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Autore: CassandraBlackZone    12/07/2015    3 recensioni
AGGIORNAMENTO: 13° capitolo
[Jeff the Killer]
È impossibile. È una sua complice. L’ha tenuta in vita per uccidere più persone: è un’esca umana. Ci farà ammazzare tutti.
No, è inutile. Ogni giorno cerco di farmi coraggio e provare a raccontare la mia versione, così da smentire ogni sorta di voce, ma non ci riesco. Io vorrei davvero… raccontare cosa successe realmente quella notte di un anno fa. La notte in cui i miei genitori vennero uccisi.
Il mio nome è Elizabeth Grell. Sedici anni. E sono sopravissuta al tentato omicidio di Jeff the killer.
Genere: Azione, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeff the Killer
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Giorno X
 
X. Questo piccolo simbolo racchiude in sé una moltitudine di significati. Ogni lingua ne fa uso e lo pronuncia in una maniera diversa. Esso è la ventiquattresima lettera nell’alfabeto latino moderno e la ventunesima in quello antico; dal punto di vista matematico è il simbolo della moltiplicazione, un’incognita o l’asse orizzontale di un piano cartesiano; rappresenta il decimo numero romano, un errore, qualcosa di ignoto o dal punto visita della messaggistica istantanea è anche un bacio, ma, in questo caso, questo segno all’apparenza semplice significa anche il momento cruciale.
Sì. Quel giorno, il quarantunesimo, segnò la fine di quell’incubo, la resa dei conti rappresentata dal mio fatidico incontro con Jeff the killer di cui, nonostante sia passato più di un mese, ricordo ogni minimo dettaglio.
Tutto successe durante la sera del tanto agognato ballo scolastico, dove i ragazzi coi loro bei smoking accompagnano delle splendide ragazze coi loro lunghi abiti da sera, trepidanti di scatenarsi in balli sfrenati e lenti, di scolarsi litri e litri di punch corrotto all’insaputa degli insegnanti, dell’elezione del re e della regina del ballo e di un’ora di puro piacere carnale prima del coprifuoco, si rivelò invece essere il giorno peggiore della loro vita.
 
Al mio risveglio le tempie iniziarono subito a pulsare impedendomi di tenere ben aperti gli occhi, ma perlomeno potei inquadrare la mia scrivania, l’armadio e pian piano tutto il resto. Realizzai che ero in camera mia e che fuori era pieno giorno. Erano le otto del mattino, secondo l’orologio del mio comodino.
«Ma cosa… Sono in camera mia?» ero alquanto confusa. La mia voce usciva strozzata e a fatica, e non sapevo il perché. Cercai di alzarmi dal letto ignorando il dolore della testa e degli occhi. Avevo bisogno di sciacquarmi il viso, di darmi una sistemata, ma le mie gambe erano come indolenzite «Ma che diamine. Che cosa succede alle mie gam-… Merda!» controvoglia, mi inginocchiai sul morbido tappeto shaggy e urlai, prendendolo a pugni. «Fanculo!»
All’improvviso, tutto mi fu chiaro. Sentii il mio cuore cominciare a battere più del dovuto, le lacrime che lentamente scivolavano lungo le guance, roventi quanto lava incandescente: istintivamente, avevo ricordato il vicolo insanguinato, il corpo brutalmente mutilato di Jordan e… quel demonio, quel bastardo di Jeff sulla collina sporco del suo sangue. Jeff. Tra tristezza e odio, si faceva strada la sete di vendetta, il mio istinto omicida nascosto. La mia mente veniva invasa da immagini cruenti di me, impegnata a torturare Jeff conficcandogli un coltello nel cuore, scuoiandolo il più lentamente possibile e cavandogli gli occhi.
Ad ogni secondo che passava,  dentro di me cresceva il desiderio di ucciderlo. Sogghignavo tra le lacrime, dovendomi accontentare della mia sola immaginazione, con le mani che mi prudevano, bramose di stringergli il collo.
«Lizzie?»
