloso! -
- E' lei! -
- Sì, è proprio lei! -
- Lei! -
- Lei! -
- Ragazze, calmatevi! - un bellissimo giglio tigrato alzò entrambe le foglie, richiamando l'attenzione: - Un po' di contegno! -
In un angolo, un gruppo di fiori si afflosciò su se stesso, come se fosse appassito di colpo.
- Ehm, anche voi, ragazzi! - il Giglio-Tigre sorrise a mo' di scuse e il gruppetto riprese improvvisamente vita.
- E' arrivata proprio ora che stavamo per iniziare il nostro canto pomeridiano... - sospirò una viola con le codine nere. Miku si stupì quando notò che aveva un occhio azzurro e uno castano: "Non avevo mai visto eterocromi dal vivo...".
- Beh, poverina, non poteva saperlo... - pigolò timidamente un fiore sconosciuto tutto rosa.
- O forse l'ha fatto apposta. - il sorriso di una margherita dai lunghi capelli argentati aveva un che di inquietante.
- Ossu! - un tulipano nero dai lunghi capelli neri alzò una foglia in uno svogliato segno di saluto.
- Ma tu che fiore sei? - chiese la Rosa, chinandosi ancora di più verso di lei. Aveva gli occhi verdi.
- Io non sono un fiore! - rispose Miku: - Io sono un'umana! -
- Ha davvero una corolla orribile. - commentò la Margherita, senza perdere il suo sorriso: - Ed è tutta sporca di terra! Deve essere per questo che il suo profumo è così... - lasciò la frase in sospeso, roteando gli occhi rossi.
- Non ho mai sentito la specie "Umana"... - la Rosa guardò il Giglio-Tigre: - ... sarà un nuovo tipo di fiore? -
- Ho detto che non sono un fiore! -
- Di quelli che fanno in laboratorio? - intervenne la Viola.
- Sarebbe interessante... - lo sguardo che le rivolse la Rosa era, se possibile, ancora più incuriosito di prima.
- Adesso fanno i fiori al contrario? - sentì gli occhi della Margherita perforarla: - E'... verde. Ha la corolla verde e lo stelo bianco! -
- In effetti è un po' sottosopra... - annuì la Dalia, portandosi una foglia alle labbra.
- Non sono un fiore! - "Eppure le orecchie le hanno!"
- Ragazze! - il Giglio-Tigre guardò il gruppetto: - E ragazzi! - tornò a guardare Miku: - Perdona tutta questa irruenza! -
"Almeno lei..."
Il suo sguardo fu inevitabilmente calamitato dall'acconciatura rossa del Giglio-Tigre: codine a cavatappi. Non riusciva a staccare gli occhi da quelle codine attorcigliate all'aria.
- Dicevamo. Chi sei? Cosa ci fai qui? Sapevi che stavamo per metterci a cantare? L'hai davvero fatto apposta? Sei un fiore fatto in laboratorio? Perché i tuoi colori sono invertiti? -
"Perdona tutta questa irruenza." Miku fece un passo indietro. Forse era il caso di essere più intimorita che incantata.
- Nell'ordine. - mise davanti entrambi i pugni: - Mi chiamo Michelyne Alice Lydia Fairsound. - sollevò un pollice: - Stavo passeggiando. - l'indice: - No. - il medio: - No, quindi. - l'anulare: - No. - il mignolo: - No. - passò all'altra mano: - Questi sono i miei colori. - il pollice. Aveva ancora quattro dita disponibili.
- Ma aveva detto di essere "Umana"... - sussurrò il fiore sconosciuto rosa.
- Oh, sei davvero stupida. - sospirò il Giglio-Tigre, come se nulla fosse: - "Umana" è il suo nome, quella cosa impronunciabile è il nome della famiglia della sua specie! -
- Davvero brutto. - commentò la Margherita.
- A me piace! - protestò la Viola.
- Lungo, più che altro. - notò la Rosa.
"..."
