Capitolo quindici
L'infermeria porta consiglio
"Sei
proprio testardo!", sbuffò lei.
"Me
l'hanno già detto altri, Shane", ammise lui, ghignando.
Senza
dire altro, James la scortò per tutto il tragitto che
portava dal
campo di Quiddich alle mura della scuola. L'aria fuori era piuttosto
fredda, mancava una manciata di giorni all'inizio di novembre e Penny
non vedeva l'ora che la neve cadesse su Hogwarts. Amava la scuola
coperta da quella coltre candida; amava tirarsi bombe bianche con
Rose e Al, asciugarsi i vestiti con la magia, e ricominciare daccapo.
Potter rimase silenzioso, come del resto fece lei. Non sapeva come
intavolare una conversazione degna di questo nome, dopo quello che le
aveva detto la sera prima. Percepiva solo il respiro di lui; entrambi
erano in un tremendo imbarazzo. La ragazza parlò solo quando
giunsero davanti alle porte lignee dell'infermeria, intenzionata a
scioglierlo dall'obbligo di scortarla.
"Grazie,
ora posso cavarmela", gli assicurò.
James
non sembrò comprendere la frase e rimase esattamente
dov'era, senza
accennare minimamente a schiodarsi da lì.
"Quello
che intendo dire", ribadì, "è che puoi andare;
non ho
bisogno della balia". Lui alzò il sopracciglio destro,
guardandola come se fosse una bambina che aveva appena detto una
sciocchezza. Penny si ritrovò a notare che James alzava
sempre il
sopracciglio destro, e mai il sinistro. Conosceva
a memoria
le espressioni facciali di Potter? Wow, le cose andavano di bene in
meglio! Una sfigata innamorata: ecco cos'era.
"Non
se ne parla, voglio assicurarmi che la mia salvatrice",
e
calcò sulla parola con un sorrisetto di scherno, "riceva
tutte
le cure. In fondo è per proteggere me che ti sei fatta male,
no?",
e sfoderò un sorriso ammaliante, aprendole cavallerescamente
la
porta. Penny sul momento non trovò niente da ribattere... a
pensarci
bene non trovava mai nulla di sensato da ribattere, quando James le
sorrideva in quel modo.
Madama
Chips giunse immediatamente da loro e si informò
sull'incidente.
"Non
è grave...", sminuì Penny, "ho solo preso un
bolide,
credo che il polso sia slogato", le mostrò il braccio.
Madama
Chips lo esaminò accuratamente, sospirò e scosse
lievemente la
testa.
"Mia
cara", disse con una vaga aria di rimprovero, "come fai a
dire che è slogato? Questa è chiaramente una
frattura..."
Chiaramente
una frattura? Non poteva dare per scontato che sapesse
distinguere una frattura da una slogatura: non era mica un Medimago.
Sentiva una fitta continua, ma aveva una soglia del dolore piuttosto
alta, quindi poteva sopportarlo.
"Siediti",
disse la donna, indicando uno dei letti. "Torno subito e ti
aggiusto l'osso in un baleno". Penny deglutì rumorosamente,
un
po' a disagio. Si girò verso James: se ne stava
lì, ancora in
divisa da Quiddich, a braccia conserte.
"Sul
serio... sei stato molto gentile ad accompagnarmi, ma non è
necessario che tu rimanga con me", gli si rivolse. "Non
te ne andare, James!", pensava
nel
frattempo. Era una bugiarda patentata, perché se
c'era qualcuno
che voleva accanto in quel momento era lui. Di nuovo bugiarda: non lo
voleva solo in quell'istante, ma sempre.
"Maledizione
Penelope", si apostrofò con il nome completo, tanto per
rendere
il rimprovero più efficace, "perché non ti dai
una calmata?".
Possibile
che non riuscisse a controllare le proprie emozioni in presenza di
quel ragazzo?
"E'
inutile che cerchi di scacciarmi, Shane! Ho deciso di restare",
replicò tranquillo. Penny gioì intimamente, ma
-non senza fatica-
si trattenne e ostentò indifferenza.
"Stai
di nuovo cercando di farti perdonare per come mi hai trattata?",
indagò lei con un sorrisetto ironico. Una
frecciatina ci voleva,
almeno Potter avrebbe
imparato a non sbraitare
per poi pentirsene!
"Un
pochino sì...", un vago senso di colpa nel tono. "Sono
stato uno stronzo".
"Abbastanza...",
confermò lei, senza rancore. Il ragazzo si passò
una mano fra i
capelli, in un gesto automatico. Quello era davvero troppo: distolse
lo sguardo momentaneamente, o non avrebbe resistito dal toccarglieli.
"Giuro
che non ti chiederò mai più niente",
assicurò lui
solennemente, "a meno che non sia tu a volermene parlare".
"Devo
crederci?", era piuttosto scettica al riguardo. Lui annuì, e
aveva un cipiglio così serio che per un momento non le
sembrò di
avere davanti James Sirius Potter. Doveva essere qualcun altro
-magari sotto l'effetto della Pozione Polisucco- che parlava al posto
suo.
"Non
voglio più litigare con te, Shane...", il tono vellutato, ma
deciso. Sembrava ben intenzionato a rispettare la promessa. Era
troppo vicino e le sorrideva apertamente; il cuore di lei perse un
battito. "Controllati Penny,
maledizione!",
pensò.
