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Autore: Birdcage D Swan    12/07/2015    6 recensioni
«Ha mai sentito parlare di Lightning L-Drago?» Il suo sguardo sembrò illuminarsi.
«Ehm…più o meno.»
«Mi dica tutto ciò che sa su quel bey.»
Vi giuro, non ho mentito. Sapevo perfettamente di cosa stesse parlando…quasi.
«Dunque, è un bey proveniente…dalla costellazione…del Drago.» “You don’t say, Paschendale?”.

[…]
Affilati, circondati da folte ciglia nere.
Quelle iridi ristrette, all’interno delle cornee bianche, gli conferivano un aspetto spaventoso, quasi assatanato.
Quelle iridi dello stesso colore dell’oro, il più brillante esistente.
Tutto ciò che mi rendesse umana, ogni idea, paura, sentimento. Tutto svanì.
In quello sguardo, appena accennato.
Erano gli occhi più terrificanti e incantevoli in cui mi fossi mai specchiata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ryuga, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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• Epilogo •

Tears Of The Dragon 
The tears of the dragon
For you and for me
 
 
 
Si riempì i polmoni della brezza marina. Dopo tutte quelle ore trascorse al chiuso, ci voleva una boccata d’aria fresca!
Madoka respirò a fondo, nel tentativo di contrastare quel bizzarro tremolio che, durante quella lunga conversazione, non l’aveva lasciata in pace nemmeno un secondo. Era come se si fosse svuotata, da sentimenti negativi o positivi, nemmeno lei riusciva a comprenderlo a fondo. Fece mente locale e ripercorse tutte le informazioni da poco apprese, e il senso di vuoto si appropriò del suo spirito con ancor più accanimento. Echi sussurrati, provenienti dalla medesima voce, si sovrapponevano. Non le entravano nella testa, bensì uscivano e il loro rumore aumentò, radicalmente. Portò le mani alle orecchie, tentando invano di non udire quei suoni quasi strazianti, spingendola sempre più a gridare un feroce “Basta!”. Quando qualcuno riuscì a farli cessare, fortunatamente.
«Allora?» domandò una voce a lei molto familiare.
A causa di quegli strani e drammatici racconti a sostituire ogni suo pensiero, il suo corpo aveva dimenticato per un breve lasso di tempo le normali attività quotidiane, come aprire gli occhi.
Madoka rimase sinceramente sorpresa nel notare l’alba innanzi a sé.
«Abbiamo…davvero discusso per tutta la notte?» pensò ad alta voce, sussurrando.
«Già…»
Si volse. Kyoya rivolgeva uno sguardo concentrato all’aurora; brillava un velo di determinazione negli occhi blu del blader. Non si aspettava di vederlo in quella veste: così privo d’apprensione nei confronti della sorella. Certo, Kyoya era una persona talmente gelida alle volte, da non scomporsi nemmeno di fronte alla peggiore delle tragedie, bensì Madoka l’avesse visto spesso agitarsi davanti a questioni riguardanti Paschendale.
«Come sta, adesso?» chiese il proprietario di Leone.
«Si è chiusa in bagno e ha iniziato a piangere.» Madoka bisbigliava, un groppo in gola. «Non ho voluto ficcare il naso ulteriormente, così l’ho lasciata sola.»
«Gliel’hai dato?».
Era sul punto di domandargli “Cosa?”, finché non si ricordò dal biglietto.
«Ehm…sì. Cioè…era in bagno, non gliel’ho dato di persona. L’ho lasciato sul tavolo della sua stanza…».
«Ho capito. Aspettami qui.» Risoluto, si diresse all’entrata della villa.
 
