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Autore: Jules_Weasley    11/07/2015    6 recensioni
Penny Shane ha sangue magico nelle vene, ma genitori Babbani. Quando riceve la lettera per Hogwarts resta molto sorpresa. Non discende da nessuno dei personaggi della saga, ma questo non vuol dire che non li incontreremo nel corso della trama. Se volete prendere con me quest'Espresso per Hogwarts, conoscerete Penny e i suoi amici, impegnati nel loro sesto anno. Conoscerete anche le sue dis-avventure sentimentali con il ragazzo per cui, da sempre, ha una cotta. La sua storia, insomma.
Leggete e recensite in tanti, è la prima FF che scrivo, quindi sono graditi pareri di ogni genere.
[Dal Prologo:
"Ne ero quasi sicuro che sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita” disse, strizzando l'occhio a Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago. Era arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere apprese nell'arco di venti minuti.]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nessun Incanto è pari alla tenerezza del cuore!'
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Capitolo quindici


L'infermeria porta consiglio


"Sei proprio testardo!", sbuffò lei.
"Me l'hanno già detto altri, Shane", ammise lui, ghignando.


Senza dire altro, James la scortò per tutto il tragitto che portava dal campo di Quiddich alle mura della scuola. L'aria fuori era piuttosto fredda, mancava una manciata di giorni all'inizio di novembre e Penny non vedeva l'ora che la neve cadesse su Hogwarts. Amava la scuola coperta da quella coltre candida; amava tirarsi bombe bianche con Rose e Al, asciugarsi i vestiti con la magia, e ricominciare daccapo. Potter rimase silenzioso, come del resto fece lei. Non sapeva come intavolare una conversazione degna di questo nome, dopo quello che le aveva detto la sera prima. Percepiva solo il respiro di lui; entrambi erano in un tremendo imbarazzo. La ragazza parlò solo quando giunsero davanti alle porte lignee dell'infermeria, intenzionata a scioglierlo dall'obbligo di scortarla.
"Grazie, ora posso cavarmela", gli assicurò.
James non sembrò comprendere la frase e rimase esattamente dov'era, senza accennare minimamente a schiodarsi da lì.
"Quello che intendo dire", ribadì, "è che puoi andare; non ho bisogno della balia". Lui alzò il sopracciglio destro, guardandola come se fosse una bambina che aveva appena detto una sciocchezza. Penny si ritrovò a notare che James alzava sempre il sopracciglio destro, e mai il sinistro. Conosceva a memoria le espressioni facciali di Potter? Wow, le cose andavano di bene in meglio! Una sfigata innamorata: ecco cos'era.
"Non se ne parla, voglio assicurarmi che la mia salvatrice", e calcò sulla parola con un sorrisetto di scherno, "riceva tutte le cure. In fondo è per proteggere me che ti sei fatta male, no?", e sfoderò un sorriso ammaliante, aprendole cavallerescamente la porta. Penny sul momento non trovò niente da ribattere... a pensarci bene non trovava mai nulla di sensato da ribattere, quando James le sorrideva in quel modo.
Madama Chips giunse immediatamente da loro e si informò sull'incidente.
"Non è grave...", sminuì Penny, "ho solo preso un bolide, credo che il polso sia slogato", le mostrò il braccio. Madama Chips lo esaminò accuratamente, sospirò e scosse lievemente la testa.
"Mia cara", disse con una vaga aria di rimprovero, "come fai a dire che è slogato? Questa è chiaramente una frattura..."
Chiaramente una frattura? Non poteva dare per scontato che sapesse distinguere una frattura da una slogatura: non era mica un Medimago. Sentiva una fitta continua, ma aveva una soglia del dolore piuttosto alta, quindi poteva sopportarlo.
"Siediti", disse la donna, indicando uno dei letti. "Torno subito e ti aggiusto l'osso in un baleno". Penny deglutì rumorosamente, un po' a disagio. Si girò verso James: se ne stava lì, ancora in divisa da Quiddich, a braccia conserte.
"Sul serio... sei stato molto gentile ad accompagnarmi, ma non è necessario che tu rimanga con me", gli si rivolse. "Non te ne andare, James!", pensava nel frattempo. Era una bugiarda patentata, perché se c'era qualcuno che voleva accanto in quel momento era lui. Di nuovo bugiarda: non lo voleva solo in quell'istante, ma sempre.
"Maledizione Penelope", si apostrofò con il nome completo, tanto per rendere il rimprovero più efficace, "perché non ti dai una calmata?".
Possibile che non riuscisse a controllare le proprie emozioni in presenza di quel ragazzo?

"E' inutile che cerchi di scacciarmi, Shane! Ho deciso di restare", replicò tranquillo. Penny gioì intimamente, ma -non senza fatica- si trattenne e ostentò indifferenza.
"Stai di nuovo cercando di farti perdonare per come mi hai trattata?", indagò lei con un sorrisetto ironico. Una frecciatina ci voleva, almeno Potter avrebbe imparato a non sbraitare per poi pentirsene!
"Un pochino sì...", un vago senso di colpa nel tono. "Sono stato uno stronzo".
"Abbastanza...", confermò lei, senza rancore. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, in un gesto automatico. Quello era davvero troppo: distolse lo sguardo momentaneamente, o non avrebbe resistito dal toccarglieli.