- Beh, Umana. - il Giglio-Tigre la guardò: - Puoi restare a cantare con noi! -
- In realtà, ho un impe- -
- Sì, canta con noi! -
- Voglio sentirla cantare di nuovo! -
- Sentiamo come cantano i fiori delle nuove specie! -
- E se li chiamassimo gli Invertiti? -
- Ragazze! ... e ragazzi. - il Giglio-Tigre riprese la parola: - Non fate tutta questa confusione! Iniziamo! - tornò a guardarla: - Mi raccomando, memorizza le parole e poi seguici! -
"... perché Lily se n'è dovuta andare subito? Perché non ho seguito Yuki e Ryuuto? Perché non accettato l'invito di Gakupo Kamui?" le sembrava di stare parlando a vuoto. Per un attimo, si chiese se i fiori non udissero una parola sì e centocinquanta no.
Poi la sua mente si svuotò.
Il Giglio-Tigre aveva iniziato a muovere la testa a destra e a sinistra. E le sue codine rimbalzavano a destra e sinistra. Destra e sinistra.
- Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te! - destra e sinistra, destra e sinistra: - Non posso dimenticare questi miei preziosi ricordi! Se i dorayaki non possono diventare la mia dieta principale, dovrò soltanto riscriverla a modo mio! -
C'erano anche le altre voci, che si aggiungevano man mano. Risuonavano sullo sfondo, un accompagnamento perfetto a quello spettacolo.
Destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra...
- Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te! Le stelle esaudiranno il mio desiderio? Portami dall'altro lato della Terra, cerchiamo il più bello dei fiori! -
Destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra...
- Ti amerò- -
- Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te! Non posso dimenticare questi miei preziosi ricordi! Se i dorayaki non possono diventare la mia dieta principale, dovrò soltanto riscriverla a modo mio! - era un ritmo che entrava in testa. Le codine del Giglio-Tigre.
... non facevano più destra e sinistra. La testa era immobile. E gli occhi castani del Giglio-Tigre erano su di lei.
Nel silenzio.
"... cosa...?" si ricordò dell'esistenza di qualcos'altro oltre le codine rosse. Si guardò intorno: la stavano di nuovo fissando tutti.
- Bene! - sorrise il Giglio-Tigre.
- Accettabile. - annuì la Rosa, ravviandosi i lunghi capelli arancioni.
- Si può fare, sì! - fece la Viola.
Il cuore le sussultò in petto. Le sfuggì un sorriso: - Grazie! - "Forse questi fiori non sono poi così male..."
- ... tu. -
Il cuore le sussultò di nuovo in petto. Ma per tutt'altro motivo.
Si voltò lentamente. Gli occhi rossi della Margherita, ad un palmo dai suoi.
Saltò all'indietro, il sangue divenne gelido all'istante. Quel sorriso era decisamente disturbante.
- Tu pensi di poter venire qui e fare il comodo che ti pare, dannata Invertita? -
- Io, veramente- -
- Sei un disastro sotto ogni punto di vista! Mi chiedo perché ti permettano ancora di girare indisturbata. Ma non temere. - una delle sue foglie si mosse.
Miku osò abbassare lo sguardo. Il sangue nelle vene si congelò direttamente.
"... forbici. Da giardino." fece un altro passo indietro: "... perché un fiore ha delle forbici da giardino?"
- Porrò fine io alle tue sofferenze. E non permetterò ci siano altri simili orrori Invertiti a piede libero! Ti estinguerò prima che tu possa impollinare! -
Una scossa sul terreno. Miku riuscì a rimanere in piedi. Gli occhi iniziavano a farle male, tanto li aveva sgranati: la Margherita aveva tirato fuori una radice. Un'altra scossa. Un'altra radice. Un'altra scossa. Un'altra radice.
- Come sei esagerata... - sospirò il Giglio-Tigre, come se fosse una cosa normalissima. Gli altri fiori annuirono.
Un'altra scossa. Un'altra radice.
"..."
Miku corse via.
Non aveva nessuna meta, non ricordava neppure da dove fosse venuta, voleva soltanto mettere quanta più distanza tra lei e la Margherita. E dalle sue forbici da giardino, possibilmente.
Sentiva ancora delle leggere scosse. Stava guadagnando sempre più vantaggio. Ma non aveva intenzione di fermarsi finché non fosse uscita da quel giardino. Finché non fosse stata lontana, per la precisione.
Perché, se non avesse più sentito le scosse, sarebbe potuto significare essere già abbastanza lontana.
Oppure che la Margherita avesse finito di estrarre le sue radici.
E non aveva idea di quanto fossero veloci i fiori.
Con in foglia delle forbici da giardino.

"Anche la cosa più innocente può rivelarsi pericolosa."
Ora capiva davvero le parole di Lily.
