Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Vavi_14    14/07/2015    8 recensioni
«Perché fai a me questa domanda?»
Sakura finì di impacchettare la merenda che aveva preparato per sua figlia, riservandole un'occhiata perplessa e dolce allo stesso tempo.
Sarada afferrò il sacchetto con gli onigiri e sorrise alla madre in segno di ringraziamento, per poi abbassare lo sguardo e tornare seria, mentre sistemava quelle prelibatezze nella tracolla.
«Perché papà non vuole parlarne» replicò tristemente, lasciando che Sakura le aggiustasse il colletto della maglia. La vide sorridere e sentì le sue dita affusolate accarezzarle i capelli corvini.
«E tu come lo sai? Gliel'hai mai chiesto direttamente?»
La bambina scosse la testa in segno di diniego. «Lo so e basta»
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NdA: Due parole, poi tolgo il disturbo. Innanzitutto vorrei ringraziare la gentilissima CalcedonioBlu, che ha creato per me l'HTML di questa storia. Quindi se non diventerete miopi nel leggerla è solo merito suo! :) Ha avuto una gran pazienza e si è accollata un lavoro non indifferente...sappi che non lo dimenticherò mia cara! ^^
Detto questo, l'avvertimento "What If" l'ho inserito perchè questa OS non tiene in conto gli avvenimenti del Gaiden, o meglio, si sviluppa considerando il fatto che Sarada sia cresciuta insieme ad entrambi i genitori. Mi sembrava un punto importante da mantenere.
Con la speranza che vi piaccia, buona lettura! :)







   


 

 

 

P a r l a m i   di  ɭui .




 
 

 


«Perché fai a me questa domanda?»
Sakura finì di impacchettare la merenda che aveva preparato per sua figlia, riservandole un'occhiata perplessa e dolce allo stesso tempo.
Sarada afferrò il sacchetto con gli onigiri e sorrise alla madre in segno di ringraziamento, per poi abbassare lo sguardo e tornare seria, mentre sistemava quelle prelibatezze nella tracolla.
«Perché papà non vuole parlarne» replicò tristemente, lasciando che Sakura le aggiustasse il colletto della maglia. La vide sorridere e sentì le sue dita affusolate accarezzarle i capelli corvini.
«E tu come lo sai? Gliel'hai mai chiesto direttamente?»
La bambina scosse la testa in segno di diniego. «Lo so e basta»
«Certo – replicò Sakura, lasciandosi sfuggire un breve risolino – lo sai e basta» le baciò la fronte e, prima di lasciarla andare, si piegò alla sua altezza, cingendole il viso con entrambe le mani.
«E' una domanda a cui non so rispondere, Sarada. E comunque, anche se lo sapessi, non avrei mai la presunzione di potertene parlare io»
L'espressione combattuta di sua figlia la spinse a volerla rassicurare.
«Non c'è niente di sbagliato in quello che desideri sapere, tesoro. Bisogna però che tu lo chieda nel modo giusto, e vedrai che lui te ne parlerà»
Si alzò facendo leva su un ginocchio, lasciando sua figlia libera di raggiungere l'Accademia.
«E quale sarebbe il modo giusto, mamma?» chiese Sarada, poco prima di varcare la soglia di casa.
Sakura le sorrise di nuovo. «Lo capirai da sola»



 

 

 


Durante la lezione mattutina, per la prima volta da quando frequentava la classe del maestro Shino, Sarada occupò il suo tempo a scrutare fuori dalla finestra, osservando distrattamente il cortile di fronte l'Accademia. Ripensò alle parole di sua madre, ponderando se fosse davvero il caso di esternare quella sua curiosità davanti al padre. Il Clan Uchiha era sempre stato un argomento poco discusso in casa sua, vuoi perché la maggior parte delle informazioni le erano state fornite dai libri di Storia dei Ninja, vuoi perché suo padre non era mai stato ben disposto a parlarne, alla fine Sarada aveva rinunciato a domandare oltre. Se c'era qualcosa in cui era particolarmente brava poi, si trattava proprio del comprendere gli stati d'animo altrui; così non le era mai sfuggito lo sguardo scostante di suo padre, i movimenti nervosi che cercava di nascondere prendendo le distanze, ogni qualvolta saltava fuori l'argomento "Uchiha".
Eppure c'era ancora qualcosa che Sarada desiderava conoscere, qualcosa che nessun manuale le avrebbe mai potuto spiegare.