 
Almeno Paschendale era riuscita a mantenere la calma, lo dimostravano gli oggetti dell’abitazione, ancora perfettamente intatti e al loro posto. Inutile dire che le stanze di quella casa, da quando ne era uscito, erano rimaste tali.
Fece un giro veloce, sperando di trovare il prima possibile la sorella. Fatta eccezione per quella giornata, erano passati un bel po’ di mesi dall’ultima volta che aveva fatto visita alla ex blader; nemmeno si ricordava dove fosse il bagno.
Accelerò il passo, quella casa era davvero enorme.
Dopo alcuni minuti, salendo le scale, pregò che quel rumore proveniente da piano superiore non fosse reale. Salì e aumentò le falcate, arrivando addirittura a quattro gradini alla volta. Non se ne accorse, ma un ghigno di rabbia gli apparve in volto.
Entrò nella camera da letto…e la vide.
Rannicchiata sul pavimento, tra le mani tremolanti reggeva il foglio di carta. Singhiozzava, quasi le mancava il respiro.
Non appena si accorse di suo fratello, ritrovò la forza di parlare.
«Kyoya…» chiamò con voce stridula, rotta dal pianto.
Il blader non poté fare altro se non correre ad abbracciarla. La strinse forte, le accarezzò il capo dolcemente. Quel gesto d’affetto raro, così raro da diventar prezioso, ebbe un effetto inaspettato: il suo pianto, seppur ovattato, echeggiò in tutta la stanza. Le vesti di Kyoya divennero umide di lacrime. Le lacrime di una ragazza persa e sola, senza più obiettivi e così privata di ideali per un futuro.
Kyoya faticò nel mantenere il suo solito orgoglio, benché ci fosse riuscito spesso di fronte a Paschendale, ma mai, prima di quel momento, i pianti della sorella erano stati tanto disperati.
Non poté far altro se non stringerla ancora più forte a sé. Chissà quanto durò quall’abbraccio.
«Passerà, vedrai…» fu tutto quello che il blader riuscì a dire.
«Ormai sono mesi.»
In seguito a quelle due brevi battute, il silenzio proseguì, così come le loro posizioni.
Dopodiché, quando Paschendale finalmente sembrò essersi calmata, si alzarono.
Kyoya sapeva perfettamente che non erano affari suoi, che sarebbe stata una domanda pericolosa, ma non riuscì a frenare la lingua: «Che c’è scritto?»
Paschendale s’asciugò le lacrime con un gesto rapido, deglutì e portò le mani sui fianchi, stiracchiando leggermente la schiena.
«Kenta mi odia…»
«Non è vero» ribatté il blader della primavera. «Semmai è il contrario.» Tutta la freddezza che l’aveva sempre caratterizzato tornò al suo posto. Era inutile per lei, la conosceva davvero bene: non bisognava coccolare Paschendale, altrimenti non avrebbe mai ammesso d’aver torto.
«Kenta è ridotto così a causa mia.»
Kyoya non capiva. S’accigliò, stranito. «In che senso?»
«Ryuga non…» Stava riaccadendo. Il panico tentava di riappropriarsi del suo spirito. Serrò con forza le palpebre, aveva già versato troppe lacrime quel giorno.
«Devo fare…un paio di cose e…tutto…tutto tornerà come prima.»
Kyoya capì. «Che vorresti fare?».
«Devo incontrare Kenta. Ryuga sta facendo tutto questo per…» sospirò, incerta se dirglielo. Temeva che la prendesse per pazza, ma dato lo stato di Kenta, era difficile non pensare al sovrannaturale.
Rifletté mentre si mordeva la lingua. Kyoya insisteva, voleva saperlo.
Non poté far altro che parlare. «Per restare in questo mondo.»
Potrebbe sembrare strano, ma il proprietario di Leone non aveva mai visto quello strano fenomeno “spirituale” in quel modo. In fondo, nessuno era mai riuscito a definire l’umanità di Ryuga e persino la sua morte non era ancora stata spiegata: dissolversi nel nulla – e sotto gli occhi di tutti – non è certo un avvenimento quotidiano.
«Stai forse dicendo che l’ha deciso lui stesso?»
Il silenzio di Paschendale significò una chiara affermazione.
«E a quale scopo?»
«Allo scopo di non farmi soffrire ancora.»
Gli occhi al cielo e un lungo sospiro, fu questa la reazione di Kyoya. Non aveva mai approvato la relazione tra quei due e, soprattutto, non era mai riuscito a comprenderla.
No! Tu da Kenta non ci andrai!, avrebbe voluto risponderle. Sapeva che i sentimenti di Paschendale si sarebbero aggravati innanzi allo spirito estraneo nel corpo del balder di Sagittario, con il rischio aggiuntivo di una reazione preoccupante da parte di quest’ultimo.
In quella breve pausa, tentò di ragionare invano; dopo tutte quelle ore di ansia e sfoghi vari grazie a qualche lancio, persino per lui risultava faticoso recuperare lucidità.
Niente. Nemmeno un’idea.
Riportò lo sguardo nelle iridi di Paschendale che, chiaramente, attendeva una sua approvazione.
Lo vedeva confuso, stanco, molto incerto; davvero diverso rispetto a lei in quel momento, che sapeva esattamente cosa fare.
«Fidati di me, Kyoya. Per favore.»
Fu così che il giovane notò un lampo di determinazione e, lentamente, l’incertezza diminuì.
Sospirò forte e attese il sentimento d’accettazione.
«Cosa dirai a Kenta?»
 