"Giuro che non ti chiederò mai più niente", assicurò lui solennemente, "a meno che non sia tu a volermene parlare".
"Devo crederci?", era piuttosto scettica al riguardo. Lui annuì, e aveva un cipiglio così serio che per un momento non le sembrò di avere davanti James Sirius Potter. Doveva essere qualcun altro -magari sotto l'effetto della Pozione Polisucco- che parlava al posto suo.
"Non voglio più litigare con te, Shane...", il tono vellutato, ma deciso. Sembrava ben intenzionato a rispettare la promessa. Era troppo vicino e le sorrideva apertamente; il cuore di lei perse un battito. "Controllati Penny, maledizione!", pensò.
"Nemmeno io", disse cercando di usare un tono neutro. Ma lui aveva uno sguardo così dolce e sensuale che sentì le guance andarle in ebollizione. James -fortunatamente- sembrò non farci caso; tossicchiò nervosamente e iniziò a parlare.
"Senti Shane, io..."
"Signorina!", lo interruppe la voce di Madama Chips. "Ancora non ti sei seduta?". Diamine, si era completamente scordata dell'esistenza di quella donna!
Penny fece come le era stato detto, mettendosi a sedere sul bordo del letto che le aveva indicato poco prima. Ormai l'infermiera era molto vecchia, ma sapeva incutere ancora un certo timore nei pazienti.
"Spostati giovanotto!", intimò a James. "Devo andare a prendere una pozione che rimetterà le ossa in sesto", aggiunse.
"Scusi", squittì Penny, "le ossa? Al plurale?". C'era un po' di apprensione nella voce.
"Certo cara: frattura di ulna e radio", rispose calma, per poi sparire di nuovo.
"Magnifico!", esclamò Penny, più rassegnata che altro.
La voce di Shane riportò James alla realtà; si era perso ad ammirare i suoi capelli neri e lucenti: quella mattina la ragazza li aveva raccolti in un'alta coda di cavallo. Ovviamente, giocare a Quiddich con la chioma al vento le sarebbe stato estremamente difficile, perciò li teneva legati.
"Come scusa?", si riscosse lui. Doveva farsi passare quella ridicola fissa per i capelli di Shane: era assurdo che rimanesse imbambolato a guardarli!
"Niente, ha detto che sono due ossa rotte anzichè una".
"Oh".
"Vedo che sei partecipe del mio dolore!", fece lei sarcastica. "Lasciamo stare...", continuò accorgendosi che non la stava seguendo. "Piuttosto, potresti sciogliermi la coda?", domandò incerta.
"Come scusa?".
"Ehm... non so se ci riesco con una mano sola", spiegò lei. "A sciogliermi i capelli, intendo...", specificò percependo l'espressione inebetita di lui.
Un altro "Oh" fu la risposta che ottenne; in realtà somigliava di più ad un mugugno.
Penny odiava farsi toccare i capelli, ma la coda era certamente sfatta e non aveva senso tenerla. Le stava venendo un cerchio alla testa, quindi sicuramente scioglierla le avrebbe dato sollievo. James colse l'occasione per sedersi sul letto, accanto a lei, iniziando ad armeggiare con l'elastico.
Notò con piacere che al tatto i capelli di Shane erano esattamente come se li era immaginati: morbidi e setosi. Penny si aspettava che da un momento all'altro li tirasse o gliene strappasse inavvertitamente qualcuno. Gli amici sapevano che non gradiva che la propria chioma entrasse in contatto con mani estranee: motivo per il quale Al non perdeva occasione di scompigliarli. Ma James sfilò l'elastico con estrema delicatezza, anche se Penny non potè dire di non aver sentito niente. Quello che aveva provato -tuttavia- non era certamente fastidio. Il tocco di lui sulla cute le aveva provocato un brivido lungo la schiena; le era persino sfuggito uno strano versetto, che fortunatamente Potter aveva scambiato per un lamento.
"Ti ho fatto male?", le chiese infatti. Doveva dire di sì! Le aveva fatto male, le aveva tirato i capelli e le era sfuggito un lamento. Plausibile, no?
"No", rispose sinceramente. Sbirciò verso di lui da sopra la propria spalla sinistra, per poi girarsi completamente. Due pozzi scuri la scrutavano; le sembrava che volessero carpire ogni segreto della sua anima. Provò l'irrefrenabile istinto di chiedergli di non smettere di toccarle i capelli, di accarezzarla fino alla fine dei tempi. Insomma, ma cosa le prendeva? Aveva sempre odiato qualsiasi corpo estraneo che anche solo si avvicinasse alla sua testa, e ora voleva implorarlo di affondarci la mano. Sul serio?
Nel frattempo James stava pensando esattamente la stessa cosa, che gli sarebbe piaciuto poterla accarezzare sempre così.
"Ehm...", tossicchiò lei per uscire dall'imbarazzo, "stavi dicendo qualcosa?".
James se ne era completamente dimenticato; era concentrato solo sugli occhi verdi di lei.
"Ehm... ci tengo a dirti che ieri mi è dispiaciuto vederti triste e in realtà ero entrato per sapere come stessi". Non era esattamente quello che voleva dirle.
