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Autore: _Lady di inchiostro_    13/07/2015    1 recensioni
«Non so, potresti venire a casa mia e potremmo fare una maratona di tutti i film di Harry Potter…»
L’espressione che vide sulla faccia di Gwen, quando si girò verso di lei, fu di puro terrore. «Gwen…» Trent provò a rassicurarla. «Stavo scherzando…»

***
Secondo voi, come se la caverebbe la nostra Gwen nelle vesti di una cameriera che serve una mandria di nerd impazziti?
Non bene, vero?
E se avesse bisogno della dolcezza di Trent per allentare la pressione?
Ecco a voi la nostra coppietta preferita alle prese con cosplay e tanti, tanti dolci!
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Tra cosplayers e 
dolci al cioccolato


Era una giornata come tante altre, a Toronto. Il cielo era sempre coperto da grigie nuvole e, benché l’estate fosse oramai alle porte, tra le strade continuava a soffiare un venticello freddo e pungente. C’era, però, qualcuno cui queste cose non importavano, chiuso com’era in un edificio e concentrato sul suo lavoro. La persona in questione era intenta a canticchiare un motivetto che trasmettevano alla radio, mentre sistemava accuratamente dei CD nelle apposite sezioni. Sembrava quasi che il peso delle continue ore di lavoro non lo affliggesse, al contrario lo spronava a dare il meglio. 
E poi, doveva ammetterlo, aveva davvero pochi motivi per lamentarsi, aveva trovato un posto di lavoro che non gli dispiaceva affatto. Certo, non era come fare il musicista di professione, ma aveva l’occasione di rapportarsi con persone che condividevano le sue stesse passioni musicali e viceversa; inoltre, lì aveva avuto modo di conoscere delle persone fantastiche e con cui stava benissimo in loro compagnia…
«Trent?» Il ragazzo si voltò nel sentirsi chiamare, distogliendo completamente i suoi pensieri.
«Ma stai ancora lavorando?» continuò la voce di prima, che proveniva da un ragazzetto basso e dai capelli castani. «È dalle otto di stamattina che non ti fermi, e adesso è mezzogiorno passato!»
«Tranquillo Cody» rispose l’altro, rivolto al collega con cui condivideva il reparto. «Sto benone, posso continuare ancora per un po’…»
«Col cavolo!» protestò Cody, strappando dalle mani di Trent l’ennesimo CD che stava posando. «Prenditi una pausa, qua ci penso io!»
«Ma…»
«Niente ma!» Cody fece un ampio sorriso, mostrando la sua dentatura irregolare, e fece l’occhiolino. «Scommetto che non sei andato a fare colazione stamattina…»
Trent osservò il suo amico, sorridendo appena. Sapeva benissimo a cosa stava alludendo, e il fatto che lo stava aiutando, andando in pratica contro se stesso, faceva sentire Trent un po’ in colpa. 
Non avrebbe mai saputo come ripagare a dovere Cody, tutto ciò cui aveva pensato gli sembrava futile.
Intanto, poteva solo limitarsi a ringraziarlo. Cody sorrise ancora e indicò al suo amico la strada con finta prepotenza, nonostante questo si fosse già allontanato di corsa. 
Trent percorse le scale con una velocità tale, da rendersi conto solo dopo di essere arrivato a destinazione, e attraversò a grandi passi la sala lettura, trovandosi subito in un piccolo ma accogliente bar.
Si accomodò in uno degli sgabelli di fronte al bacone e rimase in silenzio, quasi come se stesse aspettando che la ragazza davanti a lui si voltasse e gli parlasse; cosa che, effettivamente, avvenne di lì a breve.
«Toh, guarda chi si è fatto vivo…» esclamò la giovane, infischiandosene di celare il suo sarcasmo.
Trent non sembrò infastidito dal suo atteggiamento, anzi sorrise impercettibilmente. 
«Anch’io sono felice di vederti, Gwen!» disse il ragazzo, contento. Gwen fece un grugnito e si allontanò per posare la brocca di caffè che teneva ancora in mano.
«Come va il lavoro?» continuò Trent.
La giovane tornò al suo posto di prima, posando il gomito sul bancone in vetro e il mento sul palmo aperto. Sul suo viso vi era un’espressione che la diceva lunga su quello che pensava di quel postaccio.