 
Madoka li stava aspettando già da un po’. Era ancora nervosa a causa dei trascorsi precedenti, tuttavia l’aria fresca e il passeggiare avanti e indietro avevano affievolito parecchio lo stress.
Non appena Kyoya e Paschendale uscirono dalla porta d’ingresso, la meccanica tirò un sospiro di sollievo; subito dopo, corse loro incontro.
«Paschendale!» la salutò con affetto. A parte gli occhi rossi e gonfi e l’accenno di un sorriso molto forzato, sembrava essersi ripresa.
«Come stai?» proseguì Madoka.
«Sta meglio!» Ci pensò Kyoya a rispondere. «Un po’ scombussolata, però sta bene.» A parlare in quel modo, dava l’idea di non essersi accorto della presenza di Paschendale.
«Ah… Bene…» Madoka era un po’ stranita.
Seguì un silenzio imbarazzante, la meccanica non sapeva cosa dire. «Allora…» spiccicò, tentando di farsi venire in mente qualcosa. «Verrai con noi?».
Paschendale non rispose. Aveva lo sguardo fermo in un punto indefinito, rantolava, le labbra socchiuse.
«Paschendale?» domandò la ragazza.
Kyoya, nel notare l’apatia della sorella, la scosse lievemente col braccio che le cingeva le spalle.
L’ex blader s’impallidì rapidamente, l’espressione sempre più stanca. Improvvisamente, chinò il busto in avanti. Un’abbondante sostanza densa e verdastra le uscì dalla bocca. Madoka si scansò appena in tempo.
Seguirono alcuni colpi di tosse e forti tremolii.
«Tranquilla. È lo stress.» la rassicurò Kyoya.
«Ehm… Forse è meglio se vieni con noi…».
Tutti e tre si avviarono al molo, in attesa dello yacht che precedentemente li aveva portati fin lì.
 
 
Riposi rari, troppi allenamenti, pasti esclusi: la sua routine. Certo, per un blader tanto forte poteva essere un suicidio un’attività quotidiana del genere, peccato che lo sfogo nello sport fosse l’unica cosa a tenerlo distante dai suoi pensieri che, dopo quel  breve istante, non erano altro che negativi.
Il livello di Kenta era aumentato vertiginosamente, i suoi compagni di palestra e di allenamento se n’erano accorti con molto piacere, senza contare la sua nuova e continua presenza lì con loro.
Stava andando tutto bene, filava tutto liscio, peccato che non si aspettasse una visita che per lui avrebbe significato la fine di tutto.
Come al solito, Kenta era in palestra. Stava facendo qualche lancio di riscaldamento, quando una voce fredda e familiare lo chiamò.
«Kenta!».
Non appena Kyoya entrò nel suo campo visivo, riuscì a prevedere come, con ogni probabilità, si sarebbe svolta la giornata.
Si avvicinò all’amico con passo sostenuto e venne inquadrato dal quello sguardo severo che spesso lo caratterizzava, ma non si sarebbe lasciato sopraffare.
“Niente in confronto a Ryuga” pensò.
«Kyoya! Che piacere!» salutò con più naturalezza possibile «Com’è andata la missione?»
«Ti aspetta fuori» rispose con freddezza, quasi non gli lasciò terminare la frase.
L’ampio sorriso disegnato sul suo volto svanì – forse un po’ troppo falso per durare a lungo.
Kenta abbassò lo sguardo, ogni fibra del suo essere era in preda all’ansia.
 
 
Ogni passo lungo quel corridoio significava una sola cosa: cambiamento.
Giorni e giorni prima, proprio durante la stesura di quel biglietto, dopo varie cancellature, nuove stesure, pianti e così tanti attacchi di panico da perdere il conto, Ryuga era riuscito a scrivere quelle parole tramite il suo corpo. Kenta non si sarebbe mai immaginato di leggere parole del genere; parole che, nel loro insieme, formulavano solo due concetti ben precisi. Ryuga amava Paschendale, era quello l’unico motivo a costringerlo lontano dall’aldilà. Con tutto il dolore causatole, senza mai riflettere su quei sentimenti, così strani ma soprattutto così forti, che la sua condizione gli proibiva di sentire, di farli suoi, al momento della sua scomparsa aveva capito tutto.
 