"Nemmeno
io", disse cercando di usare un tono neutro. Ma lui aveva uno
sguardo così dolce e sensuale che sentì le guance
andarle in
ebollizione. James -fortunatamente- sembrò non farci caso;
tossicchiò nervosamente e iniziò a parlare.
"Senti
Shane, io..."
"Signorina!",
lo interruppe la voce di Madama Chips. "Ancora non ti sei
seduta?". Diamine, si era completamente scordata
dell'esistenza di quella donna!
Penny
fece come le era stato detto, mettendosi a sedere sul bordo del letto
che le aveva indicato poco prima. Ormai l'infermiera era molto
vecchia, ma sapeva incutere ancora un certo timore nei pazienti.
"Spostati
giovanotto!", intimò a James. "Devo andare a prendere una
pozione che rimetterà le ossa in sesto", aggiunse.
"Scusi",
squittì Penny, "le ossa? Al plurale?". C'era un po' di
apprensione nella voce.
"Certo
cara: frattura di ulna e radio", rispose calma, per poi sparire
di nuovo.
"Magnifico!",
esclamò Penny, più rassegnata che altro.
La
voce di Shane riportò James alla realtà; si era
perso ad ammirare i
suoi capelli neri e lucenti: quella mattina la ragazza li aveva
raccolti in un'alta coda di cavallo. Ovviamente, giocare a Quiddich
con la chioma al vento le sarebbe stato estremamente difficile,
perciò li teneva legati.
"Come
scusa?", si riscosse lui. Doveva farsi passare quella
ridicola fissa per i capelli di Shane: era assurdo che rimanesse
imbambolato a guardarli!
"Niente,
ha detto che sono due ossa rotte anzichè una".
"Oh".
"Vedo
che sei partecipe del mio dolore!", fece lei sarcastica.
"Lasciamo stare...", continuò accorgendosi che non la
stava seguendo. "Piuttosto, potresti sciogliermi la coda?",
domandò incerta.
"Come
scusa?".
"Ehm...
non so se ci riesco con una mano sola", spiegò lei. "A
sciogliermi i capelli, intendo...", specificò percependo
l'espressione inebetita di lui.
Un
altro "Oh" fu la risposta che ottenne; in realtà
somigliava di più ad un mugugno.
Penny
odiava farsi toccare i capelli, ma la coda era certamente sfatta e
non aveva senso tenerla. Le stava venendo un cerchio alla testa,
quindi sicuramente scioglierla le avrebbe dato sollievo. James colse
l'occasione per sedersi sul letto, accanto a lei, iniziando ad
armeggiare con l'elastico.
Notò
con piacere che al tatto i capelli di Shane erano esattamente come se
li era immaginati: morbidi e setosi. Penny si aspettava che da un
momento all'altro li tirasse o gliene strappasse inavvertitamente
qualcuno. Gli amici sapevano che non gradiva che la propria chioma
entrasse in contatto con mani estranee: motivo per il quale Al non
perdeva occasione di scompigliarli. Ma James sfilò
l'elastico con
estrema delicatezza, anche se Penny non potè dire di non
aver
sentito niente. Quello che aveva provato -tuttavia- non era
certamente fastidio. Il tocco di lui sulla cute le aveva provocato un
brivido lungo la schiena; le era persino sfuggito uno strano
versetto, che fortunatamente Potter aveva scambiato per un lamento.
"Ti
ho fatto male?", le chiese infatti. Doveva dire di
sì! Le
aveva fatto male, le aveva tirato i capelli e le era sfuggito un
lamento. Plausibile, no?
"No",
rispose sinceramente. Sbirciò verso di lui da sopra la
propria
spalla sinistra, per poi girarsi completamente. Due pozzi scuri la
scrutavano; le sembrava che volessero carpire ogni segreto della sua
anima. Provò l'irrefrenabile istinto di chiedergli di non
smettere
di toccarle i capelli, di accarezzarla fino alla fine dei tempi.
Insomma, ma cosa le prendeva?
Aveva sempre odiato
qualsiasi corpo estraneo che anche solo si avvicinasse alla sua
testa, e ora voleva implorarlo di affondarci la mano. Sul serio?
Nel
frattempo James stava pensando esattamente la stessa cosa, che gli
sarebbe piaciuto poterla accarezzare sempre così.
"Ehm...",
tossicchiò lei per uscire dall'imbarazzo, "stavi dicendo
qualcosa?".
James
se ne era completamente dimenticato; era concentrato solo sugli occhi
verdi di lei.
"Ehm...
ci tengo a dirti che ieri mi è dispiaciuto vederti triste e
in
realtà ero entrato per sapere come stessi". Non era
esattamente
quello che voleva dirle.
"Hai
uno strano modo di consolare gli amici; lo sai, Potter?".
Amici...
ma amici di cosa? Lei non lo voleva come amico!
"Suppongo
tu abbia ragione", disse lui e abbassò lo sguardo. "Non ho
mostrato molta sensibilità, in effetti".
"Avevo
litigato con Fred", spiegò. Perché
gliene stava parlando?
Non gli doveva nulla.
"Ci
ero arrivato!", rispose ironico.
"Ho
rotto con lui", aggiunse. Di nuovo la sua bocca parlava senza
essere collegata al cervello.
"Rotto?",
chiese lui deglutendo rumorosamente. "Perché, stavate
insieme?", una nota preoccupata nella voce, che Penny
scambiò
per curiosità. Ma James non era curioso: era
allarmato.