«Vuoi una risposta seria, o preferisci quella che vorrebbero sentirsi dire tutti?»
«Okay, lascia stare!» Trent trattene a stento una risata.
«E a te, fenomeno? Come va?» domandò Gwen. «So che fai furore tra le ragazzine…»
Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Oh, è solo un’esagerazione! Comunque, va tutto benissimo.»
Gwen si voltò nuovamente, non prima di lanciare a Trent un’occhiata piuttosto scettica. «Non capisco proprio come tu riesca a lavorare bene in questa topaia!» borbottò.
Il moro sorrise. Lui e Gwen lavoravano nello stesso posto, una piccola libreria di proprietà di Chirs Mclean, un noto imprenditore in tutto il Canada. E, come in tutte le altre librerie targate Mclean’s , c’erano anche diversi settori che riguardavano l’elettronica e la musica, oltre alla possibilità di rilassarsi nelle apposite sale lettura o in un bar accuratamente gestito. 
Ed era questo che facevano i due ragazzi, lui impiegato nel settore della musica, lei cameriera al bar. Solo che, se a Trent quel lavoro piaceva parecchio, Gwen non riusciva proprio a sopportarlo. Del resto, i prodotti che vendeva Mclean erano anche noti per essere tanto affascinanti, quanto costosi e scadenti; per non parlare del cibo, che era sempre cucinato da ex carcerati che non ne sapevano nulla di fornelli. Forse era per questo che spesso queste librerie tendevano a raggiungere il fallimento, e il proprietario doveva trovarsi a risolvere la questione con pagliacciate assurde.
 Trent doveva ammetterlo, anche lui aveva costatato che c’erano delle cose che non andavano, soprattutto negli orari estenuanti, ma lui non era un tipo che andava a polemizzare su qualsiasi cosa; per di più, voleva tenersi stretto quel lavoro, almeno finché non avrebbe avuto i soldi a sufficienza per fare un provino. 
Trent fu distratto da un piattino e una tazza che Gwen posò davanti a lui con poco garbo, contenenti un muffin al cioccolato e un cappuccino. «Il solito…» disse, non smettendo di sorridere. 
«Ti conviene mangiare questa schifezza, anche se non avrei dovuto offrirtela!» disse Gwen, assumendo un atteggiamento altezzoso che non le si addiceva per niente. «Non ti sei fatto vivo per un sacco di tempo!»
«Ti sono mancato?» sbottò Trent, e gli sembrò che il suo cuore avesse perso un battito.
Gwen rimase con il dito a mezz’aria, pronta a replicare, ma si accorse di non riuscire a proferire parola. «No… cioè sì… Non è questo il punto! Mi hai lasciato a marcire, mentre io dovevo gestire le richieste irritanti dei clienti e le urla dello chef!» Trent fissò dalla piccola finestra che dava sulla cucina l’energumeno dalla pelle scura che si dilettava a fare il cuoco, quando in realtà era solo in grado di uccidere mosche con la paletta che teneva sempre in mano. «Hai idea di quanto sia stato difficile non commettere un omicidio?»
Trent posò il suo sguardo su Gwen, non potendo fare a meno di ridere, irritandola ulteriormente. Sapeva che il suo atteggiamento era scorretto nei suoi confronti, ma – sotto la scorza da dark – Trent sapeva anche che Gwen nascondeva un cuore d’oro.
Doveva solo farlo uscire, non era tanto difficile…
«Okay, scusami. Mi perdoni?» chiese.
«No, sono arrabbiata con te a morte!» disse Gwen, ringhiando, anche se il suo volto lasciava intravedere un sorriso furbo. 
Trent sostenne lo sguardo della ragazza, per poi scuotere la testa e addentare il suo muffin. Anche se Gwen lavorava in quel posto solo da sei mesi, Trent la conosceva abbastanza da sapere che non se la sarebbe presa veramente con lui.
Era tutta scena, ovviamente, lei non era tipo a cui piaceva esternare i suoi sentimenti con tanta facilità. Trent, però, era convinto che sarebbe avvenuto primo o poi, era solo questione di tempo. E poi, lui credeva di aver mostrato il suo affetto nei suoi confronti nel modo migliore, andando sempre a trovarla per tenerle un po’ di compagnia. 