"Non pensavo sarei finita con il rischiare di essere trafitta o fatta a pezzi da delle forbici da giardino giganti tenute da una margherita gigante."
Si accasciò a terra.
Non sapeva dove fosse. Sapeva soltanto che non c'erano più le corolle sopra la sua testa; ora c'erano direttamente alberi. Tanti alberi. E, per terra, tanta erba verde. Intuì di essersi addentrata in un bosco.
Era sicura di essersi addentrata perché, ovunque guardasse, c'erano alberi anche in lontananza.
Poteva provare a riposarsi. "Sempre che ora non venga inseguita da una sequoia armata di disserbante.".
Si lasciò cadere di schiena, nell'erba.
Inspirò: "Sono..." espirò: "... stanca.".
La corsa le aveva lasciato la gola talmente secca da dare l'impressione di potersi scheggiare ad ogni sospiro; deglutire, per assurdo, rendeva quell'impressione ancora peggiore.
Il cuore doveva essere esploso in tanti minuscoli pezzettini durante la corsa, a giudicare da come sentiva pulsare all'incirca ovunque - non solo in tutto il petto, ma persino nello stomaco, nelle gambe, nelle spalle, nelle tempie e nelle orecchie. Se provava a chiudere gli occhi, il battito nei timpani si faceva più intenso. Forse c'era un battito anche nella gola, ma quella aveva altro a cui pensare.
"Quanto vorrei una Bevimi..." al succo di negi. Era squisita ed estremamente dissetante. Con una controindicazione, certo: "Anche se..." le venne in mente: "... se crescessi, potrei tornare al giardino e cogliere quella Margherita. E fare m'ama non m'ama. E poi darle fuoco." avrebbe trovato un modo, per l'ultima parte. Poi le venne un altro pensiero: "... anche se ho come l'impressione che quella Margherita finirebbe almeno per ficcarti quelle forbici in un occhio." sospirò: "D'accordo, niente vendette. Lasciamo stare il giardino.".
Chiuse gli occhi, il battito nelle orecchie era incredibilmente nitido.
Tic Tac Tic Tac
Riaprì gli occhi. Il sole era più alto di prima. Anzi, era quasi sopra di lei.
Scattò seduta, in un fruscìo d'erba: "Mi sono addormentata...?" si passò i dorsi delle mani sugli occhi: "Quanto avrò dormito...?" a meno che non fosse trascorso un giorno esatto, però, poteva star sicura di non aver dormito troppo.
Il cuore doveva essere tornato intero, perché sentiva un solo battito - in un solo lato del petto, dove era solito essere; la gola bruciava ancora, ma almeno non dava l'idea di doversi riempire di schegge da un momento all'altro.
"Direi che posso riprendere a camminare..." si alzò, si spolverò la gonna e i capelli e andò dritta: "Da qualche parte finirò, prima o poi...". Sperava solo non ci fossero altri qualcosa giganti.
Si guardò intorno: alberi, e alberi, e alberi. Se avesse preso più sul serio le lezioni di botanica, forse, avrebbe potuto fare un accuratissimo excursus sulle varie tipologie di alberi - piuttosto variegati, abbastanza da non rendere il paesaggio troppo monotono -, ma non le aveva mai prese sul serio, quindi si limitò a constatare come ci fossero alberi più o meno frondosi, con le chiome più larghe che lunghe, più lunghe che larghe, a forma di ovale o di nuvola, con le foglie larghe o con degli aghi, con i tronchi più sottili di lei o larghi quanto la parete di una casa, liscissimi o nodosi, con i rami che partivano già dal metro e mezzo o tutti raggruppati dai tot metri in su.
Ed erano tanti. Ma proprio molto tanti.
"... spero che questo bosco finisca, prima o poi." era piuttosto sicura avesse una fine. In realtà, la sua preoccupazione era un'altra: "... spero di riuscire ad uscire prima che faccia notte...". In realtà, la sua maggiore preoccupazione era più immediata: "... sto cominciando ad avere davvero fame.". Doveva essere quasi mezzogiorno, in fondo.
Alberi, alberi, alberi, alberi.
E una grande macchia bianca.
"Cosa?" accelerò il passo, fino a ritrovarsi a correre: s'intravedeva qualcosa di bianco e grosso, dietro gli alberi. Sembrava un...