"Non
proprio... diciamo che è finita ancora prima di iniziare; e
Fred non
l'ha presa benissimo". A James vennero i crampi allo stomaco,
pensando al motivo che aveva spinto la sua Shane
alla rottura
con Fred. Comunque si astenne dal commentare, dato che lei non era
affatto la sua Shane...
"Ora,
a sangue freddo", non si trattenne dal farle quella domanda,
"ripeteresti quello che hai detto ieri? Quel fatto del sole e
della torcia, voglio dire...". "Non dire sì", la
pregò mentalmente.
"Sì".
Magnifico!
Una
strana creatura stava scalciando furiosa nel suo stomaco e non lo
lasciava in pace; non risuciva neanche a guardarla negli occhi, e
anche Penny sembrava trovare molto interessanti le pareti bianche
dell'infermeria.
Non
importava... quella risposta scoraggiante non gli avrebbe impedito di
seguire il saggio consiglio di Lorcan e di Al. Razionalmente sapeva
che dirle la verità era la cosa giusta da fare, anche se le
piaceva
un altro. La conosceva abbastanza da sapere che l'avrebbe rifiutato
con gentilezza. Quei morsi allo stomaco sarebbero spariti, e avrebbe
ricominciato a respirare senza un macigno addosso, comunque andasse.
"Shane...",
provò a dire.
"Sì?".
"PENNY!",
si sentì esclamare alle loro spalle. I due si girarono
all'unisono
verso la voce: Rose era apparsa sulla soglia, seguita da Alice, Al,
Trixy, Lorcan, Lysander e Lily Luna. Strano che non si fossero
portati appresso il resto dei Weasley.
Sembrava
ci fosse una congiura in atto contro i buoni propositi di James, che
infatti imprecò sottovoce.
"E'
tutto a posto?", chiese la rossa, preoccupata.
"Sì",
la rassicurò l'amica.
"Meno
male!", Al tirò un sospiro di sollievo. "Dagli spalti non
eravamo riusciti a capire cosa ti fosse successo".
James
scoccò a Lorcan un'occhiata eloquente, alla "Che
cavolo ci
fate qui a rompermi le uova nel paniere?". Il biondo si
strinse nelle spalle, come per chiarire che lui non c'entrava nulla.
Improvvisamente ricomparve Madama Chips.
"Cos'è
questa folla? È solo un polso rotto, non è in
degenza da una
settimana! Forza: tutti fuori! Siamo in un'infermeria, non al
circo!", gracchiò aspramente. "Al massimo può
restare il
fidanzato a farle compagnia", dichiarò addolcita dalla muta
supplica negli occhi di James. Penny arrossì violentemente e
cercò
di articolare una frase completa per chiarire che lui non era il suo
ragazzo, ma James la precedette.
"Grazie
per la comprensione".
"D'accordo...",
Lorcan colse la palla al balzo. "Usciamo prima che Madama
ci faccia a fette", e si guadagnò un'occhiata minacciosa da
parte della donna. Tutti e sette si congedarono e in lampo lei e
James si trovarono di nuovo soli, o quasi. Madama Chips magari
rappresentava un piccolo impedimento ai propositi di James, ma nella
vita non si può avere tutto.
"Tieni,
signorina... bevi tutto d'un fiato", disse la donna porgendo un
calice a Penny.
"Cin
Cin!", disse lei ironicamente. Non prevedeva un buon sapore per
quella pozione, e non si sbagliava; aveva un colore violaceo e
l'aspetto putrido, oltre a sapere di cadavere di rospo.
"Mi
viene da vomitare", dichiarò schifata.
"Ti
aspettavi un bicchiere di vino elfico?", replicò acidamente
la
donna.
Penny
comprese che era meglio non lamentarsi quella le spalmò un
unguento
sulla parte lesa. Gliela fasciò, raccomandandosi di cambiare
la
benda tre ore dopo. La mattina seguente avrebbe potuto toglierla del
tutto, anche senza tornare da lei in Infermeria. Poi, senza troppe
cerimonie, sbattè fuori sia lei che il sedicente "fidanzato".
"Fantastico!",
fece ironica non appena fuori di lì. "Ogni volta che provo a
cambiare una fasciatura riesco solo a spazientirmi e finisce che la
garza si appallottola su se stessa. Farò un incantesimo per
farla
srotolare, o qualcosa di simile... ammesso che esista un incantesimo
per una cosa così insulsa", concluse sbuffando.
James
rise di gusto all'immagine di Shane che lottava contro una garza: non
sapeva se trovarla tenera o tremendamente comica.
"Ci
penso io", disse alla fine, con una certa noncuranza.
"D-davvero?",
balbettò lei. Era Potter a parlare o aveva un
gemello gentile?
"Non
mi credi? Mi piaceva curare gli animali feriti, quando ero piccolo".
Improvvisamente le venne in mente il commento di Hagrid su quanto
James fosse stato bravo con gli Ippogrifi, e sorrise dentro di
sè.
"Non
sono un animaletto da curare!", protestò, fingendosi offesa.
"Non
intendevo questo", si lasciò sfuggire una risata. "Volevo
solo dire che me la cavo con questa roba".
"Ho
alternative?", chiese rassegnata.
"Torna
da Madama Chips", le rispose scrollando le spalle.
"Non
ci penso neanche! Preferirei farmi aiutare da Malfoy che tornare da
quella vecchia scorbutica!", sbraitò.