Non è il momento di abbandonarla.
 
Qualcosa aveva espresso il suo desiderio, qualcosa gli aveva concesso il tempo di cui necessitava.
Ryuga non gliel’aveva mai spiegato con assoluta chiarezza. Kenta sapeva solo che nell’arco di una notte per lui era cambiato tutto.
Con il trascorrere delle settimane, la presenza di Ryuga si affievoliva gradualmente, segno che un’anima residente in un corpo estraneo fatica a resistere. Sapevano entrambi che quella condizione non sarebbe durata per sempre, ma nessuno era a conoscenza della durata esatta.
Era il suo maestro.
Provava per quel blader formidabile una stima assoluta e incondizionata.
Però piuttosto che vivere così chissà ancora per quanto, preferiva dirgli addio per sempre.
“Succederà davvero questo?” pensò.
L’ultimo passo, ecco la fine del corridoio.
 
 
Fuori dalla palestra, tutto stonava con tutto: una Paschendale incupita, un Kenta spaventato, un magnifico cielo azzurro.
Gocce di sudore accarezzarono il volto del giovane blader, raggiunsero la punta del mento e si staccarono con lentezza.
«S-Sei arrivata!» balbettò con voce stridula.
Non aveva mai visto quella ragazza così statica, così imbronciata e fredda.
Kenta era molto diverso dal giorno dello scontro con Nemesis, dovuto soprattutto alla presenza di Ryuga dentro di sé; eppure Paschendale non aveva fatto una piega.
Quante cose avrebbe voluto urlarle addosso, farla sentire in colpa, farla piangere, farle capire chiaramente tutte le sue paure e tutto ciò che aveva dovuto passare a causa sua.
Ma non ci riusciva.
Strani versi rotti uscivano dalle labbra tremanti. Strinse i pugni, il sudore incessante a bagnargli la pelle.
Era solo un ragazzino fin troppo sensibile.
L’ira e la violenza erano solo opera di Ryuga.
Nessuno di quegli elementi l’avrebbe portato ad arrabbiarsi con Paschendale.
Respirò profondamente e la rabbia scemò.
La mano raggiunse Sagittario e lo strinse forte.
Nel guardarlo faticò a trattenere le lacrime. Non poté evitare di ricordare il passato.
“Scusa amico.”
«Prendilo.» Tese la mano verso Paschendale. «So che sei venuto per questo.»
La ragazza accettò. Prese il bey e lo guardò per un istante.
«Sono sicuro che saprai come usarlo.»
Ripose la trottola in tasca.
Kenta rimase di stucco quando incontrò quello sguardo tanto intenso.
Paschendale gli si avvicinò e inaspettatamente gli baciò la guancia.
«Perdonatemi» bisbigliò.
Un brivido lo percorse, una forte tristezza lo pervase.
Paschendale aveva gli occhi lucidi, le labbra piegate in un debole sorriso.
Non appena lei girò l’angolo, Kenta si concesse quel pianto che da tanto tempo non riusciva a liberare.
 
 
 