E faceva persino colazione mentre le parlava, proprio com’era successo il primo giorno in cui si erano incontrati, una settimana dopo che Gwen fu assunta. Fu l’unico giorno in cui Trent si dimenticò di fare colazione, recandosi giusto al bar per mettere qualcosa sotto i denti.
Lì, mentre osservava le leccornie esposte nel bancone, Gwen gli si parò davanti senza alcun preavviso, lasciandolo leggermente spiazzato.
Le era piaciuta fin da subito.
Da allora, quella di ordinare qualcosa al bar, era diventata un’abitudine costante, anche se nell’ultimo periodo Trent non ebbe modo di continuarla, come si era visto.
«Hai sentito dell’altra trovata che si è trovato Chris?» chiese Gwen.
Trent inclinò la testa, mandando giù un altro pezzo di muffin e sorseggiando il cappuccino. Quella roba, effettivamente, faceva davvero schifo, ma alla fine era più la compagnia di Gwen a interessarlo.
La ragazza tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans scuri un volantino. «La libreria avrà uno stand alla fiera del fumetto di quest’anno, in modo da raccogliere qualche fondo in più che quel riccone sperpererà senza ritegno!»
Gwen probabilmente si riferiva al fatto che Mclein era anche conosciuto perché spendeva soldi in continuazione e senza alcun freno. Beh, diciamo che era più conosciuto in Canada per i suoi aspetti negativi, che per quelli positivi, ecco!
«Sì, me ne hanno parlato…» rispose il ragazzo.
«Io ci sarò…» Trent sgranò i suoi occhi verde prato. «Mi hanno incastrato!»
«Ah…» Era a conoscenza di quanto Gwen detestasse i nerd e simili, e stare in un luogo chiuso e affollato solo da questa “specie” di certo non era salutare per lei.
«Dovrò gestire la sezione del bar con una neoassunta» disse, più a se stessa che a Trent. «E solo perché Bridgette e Leshawna hanno partecipato ad altri aventi del genere!»
«Mi spiace…» disse sinceramente Trent. «Guarda il lato positivo, magari incontri qualcuno amante degli horror o di film sugli alieni!»
Gwen gli lanciò un’occhiataccia: non avrebbe dovuto raccontargli quali erano i suoi generi di film preferiti. «Sì, con la fortuna che ho, è già tanto se un Darth Vader non mi si pari davanti!»
Trent la guardò sorpreso. «Scusami, da quando conosci i personaggi di “Star Wars”
«Oh, andiamo, tutti sanno chi è quell’imbecille con la maschera, i nerd non fanno che imitarlo» rispose a tono Gwen.
«Comunque, sono sicuro che riuscirai a sopravvivere benissimo anche senza…»
«Non puoi accompagnarmi?»
Trent strabuzzò ancora una volta gli occhi, sentendo le gote diventare sempre più bollenti. Non era da Gwen fare delle richieste del genere, e parve che anche lei se ne accorse. «Cioè, se ti va, non è importante in fondo…»
«Che giorno?» Anche se tentò di nasconderlo, sul volto di Gwen apparve un piccolo sorriso di speranza.
«La fiera si terrà dal tredici luglio al quindici luglio.»
«Allora mi sa che non potrò esserci…» disse tristemente Trent. «Sono riuscito a prendermi qualche giorno di ferie per andare al concerto della mia band preferita. Parto il dodici per Los Angels…»
Il sorriso di prima fu sostituito da uno di rassegnazione, mentre la giovane si prendeva la testa tra le mani. «È ufficiale, finirò al fresco per aver attentato alla vita di qualcuno…»
La mano di Trent si posò sulla sua spalla, e Gwen ebbe subito un brivido lungo la schiena. Oltre alle battute e alle parole d’affetto, contatti di questo tipo erano avvenuti raramente, e Gwen non sapeva mai come comportarsi in proposito.
Trent era un buon amico, uno dei pochi ad aver mai incontrato nella sua vita, ma c’erano volte in cui il loro rapporto sembrava andare oltre la semplice amicizia. La cosa, per intenderci, non le dava fastidio, ma allo stesso tempo aveva paura che fosse solo una sua impressione. 
Insomma, nessuno si prende una sbandata per la dark tutta meches e trucco pesante!
«Vedrai che ce la farai!» la incoraggiò lui, gli occhi verdi che brillavano. «Sono soltanto tre giorni, dopotutto, che cosa può succedere?»

*
Cosa può succedere? 