"Hai uno strano modo di consolare gli amici; lo sai, Potter?".
Amici... ma amici di cosa? Lei non lo voleva come amico!
"Suppongo tu abbia ragione", disse lui e abbassò lo sguardo. "Non ho mostrato molta sensibilità, in effetti".
"Avevo litigato con Fred", spiegò. Perché gliene stava parlando? Non gli doveva nulla.
"Ci ero arrivato!", rispose ironico.
"Ho rotto con lui", aggiunse. Di nuovo la sua bocca parlava senza essere collegata al cervello.
"Rotto?", chiese lui deglutendo rumorosamente. "Perché, stavate insieme?", una nota preoccupata nella voce, che Penny scambiò per curiosità. Ma James non era curioso: era allarmato.
"Non proprio... diciamo che è finita ancora prima di iniziare; e Fred non l'ha presa benissimo". A James vennero i crampi allo stomaco, pensando al motivo che aveva spinto la sua Shane alla rottura con Fred. Comunque si astenne dal commentare, dato che lei non era affatto la sua Shane...
"Ora, a sangue freddo", non si trattenne dal farle quella domanda, "ripeteresti quello che hai detto ieri? Quel fatto del sole e della torcia, voglio dire...". "Non dire sì", la pregò mentalmente.
"Sì". Magnifico!
Una strana creatura stava scalciando furiosa nel suo stomaco e non lo lasciava in pace; non risuciva neanche a guardarla negli occhi, e anche Penny sembrava trovare molto interessanti le pareti bianche dell'infermeria.
Non importava... quella risposta scoraggiante non gli avrebbe impedito di seguire il saggio consiglio di Lorcan e di Al. Razionalmente sapeva che dirle la verità era la cosa giusta da fare, anche se le piaceva un altro. La conosceva abbastanza da sapere che l'avrebbe rifiutato con gentilezza. Quei morsi allo stomaco sarebbero spariti, e avrebbe ricominciato a respirare senza un macigno addosso, comunque andasse.
"Shane...", provò a dire.
"Sì?".
"PENNY!", si sentì esclamare alle loro spalle. I due si girarono all'unisono verso la voce: Rose era apparsa sulla soglia, seguita da Alice, Al, Trixy, Lorcan, Lysander e Lily Luna. Strano che non si fossero portati appresso il resto dei Weasley.
Sembrava ci fosse una congiura in atto contro i buoni propositi di James, che infatti imprecò sottovoce.
"E' tutto a posto?", chiese la rossa, preoccupata.
"Sì", la rassicurò l'amica.
"Meno male!", Al tirò un sospiro di sollievo. "Dagli spalti non eravamo riusciti a capire cosa ti fosse successo".
James scoccò a Lorcan un'occhiata eloquente, alla "Che cavolo ci fate qui a rompermi le uova nel paniere?". Il biondo si strinse nelle spalle, come per chiarire che lui non c'entrava nulla. Improvvisamente ricomparve Madama Chips.
"Cos'è questa folla? È solo un polso rotto, non è in degenza da una settimana! Forza: tutti fuori! Siamo in un'infermeria, non al circo!", gracchiò aspramente. "Al massimo può restare il fidanzato a farle compagnia", dichiarò addolcita dalla muta supplica negli occhi di James. Penny arrossì violentemente e cercò di articolare una frase completa per chiarire che lui non era il suo ragazzo, ma James la precedette.
"Grazie per la comprensione".
"D'accordo...", Lorcan colse la palla al balzo. "Usciamo prima che Madama ci faccia a fette", e si guadagnò un'occhiata minacciosa da parte della donna. Tutti e sette si congedarono e in lampo lei e James si trovarono di nuovo soli, o quasi. Madama Chips magari rappresentava un piccolo impedimento ai propositi di James, ma nella vita non si può avere tutto.
"Tieni, signorina... bevi tutto d'un fiato", disse la donna porgendo un calice a Penny.
"Cin Cin!", disse lei ironicamente. Non prevedeva un buon sapore per quella pozione, e non si sbagliava; aveva un colore violaceo e l'aspetto putrido, oltre a sapere di cadavere di rospo.
"Mi viene da vomitare", dichiarò schifata.
"Ti aspettavi un bicchiere di vino elfico?", replicò acidamente la donna.
Penny comprese che era meglio non lamentarsi quella le spalmò un unguento sulla parte lesa. Gliela fasciò, raccomandandosi di cambiare la benda tre ore dopo. La mattina seguente avrebbe potuto toglierla del tutto, anche senza tornare da lei in Infermeria. Poi, senza troppe cerimonie, sbattè fuori sia lei che il sedicente "fidanzato".
"Fantastico!", fece ironica non appena fuori di lì. "Ogni volta che provo a cambiare una fasciatura riesco solo a spazientirmi e finisce che la garza si appallottola su se stessa. Farò un incantesimo per farla srotolare, o qualcosa di simile... ammesso che esista un incantesimo per una cosa così insulsa", concluse sbuffando.
James rise di gusto all'immagine di Shane che lottava contro una garza: non sapeva se trovarla tenera o tremendamente comica.
"Ci penso io", disse alla fine, con una certa noncuranza.
"D-davvero?", balbettò lei. Era Potter a parlare o aveva un gemello gentile?
