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Autore: splash    11/07/2015    4 recensioni
Il cartone e il personaggio che ho amato di più in assoluto, non potevo che cominciare da qui.
Oscar è sopravvissuta a quel terribile 14 luglio, ma la malattia non le lascia un momento di tregua. Dal suo temporaneo ricovero in casa Chatelet ella assiste impotente agli eventi tragici del post-rivoluzione, accudita amorevolmente da una Rosalie più matura e forte di un tempo, che custodisce ancora uno sconfinato affetto per la sua benefattrice. Ma l'amarezza di Oscar è grande: le speranze che animarono giovani, vecchi, donne, e che la spinsero a schierarsi dalla parte di ciò che allora sembrava più giusto a costo di sacrificare tutto quanto aveva di più caro, sembrano adesso sempre più lontane. Oscar trova l'unico conforto nelle lettere indirizzate ad un vecchio amico...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stoccolma, 26 agosto 1793

Mia cara Marianne,
la vostra mano, come guidata da un istinto angelico, giunge ancora una volta in mio soccorso e mi trae con forza dal buio in cui mi ero risolto a vivere gli ultimi anni della mia vita.
Amica mia, che perfino nel dolore in cui vi getta la vostra condizione avete avuto la bontà di ricordarvi di quest’uomo, sappiate prima ancora di continuare a leggere che l’affetto e la stima che egli vi porta non sono mutati, né mai potranno mutare se non accrescendosi ad ogni vostra nuova prova di nobiltà d’animo.
Vi scrivo da un luogo molto diverso da quello in cui voi vivete, e dove come saprete ho dovuto recarmi di recente, ma sebbene la mia Parigi mi manchi immensamente seguirò il vostro consiglio di non tornare per qualche tempo, almeno fino a quando le strade non si saranno fatte più sicure per chi, come me, manca da così tanto da correre il rischio di non riconoscere più i luoghi e le cose della propria gioventù.
Nel rassicurarvi su questo punto, non posso non pensare che la vostra premura è stata ancora più dolce, poiché mi ha dipinto come un uomo ben più coraggioso di quanto l’animo mio non mi conceda di essere.
Temo di non essere degno della considerazione che mi mostrate, e tuttavia concedetemi di piangere con voi della perdita di colui che per me è stato un amico, oltre che un modello di bontà, gentilezza, determinazione, e una delle poche persone la cui memoria mi è cara oltre ogni immaginazione.
La tristezza che provo nel dover scrivere di lui come si scrive di chi non c’è più, si affievolisce appena solo ad un pensiero, che tuttavia non ha tardato a sovvenirmi: se, come dite, la sua vita si è spenta al vostro fianco e tra le vostre braccia, tra le braccia di sua moglie... se sono stati i vostri gli occhi in cui ha fissato il suo sguardo in quel momento, state pur certa che il destino più duro si è compiuto nell’unica maniera in cui lui avrebbe desiderato si compisse. E se ciò non basta a darvi forza, sono convinto che per quell’uomo che sempre vi ha messo al di sopra di tutto, ricevere il vostro amore di donna, sebbene per un tempo così breve, sia stata la maggior felicità immaginabile.
Dal canto mio, posso solo dire di essere felice che voi siate ancora viva, e sono certo che la vostra saggezza vi permetterà di usare al meglio questa fortuna, nonostante il dolore.
 Marianne, voi siete per me l’unica consolazione in questo periodo così travagliato.
Ahimé, anche per me la vita s’è fatta ben triste: tutto ciò che faccio mi sfugge dalle mani un momento dopo aver creduto di afferrarlo, ed ormai credo che le mie risorse si stiano esaurendo.
La notizia che mi avete dato, riguardo alla nostra comune amica, mi è nota da molto tempo... ma le vostre parole ne hanno addolcito, se possibile, il fiele. Mi consola il saperla affidata alle cure di quella cara ragazza, di cui ricordo perfettamente la dolcezza oltre  all’affetto e al rispetto che nutriva per voi.
Incontrai la mia amata per l’ultima volta in febbraio recandomi, a mio rischio, presso il suo alloggio. Restai con lei tutta la notte[1], da solo.
Avete ragione, quando dite che ella è in qualche modo ancora più perfetta di prima... Eppure non posso non pensare a quanto stia soffrendo in questo momento, costretta a vedere un tale dispiego di barbarie rinnovarsi di giorno in giorno, lei così orgogliosa trattata in maniera tanto ignobile, abbandonata da tutti coloro ai quali ha dato tanto illudendosi di poterli chiamare “amici”. Io fui l’unico a tornarle accanto, proprio mentre gli altri si affrettavano a fuggire in direzione opposta. Non fu coraggio il mio, sebbene lei lo ritenesse tale, bensì un bisogno indispensabile che, se non avessi assecondato, mi avrebbe reso oggi ancor più miserabile di quanto io non sia.