"Hai
uno strano modo di dirmi che posso aiutarti io...",
parafrasò
ciò che lei gli aveva detto poco prima. Penny rise, pensando
a come
sarebbe stato avere James vicino che le sfiorava delicatamente il
polso. Scacciò quell'immagine -a dir poco idiota- e
cambiò
argomento. Un secondo ripensò al fatto che un'alternativa ce
l'aveva
eccome: Al. Lui era bravissimo in queste cose, tanto che il suo
più
grande desiderio era fare l'addestramento per diventare Guaritare.
Accarezzava la speranza di andare a lavorare al San Mungo.
Chissà
perché James non ci aveva pensato...
Beh,
sicuramente non sarebbe stata lei a ricordarglielo, pensò.
I
due percorsero in silenzio i corridoi fino al ritratto della Signora
Grassa: sembrava un po'alticcia e teneva una bottiglia d'Idromele
nella mano destra.
"Parola
d'ordine?", fece il quadro, con aria svogliata.
"Grifone
rosso", rispose James sbuffando, sempre più sbalordito dalla
banalità delle parole d'ordine della propria Casa. Entrambi
salirono
nei rispettivi dormitori a rinfrescarsi e Penny si accorse che le sue
amiche erano tutte in stanza.
Rose
leggeva Storia della Magia di Batilda Bath; Trixy
stava
provando la sua nuova penna Autocorregente, arrivata fresca fresca
dai Tiri Vispi Weasley (negli anni gli studenti avevano imparato ad
aggirare i controlli di Gazza sui prodotti di George); Alice era
intenta ad annaffiare la piantina di Mimbulus
mimbletonia che teneva sul proprio davanzale e
le stava...
parlando. Penny scosse la testa con un sorrisetto; quella ragazza
aveva le sembianze della madre, ma somigliava a Neville. Sarebbe
stata un'ottima insegnante di Erbologia.
Scese
con Rose a chiacchierare con Al, ma di James neanche l'ombra.
Sicuramente era uscito dalla Torre; sperava solo che si ricordasse di
doverle cambiare la fasciatura...
James
salì di sopra a farsi la doccia e a levarsi la divisa da
Quiddich,
finalmente. Scese in Sala Comune, ma di Penny neanche l'ombra. In
compenso, Angie si stava pericolosamente dirigendo verso di lui, con
la chiara intenzione di intrappolarlo in una conversazione piena di
proposte oscene, proprio come l'ultima volta in cui le aveva rivolto
la parola. Gli sembrò un buon momento per la fuga: sarebbe
andato
dai Corvi, a parlare con Lorcan.
La
sua fortuna sfacciata fece sì che Lily Luna stesse
rientrando al
dormitorio esattamente nel momento in cui lui era arrivatò
lì
fuori. Ovviamente sua sorella l'aveva fatto entrare; e lui aveva
constatato con piacere che le cornacchie non avevano più
fantasia.
Corvo impagliato non era certo
meglio di Grifone
rosso.
Non
fu esattamente il benvenuto tra i Corvi; dopo la partita, non erano
molto contenti di trovarsi il Cercatore vincitore nel loro covo.
"Ancora
tu?", Lorcan roteò gli occhi al cielo.
"Ma
salve anche a te, amico mio!", rispose gentilmente il Grifone.
"Immagino
non sia una visita di cortesia", disse il biondo mettendosi a
sedere, "dimmi che cos'è successo". James ci mise un
minuto a riordinare le idee, dato che in realtà non era
cambiato
quasi nulla. Tranne che in lui.
"Niente,
sono venuto a dirti che ho deciso di uscire allo scoperto".
"Come?",
tossicchiò il biondo, palesemente incredulo.
"Dico
la verità, vuoto il sacco, sputo il rospo...",
elencò i modi
di dire che gli vennero in mente per rendere l'idea.
"Sul
serio?".
James
si limitò ad annuire, esponendo poi le sue
perplessità.
"Il
fatto è che non so quando e come farlo... in
realtà, pensavo di
portarla fuori...", si alzò dal letto di Lorcan, dove era
seduto. Erano nel dormitorio, per poter parlare con più
calma.
"Fuori...
dove?". Il grifondoro continuava a misurare la stanza a grandi
passi, palesemente irrequieto.
"Tipo
a Hogsmeade". Lorcan si mostrò perplesso.
"Come
pensi di arrivarci?".
"Questo
non è un problema", si pavoneggiò apertamente.
"Sono
James Sirius Potter, ho sempre una soluzione pronta". Aveva
intenzione di sfruttare la sua illimitata conoscenza dei passaggi
segreti, e magari anche il mantello dell'invisibilità di suo
padre.
"Piantala
di atteggiarti da figo!", e gli lanciò un cuscino. "Intendi
come una specie di appuntamento?".
"Sì,
se accetta è già un buon segno, almeno credo. Sei
stato tu, e anche
Al, a farmi capire che starmene con le mani in mano a rodermi il
fegato non porterà frutti", gli fece notare; voleva ricevere
una reazione maggiormente positiva.
"Immagino
di sì. Vuoi portarla fuori e dirglielo lì?",
domandò.
"Il
piano è questo, biondo!", confermò. "Anche se
prima devo
trovare il coraggio".
Lorcan
ci riflettè sù un bel po', per poi dire
solamente: "Sì, ha
senso". James lo guardò spazientito: si era sprecato a
rispondergli!