"... un edificio...?" superò gli ultimi alberi, e la costruzione apparve d'innanzi ai suoi occhi: "... una casetta!".
Una casetta bianca, di misura normale; una casetta di quelle da fotografia, stretta ma con due piani e il portico rialzato con parapetto, e le colonnine ai lati della porta, e le scalette con corrimano davanti all'entrata. Riusciva a vedere un camino, e due finestre per piano sulla facciata principale.
Forse ce n'erano quattro su tutti e quattro i lati.
Era al centro di una radura, un quadrato d'erba libero dagli alberi all'interno del bosco; tutto intorno, una staccionata bianca con un cancello di legno alto fino ai suoi fianchi, aperto.
"Qui hanno la mania di lasciare tutte le strade libere..." osò fare un passo avanti: "... e poi bloccare all'ultimo."
- Permesso? - non ricevette risposta.
Entrò, continuando a guardarsi intorno, fino a notare un orticello su un lato della casetta.
"Che carino!" si avvicinò ad ampie falcate, per poi chinarsi a vedere cosa ci fosse: per la maggior parte, dal terreno curato uscivano ciuffi di foglioline verdi. "Sembrano carote..." alzò lo sguardo: in fondo all'orticello, facevano bella mostra di sé delle zucche ancora piccole.
"Carote e zucche?" si rialzò: "Al proprietario deve piacere molto l'arancione.". Si diresse all'entrata.
Salì le scale, notando di sfuggita le lanterne bianche appese sotto il portico, ai lati della porta. Bussò.
- E' perm- - e la porta si aprì.
O meglio, era già aperta. Le era bastato colpirla due volte con le nocche per farla socchiudere.
"..." afferrò la maniglia ed entrò: - Scusatemi! - urlò: - E' permesso? -. Ancora una volta, nessuna risposta.
- Beh, io entro! - annunciò, facendo qualche passo nell'ingresso: - Poi non accusatemi di violazione di domicilio! -.
"Non sto facendo nulla di male!" a parte entrare senza permesso in una proprietà privata: "Non ho intenzione di rubare niente! Soltanto, se c'è qualcosa in frigo..." non era sicura di voler cogliere le carote. Non sapeva se fossero mature, e non sapeva neppure se andassero lavate, disinfettate o sottoposte a riti propiziatori prima di confezionarle o servirle in tavola.
"Che posto carino..." fece un giro su se stessa, mentre cercava la cucina: la casetta era tutta bianca, in legno, modesta e dall'aria di essere uscita dall'Ottocento. O forse primo Novecento.
"Modesta..." aveva aperto una porta, che si era rivelata essere la camera da letto. Il baldacchino matrimoniale con tappeto a tutto pavimento e le tende con le nappe dorate ci stavano una meraviglia, con l'idea di "modestia" della casetta.
Stesso valeva per il bagno bianco accecante con doccia, vasca e idromassaggio sui tre lati senza porta, il soggiorno che occupava buona metà della casetta e la tanto agognata cucina, che sembrava un appartamento a se stante.
Miku si fiondò al frigorifero bianco splendente, con due freezer - uno sopra e uno sotto - e incavo da cui far uscire i cubetti di ghiaccio direttamente nel bicchiere.
Il frigorifero era bianco splendente, molto bianco splendente, difatti era vuoto.
Provò con i freezer, che le sbuffarono addosso una nuvola di aria ghiacciata e le mostrarono il nulla cosmico.
Richiuse tutto.
"Beh, c'è ghiaccio, è freddo, deve essere in funzione da un po', quindi non è nuovo..." guardò i cassetti e le credenze, dubbiosa: "... magari mangia tutta roba in scatola o già pronta?".
Tutto era perfettamente pulito. E vuoto. Ogni singolo scaffale. Almeno nei cassetti c'erano le posate. Le uniche ante che, aperte, le svelarono la presenza di qualcosa furono quelle che avevano al loro interno le pentole e le padelle.
"... di cosa si nutre, il proprietario...?" "Carote e zucche." si rispose all'istante.
Decise di salire al piano di sopra - e la scala era proprio fuori dalla cucina, quindi arrivò in pochi istanti.
Il piano di sopra era una stanza unica: c'erano un armadio, un divano, un tavolo e una sedia. Il pavimento era una distesa di vestiti gettati a caso e cartacce di merendine.