Dalle vostre parole ho capito che anche voi continuate a nutrire per lei lo stesso affetto di un tempo, ed ho solo una preghiera da farvi: statele accanto se potete, o se volete, in queste ore. E se il vostro orgoglio ve lo impedisce, fatelo almeno in vece mia, per quell’amico che vede allontanarsi sempre di più la speranza, e che non può far altro che aspettare il momento in cui le sofferenze della donna che ama finiscano brutalmente, vergognosamente, ingiustamente, lontano dal proprio abbraccio.
[cifr.]3 Non vi adirate, Marianne. Io considero ingiusto e provo ribrezzo per tutto ciò che a voi è sembrato nobile, ed in cui non vedo altro che una vendetta rabbiosa e insensata. E perché mai dovrei sforzarmi di comprendere chi non ha voluto sentire altre ragioni che quelle più comode?
Io amavo Parigi. Quando arrivai per la prima volta... oh, quanto lontani sembrano quegli anni! Ero un uomo diverso, un ragazzo pieno di voglia di vivere, desideroso al pari di molti altri di immergermi nella cultura e nell’arte di un paese ricco di bellezza come era la Francia. Il destino volle giocarmi lo scherzo crudele di imbattermi in quella splendida Ifigenia[2], di legare indissolubilmente la vita mia alla sua, di schiudermi le porte della sua vera persona tanto che ora, io che so chi è lei veramente, non posso perdonare, né sopportare le calunnie da cui il suo onore è costantemente imbrattato.
Né crediate che non sappia cos’è l’esasperazione. Ho combattuto anch’io, e la guerra mi ha insegnato che dietro le azioni più terribili si cela spesso il semplice istinto della sopravvivenza. Ma io vedo, Marianne, in questi accadimenti una perversione che va oltre tale istinto, una bassezza morale che oscura qualsiasi altra giustificazione.
Io vedevo dall’inizio le nubi accumularsi, temendo in cuor mio che secoli di errori e malgestione sarebbero ricaduti tutti insieme, sciaguratamente, in una volta sola, ma mai avrei pensato che si giungesse a un simile disonore. Non feci mai mancare i miei consigli, incitamenti alla moderazione, ma mi vedevo circondato da un troppo grande numero di individui a cui nulla interessava se non il proprio tornaconto. Sono costretto ora a constatare che vedo la stessa cosa, come un feto, a parti invertite.
Tenete bene a mente quel che vi dico: passerà il tempo, i capri espiatori verranno dimenticati, ed allora tutta quella rabbia nutrita con tanto accanimento dovrà trasformarsi in qualcos’altro, o placarsi definitivamente. Quando ciò accadrà, l’ideale secondo cui il popolo può immischiarsi nella politica di uno Stato sarà destinato a naufragare.
Se il gregge viene messo in condizioni di guidare il pastore, finisce con lo smarrirsi, col disperdersi, e col cadere preda dei lupi. E quelli come me e voi, i cani messi a guardia della sicurezza del bestiame, sono destinati a combattere inutilmente.
Da sempre la moltitudine ha bisogno di una ed una sola guida, sia che si tratti di animali, sia che si tratti di persone, e così sarà sempre. Questo perché gli uomini, nonostante siano tutti uguali dinanzi a Dio, non lo sono affatto quando si tratta di faccende terrene, sebbene questa sia l’idea più in voga del momento. Ma forse è un bene che vi siano solo poche persone cui il Signore mette sulle spalle un così grave fardello. Chi va contro questa regola fondamentale va incontro ad un triste destino. Io vi dico che prima o poi il popolo francese desidererà un sovrano ancor più ardentemente di quanto non abbia desiderato la libertà e l’uguaglianza [cifr.].
Come vedete, con voi io sono sincero come lo sono sempre stato, perché so che la vostra indole non vi consente di fermarvi all’apparenza delle questioni. Vi auguro con tutto me stesso di trovarvi lontano da Parigi quando ciò accadrà, per non dover affrontare una nuova disillusione e per non provare lo stesso rimpianto che a me attanaglia il cuore in questo momento.
Sappiate che per voi sarò sempre un amico, e che se mai doveste trovarvi in difficoltà la mia casa come quelle dei miei cari vi sono aperte in ogni momento.
Un’ultima cosa voglio dirvi: ho incontrato vostro padre. Egli si è comportato in ogni frangente con l’onore e la dignità che gli compete, e che voi avete ereditato. Ritengo sia importante informarvi che, pur disapprovando la vostra decisione, egli ha riconosciuto di aver commesso degli errori nei vostri confronti, e nei suoi occhi ho letto chiaramente che, nonostante tutto, mai è stato più orgoglioso di voi.
Come lui, anche io vi ammiro immensamente. Durante tutto questo tempo il pensiero di voi ha continuato a turbarmi, tanto che ho provato a dimenticarvi senza riuscirci. Per questo vi prego di non lasciare che gli eventi, per quanto terribili, intacchino il vostro innato senso della giustizia, poiché io desidero d’ora innanzi ricordarvi sempre, con forza, come la persona più coraggiosa e retta che abbia mai conosciuto.
Vi prego dunque, scrivete ancora a questo vecchio amico, affinché egli non perda definitivamente la speranza e non giunga a pensare che gli uomini sono, davvero, tutti uguali.
 