Di tutto, se si è una persona come la nostra Gwen!
Era soltanto il giorno dell’apertura, era lì solo da poche ore, e a Gwen pareva che il cervello le stesse per esplodere, provocando fiamme e fumo. 
La fiera del fumetto di Toronto si era rivelata peggiore di quello che pensasse. Le sale erano gremite di persone – si fa per dire – che giravano tutte contente tra i vari stand. La maggior parte era vestita con costumi assurdi, e alcuni si ridicolizzavano tentando di imitare addirittura il personaggio stesso. Altri, invece, si limitavano a spendere soldi per gadget insignificanti, girovagando per i corridoi con cappelli o magliette provenienti da chissà quali modi a lei sconosciuti.
La cosa incredibile, però, era che lo stand allestito dalla libreria stava avendo, per non si sa quale virtù, un discreto successo. E Gwen non poteva fare a meno di osservare con sconcerto i vari ragazzi che mangiavano con gusto i dolci che lo chef aveva preparato, ignari che questi potessero contenere uova d’insetto, o peggio.
Aveva pregato per tutta la sera precedente che la gente ignorasse totalmente lo stand, quasi come se l’avvicinarvisi potesse causare loro una qualche forma di pestilenza; ma no, figurati, la mandria di ragazzini si era gettata a capofitto sui vari prodotti, come delle mosche attratte dal miele.
E Gwen, perciò, dovette stare a sentire le loro richieste, le loro lamentele stupide e i discorsi di cui a lei non importava un fico secco, con la sola voglia di lanciare addosso a quella marmaglia il vassoio dei dolci ogni qual volta sentisse parlare di quanto fosse figo l’ultimo episodio o capitolo uscito di questo telefilm o di quel fumetto. 
Giurava su se stessa, erano poche le volte in cui aveva avuto una crisi di nervi tale da portala ad urlare come un’isterica e a fuggire, e quella volta ci stava andando pericolosamente vicina. Oltre tutto, la presenza della neoassunta – non voleva sbagliarsi, ma le parve di sentire che si chiamasse Beth – non aiutava per niente: non aveva fatto altro che combinare disastri, o mettersi a discutere con le clienti, ingombrando ancora di più la fila. 
A un certo punto, Gwen dovette mandarla via, reprimendo l’impulso di spaccarle la testa e rimanendo sola a gestire la situazione. Se all’inizio l’aveva gestita alla grande e senza spargimento di sangue, dopo un po’ Gwen se ne pentì terribilmente.
«Come osi, lurido impostore? Io sono il solo e unico Gandalf il Grigio!»
Gwen lanciò l’ennesima occhiata rassegnata ai due individui che stavano litigando proprio davanti al bancone. Erano arrivati un paio di minuti prima, in contemporanea, e avevano ordinato la stessa identica cosa, usando le stesse identiche parole, per poi rendersi conto che interpretavano lo stesso identico cosplay.
«Impostore a me?» replicò l’altro, offeso nel profondo. «Tu non sei degno di indossare questo costume! E poi, guardati, Gandalf non ha mica la pelle scura!»
«Questo è razzismo!» esclamò il ragazzo in questione. 
«Sentite voi due» sbottò improvvisamente Gwen, frenando il suo crescente tic all’occhio. «Potete discuterne da un’altra parte? Dietro di voi c‘è gente che aspetta!»
Gwen osservò il gruppo che si ergeva dietro i due, che sembrava avesse ignorato il bisogno di sfamarsi per prestare attenzione al litigio, per poi tornare a posare lo sguardo sui due idioti che le stavano davanti.
Quest’ultimi, la stavano fissando con un sopracciglio alzato, quasi infastiditi dal suo intervento.
«Non immischiarti tu, sono questioni riguardanti la Terra di Mezzo!» disse il primo, spostandosi una ciocca di cappelli rossicci che usciva dalla parrucca.
«Questo copione qui ha ragione, torna a occuparti delle tue faccende da misera umana!» continuò l’altro. 
Ecco, l’esplosione di cui Gwen temeva l’innesco stava per avvenire. Con il volto in fiamme, prese uno dei vassoi in vetro tra quelli sporchi, caricandolo indietro per frantumarlo sulle zucche di quei due invasati. Solo che il rumore del vetro in pezzi non arrivò mai, perché qualcuno ebbe la prontezza di fermala in tempo. 