"Non mi credi? Mi piaceva curare gli animali feriti, quando ero piccolo". Improvvisamente le venne in mente il commento di Hagrid su quanto James fosse stato bravo con gli Ippogrifi, e sorrise dentro di sè.
"Non sono un animaletto da curare!", protestò, fingendosi offesa.
"Non intendevo questo", si lasciò sfuggire una risata. "Volevo solo dire che me la cavo con questa roba".
"Ho alternative?", chiese rassegnata.
"Torna da Madama Chips", le rispose scrollando le spalle.
"Non ci penso neanche! Preferirei farmi aiutare da Malfoy che tornare da quella vecchia scorbutica!", sbraitò.
"Hai uno strano modo di dirmi che posso aiutarti io...", parafrasò ciò che lei gli aveva detto poco prima. Penny rise, pensando a come sarebbe stato avere James vicino che le sfiorava delicatamente il polso. Scacciò quell'immagine -a dir poco idiota- e cambiò argomento. Un secondo ripensò al fatto che un'alternativa ce l'aveva eccome: Al. Lui era bravissimo in queste cose, tanto che il suo più grande desiderio era fare l'addestramento per diventare Guaritare. Accarezzava la speranza di andare a lavorare al San Mungo. Chissà perché James non ci aveva pensato...
Beh, sicuramente non sarebbe stata lei a ricordarglielo, pensò.
I due percorsero in silenzio i corridoi fino al ritratto della Signora Grassa: sembrava un po'alticcia e teneva una bottiglia d'Idromele nella mano destra.
"Parola d'ordine?", fece il quadro, con aria svogliata.
"Grifone rosso", rispose James sbuffando, sempre più sbalordito dalla banalità delle parole d'ordine della propria Casa. Entrambi salirono nei rispettivi dormitori a rinfrescarsi e Penny si accorse che le sue amiche erano tutte in stanza.
Rose leggeva Storia della Magia di Batilda Bath; Trixy stava provando la sua nuova penna Autocorregente, arrivata fresca fresca dai Tiri Vispi Weasley (negli anni gli studenti avevano imparato ad aggirare i controlli di Gazza sui prodotti di George); Alice era intenta ad annaffiare la piantina di Mimbulus mimbletonia che teneva sul proprio davanzale e le stava... parlando. Penny scosse la testa con un sorrisetto; quella ragazza aveva le sembianze della madre, ma somigliava a Neville. Sarebbe stata un'ottima insegnante di Erbologia.
Scese con Rose a chiacchierare con Al, ma di James neanche l'ombra. Sicuramente era uscito dalla Torre; sperava solo che si ricordasse di doverle cambiare la fasciatura...

James salì di sopra a farsi la doccia e a levarsi la divisa da Quiddich, finalmente. Scese in Sala Comune, ma di Penny neanche l'ombra. In compenso, Angie si stava pericolosamente dirigendo verso di lui, con la chiara intenzione di intrappolarlo in una conversazione piena di proposte oscene, proprio come l'ultima volta in cui le aveva rivolto la parola. Gli sembrò un buon momento per la fuga: sarebbe andato dai Corvi, a parlare con Lorcan.
La sua fortuna sfacciata fece sì che Lily Luna stesse rientrando al dormitorio esattamente nel momento in cui lui era arrivatò lì fuori. Ovviamente sua sorella l'aveva fatto entrare; e lui aveva constatato con piacere che le cornacchie non avevano più fantasia. Corvo impagliato non era certo meglio di Grifone rosso.
Non fu esattamente il benvenuto tra i Corvi; dopo la partita, non erano molto contenti di trovarsi il Cercatore vincitore nel loro covo.
"Ancora tu?", Lorcan roteò gli occhi al cielo.
"Ma salve anche a te, amico mio!", rispose gentilmente il Grifone.
"Immagino non sia una visita di cortesia", disse il biondo mettendosi a sedere, "dimmi che cos'è successo". James ci mise un minuto a riordinare le idee, dato che in realtà non era cambiato quasi nulla. Tranne che in lui.
"Niente, sono venuto a dirti che ho deciso di uscire allo scoperto".
"Come?", tossicchiò il biondo, palesemente incredulo.
"Dico la verità, vuoto il sacco, sputo il rospo...", elencò i modi di dire che gli vennero in mente per rendere l'idea.
"Sul serio?".
James si limitò ad annuire, esponendo poi le sue perplessità.
"Il fatto è che non so quando e come farlo... in realtà, pensavo di portarla fuori...", si alzò dal letto di Lorcan, dove era seduto. Erano nel dormitorio, per poter parlare con più calma.
"Fuori... dove?". Il grifondoro continuava a misurare la stanza a grandi passi, palesemente irrequieto.
"Tipo a Hogsmeade". Lorcan si mostrò perplesso.
"Come pensi di arrivarci?".
"Questo non è un problema", si pavoneggiò apertamente. "Sono James Sirius Potter, ho sempre una soluzione pronta". Aveva intenzione di sfruttare la sua illimitata conoscenza dei passaggi segreti, e magari anche il mantello dell'invisibilità di suo padre.
"Piantala di atteggiarti da figo!", e gli lanciò un cuscino. "Intendi come una specie di appuntamento?".