Presa alla sprovvista, scacciai scuotendo la testa quegli insani pensieri e mi girai verso la porta: era Ben, con in mano un vassoio. Dal profumo capii che era il polpettone speciale di nonna Jo con a fianco un bicchiere di succo di mela. Dietro di lui, Matt e David mi salutarono forzando un sorriso.
«B-Ben? Che cosa ci fai qui?»
Ben appoggiò il tutto sulla scrivania e mi aiutò ad alzarmi e a rimettermi sul letto «E me lo chiedi? Ovviamente ti ho riaccompagnata a casa e sono rimasto qui. In… quelle condizioni non potevi di certo stare qui da sola.» La nota di rabbia di Ben, mi fece capire quanto fosse preoccupato per me e perciò non ribattei.
«Scusa, Ben. Io...»
«Lascia stare. Sono contento che tu stia meglio» si addolcì il moro sorridendomi. «Ti ho portato compagnia»
«Ehilà Lizzie!» dissero all’unisono Matt e David.
Li salutai il più felice possibile.
«Tua nonna ieri sera non era tornata a casa, quindi l’ho chiamata e mi disse che sarebbe rimasta nella città dei clienti per un grosso lavoro ancora in corso. Così, mi sono offerto di badare alla casa» continuò Ben.
«Tua nonna è una grande! Voglio dire, lasciare che Ben rimanesse qui è… è…» disse il rosso cercando di finire la frase in modo sensato.
«Matt, il tuo patetico tentativo di fare delle battute non è d’aiuto» gli sussurrò David.
«Oh be’, almeno ci provo!» ribadì lui offeso.
«In effetti è parecchio strano da parte di nonna Jo, ma lei si fida di voi. Sono… contenta che tu sia rimasto, Ben» in realtà, non sapevo se esserne felice o meno. Mi sforzai di sorridere, ma era come se un lato della mia bocca si rifiutasse di alzarsi, senza contare che ancora non avevo smesso di piangere. Ero pronta a scusarmi per la pessima figura che stavo facendo, quando Ben mi abbracciò teneramente, lasciandomi appoggiare la testa sulla sua spalla.«Oh, Lizzie. Non hai idea di quanto mi dispiace… Io… se solo potessi aiutarti. Maledizione! »
Come sempre, rimasi senza parole davanti a quella gentilezza fatta persona, pronta a dare piuttosto che ricevere, ogni singola volta.« Ti prego, non dire così. Tu… voi, avete fatto molto per me, ma nonostante tutto… nonostante tutto…» fu tutto inutile resistere. Aggrappatami a lui, mi lasciai andare in un pianto affondando la mia faccia nella camicia di Ben, mentre lui, risoluto come sempre, mi accarezzava la testa con tutta la sua dolcezza.
 
Sorprendentemente, riuscii a godermi le tre fette di polpettone di nonna Jo. Quell’esplosione di sapori mi allevò da tutti gli spiacevoli pensieri ad ogni singolo boccone. Il succo di mela? Paradisiaco.
«Bene, nonna Jo sarà contenta di sapere che hai mangiato» disse David aggiustandosi gli occhiali sul naso.
«Il suo polpettone è un capolavoro. Ci voleva proprio.»
«Lo so bene. Io avrò mangiato almeno cinque o sei fette ieri sera» con una certa apprensione, Ben esaminò i miei occhi avvicinandosi con un pollice, provocandomi una lieve irritazione.«Caspita, sono messi male. Vuoi che ti porti qualcosa per sgonfiarli?»
«No, tranquillo. Vedrai che dopo passa.»
«D’accordo. Ehm… senti, volevo dirti una cosa riguardo a… » iniziò Ben titubante, «ecco…»
«Non dirai sul serio, Ben?» lo fermò Matt, con una serietà mai vista. «Insomma… si è appena ripresa.»
«Proprio perché mi sono ripresa, può benissimo dirmelo.»
«Oh per favore, Lizzie. Ben ci ha spiegato la tua mania di fare la coraggiosa, perciò…»
«Ho visto i cadaveri dei miei genitori, il mio migliore amico morirmi tra le braccia e mi sono ritrovata faccia a faccia con il loro assassino. Sì, è vero. Forse non mi sono ripresa, ma ho altro da perdere ormai?» quante volte, contando anche questa, avrò assistito ad imbarazzanti silenzio con i suoi amici. Non mi stupii più di tanto della loro reazione da cani bastonati.«Allora? Di cosa volevi parlarmi?»