Udì qualcuno che bisbigliava il suo nome e riconobbe la voce di Boruto; il compagno la guardava stralunato, gesticolando in modo strano, e ben presto si rese conto che il maestro aveva dato un compito da svolgere sul momento, così afferrò al volo il materiale dalla sua tracolla e si diede della stupida per aver permesso a quell'Uzumaki idiota di richiamarla al dovere, proprio lei, una delle migliori della classe. Lanciò un'occhiataccia a Boruto, che parve farle una smorfia, offeso dalla sua ingratitudine, per poi concentrarsi sugli ideogrammi che il maestro aveva trascritto alla lavagna.
Quel breve momento di riflessione l'aveva portata a prendere una decisione: una volta terminate le lezioni sarebbe andata da suo padre e ci avrebbe parlato faccia a faccia, forse non nel modo giusto, forse non come immaginava Sakura, ma l'avrebbe fatto comunque, così come il cuore le suggeriva.


 

Non erano molti i posti da passare in rassegna per riuscire a trovare Sasuke. Ce n'era uno, in particolare, dove non gli piaceva essere visto; Sarada l'aveva colto più volte mentre si avviava alle porte del Villaggio, soprattutto nel primo pomeriggio, quando il sole picchiava forte e la gente preferiva restare chiusa in casa. Così lo aveva seguito e finalmente aveva compreso quale fosse la meta più gettonata nella breve lista di suo padre: il cimitero di Konoha.


L'ultima volta che c'era stata aveva accompagnato Boruto a visitare la tomba dei nonni, e così anche lei ne aveva approfittato per portare delle rose ai suoi. Le sarebbe piaciuto molto poterli conoscere, nonostante i nonni materni si erano sempre prodigati per non farle mai mancare niente. L'ultima rosa bianca l'aveva presa per lui, un uomo la cui lapide portava un'incisione particolare del Villaggio della Foglia, che sapeva essere simbolo di riconoscenza per aver dedicato la propria vita a difendere la patria. Ed era proprio dinanzi a lui, a quel nome, che suo padre si fermava sovente per lungo tempo, con la testa bassa a fissare un punto indefinito della lastra in pietra, immobile, quasi potesse anche lui tramutarsi in una statua fatta dello stesso materiale.

Itachi Uchiha, recitavano gli ideogrammi sopra la data di morte, ormai gli risuonava nelle orecchie quasi come potesse udire quel nome direttamente dalla bocca di suo padre. In cuor suo sapeva che definirlo un "fratello maggiore" non sarebbe mai bastato per descrivere il rapporto che lo legava a Sasuke. Per questo voleva saperne di più, era stufa di ascoltare gli elogi di chi neanche lo aveva mai visto, o di leggere le sue imprese su delle pagine colme di parole vuote e senza senso. Voleva sapere chi fosse davvero, quell'Itachi Uchiha, dopotutto se era stato così importante per suo padre allora anche lei avrebbe dovuto imparare ad apprezzarlo.