Comunque
quella frase di approvazione gli bastò come incoraggiamento.
"Io
vado, ho da fare...", comunicò senza un'ulteriore
spiegazione. Probabilmente avrebbe riso a crepapelle se gli avesse
rivelato che il motivo per cui stava correndo alla Torre dei Grifoni
era dover fasciare il polso a Shane.
Penny
ascoltava il resoconto di Al su quanto fosse felice di stare insieme
ad Alice. In realtà stava sentendo di sfuggita, non
ascoltando
davvero. Si sentiva un verme, ma non poteva fare a meno di gettare
occhiate furtive all'orologio e all'ingresso. Iniziava a perdere le
speranze, quando lo vide entrare e dirigersi subito verso di lei. Si
sedette sul divano accanto a lei senza una parola, prendendole il
polso fra le mani. Fu una fortuna che in quel momento non ci fosse
molta gente vicina a loro, o Penny sarebbe diventata ancora
più
rossa di com' era.
"Che
stai facendo?", chiese Rose, vedendolo agitare la bacchetta in
aria.
"Faccio
comparire l'occorrente per cambiarle la fasciatura", rispose con
naturalezza. La rossa lanciò a Penny un'occhiata stupita,
cercando
spiegazioni.
"Madama
Chips mi ha detto di cambiarla, ma io sono una frana e così
James si
è offerto di farlo lui", balbettò cercando di
ignorare il
calore delle mani di lui. La sfioravano delicatamente, come se
stessero maneggiando un qualcosa di prezioso. Al e Rose osservavano
la scena: il primo positivamente stupito, la seconda -ignara dei
sentimenti del cugino- letteralmente basita.
"Mi
sono persa qualcosa?", mormorò la rossa al cugino. Non
sai
quante cose, Rose!
Il
moro si strinse nelle spalle, come a dire che non sapeva a cosa si
riferisse.
Rose
concentrava la propria attenzione sull'amica, che però non
ricambiava i cenni d'intesa; a dire il vero, sembrava non li notasse
affatto.
Penny
aveva occhi per un solo Grifondoro in quella sala, e per la cura che
quest'ultimo metteva nel fasciarle il polso. Non notò
nemmeno quanto
fossero eccessivamente lenti i gesti di lui. James voleva prolungare
quel momento e ci stava mettendo più del tempo necessario,
così da
poterla toccare senza che sembrasse... strano. Merlino, la
voleva
così tanto! Voleva stare con lei, solo con lei,
sempre
con lei. "No", si disse, "non posso trattenermi
oltre".
Non
poteva più nascondere quel sentimento che gli squarciava il
petto
ogniqualvolta lei gli era accanto, ogniqualvolta le loro mani si
sfioravano. In quel momento, mentre scrutava la profondità
di quegli
occhi smeraldo che gli avevano fatto perdere la testa, capì
che la
decisione che aveva preso era quella giusta. Ma non avrebbe atteso di
portarla fuori, non avrebbe atteso di fuggire da quelle mura, non
avrebbe atteso un'uscita romantica.
L'avrebbe
dovuta escogitare e inventare delle scuse per convincerla a uscire di
nascosto da Hogwarts. In poche parole, avrebbe dovuto mentire,
ancora. No, non l'avrebbe più fatto. Era
assurdo che non
volesse aspettare, dato che fino a qualche giorno prima era deciso a
non rivelarle nulla per paura che lo rifiutasse. Per paura
dell'imbarazzo che avrebbe provato lui e anche di quello che avrebbe
provato lei nel dirgli: "no, grazie".
Eppure
ora aveva tutto chiaro in testa, come se qualcuno gli avesse acceso
una lampadina. Non voleva aspettare di vedersi spuntare i capelli
grigi, nè tantomeno che arrivasse un altro Fred, per dirle
che
voleva stare con lei.
Gliel'avrebbe
confessato a scuola, sotto quello stesso tetto che avevano condiviso
per sei anni: il luogo in cui era sbocciato il sentimento che
nutriva.
"James,
ci sei?", la ragazza gli passò la mano libera davanti agli
occhi. Si era incantato, con lo sguardo fisso sul polso di lei. Penny
gli sorrise, con le labbra e con gli occhi: era stupenda.
"Pensieri?".
"Già",
confermò riscuotendosi.
No,
non aveva tempo di aspettare, non più.
Anche
dopo che ebbe esaurito il proprio "compito", James non se
ne andò, al contrario di ciò che Penny
si sarebbe
aspettata. Rimase
lì a discorrere con lei, Al e Rose, cosa che non avveniva da
-più o
meno- un secolo.
Voleva
stare ancora con lei... cioè con loro?
Quando
fu ora di cena, scesero tutti. Stavano per entrare in Sala Grande,
quando qualcuno urtò Penny.
"Mezzosangue,
attenta a dove vai!", furono le parole sprezzanti che le rivolse
Malfoy.
"Platinato,
sei stato tu a venirmi addosso!", replicò lei a tono. Quegli
occhietti grigi la fissavano quasi schifati dalla sua presenza.
"Che
succede qui?", intervenne James.
"Per
la barba di Merlino, sei sempre con la scorta? Che c'è, hai
paura di
girare da sola?", ghignò.
"Mi
stai dando velatamente della vigliacca?",
domandò Penny
puntellandosi le mani sui fianchi, con espressione di sfida.
"Non
velatamente, Mezzosangue!"