Ben si arrese e iniziò a parlare.«Mentre tu dormivi, io e i ragazzi abbiamo voluto aggiornare il raccoglitore aggiungendo ciò che è successo a Jordan e a Rose, quando ci accorgemmo di una cosa.»
«E sarebbe?»
David e Matt si guardarono l’un l’altro e,colto lo sguardo di Ben, tirarono fuori dal raccoglitore rosso un cartina della città e la attaccarono su un muro della mia stanza. Ciò che vidi, mi lasciò senza parole: il dormitorio militare, l’area di servizio e tutti gli altri luoghi in cui vennero ritrovate le vittime di Jeff the Killer erano tutti segnati su di essa, ma ciò che mi sorprese di più, era cosa tutte quelle X disegnate con un pennarello nero formavano. LIU.
«Non… non può essere» dissi scuotendo la testa,«è davvero stato…»
«Siamo scioccati quanto te, Lizzie. Era tutto calcolato» disse David con la voce tremante.
«È dvvero agghiacciante…» disse Matt.« Insomma, chi l’avrebbe mai detto che un killer psicopatico come Jeff fosse così… intelligente.»
«Ciò spiegherebbe anche la sua lunga assenza. Avendo appreso dove ti trovassi, ha pensato bene dove uccidere le vittime, ha studiato ogni luogo un modo tale da attirare la tua attenzione con questo messag-…» d’un tratto Ben si fermò e sbiancò in volto, quasi fosse spaventato da qualcosa.
«Ben? Che… ti prende?» gli chiesi più spaventata di lei.
«No… è impossibile.» bisbigliò lui senza togliere gli occhi dalla cartina.
«Ti prego, Ben. Parlaci. Che cosa hai scoperto?»
«MALEDIZIONE!» urlò Ben prendendo a calci il mio cestino della spazzatura. «Perché non ci ho pensato prima?!»
«Wo! Amico! Datti una calmata, ok?» cercò di tranquillizzarlo Matt.«Che diamine ti è preso?»
«Ha osservato ogni nostro movimento. E per nostro, intendo di tutti e quattro» disse lui a denti stretti, «sa bene che noi registriamo tutto ciò che lo riguarda.»
«Oi, non vorrai dirmi che sapeva anche avremmo scoperto il giochetto del nome, vero?» disse David, forzandosi di sorridere.
«Ho paura invece che sia così» dissi spezzando le sue speranze.
«Ok… le cose si stanno veramente mettendo male. No, questa cosa non la posso più sostenere» Matt era pronto ad uscire dalla stanza, quando Ben lo fermò prendendolo per il polso.
«Dove hai intenzione di andare, Matt?»
«Dalla polizia, no? Apri gli occhi, Ben! Lo so che inizialmente avevamo pensato di cavarcela da soli, ma dopo questo» disse indicando la cartina, «non possiamo!»
«Matt ha ragione»si aggiunse David sempre più spaventato. «Non possiamo più giocare ai cacciatori di Jeff the Killer.»
«Ragazzi, voi non capite! Non è solo questo il problema, c’è dell’altro! Ed è…»
«Ok» pur avendolo detto quasi sussurrando, la mia voce attirò l’attenzione di tutti e tre i ragazzi, che subito si voltarono verso di me.
«Come hai detto, scusa?»
«Che hanno ragione, Ben.» dissi, senza togliere gli occhi sulla cartina della città.
«Oh, Lizzie… finalmente sei ragionevole» Matt tirò un sospiro di sollievo, appoggiandosi alla porta della mia stanza. «Avevo seriamente paura che anche questa volta avresti cercato di dissuaderci.»
«Non lo avrei fatto. Non questa volta.»
«È bello sentirtelo dire. Allora che ne dite se andiamo tutti insieme, eh?»
«No, non andiamo ora. Voglio aspettare che ritorni nonna Jo. Le voglio raccontare tutto. Sono certa che con la sua presenza i poliziotti saranno costretti a crederci.»