Così anche quel pomeriggio lo trovò lì, sempre nel solito posto, e stranamente non si scompose nel vederla avvicinarsi, ma la salutò con un breve cenno del capo, per poi tornare alla solita raccolta meditazione. Sarada lo affiancò senza dire una parola, cercando un qualche pretesto che le permettesse di stabilire un contatto con lui.
«Bisognerà dare un po' d'acqua al bonsai, altrimenti si rovinerà» buttò lì all'improvviso, con tono pacato.
Sasuke le lanciò un'occhiata di sfuggita, ma non disse niente, dopotutto le piante erano sempre state l'ultimo dei suoi problemi. Anzi, a dire la verità aveva sempre pensato che portare fiori o piante ai defunti fosse un'abitudine pressoché inutile, ma Sakura aveva insistito talmente tanto che alla fine l'aveva lasciata fare, con la promessa che si sarebbe occupata lei di annaffiarle e sostituirle quando necessario.
«Perché non sei a casa, Sarada?»
La bambina sobbalzò un poco cercando di non darlo a vedere, per poi imporre al suo cuore di rallentare il battito, altrimenti avrebbe rischiato di non riuscire mai nella sua impresa.
«Avevo...avevo bisogno di parlarti, papà»
Stavolta lo vide alzare un sopracciglio e rivolgerle la maggior parte delle attenzioni.
«E cosa vorresti dirmi?» chiese, percependo nel timbro di sua figlia una leggera insicurezza.
Sarada prese un bel respiro e puntò l'indice proprio sulla lastra dinanzi a loro.
«Itachi Uchiha» pronunciò con decisione, scandendo ogni carattere con la dovuta cautela.
Il padre continuò a guardarla senza capire, al ché la bambina si decise a palesare le sue intenzioni.
«Vorrei che tu mi parlassi di lui, papà»
Una richiesta che venne fatta quasi sussurrando, ma senza più alcun tipo di esitazione. Sarada era determinata a saperne di più e quella sarebbe stata l'occasione migliore per provarci. Se poi avesse ottenuto un rifiuto come risposta, allora si sarebbe messa l'anima in pace, lasciando cadere definitivamente la questione. Scostò lo sguardo da suo padre, un po' imbarazzata, in attesa che manifestasse qualche tipo di reazione; altri cinque minuti di silenzio e sarebbe fuggita via.


«Non te ne hanno già parlato abbastanza?»