Gwen non ebbe neanche il tempo di metabolizzare di chi fosse quella presa, voltando la testa per dirgli di mollarla immediatamente, quando udì una voce profonda esclamare:
«Wow, due cosplay perfetti di Gandalf!»
La ragazza si girò verso la fonte di quelle parole, rimanendo letteralmente sconvolta. Trent, con un’eccitazione palesemente studiata, la stava tenendo saldamente per un braccio. Lei abbassò il vassoio, non staccando gli occhi da Trent, che stava facendo complimenti di vario genere ai due ragazzini di prima.
Gwen non seppe come riuscì a calmarli, né come se li tolse di torno, seppe solo che trascinò Trent verso di sé per mormoragli un: «Cosa diavolo ci fai qui?»
Trent alzò le spalle. «Mi sembrava che avessi bisogno di una mano, così sono venuto ad aiutarti…»
«Non dovevi andare al concerto?» domandò lei.
«E rischiare di dover pagare la cauzione per tirarti fuori?» scherzò il moro. «E poi, posso sempre andare a quello che si terrà in Italia, mi è sempre piaciuta l’idea di poterla visitare»
«Andiamo dai, i clienti aspettano» continuò poi, indossando un grembiule simile a quello che stava indossando lei.
Gwen era incredula, non solo perché Trent aveva rinunciato di proposito al concerto per venirla ad aiutare, ma anche perché sapeva che molto probabilmente non avrebbe più avuto la possibilità di vedere la sua band preferita dal vivo: ricevere qualche giorno di ferie, negli edifici gestiti da Chris, era quasi un evento storico.
Rimase ancora immobile, concentrata sulla figura di Trent che si sbracciava come un matto e, nel contempo, le faceva segno di avvicinarsi, e Gwen si ritrovò a sorridere come una perfetta stupida.
Una stupida eternamente grata a quel ragazzo.

*
Gwen si gettò sulla prima panchina che trovò lungo la strada, la testa inclinata totalmente all’indietro.
«Che giornata, ed io non ho idea di come farò domani!»
«Beh, se continuiamo sempre su questa scia, vedrai che il lavoro sarà meno pesante per entrambi» disse Trent, che si era seduto accanto a lei.
«Hai intenzione di tornare anche domani?» domandò Gwen, alzando il livello della sua voce.
«Ovvio!»
«Non ce ne bisogno…»
«Mi va, però!»
La ragazza si mise finalmente composta, puntando i suoi occhi scuri sul ragazzo e scuotendo la testa.
«Sei proprio impossibile» mormorò.
In verità, Gwen non aveva smesso di pensare al gesto di Trent con una punta di gratitudine. Nessuno aveva mai fatto una cosa così per lei e se ne sentiva quasi onorata. La serie di sentimenti che stava provando dentro di lei erano nuovi e inaspettati, di certo Gwen non sapeva come avrebbe dovuto gestirli.
Non era da lei fare così, e la cosa la infastidiva un poco. Mentre stava per aprire bocca per parlare, cercando di articolare una frase con un senso logico, Trent le mise tra le gambe un sacchetto bianco, di quelli che si usano nei bar per confezionare i dolci.
Gwen alzò un sopracciglio, stizzita, quando vide che al suo intento c’era un brownie al cioccolato.
«Ti giuro che è buono, non l’ho mica preso tra i dolci che erano rimasti! L’ho comprato in un altro stand» disse Trent in sua difesa.
La ragazza studiò il dolce ancora per un po’, non del tutto convinta, prima di dargli un morso. «È buono…» ammise.
Trent tirò un sospiro di sollievo e il silenzio prese nuovamente parte tra loro due. Era evidente che le cose erano cambiate, non c’era mai stato questo imbarazzo nel parlare. Alla fine fu il ragazzo a proferir parola, dopo aver strizzato gli occhi e aver preso il coraggio a due mani.
«Che fai stasera?»
Gwen si voltò di scatto. «Perché questa domanda?»
«Non so, potresti venire a casa mia e potremmo fare una maratona di tutti i film di Harry Potter…»
L’espressione che vide sulla faccia di Gwen, quando si girò verso di lei, fu di puro terrore. «Gwen…» Trent provò a rassicurarla. «Stavo scherzando…»
Per un attimo, Gwen credeva di aver smesso di respirare, per questo si ritrovò a prendere boccate d’aria piuttosto che a sospirare, seguite da una grossa risata.