«Giusto! È grandioso!» esultò David. «Sarà complicato raccontarglielo, però… è la cosa giusta.»
«Sì. Sentite, ragazzi. Vi ringrazio per la visita, ma non voglio obbligarvi a restare qui, perciò uscite. Per certi lavori fuori città di solito torna a casa per le nove, massimo le dieci. Quanto avrò sistemato le cose con lei, vi chiamerò.»
«D’accordo! Riposati pure, Lizzie! Andiamo, Ben?» disse allegramente Matt.
«No»rispose Ben,«Io… rimango ancora un attimo qui.»
«Rassegnati, Ben. Ormai è finita. Terremo il raccoglitore come ricordo. Comunque, ci sentiamo questa sera.»
Matt e David salutarono me e Ben per l’ultima volta e uscirono da casa mia ridendo, contenti che quell’Inferno era finito. Quando le voci dei due si allontanarono fino a scomparire del tutto, io e Ben rimanemmo a guardaci negli occhi, gesto sufficiente a far capire a Ben che cosa avessi in mente. I suoi occhi che sprigionavano sicurezza e nessun tipo di cedimento, ora mi fissavano confusi, quasi atterriti. Pronto a chiedermi delle spiegazioni, io lo fermai allungando un braccio verso di lui.
«Prima che tu possa iniziare a parlare, vorrei rispondere alle tue domande, perché da come mi hai guardata in questi ultimi cinque minuti, deduco che hai capito tutto: sì, l’ho fatto di proposito. Non volevo che David e Matt venissero coinvolti perché, a differenza di noi due, loro non c’entrano nulla con questa storia. Sì, come te ho notato cosa manca sulla mappa e ciò che mi sta venendo in mente non mi piace affatto.»
Pur avendogli dato il permesso di parlare, Ben non aprì la bocca, ma senza riuscire a spiccicare una parola, come lui voleva.
«Visto che sei incapace di parlare, inizio io, se permetti. Arrivati a questo punto, mi spieghi cosa ti abbia spinto a stalkerare le mosse di Jeff?»
Ben sbatté più volte le palpebre, come risvegliata osi da un incantesimo e si schiarì la voce.
«È palese che David e Matt non abbiano alcuno scopo, ma tu sì. Fin dall’inizio sapevo che non me la raccontavi giusta. Credo che sia il momento di confessare, non credi?»
«Mio padre è il medico che ha curato le bruciature di Jeff» disse Ben tutto ad un fiato e con gli occhi persi nel vuoto.
Sia chiaro. Non mi aspettavo di certo che Ben fosse nella mia stessa situazione, anche perché me ne sarei accorta vedendo l’atteggiamento degli altri a scuola, ma non… questo.
«Tuo… padre?»
Annuì lui. «Quando ero piccolo vivevamo nei pressi della città in cui viveva anche la famiglia di Jeff» iniziò a raccontare, «ogni volta che ritornava al lavoro ci raccontava di lui, di cosa gli era successo e come procedeva la sua guarigione. Diciamo che inizialmente non mi interessava più di tanto, ero convinto che fosse il solito povero ragazzo vittima di una disgrazia, ma le cose cambiarono quando qualche settimana dopo poté uscire dall’ospedale e quindi quando Jeff… uccise i suoi genitori e Liu» Ben si concesse una pausa prima di riprendere e iniziò a guardarsi attorno. «Papà alla notizia si sentì terribilmente in colpa. Pensava che tutto ciò che aveva fatto fosse un totale fallimento e che quindi la morte dei Woods fosse opera sua.»
«Ma non è così! Non è stata colpa di tuo padre!»
«È quello che abbiamo continuato a dire io e mia madre, ma tuttora si rifiuta di ascoltarci. Da quel giorno cambiammo città e venimmo qui.»
«E continua a fare il medico?»
«Sì, più o meno. Ha solo un piccolo ambulatorio per semplici visite mediche.»
«Capisco. Quindi tu hai deciso di fare delle ricerche su Jeff per… vendetta?» dissi quasi spaventata, ricordandomi di quelle terribili immagini di me come torturatrice.