"Sì, se accetta è già un buon segno, almeno credo. Sei stato tu, e anche Al, a farmi capire che starmene con le mani in mano a rodermi il fegato non porterà frutti", gli fece notare; voleva ricevere una reazione maggiormente positiva.
"Immagino di sì. Vuoi portarla fuori e dirglielo lì?", domandò.
"Il piano è questo, biondo!", confermò. "Anche se prima devo trovare il coraggio".
Lorcan ci riflettè sù un bel po', per poi dire solamente: "Sì, ha senso". James lo guardò spazientito: si era sprecato a rispondergli!
Comunque quella frase di approvazione gli bastò come incoraggiamento.
"Io vado, ho da fare...", comunicò senza un'ulteriore spiegazione. Probabilmente avrebbe riso a crepapelle se gli avesse rivelato che il motivo per cui stava correndo alla Torre dei Grifoni era dover fasciare il polso a Shane.


Penny ascoltava il resoconto di Al su quanto fosse felice di stare insieme ad Alice. In realtà stava sentendo di sfuggita, non ascoltando davvero. Si sentiva un verme, ma non poteva fare a meno di gettare occhiate furtive all'orologio e all'ingresso. Iniziava a perdere le speranze, quando lo vide entrare e dirigersi subito verso di lei. Si sedette sul divano accanto a lei senza una parola, prendendole il polso fra le mani. Fu una fortuna che in quel momento non ci fosse molta gente vicina a loro, o Penny sarebbe diventata ancora più rossa di com' era.
"Che stai facendo?", chiese Rose, vedendolo agitare la bacchetta in aria.
"Faccio comparire l'occorrente per cambiarle la fasciatura", rispose con naturalezza. La rossa lanciò a Penny un'occhiata stupita, cercando spiegazioni.
"Madama Chips mi ha detto di cambiarla, ma io sono una frana e così James si è offerto di farlo lui", balbettò cercando di ignorare il calore delle mani di lui. La sfioravano delicatamente, come se stessero maneggiando un qualcosa di prezioso. Al e Rose osservavano la scena: il primo positivamente stupito, la seconda -ignara dei sentimenti del cugino- letteralmente basita.
"Mi sono persa qualcosa?", mormorò la rossa al cugino. Non sai quante cose, Rose!
Il moro si strinse nelle spalle, come a dire che non sapeva a cosa si riferisse.
Rose concentrava la propria attenzione sull'amica, che però non ricambiava i cenni d'intesa; a dire il vero, sembrava non li notasse affatto.
Penny aveva occhi per un solo Grifondoro in quella sala, e per la cura che quest'ultimo metteva nel fasciarle il polso. Non notò nemmeno quanto fossero eccessivamente lenti i gesti di lui. James voleva prolungare quel momento e ci stava mettendo più del tempo necessario, così da poterla toccare senza che sembrasse... strano. Merlino, la voleva così tanto! Voleva stare con lei, solo con lei, sempre con lei. "No", si disse, "non posso trattenermi oltre".
Non poteva più nascondere quel sentimento che gli squarciava il petto ogniqualvolta lei gli era accanto, ogniqualvolta le loro mani si sfioravano. In quel momento, mentre scrutava la profondità di quegli occhi smeraldo che gli avevano fatto perdere la testa, capì che la decisione che aveva preso era quella giusta. Ma non avrebbe atteso di portarla fuori, non avrebbe atteso di fuggire da quelle mura, non avrebbe atteso un'uscita romantica.
L'avrebbe dovuta escogitare e inventare delle scuse per convincerla a uscire di nascosto da Hogwarts. In poche parole, avrebbe dovuto mentire, ancora. No, non l'avrebbe più fatto. Era assurdo che non volesse aspettare, dato che fino a qualche giorno prima era deciso a non rivelarle nulla per paura che lo rifiutasse. Per paura dell'imbarazzo che avrebbe provato lui e anche di quello che avrebbe provato lei nel dirgli: "no, grazie".
Eppure ora aveva tutto chiaro in testa, come se qualcuno gli avesse acceso una lampadina. Non voleva aspettare di vedersi spuntare i capelli grigi, nè tantomeno che arrivasse un altro Fred, per dirle che voleva stare con lei.
Gliel'avrebbe confessato a scuola, sotto quello stesso tetto che avevano condiviso per sei anni: il luogo in cui era sbocciato il sentimento che nutriva.
"James, ci sei?", la ragazza gli passò la mano libera davanti agli occhi. Si era incantato, con lo sguardo fisso sul polso di lei. Penny gli sorrise, con le labbra e con gli occhi: era stupenda.
"Pensieri?".
"Già", confermò riscuotendosi.
No, non aveva tempo di aspettare, non più.


Anche dopo che ebbe esaurito il proprio "compito", James non se ne andò, al contrario di ciò che Penny si sarebbe aspettata. Rimase lì a discorrere con lei, Al e Rose, cosa che non avveniva da -più o meno- un secolo.
Voleva stare ancora con lei... cioè con loro?
Quando fu ora di cena, scesero tutti. Stavano per entrare in Sala Grande, quando qualcuno urtò Penny.
"Mezzosangue, attenta a dove vai!", furono le parole sprezzanti che le rivolse Malfoy.
"Platinato, sei stato tu a venirmi addosso!", replicò lei a tono. Quegli occhietti grigi la fissavano quasi schifati dalla sua presenza.