"Detto
da te suona davvero male", lo derise James.
"Di
che t'impicci Potter?", sputò fuorì quel nome
come se gli
scottasse la lingua.
"Oh,
sta' zitto Malfoy! Tu e Zabini l'avete attaccata in due, mentre era
da sola. Non credo tu ti possa definire un cuor di leone, o no?",
continuò incurante.
Malfoy
arrossì fino alla cima dei capelli, sebbene non
certò di vergogna:
quella era rabbia.
"Ora
levati dai piedi!", fece Penny, per rendere più compiuta
l'umiliazione. Forse era rischioso trattarlo così in
pubblico,
perché -come aveva imparato in sei anni- Scorpius non era
uno che
ben tollerava di essere umiliato davanti ad altri.
Solita
ipocrisia Serpeverde.
"Ho
una certa fame!", aggiunse Rose, scansando il platinato con
gesto plateale.
"Non
finisce qui, Penelope!", lo sentì
gridare da lontano.
"Lascialo
stare", le disse Al a bassa voce, "non fa sul serio".
Penny
annuì, sperando che fosse come diceva Albus.
Non aveva certo paura di Malfoy, ma la infastidiva avere conti aperti
con la gente; avrebbe voluto che il platinato si trovasse qualcun
altro da bersagliare
con i
suoi insulti.
"Ma
che cavolo
vuole il
platinato?!", esclamò Trixy addentando una fetta di pane,
sotto
lo sguardo intimorito degli amici.
"Trix,
non c'è bisogno di addentare il pane ferocemente: non
è Malfoy!",
le fece notare Penny ridacchiando.
"Posso
sempre far finta che lo sia", rispose scrollando
le spalle. "Almeno
mi sfogo". Forse Trixy odiava Malfoy più di tutti loro messi
insieme, in quanto convinta che la presenza del biondo nella vita di
Daniel non avesse fatto altro che peggiorare nettamente il pessimo
carattere del proprio gemello. Essere
una grifondoro convinta con un gemello serpeverde non era per niente
facile per lei.
"Non
capisco cosa diavolo gli sia preso", rincarò la dose Alice,
seduta accanto ad Al. Rose e Penny si scambiarono uno sguardo
d'intesa.
"Stamattina
Shane e Malfoy hanno avuto uno
scambio di opinioni",
raccontò
Rose.
"Oh",
fu il commento unico di Alice e Albus.
"Voi
due ormai siete in simbiosi, eh piccioncini?", li canzonò
James, che quella sera non era accanto a Baston e a quelli del
settimo anno.
"Stava
lanciando una serie di improperi sulla famiglia Potter",
continuò
Rose. "Ci
avrei pensato io stessa a rispondere per le rime, ma Penny l'ha
rimesso in riga, vero?",
le
scoccò un'occhiata
complice e
le fece un
sorrisetto.
"Gli
ho detto che se hai un ex Mangiamorte come padre, non puoi certo
permetterti di sfottere i genitori altrui, tantomeno Harry Potter",
riferì lei stessa. "Dovevi vedere la sua faccia... apriva e
chiudeva la bocca: sembrava un merluzzo. Rose glielo ha perfino
detto!".
"Avrei
voluto esserci!", commentò Alice. "Scorpius con la faccia
da pesce lesso dev'essere uno spettacolo magnifico. Non capita spesso
di lasciarlo senza parole...".
"Già...",
replicò Penny, "ora mi odia anche più di prima;
per questo mi
è venuto addosso. Ci tiene a ricordarmi che ho un nemico,
come se
potessi dimenticarlo",
fece
schioccare la lingua,
spazientita.
Per
quanto a lei non andasse giù l'idea di odiare ed essere
odiata, era
qualcosa che a Malfoy sembrava piacere parecchio. La
triste verità era che serpi e grifoni si odiavano per
principio, con
poche eccezioni.
Penny
stava per mangiare il dolce quando i gufi scesero in picchiata verso
i tavoli, lasciando cadere pacchetti e lettere a molti studenti.
Scorse la propria civetta Lara, che atterrò esattamente sul
budino
al cioccolato, sporcandosi tutte le zampe. Teneva nel becco una
lettera del nonno, che le scriveva quasi quotidianamente. Prese la
lettera e la scorse rapidamente, sorridendo. Adorava Arnold.
Quando
sollevò lo sguardò notò che, di fronte
a lei, Trixy mostrava un
espressione piuttosto turbata. La vide leggere rapidamente -sembrava
più un telegramma che una vera lettera- e intascare la
pergamena.
Nessun'altro sembrava averlo notato.
Decise
di riprovare a prendere il budino, e in quel momento
Sam Baston si avvicinò. "Per l'amor di
Godric!",
esclamò Trixy notando il volto funereo del ragazzo.
"È una
cosa grave?", domandò bloccando la forchetta a mezz'aria.
"Sì",
rispose abbattuto.
"Quiddich?",
chiese Penny; conosceva già la risposta.
"Assemblea
dopo cena, al campo".
"Cosa?
Fin laggiù? Avrò ancora lo stufato sullo
stomaco!", protestò
Penny.
"Non
discutere", replicò asciutto. Lei lo guardò torva.
"Godetevi
il dolce", aggiunse ignorando completamente le lamentele e
proseguendo il giro di avvertimenti.
"Per
tutte le bacchette!", esclamò Penny.
"Chissà
cos'è successo...", fece Al incuriosito.