 
Carissima Paschendale,
 
sono passati ormai diversi giorni dall’ultima volta che ci siamo visti.
Probabilmente saprai già che ho informato Kyoya e gli altri dell’accaduto. Immagino che la cosa ti abbia fatto andare su tutte le furie, so bene che riguardo alcuni avvenimenti tieni molto alla riservatezza. Ora però ti chiedo  di riflettere anche solo per un secondo sulla mia condizione in quel momento. Sono lusingato del fatto che, dato il mio forte senso di responsabilità, tu abbia pensato a me per prendere il tuo posto nella WBBA – una posizione che considerarla di “assoluto prestigio” sarebbe un eufemismo! Tuttavia, e sono certo che lo ricorderai, mi presi talmente alla sprovvista che la mia reazione fu di puro terrore. Saprai meglio di tutti gli altri quanto impregnativo sia essere il Presidente di un’associazione internazionale, ma io, un semplice blader come tanti, non avrei mai pensato a un incarico simile. Io, che del beyblade ho fatto il mio sport e, in seguito, la mia più grande passione. L’idea di rinunciare agli allenamenti per affrontare un mondo così diverso rispetto a quello cui ero piacevolmente abituato era davvero troppo.
Ora però ti chiederai “Beh, caro il mio Tsubasa, potevi semplicemente rifiutarti e mandarmi a quel paese!”. Certo che potevo! Peccato che il tuo stato di salute che, permettimi di affermare, era davvero preoccupante, cercai di comprendere la tua situazione: il tuo spingerti pian piano verso l’autodistruzione.
Sei una mia amica, Paschendale – per questo non sono riuscito a dirti “no”.
Non nego di aver trascorso alcune notti insonni, con l’ansia per un futuro difficile a cui non ho mai aspirato.
Dopo i primi, strazianti dubbi, ho però capito che non potevo piangermi addosso. Dovevo reagire! Ho dunque preso in mano la situazione, Ryo è stato fondamentale nelle faccende burocratiche.
Dopo un po’ di tempo, devo dire che mi sono ripreso, ma con un senso d’amarezza che ha sempre continuato (e continua ancora adesso) a tormentarmi.
Dopo svariati giorni caratterizzati dalla solita routine, alla sede della WBBA è arrivato tuo fratello Kyoya; mi ha raccontato tutto, per filo e per segno e grazie a lui ora tutto mi è molto più chiaro.
In seguito alle sue spiegazioni riguardanti il tuo stato, ho riflettuto molto e sono giunto a una conclusione: in primis, mi sento stupido a ripensare a tutte le mie preoccupazioni iniziali; in fondo, non avevo firmato alcun contratto per diventare presidente e questo me l’ha fatto notare anche Kyoya. Forse tale affermazione ti ferirà, ma è chiaro come il sole che non ci tieni più a essere presidente, tanto da non aver avvisato nessuno. Per fortuna che c’è stato Ryo, altrimenti la WBBA sarebbe rimasta nell’anarchia più totale!
Comunque, in conclusione, voglio dirti solo una parola: aspetterò.
Aspetterò che tu ti riprenda.
Aspetterò che tu ti senta pronta a ricominciare.
Come ti ho già scritto, sei una mia cara amica, per questo cercherò di aiutarti come posso.
Sei una persona forte e sono certo che tornerai a essere la ragazza determinata di un tempo.
Aspetterò tutto questo e, quando ci rivedremo, tutto tornerà come prima.
 
A presto!
 
Tsubasa Otori.
 
 
 
 
 
 
Rilesse quella lettera tante volte da perdere il conto.
A ogni rilettura, la solita alternanza di emozioni ricominciava: inizialmente sensi di colpa, poi un’assoluta devozione verso quell’amico meraviglioso.
Più volte posava quel foglio, pronta come non mai scrivere una risposta che fosse all’altezza, ma un campo di forza invisibile sembrava mettersi tra la carta e la penna, tutte le idee formulate svanivano, facendola sentire una completa idiota.
Al quarto tentativo, rinunciò definitivamente, poggiò la penna sulla scrivania con un tonfo sordo.
Sorrise e scosse la testa quando le affiorò alla mente l’ennesima idea.
«Grazie, Tsubasa» pronunciò ad alta voce. «Ti giuro che tornerò presto. Aspettami.»
 