"Che succede qui?", intervenne James.
"Per la barba di Merlino, sei sempre con la scorta? Che c'è, hai paura di girare da sola?", ghignò.
"Mi stai dando velatamente della vigliacca?", domandò Penny puntellandosi le mani sui fianchi, con espressione di sfida.
"Non velatamente, Mezzosangue!"
"Detto da te suona davvero male", lo derise James.
"Di che t'impicci Potter?", sputò fuorì quel nome come se gli scottasse la lingua.
"Oh, sta' zitto Malfoy! Tu e Zabini l'avete attaccata in due, mentre era da sola. Non credo tu ti possa definire un cuor di leone, o no?", continuò incurante.
Malfoy arrossì fino alla cima dei capelli, sebbene non certò di vergogna: quella era rabbia.
"Ora levati dai piedi!", fece Penny, per rendere più compiuta l'umiliazione. Forse era rischioso trattarlo così in pubblico, perché -come aveva imparato in sei anni- Scorpius non era uno che ben tollerava di essere umiliato davanti ad altri.
Solita ipocrisia Serpeverde.
"Ho una certa fame!", aggiunse Rose, scansando il platinato con gesto plateale.
"Non finisce qui, Penelope!", lo sentì gridare da lontano.
"Lascialo stare", le disse Al a bassa voce, "non fa sul serio".
Penny annuì, sperando che fosse come diceva Albus. Non aveva certo paura di Malfoy, ma la infastidiva avere conti aperti con la gente; avrebbe voluto che il platinato si trovasse qualcun altro da bersagliare con i suoi insulti.


"Ma che cavolo vuole il platinato?!", esclamò Trixy addentando una fetta di pane, sotto lo sguardo intimorito degli amici.
"
Trix, non c'è bisogno di addentare il pane ferocemente: non è Malfoy!", le fece notare Penny ridacchiando.
"
Posso sempre far finta che lo sia", rispose scrollando le spalle. "Almeno mi sfogo". Forse Trixy odiava Malfoy più di tutti loro messi insieme, in quanto convinta che la presenza del biondo nella vita di Daniel non avesse fatto altro che peggiorare nettamente il pessimo carattere del proprio gemello. Essere una grifondoro convinta con un gemello serpeverde non era per niente facile per lei.
"Non capisco cosa diavolo gli sia preso", rincarò la dose Alice, seduta accanto ad Al. Rose e Penny si scambiarono uno sguardo d'intesa.
"Stamattina Shane e Malfoy hanno avuto uno scambio di opinioni", raccontò Rose.
"Oh", fu il commento unico di Alice e Albus.
"Voi due ormai siete in simbiosi, eh piccioncini?", li canzonò James, che quella sera non era accanto a Baston e a quelli del settimo anno.
"Stava lanciando una serie di improperi sulla famiglia Potter", continuò Rose. "Ci avrei pensato io stessa a rispondere per le rime, ma Penny l'ha rimesso in riga, vero?", le scoccò un'occhiata complice e le fece un sorrisetto.
"Gli ho detto che se hai un ex Mangiamorte come padre, non puoi certo permetterti di sfottere i genitori altrui, tantomeno Harry Potter", riferì lei stessa. "Dovevi vedere la sua faccia... apriva e chiudeva la bocca: sembrava un merluzzo. Rose glielo ha perfino detto!".
"Avrei voluto esserci!", commentò Alice. "Scorpius con la faccia da pesce lesso dev'essere uno spettacolo magnifico. Non capita spesso di lasciarlo senza parole...".
"Già...", replicò Penny, "ora mi odia anche più di prima; per questo mi è venuto addosso. Ci tiene a ricordarmi che ho un nemico, come se potessi dimenticarlo", fece schioccare la lingua, spazientita. Per quanto a lei non andasse giù l'idea di odiare ed essere odiata, era qualcosa che a Malfoy sembrava piacere parecchio. La triste verità era che serpi e grifoni si odiavano per principio, con poche eccezioni.
P
enny stava per mangiare il dolce quando i gufi scesero in picchiata verso i tavoli, lasciando cadere pacchetti e lettere a molti studenti. Scorse la propria civetta Lara, che atterrò esattamente sul budino al cioccolato, sporcandosi tutte le zampe. Teneva nel becco una lettera del nonno, che le scriveva quasi quotidianamente. Prese la lettera e la scorse rapidamente, sorridendo. Adorava Arnold.
Quando sollevò lo sguardò notò che, di fronte a lei, Trixy mostrava un espressione piuttosto turbata. La vide leggere rapidamente -sembrava più un telegramma che una vera lettera- e intascare la pergamena. Nessun'altro sembrava averlo notato.
Decise di riprovare a prendere il budino, e in quel momento Sam Baston si avvicinò. "Per l'amor di Godric!", esclamò Trixy notando il volto funereo del ragazzo. "È una cosa grave?", domandò bloccando la forchetta a mezz'aria.
"Sì", rispose abbattuto.
"Quiddich?", chiese Penny; conosceva già la risposta.
"Assemblea dopo cena, al campo".
"Cosa? Fin laggiù? Avrò ancora lo stufato sullo stomaco!", protestò Penny.