"Non
appena lo sapremo ti manderemo un gufo!", lo zittì Trixy
infastidita, riprendendo a trangugiare lo stufato.
"Non
parlarle fino alla fine del pasto", sussurrò Alice ad Al.
"Non
so perché, ma è di pessimo umore!".
Il
pessimo umore di Trixy era condiviso anche da Penny, benchè
meno
manifestamente. Non le andava per niente di andare fino al campo di
Quiddich per una stupida riunione; probabilmente Baston avrebbe
iniziato a parlare di schemi di gioco e cavolate simili. Era stanca,
Merlino! Voleva solo andarsene a dormire. Dopo cena Baston aveva
trascinato James con sè, mentre Penelope e Bellatrix ne
avevano
approfittato per andarsi a coprire con qualcosa di più
pesante.
"Se
non è qualcosa di vitale importanza, credo che
somministrerò un
potente veleno a Sam Baston!", sbottò la Zabini mentre
camminavano nel freddo della sera. Penny ebbe l'impressione che il
cattivo umore dell'amica non si limitasse a quella scarpinata serale
post-cena. Avrebbe voluto chiedere cosa l'avesse tanto sconvolta in
quella lettera, ma non lo fece. Sapeva che, qualora avesse voluto,
Trixy ne avrebbe parlato di sua spontanea volontà.
"O
almeno delle pasticche vomitose...", propose in alternativa.
"Lascia
stare le vendette Trix: la volontà di Capitan
Quiddich
è insindacabile".
James
Potter conosceva Sam Baston come le proprie tasche, e poteva
affermare che quella sera non si comportava normalmente. Si muoveva a
scatti mentre diceva: "Buonasera" a tutti coloro che
entravano nello spogliatoio. Tentava di mostrarsi sereno e pacifico,
ma senza grandi risultati. Aveva iniziato a parlare da pochi minuti,
quando James vide spuntare una lunga cascata di capelli neri e due
occhi smeraldo, incastonati in un viso dall'incarnato pallido, le
gote leggermente arrossate dal freddo. Indossava il suo cappello, e
la cosa lo fece sorridere come un bambino la mattina di natale.
"Siamo
in ritardo?". Penny era appena entrata, seguita a ruota da
Trixy.
"Credo
tu sappia già la risposta", ringhiò Baston,
fulminandole con
lo sguardo. "Dicevo che la
partita di sabato è stata annullata".
"Oh
cazzo!", fu l'unico commento di James.
"Ma...
non si può annullare il Quiddich!", berciò Penny.
"Specie
quando la partita è contro le Serpi!", rincarò la
dose Trixy.
Baston
scosse la testa, sconsolato.
"Sabato
viene in visita il neoeletto Ministro Della Magia; e la McGranitt
vuole che Hogwarts sia perfetta quel giorno",
pronunciò
la parola perfetta con tono parecchio stizzito.
"Tutti
devono essere al loro posto ad accoglierlo. Ve lo immaginate come
sarebbe farlo assistere ad una partita Grifoni-Serpi? Non proprio una
buona pubblicità, visto come si svolgono di solito gli
incontri".
"Note
positive?", chiese James. Per tutte le cavallette!
Ci doveva essere una qualche nota positiva!
"La
McGranitt dice che possiamo spostare l'incontro", rispose Sam.
"Beh,
allora è tutto a posto, no?". James fece per alzarsi, del
tutto
rincuorato. "Dobbiamo solo concordare la data", disse
sollevato.
"Frena
l'entusiasmo, amico! Noi non decidiamo proprio un fico secco: la data
l'hanno stabilita i docenti", rispose facendoli ripiombare nello
sconforto.
"E
quando sarebbe?", domandò Percival McMillan, l'altro
battitore.
"Martedì",
sputò fuori Sam.
Ci
fu un coro incredulo di: "COOOSA?", seguito da varie
proteste e dai tentativi di Baston di calmare gli animi.
"Domani
dovremmo allenarci per tutta la giornata e anche lunedì sera
dopo le
lezioni. Possiamo rifiutare, ma... Serpeverde ha già
accettato la
data".
A
quel punto il silenzio piombò tra di loro, benchè
si potesse udire
il lavorio dei cervelli di ognuno. Fu proprio James a dar vita a
quello che era il pensiero comune:
"Non
possiamo tirarci indietro davanti a una sfida con le Serpi e passare
da vigliacchi; Godric Grifondoro si rivolterebbe nella tomba".
Con gran sollievo di Baston, tutti i giocatori furono concordi. Si
sarebbero visti il giorno dopo per allenarsi; e l'assemblea fu
sciolta.
Per
quale diavolo di motivo nulla girava per il verso giusto?
James
salì stancamente le scale del dormitorio ed entrò
nella propria
stanza. Si buttò a pesce sul letto, stravolto e rimbambito
dalle
chiacchiere di Sam. Non aveva neanche potuto riaccompagnare Shane,
dal momento che Baston l'aveva trattenuto.
Ora
che aveva deciso di parlare con lei, un'altro imprevisto arrivava a
mettergli i bastoni tra le ruote. Ma si poteva essere
così
sfigati? Beh, in realtà si poteva nascere
orfano, con una
cicatrice a forma di saetta sulla fronte, il peso
del destino
del mondo magico sulle proprie spalle e destinato
a
fronteggiare Lord Voldemort.