"..." si chinò a guardare i vestiti più vicini: una camicia bianca, delle bretelle, un paio di pantaloncini e dei calzini. Notò anche dei bottoni sparsi.
"... a cosa serve l'armadio, allora...?" non osò aprirlo. Concentrò la sua attenzione su qualcosa di ben più importante: "Cartacce di merendine..." socchiuse gli occhi: "... quindi devono esserci delle merendine, da qualche parte!".
Attraversò la stanza con cautela, cercando di non calpestare nessun vestito - e nessuna cartaccia, che sembrava non aspettare altro che la sua scarpa per farla scivolare.
Una volta arrivata dall'altro lato- "..." -non aveva trovato assolutamente niente.
Si voltò.
"... sei un'idiota."
Riattraversò la stanza, sempre con cautela. L'armadio. Forse uno scopo ce l'aveva.
E, quando lo aprì, si rese conto di essere stata davvero stupida: le merendine erano lì. Insieme a delle boccette di qualcosa.
Forse, un tempo, le merendine erano impilate, ma ora erano franate e lasciate così com'erano cadute. Le bottigliette resistevano in piedi.
"Forse è yogurth che si beve?" prese la boccetta più vicina: "Non c'è nessuna etichetta...". La stappò e la annusò: sapeva di banana.
E, visto che aveva sete da un tempo imprecisato, la bevve. Sembrava effettivamente yogurth bevibile alla banana.
"Buono!" si leccò le labbra. Provò un po' di disappunto nel notare di esserselo scolato in un solo sorso. "A mia discolpa, c'è da dire che sono porzioni piccole!".
- Ma che caz- -
Miku trasalì. Si voltò.
In piedi sull'ultimo gradino, lo sguardo azzurro piantato su di lei, l'espressione confusa e stupita al tempo stesso, c'era lo Shota Usamimi.






Note:
* "Per quanto diventi inquietante, bisogna andare avanti ancora e ancora": Mayoiga Mystery ヰ [ Traduzione ]
* Le "storie" di Yuki sono Lavender Town Syndrome e Rugrats Theory, entrambe tratte da delle creepypasta.
* Le "storie" di Ryuuto sono Shounen Kaguya (ispirata al Taketori Monogatari) e Error of Love.
* La prima "storia" di Miku è Wide knowledge of the late: madness. *All'incirca. (!)*
* Il poemetto nel quadernino è Jabberwocky, presente in Attraverso lo Specchio.
Ho scelto di lasciarlo in originale per la sua difficoltà di traduzione/adattamento - anche soltanto nel nome del Jabberwock stesso.
* "Un quadro miracoloso! / L'ora dello spettacolo miracoloso!": Miracle Painting
* "Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te!" [...]: Fukkireta [ Traduzione (inglese) ]




Rieccomi! *O*/
Ma non fatevi strane idee (in positivo o in negativo che siano (?)), non sono stata colta da Furore Ispiratorio tale da farmi scrivere tanto velocemente: solo, ho già alcuni capitoli pronti.
In realtà, solo i primi tre. U.U""" *Coff.*

In questo capitolo appaiono molti personaggi che non sono "Vocaloid" (Neru e Haku, gli Utau...) e... confesso di non conoscerli molto bene. °A°"
Per le loro caratterizzazioni e "frasi ricorrenti", mi sono basata sulle descrizioni trovate nelle kiwia. Spero di aver reso tutti almeno decenti. °^°
*Nel caso, mi scusino i loro fans. (!)*
A proposito degli Utau, avete riconosciuto tutti i "fiori"? *O*
(Soluzione: sono Teto (il Giglio-Tigre), Ritsu (la Rosa), Momo (il fiore sconosciuto rosa), Ruko (la Viola), Tei (la Margherita), Miko (la Dalia) e Kotone (il Tulipano).)
Altra domanda: Lily è davvero figlia di Haku e Neru?
Sì. U.U *Se ne riparlerà. In qualche modo. O forse no. (!)*

E si è scoperto che le avventure di Michelyne non sono nel Paese delle Meraviglie che trovò dietro lo Specchio ma nel Paese dello Specchio che trovò dietro la Porticina.
Del resto, il secondo titolo sarebbe stato troppo ovvio, no?

Vi ringrazio per la lettura e spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento. ^^
Come sempre, se ci sono consigli o critiche, ditemi pure. ^^
  
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