 
La serata a villa Tategami filò liscia.
Paschendale si rilassò come non aveva fatto da tempo: si fece un bel bagno e consumò un’ottima cena da lei stessa preparata.
Erano le 23.00 quando decise di andare a dormire.
S’infilò sotto le coperte e si sporse sul comodino per spegnere la luce, quando i suoi occhi incontrarono un oggetto posato ai piedi della lampadina.
Flash Sagittario era lì, ad “aspettare” il suo destino.
Lo rigirò tra le mani. Avvertì chiaramente l’innalzamento di temperatura di quell’oggetto.
«Sei con me?» Ovviamente, era una domanda retorica.
L’anima di Ryuga era lì con lei, ne era certa.
Chiuse gli occhi.
Inspirò a fondo.
Una vaga tristezza s’impadronì di lei.
«Devo lasciarti andare.»
Era sull’orlo delle lacrime.
«Ma a me va bene.»
Sagittario stretto tra le mani.
«Ti perdono.»
La voce rotta.
«Ci rivedremo. Te lo giuro.»
Era sempre più vicino.
Lo avvertiva, nonostante gli occhi chiusi.
«Te lo giuro» ripeté con voce flebile.
Che fosse tutta la sua immaginazione? Che Ryuga non fosse reamente lì con lei? Cos’era a dargli quella sicurezza? Ma tali dubbi non nacquero nemmeno per un istante.
Qualcosa, come un vento caldo e lieve, le accarezzo la guancia. Un tocco leggero, al limite tra l’astratto e il concreto.
Un ultimo, profondo respiro.
Cercò il coraggio dentro di sé.
«Ti amo, Ryuga.»
E tutto svanì.
Socchiuse le palpebre, la vista annebbiata dalle poche lacrime versate.
Non c’era nessuno in quella stanza.
Era sola, completamente.
Avvicinò i palmi delle mani, che s’incontrarono senza ostacoli.
Con stupore, constatò che Flash Sagittario era sparito.
Non poté negarsi un sorriso gioioso.
Non poté negarsi un’espressione rilassata.
Finalmente, era tutto finito.
Finalmente, era tornata a essere serena.
 
 
Note
  
Paschendale: è una canzone degli Iron Maiden, pubblicata nell'album Dance of Death. È l'ottava traccia dell'album.
La canzone parla di un giovane soldato che morì nella Battaglia di Passchendale, conosciuta anche come la Terza battaglia di Ypres, svoltasi durante il primo conflitto mondiale, e anche delle sue esperienze in trincea. [Fonti: Wikipedia]
Il significato del brano e gli avvenimenti storici connessi non hanno nulla a che vedere col personaggio da me inventato. Scelsi tale nome per un motivo molto semplice: mi piaceva.
Per sentire la canzone: Paschendale
 
Tears Of The Dragon: è il primo singolo estratto dal secondo disco da solista del cantante inglese Bruce Dickinson intitolato Balls Of Picasso. [Fonti: Wikipedia]
All’inizio di ogni capitolo di questa fanfiction ho riportato coppie di versi tratte da tale brano.
La canzone registrata in studio: Tears Of The Dragon
Due versioni dal vivo da me particolarmente apprezzate: Live #1; Live #2
 
 
 
Ebbene sì! So che non potete crederci, ma c’è davvero scritto “Completa” là sopra.
Ancora fatico a credere che questo progetto, che ci tengo a sottolineare essersi protratto più a lungo di quanto immaginassi, ha raggiunto la sua conclusione.
Vi confesso che tale epilogo è stato scritto solo nell’arco di tre o quattro sedute (tra le quali ieri sera, che ero talmente determinata a concludere tutto definitivamente da essere andata a letto a l’una di notte, ma dettagli…).
Devo dire di essere soddisfatta di questa conclusione, in quanto è –quasi– uguale a come me l’ero sempre immaginata. Forse ad alcuni di voi potrebbe non piacere, ma va bene lo stesso ;)
Ed ora veniamo a voi! Eh sì, senza di voi questo momento non sarebbe mai arrivato. Come già detto, questo fandom non m’appartiene più e l’interesse nei suoi confronti è quasi totalmente perso.
Perciò GRAZIE! Grazie per tutto il sostegno! Grazie per tutte le recensioni! Grazie per tutti gli apprezzamenti e le critiche di ogni genere!
Alcuni di voi sono restati, altri sono spariti, però io voglio ringraziare tutti coloro che, nel bene e nel male, hanno lasciato un segno del loro passaggio. In ordine alfabetico:
 
AlyeskaGnac
AxelKyo
Cronus
Dark_Rose_98
debby98
diavolettadragonica98
Fely38
Hoshi_no_Shojou
iloveryuga 2000
IoGio
Kya88ryu
Leanis
l i b r a r i a n
Lily1986
Little Alexey
LoryLauren
Mel_mel98
Milky_Love
myojo_sama
rebelheart_
SullyAnne
The_dream_of_Rica
Veiss
Xaars_AkuTen
Xima_
 
 
Chiedo perdono a coloro i cui nomi non sono riportati – le sviste capitano a tutti ^^’
Grazie anche a chi ha letto in silenzio e, magari, ha apprezzato il mio lavoro!
Grazie davvero di tutto! Siete stati la mia forza!
Vi voglio bene!
 
Ad una prossima storia!




 
  
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