Sì,
tutto sommato avrebbe potuto andargli peggio! Si
mise sul davanzale, a contemplare il paesaggio fuori dalla vetrata;
il cielo era scuro e trapunto di stelle. Non aveva sonno in quel
momento e, in punta di piedi, si recò nella stanza accanto;
fortunatamente trovò Al sveglio, intento a leggere alla
fioca luce
della candela sul comodino.
"Che
ci fai qui?". Bell'accoglienza!
"Volevo
fare due chiacchiere", spiegò sedendosi al bordo del letto a
baldacchino.
"Spara",
rispose l'altro, chiudendo il libro e tirandosi sù a sedere.
"Ho
deciso di dire tutto a Shane; volevo farlo domattina. Ma il Quiddich
è stato spostato a Martedì pomeriggio", disse
d'un fiato. Al
non sembrò afferrare il punto della situazione, e rimase in
silenzio.
"Domani
avremo gli allenamenti per tutto il giorno", riprese.
"Lunedì
avremo lezione e allenamenti serali. Ergo, riusciremo a stento a
salutarci; senza contare che se la mia...", si bloccò,
"dichiarazione non andasse a buon fine, entrambi ne risentiremmo
sul campo".
"Per
carità!", inorridì Al. "Sam tenterebbe il
suicidio!".
Era
un'ipotesi piuttosto realistica, che James aveva già preso
in
considerazione.
"Quindi
che faccio, rimando a martedì sera?", chiese dubbioso.
"Ovviamente",
rispose l'altro convinto. "Mi stupisco che tu voglia il mio
parere. È la cosa più logica da fare". James si
morse un
labbro, vergognandosi di quanto stava per dire.
"Non
dire a zia Hermione che ho detto questo...", iniziò. "Non
so come spiegarmi, ma è come se avessi un... brutto
presentimento",
concluse. Al per poco non scoppiò a ridere, proprio come il
fratello
si era aspettato che facesse.
"Per
la barba di Merlino! Sul serio hai detto presentimento?
Chi
diavolo sei, la Cooman?", lo canzonò. James fece un gesto
infastidito -come per scacciare una mosca- e Al si accorse che era
serissimo in quello che stava dicendo.
"Oh,
andiamo! Se pensi che potrebbe non volerti, non vedo come..."
"Non
è questo", lo interruppe subito. "È solo... ho la
netta
impressione che martedì succederà qualcosa che mi
obbligherà a
rimandare di nuovo". Scrollò le spalle, come a minimizzare
quella specie di premonizione che aveva appena fatto. "Probabilmente
sto diventado pazzo o paranoico".
"Direi
entrambi, fratello! Hai aspettato finora, cosa cambiano due giorni?".
"Sì",
concordò, "aspetto dalla seconda metà dell'anno
scorso, per la
precisione".
"Cazzo!",
fu il fine commento del fratello minore. Non aveva capito che Penny
gli piacesse dal loro quinto anno. "Così tanto tempo e non
mi
hai fatto capire niente?".
"Avevo
paura che lo andassi a spiattellare alla tua amica del cuore",
lo celiò James.
"Non
l'avrei fatto!", Al alzò il volume della voce. "Non sono
mica te!", protestò.
"Ancora
con questa storia che non mantengo i segreti?", ringhiò il
maggiore.
"Ehi!",
risuonò nella stanza una voce infastidita. "Fottetevi tutti
e
due! Sto cercando di dormire; non mi interessano le vostre liti
familiari!".
"Scusa
Matt...", mormorò Al.
Vista
la sfuriata di Finnegan, James fece la saggia scelta di tornare nella
propria camera. Quando si mise sotto le coperte gli venne spontaneo
pensare a come sarebbe stato dormire abbracciato a Shane. Si impose
un freno mentale; non poteva illudersi di essere accettato. Sapeva
che nella testa di lei c'era un ragazzo, quindi era inutile sperarci.
Avrebbe fatto quello che doveva, e ne avrebbe affrontato le
conseguenze subito dopo la partita.
Con
questa consapevolezza, scivolò pian piano tra le braccia di
Morfeo.
Ma
anche ridestandosi, al mattino, non riuscì a scrollarsi di
dosso la
fastidiosa sensazine che qualcosa sarebbe andato storto. Una spada di
Damocle pendeva sopra le loro teste: sulla propria e su quella di
Shane.
Qualcosa
sarebbe andato storto,
se
lo sentiva.
SPAZIO AUTRICE
Salve
a tutti,
eccomi
qui dopo tre giorni con un altro capitolo su Penny e James.
Potter
sembra avere degli oscuri presentimenti (che abbia preso troppo alla
lettera gli insegnamenti di Sibilla?), mentre Al pensa che sia
diventato pazzo e paranoico. La cosa saliente del capitolo, comunque,
è che l'infermeria ha "portato consiglio" a James.
Finalmente ha deciso di mettere in chiaro le cose
con Penny,
anche se poi il destino gli ha momentaneamente messo i bastoni fra le
ruote. Malfoy sembra sempre meno bendisposto verso la mia cara
Penelope e chissà fin dove si spingerà questa
faida tra i due. In
questi due giorni si condenseranno tutte le aspettative di Penny e le
speranze di James; riusciranno i nostri eroi a capirsi una volta per
tutte o il Fato è proprio deciso a non dar loro una mano?
Fatemi
sapere cosa ne pensate del capitolo, non fate i pigroni xD
Grazie
:*
Jules
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)