"Non discutere", replicò asciutto. Lei lo guardò torva.
"Godetevi il dolce", aggiunse ignorando completamente le lamentele e proseguendo il giro di avvertimenti.
"Per tutte le bacchette!", esclamò Penny.
"Chissà cos'è successo...", fece Al incuriosito.
"Non appena lo sapremo ti manderemo un gufo!", lo zittì Trixy infastidita, riprendendo a trangugiare lo stufato.
"Non parlarle fino alla fine del pasto", sussurrò Alice ad Al. "Non so perché, ma è di pessimo umore!".

Il pessimo umore di Trixy era condiviso anche da Penny, benchè meno manifestamente. Non le andava per niente di andare fino al campo di Quiddich per una stupida riunione; probabilmente Baston avrebbe iniziato a parlare di schemi di gioco e cavolate simili. Era stanca, Merlino! Voleva solo andarsene a dormire. Dopo cena Baston aveva trascinato James con sè, mentre Penelope e Bellatrix ne avevano approfittato per andarsi a coprire con qualcosa di più pesante.
"Se non è qualcosa di vitale importanza, credo che somministrerò un potente veleno a Sam Baston!", sbottò la Zabini mentre camminavano nel freddo della sera. Penny ebbe l'impressione che il cattivo umore dell'amica non si limitasse a quella scarpinata serale post-cena. Avrebbe voluto chiedere cosa l'avesse tanto sconvolta in quella lettera, ma non lo fece. Sapeva che, qualora avesse voluto, Trixy ne avrebbe parlato di sua spontanea volontà.
"O almeno delle pasticche vomitose...", propose in alternativa.
"Lascia stare le vendette Trix: la volontà di Capitan Quiddich è insindacabile".


James Potter conosceva Sam Baston come le proprie tasche, e poteva affermare che quella sera non si comportava normalmente. Si muoveva a scatti mentre diceva: "Buonasera" a tutti coloro che entravano nello spogliatoio. Tentava di mostrarsi sereno e pacifico, ma senza grandi risultati. Aveva iniziato a parlare da pochi minuti, quando James vide spuntare una lunga cascata di capelli neri e due occhi smeraldo, incastonati in un viso dall'incarnato pallido, le gote leggermente arrossate dal freddo. Indossava il suo cappello, e la cosa lo fece sorridere come un bambino la mattina di natale.
"Siamo in ritardo?". Penny era appena entrata, seguita a ruota da Trixy.
"Credo tu sappia già la risposta", ringhiò Baston, fulminandole con lo sguardo. "Dicevo che la partita di sabato è stata annullata".
"Oh cazzo!", fu l'unico commento di James.
"Ma... non si può annullare il Quiddich!", berciò Penny.
"Specie quando la partita è contro le Serpi!", rincarò la dose Trixy.
Baston scosse la testa, sconsolato.
"Sabato viene in visita il neoeletto Ministro Della Magia; e la McGranitt vuole che Hogwarts sia perfetta quel giorno", pronunciò la parola perfetta con tono parecchio stizzito. "Tutti devono essere al loro posto ad accoglierlo. Ve lo immaginate come sarebbe farlo assistere ad una partita Grifoni-Serpi? Non proprio una buona pubblicità, visto come si svolgono di solito gli incontri".
"Note positive?", chiese James. Per tutte le cavallette! Ci doveva essere una qualche nota positiva!
"La McGranitt dice che possiamo spostare l'incontro", rispose Sam.
"Beh, allora è tutto a posto, no?". James fece per alzarsi, del tutto rincuorato. "Dobbiamo solo concordare la data", disse sollevato.
"Frena l'entusiasmo, amico! Noi non decidiamo proprio un fico secco: la data l'hanno stabilita i docenti", rispose facendoli ripiombare nello sconforto.
"E quando sarebbe?", domandò Percival McMillan, l'altro battitore.
"Martedì", sputò fuori Sam.
Ci fu un coro incredulo di: "COOOSA?", seguito da varie proteste e dai tentativi di Baston di calmare gli animi.
"Domani dovremmo allenarci per tutta la giornata e anche lunedì sera dopo le lezioni. Possiamo rifiutare, ma... Serpeverde ha già accettato la data".
A quel punto il silenzio piombò tra di loro, benchè si potesse udire il lavorio dei cervelli di ognuno. Fu proprio James a dar vita a quello che era il pensiero comune:
"Non possiamo tirarci indietro davanti a una sfida con le Serpi e passare da vigliacchi; Godric Grifondoro si rivolterebbe nella tomba". Con gran sollievo di Baston, tutti i giocatori furono concordi. Si sarebbero visti il giorno dopo per allenarsi; e l'assemblea fu sciolta.



Per quale diavolo di motivo nulla girava per il verso giusto?
James salì stancamente le scale del dormitorio ed entrò nella propria stanza. Si buttò a pesce sul letto, stravolto e rimbambito dalle chiacchiere di Sam. Non aveva neanche potuto riaccompagnare Shane, dal momento che Baston l'aveva trattenuto.
Ora che aveva deciso di parlare con lei, un'altro imprevisto arrivava a mettergli i bastoni tra le ruote. Ma si poteva essere così sfigati? Beh, in realtà si poteva nascere orfano, con una cicatrice a forma di saetta sulla fronte, il peso del destino del mondo magico sulle proprie spalle e destinato a fronteggiare Lord Voldemort.