Vostro, affezionatissimo
Antoine4.
 
Ps: Troverete nella busta un piccolo biglietto. Ho scritto lì le uniche parole di cui lei avrà bisogno da parte mia. Se mai decideste di farlo giungere nelle sue mani, donerete un po’ di pace a due anime lacerate.
 
 
 
 
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1  “Resté là”. Quando la Famiglia Reale fu fatta prigioniera e trasferita a Parigi, Fersen tornò effettivamente a far loro visita. Nel suo diario scrisse pochissime righe a riguardo, dicendo in sintesi che era andato, che il marito s’era defilato e lui era rimasto solo con la Regina. Conclude con le famosissime due parole: “Resté là” appunto. Ciò ha fatto supporre agli storici che sia rimasto effettivamente tutta la notte solo con lei. A far cosa suppongo si possa immaginare.
 
 
2 Pare che il vero “colpo di fulmine” tra Fersen e Maria Antonietta sia avvenuto durante i preparativi per la rappresentazione dell’ Ifigenia. Eh già, perché tra i tanti passatempi della regina (che effettivamente aveva una testa tutt’altro che politica) ci fosse proprio la recitazione. Le rappresentazioni includevano anche la sua combriccola di “amici” e, qualche rarissima volta, il re veniva persuaso (nonostante non lo volesse assolutamente) a partecipare suo malgrado. Inutile dire che Luigi XVI era una pippa sul palco. Comunque, nell’anime questo momento dell’incontro con Fersen è in un certo senso presente: ricordate quando lui sbuca per sbaglio in camera di Maria Antonietta? BAM! Amore a prima vista.
Riguardo alla festa in maschera, dal diario della Campan pareva quasi che i due si fossero innamorati lì, ma in realtà gli storici ritengono che quello sia stato un incontro molto fugace e senza conseguenze, e che per tutta la sera Fersen si sia concesso varie scappatelle nel suo stile da sciupafemmine.
 
 
3 Da qui fino all’altro [cifr.] ho immaginato che il conte scrivesse le parti più compromettenti in un codice cifrato abbastanza semplice in modo da poterlo far intuire a Oscar.
 
 
4 Antoine  e Marianne sono i nomi fittizi che nella prima lettera Oscar dice a Fersen di utilizzare.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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