Ben sogghignò nervosamente scuotendo la testa. «Oltre a sembrare coraggiosa, quando sei in questo stato il tuo cervello ti fa dire certe cose assurde. Ovviamente non lo faccio per vendetta. È vero, forse c’entra il fatto che voglio che mio padre sia sereno e dimostrare che non è stata colpa sua, ma in realtà la mia intenzione è che finito il liceo voglio lavorare nel campo della criminologia e per iniziare ho deciso di studiare la psicologia di Jeff Alan Woods, ormai noto come Jeff the Killer» finito di parlare, Ben si girò verso di me allargando un sorriso «Io e te siamo molto simili, sai? O meglio, quasi. Le nostre situazioni sono completamente diverse: tu hai delle buone ragioni per stanarlo, mentre io… lo faccio solo per capriccio, eppure… non posso fermarmi, non ora che sono così vicino.»
«Capriccio? È per questo che all’inizio volevi che mi fermassi? Perché pensavi che stessi facendo la cosa sbagliata?»
«Coraggiosa, incosciente e adesso perspicace. Forse dovrei iniziare a studiare anche te, che ne dici?»
«Non credo che sia il momento di scherzare. La situazione sta diventando pericolosa, ma io sono decisa ad andare avanti. Questa volta sono veramente stanca di aspettare e non lascerò che qualcun altro a me caro muoia» dimenticandomi del dolore alle gambe, mi alzai decisa dal letto per raggiungere la cartina e, preso un pennarello nero, segnai l’ultima destinazione di Jeff, l’ultima X che serviva per completare del tutto la U di Liu: il nostro liceo. Jeff aveva intenzione di incontrarmi alla sera del ballo scolastico.
«Sarà il peggior ballo scolastico della storia» disse Ben, cercando di fare dell’ironia. Stranamente, riuscii a sorridere, senza però perdere di vista la situazione.
«Dimmi, Ben. Rispetto alla sala computer, mi trovi ancora spavalda? Pensi che stia cercando ancora di fare la dura?»
Ben rimase in silenzio per riflettere, finché non si avvicinò a me e mi strinse la mano. Come me, l’impavido Ben, lo stesso ragazzo che mi rimase a fianco nei momenti più difficili, stava tremando.«No. Direi proprio di no.»
Tutto era deciso. Non potevamo più tornare indietro. Pur avendo paura, pur sapendo che probabilmente non ne saremmo usciti illesi, io e Ben eravamo pronti ad  affrontare Jeff faccia a faccia. Era il momento di porre fine a quella storia.
«Elizabeth Grell. Verresti al ballo con me?»
«Con grande piacere, Benedict Scott.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: F I N A L M E N T E. La maturità mi ha messa K.O. e quindi… mi sono dovuta riprendere un po’. Be’, in effetti riprendersi non significa decidere di iniziare a scrivere un’altra storia ovvero CRP Apocalypse, ma… sono pazza, tutto qui. Questa volta ho tutto il tempo per scrivere (tranne quando sarò in vacanza, perché non porterò il pc con me… dannazione). Che dire… capitolo…  un po’ povero… forse l’ho scritto un po’ male, lo ammetto… ma non volevo dilungarmi troppo perciò ho voluto tagliare molto e arrivare quindi al punto, così da poter iniziare la parte che tanto aspettavo: l’inocntro fra Lizze e Jeff *Dan dan daaaaan* seriamente, non vedevo l’ora. Quasi quasi mi metto subito a scriverla. Chissà… magari potrei anche riuscire a pubblicare stanotte stessa  (magari…)
Be’, eccovi il decimo capitolo. Alla prossima!
 
P.S. Senza accorgermene… Ho fatto qualcosa di… strano. Il nome del capitolo è Giorno X, ovvero il fatidico giorno. Guarda caso è il decimo capitolo, quindi in numero romano sempre X. Sulla mappa il nome di Liu è scritto con delle X…  X. X ovunque. ok, forse leggermente suonata. Sicuramente ve ne sarete accorti.
 La post-maturità sta avendo un’influenza negativa su di me... Bye bye!
   
 
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