Sì, tutto sommato avrebbe potuto andargli peggio! Si mise sul davanzale, a contemplare il paesaggio fuori dalla vetrata; il cielo era scuro e trapunto di stelle. Non aveva sonno in quel momento e, in punta di piedi, si recò nella stanza accanto; fortunatamente trovò Al sveglio, intento a leggere alla fioca luce della candela sul comodino.
"Che ci fai qui?". Bell'accoglienza!
"Volevo fare due chiacchiere", spiegò sedendosi al bordo del letto a baldacchino.
"Spara", rispose l'altro, chiudendo il libro e tirandosi sù a sedere.
"Ho deciso di dire tutto a Shane; volevo farlo domattina. Ma il Quiddich è stato spostato a Martedì pomeriggio", disse d'un fiato. Al non sembrò afferrare il punto della situazione, e rimase in silenzio.
"Domani avremo gli allenamenti per tutto il giorno", riprese. "Lunedì avremo lezione e allenamenti serali. Ergo, riusciremo a stento a salutarci; senza contare che se la mia...", si bloccò, "dichiarazione non andasse a buon fine, entrambi ne risentiremmo sul campo".
"Per carità!", inorridì Al. "Sam tenterebbe il suicidio!".
Era un'ipotesi piuttosto realistica, che James aveva già preso in considerazione.
"Quindi che faccio, rimando a martedì sera?", chiese dubbioso.
"Ovviamente", rispose l'altro convinto. "Mi stupisco che tu voglia il mio parere. È la cosa più logica da fare". James si morse un labbro, vergognandosi di quanto stava per dire.
"Non dire a zia Hermione che ho detto questo...", iniziò. "Non so come spiegarmi, ma è come se avessi un... brutto presentimento", concluse. Al per poco non scoppiò a ridere, proprio come il fratello si era aspettato che facesse.
"Per la barba di Merlino! Sul serio hai detto presentimento? Chi diavolo sei, la Cooman?", lo canzonò. James fece un gesto infastidito -come per scacciare una mosca- e Al si accorse che era serissimo in quello che stava dicendo.
"Oh, andiamo! Se pensi che potrebbe non volerti, non vedo come..."
"Non è questo", lo interruppe subito. "È solo... ho la netta impressione che martedì succederà qualcosa che mi obbligherà a rimandare di nuovo". Scrollò le spalle, come a minimizzare quella specie di premonizione che aveva appena fatto. "Probabilmente sto diventado pazzo o paranoico".
"Direi entrambi, fratello! Hai aspettato finora, cosa cambiano due giorni?".
"Sì", concordò, "aspetto dalla seconda metà dell'anno scorso, per la precisione".
"Cazzo!", fu il fine commento del fratello minore. Non aveva capito che Penny gli piacesse dal loro quinto anno. "Così tanto tempo e non mi hai fatto capire niente?".
"Avevo paura che lo andassi a spiattellare alla tua amica del cuore", lo celiò James.
"Non l'avrei fatto!", Al alzò il volume della voce. "Non sono mica te!", protestò.
"Ancora con questa storia che non mantengo i segreti?", ringhiò il maggiore.
"Ehi!", risuonò nella stanza una voce infastidita. "Fottetevi tutti e due! Sto cercando di dormire; non mi interessano le vostre liti familiari!".
"Scusa Matt...", mormorò Al.
Vista la sfuriata di Finnegan, James fece la saggia scelta di tornare nella propria camera. Quando si mise sotto le coperte gli venne spontaneo pensare a come sarebbe stato dormire abbracciato a Shane. Si impose un freno mentale; non poteva illudersi di essere accettato. Sapeva che nella testa di lei c'era un ragazzo, quindi era inutile sperarci. Avrebbe fatto quello che doveva, e ne avrebbe affrontato le conseguenze subito dopo la partita.
Con questa consapevolezza, scivolò pian piano tra le braccia di Morfeo.
Ma anche ridestandosi, al mattino, non riuscì a scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazine che qualcosa sarebbe andato storto. Una spada di Damocle pendeva sopra le loro teste: sulla propria e su quella di Shane.
Qualcosa sarebbe andato storto, se lo sentiva.





SPAZIO AUTRICE

Salve a tutti,
eccomi qui dopo tre giorni con un altro capitolo su Penny e James.
Potter sembra avere degli oscuri presentimenti (che abbia preso troppo alla lettera gli insegnamenti di Sibilla?), mentre Al pensa che sia diventato pazzo e paranoico. La cosa saliente del capitolo, comunque, è che l'infermeria ha "portato consiglio" a James. Finalmente ha deciso di mettere in chiaro le cose con Penny, anche se poi il destino gli ha momentaneamente messo i bastoni fra le ruote. Malfoy sembra sempre meno bendisposto verso la mia cara Penelope e chissà fin dove si spingerà questa faida tra i due. In questi due giorni si condenseranno tutte le aspettative di Penny e le speranze di James; riusciranno i nostri eroi a capirsi una volta per tutte o il Fato è proprio deciso a non dar loro una mano?
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, non fate i pigroni xD
Grazie :*
Jules


 
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