Trent, ovviamente, si lasciò contagiare subito, piegato in due dalle risate.
«Comunque, ero serio riguardo all’invito» disse poi, asciugandosi gli occhi.
Gwen sussultò, smettendo improvvisamente di ridere, guardando Trent come se gli avesse appena confessato chissà che cosa. Solitamente non era mai stata invitata da nessun ragazzo, tutti la schernivano per il suo atteggiamento poco carino e scorbutico.
«Potremmo affittare qualche DVD e ordinare una piazza» Le gote di Trent si velarono di rosso. «Sempre se ne hai voglia…»
La ragazza intrecciò le dita biancastre in grembo, seguita a ruota da Trent, che se le stava letteralmente martoriando. Che cosa doveva fare? Doveva accettare?
Trent era un bravo ragazzo, non voleva illuderlo in questo modo. Lei non era ancora sicura quale fosse la natura dei suoi sentimenti, forse si trattava solo di una cotta passeggera o del frutto delle sue fantasie.
Però, se pensava all’idea di dover stare rannicchiata accanto a lui sul divano… Beh, il suo cuore non poteva che capitolare senza alcun freno. 
Gwen si portò una ciocca dei suoi capelli bicolori dietro l’orecchio e, cercando di assumere un atteggiamento minaccioso, sentenziò: «Basta che i film li scelgo io!» 
Il sorriso che fece Trent dopo, ripagò Gwen della scelta che aveva fatto, e si sentì una bambinetta stupida nell’avvertire le gambe diventare molli come un budino.
«Peccato, ed io che volevo fartene vedere uno bellissimo…» mormorò il ragazzo, cercando di risultare il più persuasivo possibile.
«Immagino già quali siano i tuoi gusti cinematografici, grazie!»
«Ehi!»
Gwen nascose l’ennesimo sorriso di divertimento, e Trent ebbe l’impulso di toglierle la mano dalla bocca per poterla vedere. Adorava quando rideva…
«Allora, andiamo?» esordì, alzandosi.
«Sì, ma cerca di mangiarti l’altro dolcetto che mi hai lasciato. Sai che non vado pazza per queste cose.»
«Okay, okay»
Si misero a correre, dopo che Gwen aveva ficcato in bocca a Trent un brownie, mentre il sole calava all’orizzonte, proiettando i suoi raggi arancioni sulle acque del lago Ontario.
E, solo quando Trent riuscì ad acchiappare Gwen, i due piccioncini si reso conto di avere le dita delle mani intrecciate a quelle dell’altro.
Stavolta, però, non le staccarono per tutto il tragitto.
 
Dedico questa storia a mia cugina Aurora.
Era da secoli che mi chiedevi di pubblicare una Gwent, spero solo di aver soddisfatto le tue aspettative.
Tanti auguri, mia cara! 
 

 
Parla l’autrice che approda anche in questo fandom:
Dopo un sacco di tempo, ho ripreso a scrivere sul fandom di Total Drama. In realtà, non ho mai pubblicato nulla, anche perché lasciavo le storie quasi tutte a metà. Le uniche che sono riuscita a completare sono state quelle che ho scritto a dodici anni (e no, sono sicura che non v’interessi leggerle, perché fanno pena).
Da un po’, però, avevo la voglia di tornare a scrivere su questi due, che io amo da morire, e al diavolo i produttori che li hanno fatti lasciare!
La storia non è un insulto a tutti quelli che partecipano alle fiere del fumetto, semplicemente ho cercato di immaginarmi nella situazione di Gwen, che queste cose le odia.
In verità, l’intero contesto è ripreso dalla fiera del fumetto a cui io stessa ho partecipato: sì, piacere, sono una nerd! :’)
Se ve lo stesse chiedendo, i due ragazzi che litigano sono Harold e Leonard, e sono vestiti da Gandalf, personaggio del “Signore degli anelli”.
Che dire, fatemi sapere che cosa ne pensate della caratterizzazione dei miei beniamini: sono un po’ arrugginita e ho paura di averli resi troppo OOC, soprattutto Gwen.
C’è la possibilità che torni? Forse, dipende se mi viene in mente qualche altra idea stupida brillante :’) 
Intanto ringrazio chiunque sia arrivato fin qui. A presto ;)
_Lady di inchiostro_

  
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