Sasuke rispose senza alcuna emozione particolare nel tono di voce.
Lei si aspettava una simile domanda, perciò non si fece trovare impreparata.
«Sì, da un certo punto di vista. - attese qualche secondo, per poi riprendere a parlare – So tutto riguardo a cosa fece al Clan Uchiha, al perché lo fece e da chi gli fu comandato. Il Settimo non ha mai voluto nascondere nulla di quello che successe davvero, anche se sarebbe stato il Villaggio ad andarci di mezzo»
Il padre la scrutava con la coda dell'occhio, in attesa che continuasse.
«Conosco le sue gesta nella Quarta Guerra Ninja, così come il tipo di tecniche che padroneggiava. Ma a parte questo, io non so niente di lui» alzò lo sguardo verso il padre. «Non so niente di Itachi Uchiha come figlio, fratello, amico... o zio. Conosco solo il ninja del Villaggio della Foglia, e nient'altro»
Trattenne quasi il respiro, una volta finito di parlare. Udì un sospiro da parte del padre, dopodiché lo vide finalmente puntare le iridi su di lei.
«È così importante per te?»
Con quella semplice domanda comprese che ciò che Sasuke le stava per raccontare avrebbe comportato un grande sforzo di volontà, ma non esitò un attimo nel dare la sua risposta.
«Sì, se lo è per te, papà»
Le sopracciglia del moro si aggrottarono leggermente, corrugando la fronte in un'espressione tesa quanto concentrata. Sarada capì che, di lì a poco, avrebbe avuto tutto le risposte che cercava. Congiunse le mani e restò in posizione d'ascolto, intenzionata a non perdersi neanche una parola di ciò che suo padre le avrebbe raccontato.
«Eravamo diversi» iniziò lui, volgendo lo sguardo in lontananza, oltre le siepi che delimitavano il perimetro del cimitero. «A parte l'aspetto fisico, avevamo poche cose in comune»
«Ad esempio?» chiese lei, pentendosi subito dopo di averlo interrotto.
Sasuke, comunque, non mostrò alcun segno di disagio. Ormai aveva iniziato, sarebbe stato inutile tirarsi indietro.
«In genere nessuno dei due amava molto la compagnia. Lui preferiva sempre allenarsi da solo o con un amico fidato»
Sarada annuì, sapeva a chi si stava riferendo. Aveva sentito molte cose anche su Shisui Uchiha, ma questa volta non osò aprir bocca.
«Non ha mai sopportato la notorietà che gli derivava dall'essere uno dei migliori» continuò Sasuke. «Mi diceva spesso che l'ammirazione di qualcuno comporta necessariamente l'odio da parte di qualcun altro»
Assottigliò lo sguardo, distendendo i muscoli del viso. «Era convinto che anch'io lo odiassi»
Sarada spalancò gli occhi, sorpresa da quella confessione. «E tu lo odiavi, papà?» domandò, senza riuscire a trattenersi.
«No» fu la risposta di Sasuke, al quale seguì l'ennesimo minuto di silenzio. «Io volevo essere come lui»
Un vento caldo mosse i capelli di entrambi e la bambina poté scorgere le sfumature violacee del Rinnegan brillare alla luce del sole. Anche quell'occhio, così apparentemente vuoto, in quel momento sembrava emanare nostalgia.
«Non è mai stato facile vivergli accanto, comunque. Ho sempre lottato affinché la sua ombra non mi inghiottisse, cercando di migliorarmi ogni giorno che passava, ma lui si allontanava sempre di più, fino a diventare una meta irraggiungibile»
Sarada sistemò la montatura degli occhiali con fare nervoso, sentendo quella tensione nelle parole del padre investirla da cima a fondo.
«Eppure non l'ho mai odiato per questo. Anche se spesso mi allontanava o aveva da fare, sapevo che dedicava ogni istante che aveva libero a seguirmi negli allenamenti o anche solo a passare del tempo con me»
Lei annuì e gli parve come se suo padre fosse arrivato ad avere quella certezza dopo diversi anni trascorsi a formulare domande alle quali non era mai riuscito a dare risposte soddisfacenti.
«Ti sembrerà strano sentirmelo dire» aggiunse con amarezza, evitando il suo sguardo. «Dopotutto è colpa mia se-»
«Tu hai fatto quello che ritenevi giusto, papà» replicò pronta Sarada, intenzionata a bloccare quel loop di rammarico sul nascere.
Sasuke scosse lievemente la testa. «Tu mi hai chiesto di parlarti di lui, ma la verità che è neanch'io sono mai riuscito a comprenderlo del tutto»
Anche se a primo impatto le sembrò una conclusione affrettata, Sarada riconobbe la sincerità di suo padre nel proferire quelle parole e per un po' non disse niente, lasciandolo ai suoi pensieri. Quando finalmente Sasuke rialzò lo sguardo, lei sentì che c'era ancora qualcosa che avrebbe voluto chiedergli.
«Pensi che mi avrebbe voluto bene?»
Parlò senza riflettere troppo, dando voce a quel dubbio che le stava divorando lo stomaco da quando suo padre aveva iniziato a parlare. Sasuke riuscì a cogliere nello sguardo di sua figlia una tristezza che lui stesso le aveva trasmesso attraverso le sue parole, ed ebbe quasi la sensazione di essersi liberato da un peso enorme, un peso che però non aveva nessuna intenzione di spartire con Sarada. A lei sarebbe bastato solo il ricordo migliore di suo fratello e nulla più.
«Certo, Sarada» le rispose passandole una mano tra i capelli e scorgendo solo a quel punto due piccole lacrime impigliarsi tra le ciglia della figlia. Si piegò alla sua altezza e ne bloccò la discesa strofinandole il pollice sulle guance. Ti avrebbe amata come ha fatto con me, voleva sussurrarle, ma vederla in quello stato lo aveva scosso a tal punto da impedirgli di aggiungere qualsiasi altra cosa.
Sarada si asciugò gli occhi con il dorso della mano e cercò di riprendere quanto prima il controllo di sé stessa.
L'ultima cosa che voleva era far sentire in colpa suo padre per aver soddisfatto quelle sue curiosità.
«Scusa papà – biascicò, con voce rotta – è che mi sarebbe tanto piaciuto conoscerlo»
Sasuke le sorrise e le afferrò una mano, portandogliela all'altezza del cuore.
«A lui basterà sapere di essere qui»
  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Vavi_14